Non so se davvero le reti interessino a qualcuno. Su di me, però, esercitano un fascino magnetico. Di molte partite che ho visto ricordo la forma della rete, che effetto faceva il pallone quando la muoveva. Ad esempio non posso dimenticare lo strano gonfiore della rete della porta dell’Italia nella partita contro l’Inghilterra al Mondiale 2014, su un tiro al primo minuto di Sterling che era andato fuori ma che aveva dato a tutti l’impressione di essere entrato: a volerla romanzare, l’effetto ingannevole della rete era un’allegoria dell’ingannevole Italia di Prandelli, partita con una dominante vittoria sugli inglesi e uscita dopo 180’ da coma con Costa Rica e Uruguay.
Non so da dove nasca la mia fissazione per le reti. Uno psicanalista forse mi direbbe che deriva dalla mia infanzia, dal fatto che i due campetti su cui sono cresciuto non le avessero (anche se qualche mese prima della ristrutturazione, in uno di questi campi avevamo tagliato la rete di copertura in nylon, che era dismessa, per attaccarla alle porte). Fatto sta che le reti sono una delle prime cose che guardo in uno stadio, con preferenza per quelle esagonali rispetto a quelle quadrangolari (in Brasile alcune sono addirittura romboidali). In un certo senso, la personalità di determinati stadi o eventi la rimando proprio alle reti. Gli ultimi mondiali, ad esempio, sono stati una delusione: le reti di Russia 2018 erano uguali alle reti di Euro 2016 che erano uguali alle reti di Brasile 2014. Reti esagonali, senza tratti peculiari, né troppo rigide né troppo molli, di profondità media rispetto allo specchio: le reti degli ultimi Mondiali ed Europei come i non-luoghi della globalizzazione, impossibili da distinguere l’una dall’altra, una sospensione delle differenze geografiche a forma di esagoni. Sono lontani i tempi dei quadratoni di Francia ’98, in cui alcune porte, come quelle dello stadio di Nantes, avevano anche un nastro bianco nella parte posteriore della rete per farla rimanere tesa.
Del bellissimo gol di Sunday Oliseh contro la Spagna, uno dei più celebri della storia recente dei Mondiali, più che il destro del giocatore nigeriano ricordo soprattutto la rigidezza del nastro bianco dopo l’impatto del pallone con la rete.
Con la speranza che il calcio del futuro riconosca l’importanza della diversità, almeno nelle reti, celebriamo le differenze tra stadi e manifestazioni con una rassegna delle reti – in senso letterale, non come sinonimo di gol – più iconiche degli ultimi anni, per forma, effetto a contatto con la palla e contrasto di colori col prato e i cartelloni a bordo campo.