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Al Real Madrid basta veramente poco
02 mag 2018
02 mag 2018
Una semifinale confusa, in cui il Real Madrid ha piegato ancora questa confusione a proprio favore.
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Al termine della semifinale del Mondiale del 1990 venne pronunciata una delle frasi più famose della storia del calcio: «Il calcio è un gioco semplice: 22 uomini rincorrono un pallone per 90 minuti, e alla fine la Germania vince». Le ha pronunciate Gary Lineker e riassumono la sensazione che si provava nel secolo scorso nel veder giocare la Germania nei grandi tornei.

Questo Real Madrid sta però superando anche l’iperbole di Lineker. Il Madrid è arrivato alla sua quarta finale di Champions League in cinque anni, un risultato che sembrava inimmaginabile, e quest’anno - in mezzo a mille difficoltà - ci è arrivato superando tre candidate al titolo come PSG, Juventus e Bayern. Ciò che sta costruendo questo gruppo non ha niente di paragonabile a quanto siamo abituati a vedere nel calcio moderno. Per trovare qualcosa di simile bisogna tornare al formato precedente della Coppa dei Campioni, alla prima metà degli anni ’70, quando il grande Ajax dominava il palcoscenico europeo. Per trovare invece qualcosa di meglio si deve andare ancora più indietro, agli albori della competizione, quando giocava il mitico Madrid di Bernabeu: quello delle cinque coppe consecutive.

Solo citando due delle squadre più forti della storia, quindi, potremo avere un termine di paragone per questo Real Madrid. Forse in futuro la prospettiva storica ci permetterà di mettere a fuoco meglio lo spessore della squadra di Zidane. I concetti che abbiamo usato in questi anni per descrivere le vittorie della squadra (come caos controllato o calcio liquido) sono complessi e comunque non troppo soddisfacenti. Non si tratta più di controllare i momenti di squilibrio o di avere un modulo che si piega alla tecnica dei propri interpreti.

Il Real Madrid non ha solo la capacità di riportare questo gioco allo stato in cui la supremazia tecnica è l’unica cosa che conta, e riesce a vivere di questo, cavalcando l’entropia. Il gioco del Real Madrid si nutre di episodi, e questo ha un peso particolare nella competizione in cui gli episodi pesano di più, cioè la Champions League.

Un’interpretazione razionale del dominio del Real Madrid si può sintetizzare così: il Real Madrid vince perché è più forte ed è più forte perché vince. Anche giocando male, anche venendo superato durante i 90, persino i 180 minuti in tutto quello che non è il punteggio. Neanche ieri, nella finale di ritorno contro il Bayern Monaco, si può dire che il Real Madrid è stato superiore, né nell’espressione del gioco né nelle occasioni create. Anche senza scomodare gli xG, il Madrid ha tirato 9 volte di cui 3 nello specchio (i 2 gol e 1 tiro di Cristiano) contro i 22 tiri del Bayern di cui 10 nello specchio (a cui si aggiunge una traversa).

Il Real Madrid non è stato superiore dal punto di vista tattico: ha sbagliato il piano gara e subito per lunghi tratti quello degli avversari. Questa volta non si può neanche parlare di superiorità dal punto di vista tecnico, visto che per lunghi tratti della partita le cose migliori si sono viste da parte del Bayern tra i piedi di Thiago, James e Ribery.

Al Real madrid basta un singolo episodio per portare a casa il risultato finale. Contro il Bayern la squadra di Zidane ha, come al solito, portato tutti i momenti della partita dalla propria parte: la traversa di James, i due fischi sbagliati dall’arbitro (sulla mano di Marcelo e sull’intervento di Sergio Ramos), l’errore di Tolisso che porta alla papera di Ulreich.

Ci è riuscito trovando le migliori prestazioni stagionali dei due giocatori più criticati, Karim Benzema e Keylor Navas. Il Madrid, insomma, sembra trovare sempre un fattore da sfruttare o una singola prestazione decisiva che vale l’incontro. Come una chimera (mostri ibridi di cui raccontano Omero e Dante) ha troppe armi a disposizione per poter vincere il confronto.

Gli Expected Goals combinati delle gare di andata e ritorno.

