Wayne Rooney ha avuto tante vite in carriera, vite che tra l'altro sembra portarsi dietro visto che ha sempre dimostrato più anni di quelli che avesse in realtà. "Wazza" si è ritirato presto e nonostante questo ha sbriciolato vari record e vinto tantissimo con il Manchester United. Il momento in cui il suo talento è apparso in modo inequivocabile, però, non è avvenuto con la maglia dei diavoli rossi. Prima di Old Trafford e di Ferguson, Rooney è stato un ragazzo prodigio con la maglia dell’Everton - forse il primo a essere discusso e trascinato dai forum su internet, dove è stato fin da subito definito il futuro del calcio inglese e fioccavano i paragoni con Gascoigne e i confronti con Owen. Il giocatore del Liverpool era stato da poco nominato Pallone d’Oro eppure di lì a poco avrebbe scollinato il meglio della sua carriera nonostante la giovanissima età. Rooney, quindi, ancora prima di diventare maggiorenne, diventa il salvatore della Nazionale inglese. A vederlo giocare era praticamente impossibile non lasciarsi trascinare dall’entusiasmo. Ma ciò che fece definitivamente impazzire tutti fu un suo gol contro l’Arsenal, una squadra che poi diventerà la sua vittima preferita: 15 gol in 35 partite in carriera (uno in più di Robbie Fowler e due in più di Didier Drogba), più di qualunque altro contro i "Gunners".
Siamo all’inizio della stagione 2002-03 e l’Arsenal arriva al Goodison Park come primo in classifica dopo 7 vittorie e 2 pareggi. La squadra di Wenger non perde in Premier League da 30 partite consecutive, cioè dal 4 novembre 2001. Per dare un’idea di quanto era forte quell’Arsenal e quanto si sentiva tale, basti pensare che ad inizio stagione Arsène Wenger aveva pronosticato una nuova stagione da invincibili: «Nessuno finirà sopra di noi in campionato e non mi sorprenderebbe se rimanessimo imbattuti per tutta la stagione».
Come succedeva quasi sempre allora, l’Arsenal passa presto in vantaggio segnando con Freddie Ljungberg all’ottavo minuto, neanche un quarto d'ora dopo, però, pareggia Tomasz Radzinski. Rooney è ancora in panchina e ci rimarrà per quasi tutta la partita. Prima del match contro i "Gunners" aveva già collezionato 7 presenze nelle prime 8 giornate di Premier League (di cui 3 da titolare), e due gol, con una doppietta contro il Wrexham nella Coppa di Lega ad inizio ottobre. L'Everton in quel momento si trovava a metà classifica dopo 3 vittorie, 2 pareggi e 3 sconfitte. Un campionato grigio, che però viveva dell'attesa del talento di Rooney, che si sperava potesse ribaltare il campionato della prima squadra dopo averlo visto fare sfracelli nelle giovanili.
Lo stesso Rooney ha raccontato che da bambino era abituato a segnare tra gli 8 e i 10 gol a partita, attirando l’attenzione degli osservatori di diverse big inglesi, tra cui il Liverpool, che gli propose di passare nelle sue giovanili. Venendo da una famiglia di tifosi dell’Everton, Rooney rifiutò la proposta e fu ben felice di accettare invece quella dell'Everton, arrivata poco dopo. Entra nelle giovanili a 9 anni e debutta con l’Everton Under 19 a 14 anni. Che Rooney sarebbe arrivato al grande calcio si sapeva insomma da tempo: lo dice addirittura Steven Gerrard in un’intervista del 2018 per un documentario proprio su Rooney: «Il suo nome continuava ad arrivare alle mie orecchie: “Wayne Rooney, Wayne Rooney. Hai visto qualcosa? Hai sentito di lui?”. C’era un suo video che girava in cui segnava nelle giovanili dell’Everton. Io sapevo della sua esistenza prima ancora di conoscerlo. Sono andato a vederlo giocare, lui non lo sa ma lo sono andato a vedere in una partita in cui ha segnato un paio di gol».
