
Intorno alle 22.00 di martedì 13 giugno, i principali siti d’informazione hanno riportato la notizia: è morto, a 89 anni, l’ex presidente uruguayano Pepe Mujica. Per chi ha simpatizzato per la causa della sinistra latinoamericana, è stata la fine di un’epoca: Mujica, guerrigliero dei Tupamaros durante il regime militare, è forse l’ultimo testimone eccellente della resistenza alle dittature sudamericane del Novecento. I suoi nonni materni erano arrivati in Uruguay alla fine dell’Ottocento da Favale di Malvaro, in Val Fontanabuona, nell’entroterra ligure, sopra località costiere come Rapallo, Recco e Bogliasco, dove ai giorni nostri si allena la Sampdoria. In valle, i blucerchiati sono abbastanza popolari, al punto da avere anche un proprio fan club locale. Pochi minuti dopo la morte di Mujica, Juve Stabia-Sampdoria terminava sullo 0-0 e la squadra ligure retrocedeva in Serie C.
Già tutti lo hanno scritto: è un evento storico, perché la Samp non era mai scesa nella terza divisione italiana in tutta la sua storia. Per rendere ancora meglio la magnitudo dell’evento, si potrebbe considerare pure un altro dato: con la comoda salvezza del Genoa in Serie A, e le promozioni dello Spezia nella massima serie e della Virtus Entella in Serie B, nella prossima stagione i blucerchiati si ritroveranno a essere addirittura la quarta squadra della Liguria nella piramide del calcio italiano.
Un’altra cosa che ogni testata sportiva e non ha già fatto notare è che questa retrocessione è solo la punta dell’iceberg di un disastro ben più grande. Nelle scorse settimane sono retrocesse anche la squadra femminile, che l’anno prossimo giocherà in Serie B, e la Primavera maschile, scesa nel campionato Primavera 2. Tre retrocessioni in una sola stagione è probabilmente un record, ben poco invidiabile ma pure difficilmente ripetibile. E, a rincarare la dose, c’è il fatto che questa sarebbe dovuta essere la stagione del trionfale ritorno dei doriani in Serie A.
COSA È SUCCESSO ALLA SAMPDORIA
I tifosi hanno assistito a una catastrofe sportiva senza precedenti, destinata probabilmente a diventare materiale d’oro per gli storyteller calcistici del futuro. I motivi di quanto avvenuto sono già stati approfonditi in un precedente articolo, e c’è poco o nulla di nuovo che possa essere aggiunto oggi. Si possono però riassumere in maniera abbastanza comprensibile in un concetto: alla Samp nessuno ha capito cosa sia successo, in questi mesi.
Per quanto è noto, la proprietà è solida dal punto di vista finanziario, e la rosa allestita per questa stagione dall’ormai ex-direttore sportivo Accardi era una delle migliori della categoria. Almeno sulla carta. I risultati, però, hanno dimostrato il contrario, e al momento nessuno sa dire esattamente perché. I noti dissapori tra il ds e il primo allenatore della stagione, Andrea Pirlo, sono stati sicuramente un grosso problema che ha destabilizzato l’ambiente, e le scelte sbagliate della società per sostituire l’ex-tecnico della Juventus hanno solo peggiorato le cose. Eppure niente di tutto questo sembra essere sufficiente a spiegare una retrocessione shock come questa.
Sopra ogni cosa regna sovrana una grande confusione, che ha investito ogni ambito del club. La reale proprietà - un gruppo di imprenditori di Singapore - è rimasta di fatto segreta fino a che alcune inchieste giornalistiche non l’hanno portata alla luce. Mentre la proprietà presunta - Matteo Manfredi - è sempre stata molto lontana da Genova, agendo per mezzo di intermediari dal ruolo societario piuttosto oscuro. Il tentativo di salvare il salvabile - a inizio aprile, con il ritorno dei “Grandi Vecchi” - non è stato affatto più limpido: nessuno pare aver capito esattamente quale sia il ruolo di Roberto Mancini, la figura più in vista di questa nuova Samp.
La scelta come nuovo allenatore del suo amico e collaboratore storico Evani ha destato qualche perplessità. Scarsissima esperienza nel ruolo - un solo club allenato in carriera, il San Marino nella stagione 2009/10 - e il sospetto che avesse ottenuto la panchina come favore personale da parte del Mancio. Non a caso, circa una settimana prima dell’approdo alla Sampdoria, Evani si lamentava con la Gazzetta dello Sport del fatto di non riuscire a trovare un club disposto a dargli un posto da allenatore. Non il più promettente degli inizi.