Il piano di Heynckes è quello giusto, ma non è bastato

A fine gara Heynckes ha detto che mai aveva visto un Bayern forte come quello del Bernabeu. Forse sono parole di circostanza, ma va detto che il Bayern ha davvero giocato la partita che doveva giocare, e lo ha fatto scendendo a compromessi con le assenze di Neuer, Vidal, Coman e Robben. Neanche Javi Martinez, non al 100%, è potuto essere della partita ed è stato sostituito da Tolisso, che ha aumentato il controllo nella metà campo del Real Madrid. Heynckes era consapevole che per raggiungere il risultato sperato (almeno 2-0) non era concesso guardarsi indietro.

Anche per alimentare questa attitudine spregiudicata davanti la difesa ha giocato Thiago e non Tolisso. In questo modo Tolisso ha potuto esprimere il meglio del proprio gioco del proprio calcio, arrivando dalla seconda linea per provare la conclusione o la rifinitura. Lo sforzo chiesto a Thiago in transizione difensiva è stato notevole, ma lo spagnolo è stato diligente e col pallone è stato un punto di riferimento costante per aiutare la circolazione.

Nel 4-3-3 di partenza Ribery e Müller dovevano alternarsi con Alaba e Kimmich per gli attacchi sull’esterno e nei mezzi spazi. L’idea era di attaccare con tutti i corridoi verticali occupati e con più giocatori tra le linee avversarie. Una sorta di 2-3-5 che il Bayern ha utilizzato già in passato, quando doveva gestire risultati compromessi. L’idea era anche di evitare il principale problema dell’andata, quando Thiago e James si trovavano sempre con pochi riferimenti per l’ultimo passaggio. Fin dall’inizio la catena di sinistra formata da Alaba, James e Ribery ha preso in mano la partita, mettendo in difficoltà due giocatori non abituati a soffrire tanto. Il Bayern ha potuto giocare il pallone in ampiezza e trovare sempre almeno un giocatore pronto a ricevere alle spalle del centrocampo del Madrid. Una situazione tattica che ha esaltato un giocatore come James, che ha potuto fare solo da rifinitore, non preoccupandosi dei compiti di gestione. Il Bayern arrivava ad occupare bene l’area nei tanti cross che la strategia prevedeva.

Il piano ha funzionato subito: il gol del vantaggio è arrivato dopo tre minuti. Quando Müller crossa nei pressi dell’area piccola ci sono, contemporaneamente, Ribery, Lewandowski, Tolisso e Kimmich. Quest’ultimo ha ribadito in rete dopo una goffa respinta di tacco di Sergio Ramos.

Durante il primo tempo il Bayern ha anche concesso un gol, ma affrontato la sfida come meglio non poteva, generando una sensazione di pericolo costante. Gli è mancata solo la stoccata finale (per 6 volte i bavaresi hanno tirato nell’area piccola...). A limitarne l’efficacia del piano sono la prestazione di Lewandowski, incapace di finalizzare il volume di gioco creato dalla squadra (solo 3 tiri di cui 2 nello specchio), e soprattutto quella di Keylor Navas tra i pali, forse la migliore della sua carriera. Le 8 parate sono un record in una partita eliminatoria della Champions League.

Il Bayern ha poco da rimproverarsi. È mancato un po’ di cinismo sotto porta, e forse la riconquista del pallone è stata un po’ ondivaga. Forse neanche i cambi di Heynckes nel secondo tempo sono stati perfetti. Il cambio di Tolisso per Wagner al 73’ è quello della disperazione, e come spesso accade è quello che arriva con la mente non più fredda: serve un gol, tolgo un centrocampista per una punta. Con Wagner il Bayern non ha guadagnato in finalizzazione, anche perché le occasioni sono arrivate in modo più sporadico. Quando poi entra Javi Martinez per James - fondamentale dalla metà campo in su per aprire spazi nella difesa del Madrid - il Bayern rinuncia a quel po' di ordine che ancora aveva con la palla per barattarlo con l'equilibrio (senza palla).