All'annuncio delle formazioni da parte dello speaker i tifosi fanno quindi partire il boato quando viene pronunciato il suo nome tra i sostituti. Lui sembra non farci caso posizionandosi in panchina con un giubbotto più grande almeno di una taglia. Nonostante fosse solo un giovane in panchina, anche la regia era stata contagiata dall'attesa. Più volte viene inquadrato dalle telecamere in attesa che Moyes lo faccia scaldare e lui sembra sempre osservare ansioso il campo pronto ad entrare anche a freddo se necessario. Apparentemente non aveva nessun timore di affrontare una squadra di giganti: «Avevo iniziato in panchina e ho visto passare l’Arsenal nell’entrata in campo: Vieira, Sol Campbell, Seaman, Bergkamp. Mi ricordo di averli osservati pensando “Gesù questi sono enormi”. Avevo appena realizzato quanto erano alti come squadra e quindi al momento dell’entrata in campo ho pensato “prova almeno a prenderti un paio di tiri, ad avere un impatto sulla partita”».
Dovrà aspettare fino all'80esimo per quel momento. Alla sua entrata, il commentatore ricorda che la “Rooney numero 18” è al momento la maglietta più stampata nel negozio dello stadio e questo nonostante debba ancora firmare un contratto da professionista. Mancano infatti ancora 5 giorni al suo diciassettesimo compleanno, momento in cui potrà legalmente farlo. Rooney guadagna 75 sterline a settimana con la paga da giovanile, praticamente il rimborso spese per la partita. Entra con un mezzo sorriso in faccia, una faccia che poggia su un collo enorme e un fisico già sviluppato nonostante l’età. Ha capelli cortissimi color pagliericcio, lentiggini e già un accenno di stempiatura.
Shaun Botterill/Getty Images
Riceve palla appena sei volte nei 10 minuti che è in campo, ma gli basta per mostrare alcune delle caratteristiche che lo accompagneranno per tutta la carriera. Un fallo andando in scivolata in pressione, cercando di prendere palla ad Ashley Cole. Un tentativo di gol in pallonetto da fuori area allo scadere dei minuti di recupero, che arriva a superare di poco la traversa col portiere battuto. Appena riceve il pallone carica a testa bassa verso l’area dell’Arsenal, spinto dalle grida dei suoi tifosi che si fanno immediatamente sentire. La sua sola presenza in campo ha reso elettrica l’atmosfera e lui sembra un giocatore diverso dai compagni di squadra, che fanno fatica a fargli arrivare il pallone. Il suo gol al novantesimo minuto è un lampo di talento sulla partita fino a quel momento grigio dell'Everton.
Da un rilancio lungo del portiere verso la punta Kevin Campbell il pallone viene respinto dalla difesa dell’Arsenal verso il centrocampo, dove Gravesen lo ributta davanti nella zona di Rooney. È evidente che siamo ancora in quel periodo storico in cui in Premier League il pallone in campo sembra un oggetto ingovernabile, un protagonista attivo e capriccioso, sballottolato su e giù. Sul campo sono frequenti i momenti in cui si creano azioni in maniera del tutto casuale, e in cui il pallone è più in aria che sull’erba nonostante i tentativi dei giocatori dell’Arsenal di giocarla bassa sui piedi. L’Everton passa la partita a lanciare lungo sperando che la spizzata giusta raggiunga l’area. In questo contesto di gioco caotico l’azione di Rooney è ancora più impressionante.
Il pallone gli cade davanti ma lui decide di usare il collo del piede per stopparlo portandoselo all’indietro e girars di 180 gradi. In questo modo, Rooney si crea lo spazio dal terzino destro Lauren, che pensava sarebbe andato in profondità. Con quel gesto il giovane attaccante dell'Everton fa una pausa spiazzando tutti dandosi il tempo per la giocata successiva. A quel punto si rigira verso la porta, trascinandosi palla con l'interno.
