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Luca Soligo
La regina dei tuffi dalle grandi altezze
15 feb 2024
15 feb 2024
Rhiannan Iffland ha trionfato ai Mondiali per la quarta volta di fila.
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Luca Soligo
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IMAGO / Insidefoto
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Con l’oro conquistato ieri nella gara dei tuffi dalle grandi altezze, Rhiannan Iffland ha vinto il quarto titolo consecutivo ai Campionati Mondiali, detenendo così la striscia di imbattibilità attualmente più lunga di tutti gli sport acquatici. Nessun altro atleta né team che partecipa ai Mondiali organizzati da World Aquatics - che comprendono quindi nuoto, nuoto in acque libere, tuffi, nuoto artistico e pallanuoto - è riuscito nell’impresa di vincere il titolo iridato nelle ultime quattro edizioni. La tuffatrice australiana è imbattuta da Gwangju 2019 ed è riuscita a rimanere sul gradino più alto del podio anche a Budapest 2022, Fukuoka 2023 e, adesso, Doha 2024: un’impresa storica. Se dovesse vincere anche i prossimi, di Mondiali (che si terranno a Singapore l'anno prossimo), Iffland raggiungerebbe alcuni record storici del nuoto: i 5 ori mondiali di Phelps nei 200 farfalla, e di Ledecky negli 800 stile e di Sarah Sjoestroem nei 50 farfalla (lei però ha la possibilità di arrivare a 6 già quest’anno). Più lontano il record assoluto di Wu Minxia che invece ha vinto 7 volte (non consecutive) l’oro nel trampolino da 3 metri sincro (ma con compagni diversi).

Non è la sua prima impresa, tra l'altro. Iffland è un’atleta che di imprese in carriera ne ha già messe a segno diverse. Nel 2016 ha esordito alle Red Bull Cliff Diving World Series, la manifestazione principale per i tuffi dalle grandi altezze, vincendo a sorpresa la classifica finale, successo che ha poi ripetuto anche nelle sei edizioni consecutive, cioè fino al 2023. La gara del 2016 è stata una sorta di manifesto delle sue potenzialità: oltre a essere la prima wild card (cioè invitata e non ufficialmente qualificata) a trionfare nella storia di questo evento, ha anche messo a segno quattro vittorie su sette tappe complessive, centrando nelle restanti tre occasioni il podio. Un dominio così schiacciante - più di 200 punti di distacco dalla seconda classificata - da rendere quasi non necessaria la competizione nella tappa finale. «Sono ancora incredula», ha detto dopo la vittoria nella finale di Dubai nel 2016 «Finora ho solo pensato ad allenarmi e a tuffarmi meglio. Forse da domani realizzerò». Oggi, a distanza di otto anni, il suo è il nome di punta di uno sport giovane che però ha radici lontane nel tempo.

La piccola, grande storia dei tuffi dalle grandi altezze

Quella dei tuffi dalle grandi altezze è una disciplina che ha una storia agonistica abbastanza recente, visto che è inserita nei Campionati Mondiali solamente dall’edizione di Barcellona 2013. Nei suoi esordi, che risalgono a più di un secolo fa, era considerata alla stregua di una semplice esibizione, tanto che a partecipare alle competizioni erano perlopiù ginnasti o acrobati, avvantaggiati dall’abilità tecnica sviluppata nei loro rispettivi campi e attratti dalla minore possibilità di infortunio dovuta alla presenza dell’acqua. Ci si buttava dalle scogliere sul mare già al termine del 1800, quando le prime testimonianze in giro per il mondo, dalla Scozia all’America latina fino alle Hawaii, raccontano di eventi molto apprezzati ma anche molto pericolosi, più che altro folkloristici. L’origine è da alcuni attribuita proprio all’atollo americano, dove si praticava il lele kawa, un salto da una scogliera di almeno 20 metri che per primo era stato eseguito dal re guerriero King Kahekili come dimostrazione di coraggio, gesto che poi è diventato un’usanza locale replicata da tutti i combattenti hawaiani.

Nel tempo, più che i tuffatori sono diventati celebri i luoghi dei tuffi. La Quebrada, l’alta scogliera nei pressi di Acapulco, è un posto quasi mitologico, dal quale tuttora ci si tuffa da altezze che variano dai 35 ai 45 metri, mentre nelle Hawaii, nell’isola di Hilo, sono diversi i luoghi storici, uno dei quali è stato anche tappa delle World Series (il cui trofeo finale si chiama proprio “King Kahekili”). In Italia la location di culto è la Terrazza di Pietro l’Abbate a Polignano a Mare, spettacolare rupe sul Mediterraneo tappa fissa delle World Series fin dall’edizione inaugurale del 2009.

