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Daniele V. Morrone
Rifinitura: Juventus-Barcellona
10 apr 2017
10 apr 2017
Come arrivano le due squadre, che partita aspettarci.
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Daniele V. Morrone
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di Daniele V. Morrone

 

Con ancora negli occhi l’orribile prestazione contro il PSG, nell’andata degli ottavi di Champions League, il Barcellona ha vinto una delle partite più brutte della stagione contro il Leganés. Il sistema con cui Luis Enrique aveva vinto il Triplete è finito lì.

 

Contro

il Barcellona è sceso in campo con un nuovo sistema che prevedeva un cambiamento radicale di modulo, il passaggio al 3-4-3 cruyffiano (3-4-3 a rombo o come lo chiamava lo stesso Cruyff

). Dopo il cambio di sistema si è passati in pochi giorni dalla vittoria contro l’Atlético alla miglior partita della stagione

, coronando il ciclo con la storica rimonta contro il PSG. Il cambio di sistema ha anche significato l’ultimo ritocco di Luis Enrique al suo lavoro con il Barcellona che finirà al termine della stagione.

 


La centralità di Messi.


 

Il passaggio al 3-4-3 cristallizza soprattutto l’esigenza di fissare Messi nella fascia centrale del campo, dove può ricevere palla più facilmente e in zona più pericolosa. Da vertice alto del rombo di centrocampo, Messi è affiancato da due esterni e da una punta nella linea davanti a lui (Rafinha e Neymar esterni e Suarez punta). La presenza di Messi al centro, già all’inizio della giocata evita i vari scorrimenti nel modulo che servivano in ogni caso per farlo ricevere (comunque) lì, arrivando però dalla fascia destra. A quel punto la mezzala destra, Rakitic, risultava inutile e il suo scopo era solo quello di fare spazio al 10; mentre l’esterno basso, Sergi Roberto, era costretto a percorrere tutta la fascia per dare un minimo di profondità. Messi riceveva sul centro-destra per poi comunque cercare di associarsi verso il centro sinistra, la zona di Neymar e Iniesta. Il sistema rimaneva non solo squilibrato a livello posizionale, ma anche faticoso da mantenere visto che tutto l’asse doveva girare in funzione di un solo giocatore.

 



 

Qui sopra la differenza nei passaggi ricevuti da Messi tra il vecchio e il nuovo sistema. La concentrazione dei passaggi non è più tra esterno destro e trequarti, diviso tra la sua voglia di giocare al centro e la necessità di andare anche sull’esterno per ricevere vista la mancanza di ampiezza della squadra. Ora può concentrarsi solo sulla fascia centrale, tra centrocampo e trequarti. Messi ora è sempre circondato da compagni e più vicino a Busquets alle spalle e a Neymar e Iniesta a sinistra. Un Messi così libero di muoversi può essere difeso solo intasandone la zona di ricezione con un uomo fisso davanti alla difesa e un centro della trequarti difensiva fitto di gambe così da togliergli l’aria per tutti i 90 minuti e portarlo lontano dall’area. Provare a seguirlo a uomo non fa altro che liberare spazio per Neymar.

 


Occhio a difendere Messi senza una gabbia attorno quando riceve palla.




 



 

La fascia destra è dove Luis Enrique ha lavorato per bilanciare il suo sistema. Inizialmente ha inserito Rafinha come esterno d’attacco e Sergi Roberto come mezzala destra: due giocatori in grado di coprire ampie zone di campo e di scivolare per rendere più fluido possibile il modulo (in breve: difendere con il 4-4-2). Questo scivolamento era necessario per avere una transizione difensiva sugli esterni.

 

La questione è però tornata ad essere un problema insieme al ritorno di Rakitic in campo come mezzala. Con il croato gli scivolamenti dell’asse destro sono peggiorati, e con questi la capacità di difendere con continuità con un 4-4-2. Adesso, quando la squadra perde il possesso, l’esterno destro deve coprire da solo tutta la fascia, e a quel punto il centrale di destra è costretto a dover accettare l’1 contro 1 con l’esterno avversario che viene ovviamente trovato con spazio se cercato con continuità (quando in alto a destra sono transitati con poca fortuna André Gomes o Paco Álcacer la situazione è peggiorata).

 


Sergi Roberto a tutta fascia significa che Mascherano deve uscire alle sue spalle se viene superato.


 

Nelle ultime settimane l’infortunio di Rafinha ha complicato le cose. A causa del turnover massiccio Luis Enrique è tornato al vecchio sistema, con pessimi risultati, nella sconfitta contro

. La Juventus sa che lì è dove deve colpire il Barcellona. Accettare l’1 contro 1 in modo sistematico è una strategia difensiva necessaria per mantenere i pregi con la palla. Il Barcellona soffre però quella porzione di campo in modo strutturale, dovuto al difendere a 3 con un rombo di centrocampo. Se a sinistra Umtiti o Jordi Alba hanno il fisico per poter coprire ampie zone di campo, a destra chiunque viene schierato patisce le pene dell’inferno per 90 minuti. Ad esempio contro l’Atlético, lo Sporting e poi il Celta i tre giocatori più pericolosi sono stati sempre le ali Ferreira Carrasco, Burgui e Bongonda.