La difesa dell'Arsenal sta lì a guardarlo, non si aspetta quello che sta per succedere. Kevin Campbell accenna un movimento in profondità, passa accanto a Sol Campbell dell’Arsenal, ma il pallone non lo vedrà mai perché al secondo tocco Rooney è già pronto a calciare nonostante sia ancora intorno ai 25 metri dalla porta. Rooney guarda la porta e poi la palla, c’è un momento di calma apparente prima del calcio in cui Sol Campbell sembra indeciso se aspettarlo o attaccarlo. Poi Rooney abbassa la testa e carica il calcio: il braccio sinistro è alzato e il corpo piegato come ad accompagnare la traiettoria fino alla fine, come un golfista che col movimento della mazza accompagna la pallina all'orizzonte.
La traiettoria è sorprendentemente morbida, con una parabola arcuata e a giro data dal collo interno del piede, e finisce sopra la mano di Seaman toccando la parte interna della traversa. Un impatto che dà un finale inaspettato al gol, con il pallone che schizza improvvisamente sull’erba. Anche rivedendolo è difficile capire se Seaman avesse potuto farci qualcosa di più. Il portiere dell'Arsenal aveva ottimi riflessi e reattività, ma anche cali di concentrazione improvvisi che gli sono costati più di un gol da fuori area per il posizionamento errato (esempi piuttosto famosi sono quelli di Nayim nella finale della Coppa delle Coppe o quello di Ronaldinho al Mondiale 2002). Proprio per questo all’epoca girava la voce che fosse miope e che per questa ragione soffrisse i tiri da lontano. Ma in questo è proprio la traiettoria a sembrare straniante, con un giro strettissimo che finisce appena sotto la traversa che sembra scagionare Seaman da ogni responsabilità.
Una volta che la palla supera la linea Rooney si lancia di corsa verso la tribuna, alzando e aprendo le braccia al cielo. È un giocatore che non ha mai pensato a come esultare in vita sua e sembra talmente investito dalle emozioni che non ci sta nemmeno pensando: a un certo punto si ferma, poi riprende a correre in modo comico, salta col pugno destro in alto, poi nuovamente apre tutte e due le braccia quasi per abbracciare tutti quelli che vede festeggiare in tribuna. Chissà, magari un'esultanza preparata ce l'aveva pure, ma sul momento non è riuscito a pensarci e ha scelto di provare ad esultare in tutti i modi che gli venivano in mente. A un certo punto nella sua esultanza viene intercettato dal compagno Hibbert a pochi metri dalla tribuna. È la fine della sua corsa pazza: poco dopo viene raggiunto e abbracciato da tutti i compagni nelle vicinanze, che forse lo fermano anche dal gettarsi tra i tifosi mentre lo stadio è in delirio.
«Remember the name: Wayne Rooney!» urla il telecronista, una frase che in Inghilterra verrà appiccicata alle immagini del gol tanto da rimanere ancora oggi parte integrante del ricordo del momento - il motto della sua ascesa improvvisa da nome di nicchia dei tifosi dell’Everton a ragazzo prodigio del calcio inglese. D'altra parte, tra i 22 in campo in quel momento solo Thierry Henry avrebbe potuto fare con la stessa naturalezza un gol del genere, per tutti gli altri dallo stop in poi sarebbe stata l'azione della vita.
Rooney a 16 anni è già capace di segnare gol da fenomeno, è già al di sopra del contesto della Premier. Al termine della partita Wenger ha le idee chiare: «Rooney è il più grande talento inglese che ho visto da quando sono arrivato in Inghilterra. Non c'è stato certamente un giocatore sotto i 20 anni bravo come lui da quando sono diventato manager qui. Siamo stati battuti da un gol speciale di un talento molto speciale. Ho visto qualcosa negli ultimi mesi: i suoi due gol in TV nella Worthington Cup, e la sua ottima prestazione contro il Manchester United di recente. Ma non c'è bisogno di essere un esperto per vedere che è un talento speciale, molto speciale».