Le Red Bull Series sono l’evento itinerante che ha di fatto sdoganato la disciplina a livello globale, dando regole ufficiali a quello che in precedenza era un mondo amatoriale. L’altezza dei trampolini varia a seconda della location dai 20 ai 22 metri per le donne e dai 26 ai 28 per gli uomini, mentre ai Mondiali - dove i trampolini sono appositamente costruiti per l’evento su ponteggi metallici e alla base c’è una piscina e non un corso d’acqua naturale - le donne si tuffano da 20 metri e gli uomini da 27.

Nell’edizione 2023 sono state sei le tappe del circuito: Boston, Parigi, Polignano a Mare, Takachiho in Giappone, Mostar in Bosnia e Auckland, Nuova Zelanda. Un vero e proprio giro del mondo. In ogni evento, i tuffatori hanno a disposizione quattro tuffi ciascuno (i primi due a difficoltà obbligatoria, i restanti facoltativa) e cinque giudici ne valutano l’esecuzione: la somma dei punteggi finali decreta il vincitore di tappa, che ottiene 200 punti per la classifica generale. I premi variano da tappa a tappa e i tuffatori possono guadagnare fino a 30mila dollari per evento, che si sommano ai ricavi da sponsor - sempre più presenti grazie al progressivo successo del circuito, al quale partecipano anche migliaia di spettatori dal vivo - e i premi per la vittoria finale. Tutto questo sta portando ad un aumento della professionalità degli atleti, che però hanno ancora radici e provenienze molto diverse tra loro.

I talenti di Rihannan Iffland

Rhiannan Iffland, come molti dei suoi colleghi, ha un passato molto ricco e interessante. Da giovanissima aveva praticato lo sport dei tuffi in maniera tradizionale - a livello giovanile gareggiava sia nel trampolino da 3 metri che nella piattaforma da 10 - affiancato al trampolino elastico, il suo primo amore sportivo. Ma la sua carriera agonistica non aveva preso la piega giusta e, dopo alcuni risultati non entusiasmanti, aveva deciso di smettere per arruolarsi nella polizia.

Tra la fine degli studi e l’inizio della nuova carriera, aveva accettato un lavoro temporaneo, un contratto di nove mesi come acrobata sulle navi da crociera, dove si esibiva «sul ponte principale, soprattutto davanti a bambini, in tuffi da 3 e 10 metri. Era il mio anno sabbatico, mi sono molto divertita». Successivamente, il lavoro l'ha portata a Lione, in un parco tematico dove ha di fatto eseguito il suo primo tuffo dalle grandi altezze, lanciandosi, sempre per esibizione, da una piattaforma alta 20 metri. «È stata come una rivelazione», ha detto in un’intervista «ho capito che quello poteva davvero diventare il mio futuro».

Non era affatto scontato, perché nonostante le discipline siano naturalmente simili, tra i tuffi e i tuffi dalle grandi altezze ci sono alcune differenze che ci raccontano due sport in realtà molto diversi. Visto il gap di altezza, che per le donne è il doppio rispetto alle gare del trampolino da 10 metri, le esecuzioni agli high dive avvengono a velocità molto più elevate, che al picco raggiungono anche gli 85 chilometri orari, e i tuffi durano un massimo di tre secondi. Per questo, e per un naturale motivo di sicurezza, gli ingressi in acqua vanno effettuati con i piedi e non di testa, come invece avviene nei tuffi tradizionali, e in acqua ci sono sempre diversi addetti alla gestione delle emergenze, pronti ad intervenire qualora sorgessero problematiche all’impatto. «L’adrenalina è la singola cosa che più mi attira di questo sport», ha detto Iffland a World Aquatics prima dei Mondiali di Doha, fornendoci un primo indizio di quanto conti l’aspetto mentale in questa disciplina «è una sensazione che ritrovo solo nelle nostre gare».

La condizione che si ritrova nelle gare dei tuffi dalle grandi altezze è effettivamente irripetibile, tanto che gli atleti effettuano il gesto tecnico praticamente solo in occasione delle competizioni, altra sostanziale differenza con i tuffi tradizionali. I tuffatori dalle grandi altezze sono quindi costretti ad allenarsi a secco, come tutti i colleghi, per le parti acrobatiche e ginnastiche, e provano i tuffi utilizzando i trampolini da 10 metri presenti nelle piscine classiche, arrivando a tentare il loro esercizio vero e proprio solo nei momenti cruciali. Questo aumenta da un lato la spettacolarità dello sport e dall’altro il rischio di errori che possono, talvolta, anche compromettere gare intere.