 

Va però detto che, tolto questo difetto strutturale, il 3-4-3 ha portato solo benefici al Barcellona: primo tra tutti la sottovalutata possibilità di poter recuperare più alto per il semplice fatto di trovarsi a

. Ancora più importante è stato ritrovare un’uscita del pallone ordinata, formata ora dal rombo basso con Busquets (la squalifica per la gara di andata è ovviamente un colpo durissimo per il Barcellona che si vede ora costretto ad adattare un giocatore che necessariamente sarà per un motivo o per un altro inferiore al catalano come Rakitic o André Gomes) come vertice alto e Piqué come vertice basso.

 

La presenza di due mezzali, due esterni e Messi libero di muoversi al centro permette la formazione di triangoli naturali per poter avere linee di passaggio e meccanismi immediati di uscita dalla pressione avversaria. Il giocatore che ne ha tratto più vantaggi è ovviamente

, ma anche per le mezzali la vita è più semplice: Iniesta ora non deve più abbassarsi dietro la linea di centrocampo per ricevere e può quindi lavorare su una porzione di campo più avanzata e vicina a Messi.

 

Torniamo sempre allo stesso discorso: il nuovo sistema permette la centralità di Messi come punto di partenza attorno a cui ruotano i movimenti, facilitati dei compagni, non più il disperato punto d’arrivo di una struttura posizionale insostenibile. È Messi che gioca per il sistema, non più il sistema che gioca per Messi. Il Barcellona rimane una squadra attaccabile in modo chiaro soprattutto in transizione, ma ha trovato il modo per valorizzare i suoi talenti maggiori e questo, vista la magnitudine dei talenti in questione, potrebbe bastare.

 

 


di Alfredo Giacobbe

 

Se volessimo sbilanciarci, e anticipare una possibile misura che determinerà l’atteggiamento tattico della Juventus nella sfida con il Barcellona, potremmo immaginare che la squadra di Allegri voglia negare la profondità alla MSN. Anzitutto questo. Tenere le linee compatte centralmente allo scopo di ridurre le opzioni di Leo Messi: lasciandolo libero di ricevere il pallone solo all’altezza dei centrocampisti o addirittura dei difensori; costringendolo ad abbassarsi e allontanarsi dalla porta di Gigi Buffon. Ma anche questa è solo un’ipotesi, pronta per essere smentita dal campo: d’altra parte, l’anno scorso nessuno avrebbe predetto il sistema che Allegri ha portato in campo a Monaco di Baviera.

 

Alcune tendenze degne di nota, però, possono essere tratte dalle ultime uscite delle due squadre. Perché in Champions League la differenza tra il passaggio del turno e l’eliminazione sta spesso nel momento particolare in cui le due squadre s’incontrano.



 



 

Nella sfida di campionato al Napoli, la Juventus ha mostrato problemi nella salita nel pallone e nel palleggio a metà campo. Per via dei tanti errori commessi, i bianconeri hanno regalato tempo con la palla agli avversari (le percentuali di possesso finali sono state 60-40 a favore del Napoli), che li hanno costretti a subire la pressione. anche Allegri, nel post partita, ha battuto sul tasto del miglioramento delle giocate dal punto di vista tecnico.

 

Certo è stato anche merito della squadra di Sarri. Per dare un’idea del tipo di pressione che il Napoli pone sugli avversari è interessante guardare ai passaggi concessi: i partenopei sono la quarta squadra del campionato sia per passaggi totali concessi agli avversari (436 di media a partita) che per passaggi riusciti concessi (333). La Juventus, nel posticipo di Serie A, ne ha tentati 460 e ne ha completati 375, performando in entrambi i casi sopra la media; però il 48% di questi passaggi sono stati giocati dalla Juventus entro i propri 40 metri: nel resto del campo i bianconeri hanno subito la pressione del Napoli, che ha compiuto 52 interventi difensivi, più dei 43,5 che mediamente la Juventus subisce in campionato.

 

Nella successiva sfida di Coppa Italia qualche segnale di miglioramento c’è stato, seppur parziale. La presenza di Dybala e Dani Alves, due che riescono a giocare palla anche se messi sotto pressione, ha portato la Juventus a spendere più tempo nella metà campo avversaria rispetto a 3 giorni prima (anche se il numero di errori totali non è calato, anzi i bianconeri hanno sbagliato 90 passaggi, 5 in più rispetto alla partita precedente).

 

Se si considera il confronto tra Napoli e Juventus nel suo complesso, la sensazione, piuttosto netta a dir la verità, è che la miglior Juve si è vista quando Allegri è passato al 4-3-3, tenendo Pjanic come vertice basso di centrocampo. In quei 14 minuti (

al San Paolo) le linee di passaggio si sono moltiplicate e la percentuale di passaggi riusciti è balzata al 84,4% dall'81,9% tenuto fino a quel momento.