Con questo gol, Rooney, a 16 anni e 360 giorni, diventa il più giovane a segnare un gol in Premier League rompendo il record di un altro ragazzo prodigio di Liverpool, e cioè Michael Owen. Record che verrà poi battuto da James Milner col Leeds a 16 anni e 356 giorni la stessa stagione, e che durerà a sua volta pochi anni. Nel 2005 lo riscrive di nuovo James Vaughan proprio con la maglia dell’Everton a 16 anni e 270 giorni. In quei due anni Rooney diventerà presto un giocatore del Manchester United e stella della Nazionale, mentre di lì a poco la carriera di Vaughan si spegnerà in fretta, tra le riserve dell’Everton e diverse prestiti poco fortunati in Championship. In totale arriverà a segnare 7 gol in Premier League.
Insomma, in molti hanno avuto un incipit simile al suo ma in pochi hanno saputo mantenere quella scintilla di stupore per tutta la propria carriera. Mentre anche Milner è diventato un giocatore totalmente diverso da quello che ci si aspettava, Rooney è sembrato semplicemente aprire a suo modo una carriera che tutti si aspettavano brillante come è effettivamente stata. Non un lampo improvviso, insomma, ma il colpo di un genio in un corpo da bulldog che sprizza energia da tutti i pori.
Prima e dopo il gol, Rooney si butta su ogni pallone come se non ci fosse un domani. Per lui il dispendio fisico non è un problema: è parte integrante del suo gioco e lo rimarrà per sempre. Non è un caso che per descriversi Rooney utilizzerà spesso l’aggettivo hungry, cioè affamato, che rende bene l'idea cosa significava ritrovarselo in campo. Rooney, infatti, aveva lo sguardo famelico di chi cerca il duello, vuole il contatto col pallone, vuole correre, mettere il suo segno sulla partita. Contro l’Arsenal in una partita in cui il pareggio sembrava un risultato onesto per la sua squadra, Rooney è entrato in campo provando in ogni azione a risolvere la partita, forse consapevole di avere il talento per farlo o forse spinto unicamente dalla voglia di provarci. Rooney non sta mai fermo, ha un’energia unica che lo porta a muoversi in continuazione. Un dinamismo che suggeriva il suo utilizzo in campo in quasi ogni ruolo, come poi è effettivamente stato, e che alla fine sarà quasi una maledizione, perché finirà per incanalare la carriera in zone arretrate di campo diluendo la sua capacità di essere determinante con questi lampi di tecnica improvvisi. Ma Rooney non poteva farci niente: perché era sia il giocatore che correva su e giù per il campo come una mezzala difensiva sia quello capace di trovare da un momento all’altro trovava un gol con un gesto di sublime precisione tecnica.
Chissà forse qualcosa che ha preso dalle sue radici. Lo sport di famiglia oltre al calcio, infatti, è la boxe, praticata dal padre in gioventù e dal fratello minore. Del boxer Rooney ha il fisico e come un boxer si muove di continuo in campo dandole e prendendole per poi accendersi improvvisamente quando sente che è il momento giusto. Il gol contro l’Arsenal è proprio quella sequenza, un picco di creatività probabilmente figlia del calcio di strada, che lo ha portato a potersi accendere improvvisamente in un’azione geniale e determinante.
Rooney fa uscire dal nulla uno stop controintuitivo e un tiro a giro dopo aver toccato il pallone una manciata di volte contro una squadra che lui stesso ha definito di giganti. Non ha paura dell’avversario e al contrario forse ne è stimolato. Si è buttato nella mischia e ha colpito al momento giusto. Il suo allenatore Moyes per descriverlo rievoca proprio questo aspetto del suo gioco, definendolo l’ultimo dei classici calciatori di strada inglesi. Una caratteristica che sembra contraddistinguerlo anche fuori dal campo da gioco.
Quando in un’intervista del 2020 gli chiedono cos’ha fatto dopo quella partita, Rooney risponde con il solito forte accento scouse dei nativi di Liverpool: «C’è un pub difronte al Goodison Park chiamato The Winslow e mio padre andava sempre lì dopo le partite e allora sono andato lì con tutta la mia famiglia. Tutti mi abbracciavano: gli zii, i nonni. Dopo un po' me ne sono andato via da lì e sono andato nella zona dove abitava quella che ora è mia moglie».
Poi ha continuato: «Lì c’erano dei garage a schiera dove con alcuni amici ci siamo fatti un’altra partita di calcio».