UNA SQUADRA SENZ'ANIMA
Il mondo non finirà con uno schianto, ma la Sampdoria sì. D’altronde, è difficile non rivedere metaforicamente, nei giocatori blucerchiati di questa stagione, gli hollow men del poema di T.S. Eliot. Gennaro Tutino, secondo solo a Pohjanpalo nella classifica marcatori di B dell’anno scorso, ha segnato appena 5 reti in questo, un quarto di quelle del 2023/24 col Cosenza. Massimo Coda, miglior marcatore della storia della serie cadetta, non è andato oltre gli 8 gol in blucerchiato. Lorenzo Venuti, 129 presenze in Serie A e 7 in Conference League, ha disputato un’annata a malapena sufficiente. Di loro sono rimasti solo vuoti gusci di statistiche delle passate stagioni.
Logicamente sarà la partita di Castellammare a passare alla storia come quella che ha sancito la retrocessione della Sampdoria, fermata sullo 0-0 da un avversario già sicuro di disputare i play-off. Ma il fatale destino della Samp poteva già essere intravisto, paradossalmente, nel precedente incontro di Marassi contro la Salernitana, vinto per 1-0 e che in teoria aveva restituito speranze di salvezza. I blucerchiati erano però scesi in campo come paralizzati, e le loro concrete possibilità di portare a casa i 3 punti si erano concentrate nel quarto d’ora finale del primo tempo, da cui poi era scaturito il gol decisivo. Per tutto il resto dell’incontro, la Samp non aveva mai dato l’impressione di essere una squadra che volesse vincere quell’incontro.
La differenza l’hanno fatta la forma mentale ancora meno salda degli ospiti e il tifo di Marassi, ma gli elementi della disfatta che si sarebbe concretizzata nel turno successivo erano già tutti lì. La Sampdoria è scesa in campo nell’ultima partita della stagione con la consapevolezza di dover vincere per arrivare almeno ai play-out, ma non è stata capace nemmeno di provarci. Mentre sugli altri campi tutte le dirette avversarie per la salvezza - Brescia, Frosinone e Salernitana - hanno tutte vinto.
COSA SUCCEDE ADESSO
Metabolizzato lo shock, i tifosi doriani ora sono soprattutto preoccupati per il futuro. Lo scorso gennaio Manfredi aveva rassicurato tutti, dicendo che anche in caso di retrocessione in Serie C i piani della proprietà non sarebbero cambiati. Tuttavia il presidente aveva premesso che «verosimilmente il prossimo anno saremo ancora in B» (si noti: lo constatava con rammarico, dato che pochi mesi prima si puntava alla promozione), per cui lo scenario attuale non era probabilmente stato preso realmente in considerazione.
Si attendono ora delle rassicurazioni da parte del proprietario Joseph Tey Wei Jin da Singapore. Le stime indicano che avrebbe già speso circa 100 milioni di euro nel club ligure, finora però con ritorni presumibilmente nulli: la Samp aveva il monte ingaggi più alto della Serie B nel 2023/24, con un totale di 27,4 milioni di euro, scesi leggermente nella stagione attuale (24,7), in cui il club ha avuto il secondo monte ingaggi della categoria. È facile immaginare che simili cifre dovranno essere ulteriormente ridimensionate per la Serie C, dove gli introiti sono ancora più bassi rispetto alla B. Il che significa rivoluzionare per l’ennesima volta - la quarta in tre stagioni - la rosa blucerchiata.
A complicare le cose, c’è il fatto che in estate scatterà, seppure in via sperimentale, il nuovo salary cap della Serie C, vincolato a una percentuale della produzione di ogni club. Per una società che fino adesso aveva puntato quasi tutto sugli investimenti, in attesa di vedere crescere gli utili con il ritorno nella massima divisione, questa rischia di essere una sfida non semplice da affrontare. Per fare un confronto superficiale, la società che ha speso di più in C in questa stagione è stata il Catania, con un monte ingaggi lordo da 11,5 milioni: meno della metà di quello della Sampdoria.
Che ne sarà, poi, del progetto dei “Grandi Vecchi”? Ne scrivevamo qui. Difficile immaginare una riconferma di Evani, mentre ancora ci si domanda se il ruolo di Mancini verrà definito con maggiore chiarezza. È chiaro che a lui è legato anche il destino di Lombardo, mentre se non altro dovrebbe essere confermato suo figlio Andrea in qualità di ds, forte di un contratto fino al 2027. Nell’accordo siglato un mese fa tra Mancini Jr. e la Samp c’è anche una clausola che, oggi, non può che apparire grottesca: prevede un adeguamento di stipendio nel caso in cui il club dovesse essere promosso in Serie A entro le prossime due stagioni.
Il fallimento della Sampdoria è sintomo innanzitutto di una società in cui, sotto la superficie, nessuno era probabilmente sicuro di ciò che faceva o che doveva fare. Richiamare Mancini e le vecchie glorie è stata una extrema ratio per cercare di ridare fiducia e responsabilità all’ambiente, e che alla fine si è rivelata tardiva, nel migliore dei casi, o inutile, nel peggiore. Un’esperienza che conferma una cosa che molto spesso chi per lavoro commenta il calcio preferisce ignorare: la Storia non ti fa vincere le partite.