 

A questo punto va detto che il Barcellona con grande probabilità proverà a minare le certezze della Juventus col pressing alto, sia per sbilanciare il piano psicologico della partita a proprio favore, sia perché ogni singolo errore contro i catalani potrebbe rivelarsi fatale: nell’ultimo big match affrontato in Liga, mercoledì scorso al Camp Nou, il Siviglia ha subito la prima rete a causa di

alta imprecisa di Langlet, che ha permesso a Rakitic di lanciare Messi nello spazio.

 



 

 



 

 

In occasione del secondo gol, è stata proprio una

errata di Correa nella trequarti offensiva a lanciare il contropiede dei catalani. Resistere alla pressione e migliorare la precisione delle giocate permetterà alla Juventus di correre minori rischi, oltre che di creare dei pericoli a sua volta.

 

Dal lato di Marek Hamsik, Allegri ha schierato Marchisio nella partita di campionato e Rincon in quella di Coppa Italia: due uomini con un’attenzione difensiva superiore a quella di Miralem Pjanic. Ciò nonostante, in entrambe le partite Hamsik è riuscito ad andare in gol. Dallo stesso lato, la Juventus ritroverà Andres Iniesta, il mago delle letture e degli inserimenti.


 

 

Iniesta fiuta le intenzioni di Parejo di accorciare verso Messi e si butta dentro nel cuore della difesa. Già sul 3-0, Mascherano abortisce il lancio per compassione.


 

 

 



 

Il Barcellona 2016/17 ha abbandonato il 4-3-3 per un modulo ad assetto variabile basato sulla difesa a tre, dopo aver sperimentato il 4-4-2 che ha contribuito alla disastrosa gara di andata al Parco dei Principi di Parigi (se aveste già dimenticato, quella partita è finita 4-0 per i francesi).

 

Con il nuovo 3-4-1-2 i catalani hanno recuperato la loro pericolosità offensiva ma non hanno davvero risolto i problemi nella transizione negativa: questo Barça ha paradossalmente bisogno di allungarsi sul campo per aumentare la pericolosità della MSN.

 

Per di più, nella gara di andata di Torino mancherà per squalifica

, uomo imprescindibile per gli equilibri tattici del Barcellona, che senza di lui perderà qualcosa sia nella prima impostazione sia nel recupero alto del pallone. E nell’ultima gara di Malaga, Luis Enrique non ha fornito indicazioni sulla sua sostituzione.

 

Per questo la Juventus, soprattutto all’andata, potrebbe alternare fasi di pressione alta ad una disposizione difensiva più prudente, con un blocco basso chiuso a protezione degli ultimi sedici metri.

 

L’aggressività sarà un tema da tenere d’occhio nel doppio confronto: la Juventus deve far valere la sua straripante fisicità, sia nei duelli in mezzo al campo, che il Barcellona ha dimostrato di soffrire anche contro il Siviglia, pur essendo riuscito a creare un divario incolmabile nel risultato quasi subito; sia nelle situazioni di calcio piazzato, uno storico punto debole dei giocatori blaugrana, estremamente distratti nelle marcature in area di rigore.

 

Per la forza delle contendenti, è naturale pensare che il pallino della partita possa passare di continuo nelle mani dell’una o dell’altra squadra. Quando la Juventus sarà costretta a difendersi, dovrà puntare a liberare la velocità nello spazio di Juan Cuadrado con un giro palla veloce e finalmente preciso. Soprattutto perché dal lato di Cuadrado difenderà Umtiti, che è un giocatore piuttosto lento e vulnerabile in campo aperto.


 

 

Situazioni che il Barça fatica a difendere: Suarez decide tardivamente di andare a pressare, Iniesta si sposta sul terzino liberando il canale centralmente, Piqué non sfrutta la copertura del centrale aggiuntivo con un’uscita aggressiva sul movimento incontro della punta. Ora sostituite Mariano con Cuadrado e Higuain con Sarabia...


 

Oltretutto, quando sarà chiamata ad attaccare, la Juventus potrà sfruttare il mismatch atletico tra Mandzukic e Sergi Roberto. Da quel lato diventeranno fondamentali le sgroppate di Alex Sandro: la spinta del terzino brasiliano potrebbe costringere Rakitic ad abbassarsi sulla linea dei difensori, creando così i presupposti per la superiorità numerica in mezzo al campo. A quel punto i movimenti reciproci di Khedira e Dybala ai lati e alle spalle dei centrocampisti centrali dovranno fare la differenza.

 

La Juventus si trova confrontata a un vero esame di maturità, tecnico e tattico. Il Barcellona è un’avversaria nobile, qualitativamente inarrivabile per tutti nei 3 giocatori offensivi, ma Allegri ha parecchie frecce al proprio arco e molto dipenderà dalle sue scelte e dall’interpretazione dei singoli. Dopo i primi 90 minuti molte cose saranno più chiare, ma anche sulla carta sembrerebbe annunciarsi una bella sfida.

 

 

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