Ai Mondiali, per esempio, il regolamento prevede un totale di quattro tuffi (due nella prima giornata di gare, due nella seconda), e lo spazio per le disattenzioni è davvero minimo. Nella gara di Doha 2024, la canadese Molly Carlson ha guidato la classifica dal primo al terzo tuffo, dando l’impressione di poter finalmente detronizzare Iffland per la prima volta, e al quarto presentava un quadruplo salto mortale e mezzo in avanti, il tuffo con il coefficiente di difficoltà (4,4) più alto di sempre. L’esecuzione di Carlson è stata però imperfetta, sia nell’ingresso in acqua che nelle rotazioni, e la giuria le ha dato solamente 77 punti. Da parte sua, Iffland ha presentato come ultimo tuffo il triplo salto mortale ritornato, che è da sempre uno dei suoi migliori e che le ha restituito la bellezza di 102,6 punti, frutto di un’esecuzione praticamente perfetta. Un copione che si era visto in parte anche nella gara di Budapest 2021, quando Iffland aveva vinto per soli 15 centesimi sulla messicana Jimenez, ottenendo però i 12 e decisivi punti in più all’ultimo tuffo. Solo nella gara di Fukuoka 2023 il suo dominio, sempre sulla canadese Carlson, era stato netto fin dal primo salto. In tutte, però, Iffland è sembrata avere una freddezza diversa: le sue gare sono molto ragionate, studiate a tavolino con precisione, lasciando il minor spazio possibile all’improvvisazione.

«Sapevo di poter contare sul triplo ritornato», ha dichiarato a margine della gara nel porto vecchio di Doha «perché la tensione in questi momenti è altissima e andare sul sicuro ti mette sicurezza». Iffland parla di tensione, che è un sentimento che esiste in tutti gli sport quando la competizione sale, ma nei tuffi dalle grandi altezze si potrebbe parlare anche di vera e propria paura, o almeno di un qualcosa a metà tra le due cose.

La paura

Rhiannan Iffland compirà a settembre 33 anni, pratica questo sport da quasi un decennio e si è tuffata praticamente da qualsiasi cosa, da un balcone, da un ponte, da una scogliera, da un elicottero e da una mongolfiera, sempre da altezze minime di 20 metri. Nonostante ciò non ha mai smesso di avere paura: «La paura è fondamentale, è ciò che ci tiene concentrati e da un certo punto di vista ci salva. Se sei troppo sicuro di te stesso finisci per farti male». Come lei la pensano praticamente tutti i tuffatori dalle grandi altezze.

«Il nostro sport è 20% tecnica e 80% mente», ha detto Gary Hunt, inglese due volte campione del mondo di high diving. «Il supporto tecnico e quello del mental coach nel nostro campo hanno pari valore, con uno miglioro i tuffi e con l’altro supero le paure», ha detto Costantin Popovici, romeno campione del Mondo a Fukuoka 2023. «L’unica cosa che supera la paura di tuffarmi è la voglia stessa di farlo», ha detto Elisa Cosetti, migliore italiana e sesta classificata ai Mondiali di Doha.

In molti dicono che guardare i tuffi dalle grandi altezze è sì spaventoso, ma salire sul trampolino e guardare giù e qualcosa di indescrivibile, come innaturale è il pensiero di doversi poi buttare. Si tratta di un sentimento che inizia con la vertigine ma che si trasforma in qualcosa di più profondo e irrazionale. Bisogna superare la naturale di repulsione del pericolo che ognuno di noi ha in quanto essere umano e buttarsi, da soli con il proprio corpo, senza paracadute, senza reti e senza protezioni, con un semplice costume addosso e la speranza di non perdere il controllo delle proprie evoluzioni. L’impatto con l’acqua poi è fortissimo, motivo per il quale non è consigliabile fare più di tre o quattro tuffi per singolo evento, e il rischio infortuni di tutti i generi - muscolari, cardiaci,neurologici - è dietro l’angolo. Nonostante ciò, difficilmente vedrete degli atleti più sorridenti dei tuffatori dalle grandi altezze prima del proprio tuffo, e non si tratta di follia.

Rhiannan Iffland la spiega così: «I momenti che mi piacciono di più sono due. Prima di tuffarmi scorre in me un’adrenalina pazzesca, è come se avessi un demone su una spalla che mi spinge a farlo e un angelo sull’altra che invece mi frena. Sorrido, incito la folla, mi agito, ripasso il mio esercizio, e poi mi butto. Dopo il tuffo, appena rompo il filo dell’acqua, è tutto silenzio.

«Ecco, forse è questo il momento più bello».

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