Per abbattere la Chimera serve la partita perfetta e forse quella del Bayern non lo è stata, soprattutto calcolando gli errori individuali che hanno portato al gol di Benzema - la caduta imbarazzante di Ulreich, certo, ma anche il brutto retropassaggio di Tolisso. L’immagine di Ulreich solo al centro del campo a partita finita, mentre tutti i compagni sono diretti verso lo spogliatoio, è straziante: verrà probabilmente per sempre ricordato come il portiere che scivolò regalando il gol qualificazione al Real Madrid.

Il piano di Zidane è quello sbagliato, ma non importa

La squadra in bianco festeggia così una qualificazione arrivata in una partita giocata male, eseguendo un piano di gioco, quello di Zidane, che si è scontrato con quello di Heynckes perdendo il confronto tattico. Il piano ideale del Madrid lo vedeva gestire il pallone, ma si può dire sia stato ben eseguito solo in occasione del gol del pareggio: con il Madrid che riesce ad assestarsi nella metà campo del Bayern utilizzando il palleggio e poi, partendo da destra con Vazquez e Modric, passando per Kovacic, arriva sui piedi fatati di Marcelo che può crossare sul secondo palo per Benzema.

Un gol che sfrutta la superiorità tecnica del Madrid e al tempo stesso la debolezza di Alaba nella marcatura sul secondo palo. Questo è un tipo di calcio che il Madrid può fare quando vuole, in teoria, ma che in pratica non riesce a sviluppare in nessun’altra occasione.

Perché il piano di Zidane è stato superato dalla padronanza del pallone del Bayern, che ha costretto la squadra di casa a giocare una partita fatta di transizioni offensive. Il Real Madrid si è lanciato in azioni da hockey provando a sfruttare il campo alle spalle dei terzini del Bayern, sempre proiettati in avanti, grazie i movimenti intelligenti di Asensio e Benzema. E guardando la formazione scelta da Zidane sembra impossibile pensare che fosse questo il piano iniziale, che infatti non riesce mai appieno. Il 4-4-2 con Asensio a sinistra, con grandi libertà di muoversi al centro senza palla, e Modric a destra più bloccato (in relazione alle salite del terzino d’emergenza Lucas Vazquez, che gioca al posto di Carvajal) e Kovacic al posto di un centrocampista centrale difensivo come Casemiro sulla carta, sembra fatto per dominare il pallone nella fascia centrale di campo.

Con le sue scelte, insomma, Zidane sembra voler accettare una partita aperta in cui però la squadra dovrebbe essere quella che meglio sfrutta il pallone quando lo possiede: se le cose non vanno così è soprattutto perché la catena di destra non è abituata a soffrire e finisce affogata da quella del Bayern, con Vazquez che si schiaccia troppo e costringe Modric a giocare quasi solo una partita conservativa per fargli da balia.

Inoltre, la presenza di Kovacic e Kroos al centro, due giocatori che parlano lingue diverse dal punto di vista difensivo (il primo è aggressivo e lascia la linea, l’altro conservativo e tiene la posizione) apre completamente il campo al dominio interno del Bayern, che con la fluidità dei tre centrocampisti sfrutta le uscite di Kovacic e lo spazio lasciato da Kroos. Il Madrid non riesce a contendere il pallone al Bayern, perde campo e si difende in modo disordinato centralmente. Praticamente stende un tappeto rosso agli avversari per creare occasioni da gol.

Zidane ammette di essersi sbagliato quando prova a correggere in corsa, al 70’, con il risultato già di 2-2, inserendo Casemiro al centro per Kovacic e Bale davanti per Benzema, passando al 4-3-3. Difendendo in modo più ordinato e provando a sfruttare il campo davanti.

Peccato che neanche il cambio riesce al francese, perché la scelta di togliere Benzema invece di Cristiano (seconda gara anonima contro il Bayern) non fa altro che rendere ancora più complicata la risalita una volta presa la palla: Benzema è stato fondamentale non solo in quanto autore dei due gol, ma soprattutto come appoggio per passare sulla trequarti in modo fluido, grazie alla sua capacità di trovare sempre la posizione giusta per ricevere palla. Era anche l’unico del Madrid in grado di conquistare il pallone in posizione avanzata e da lì quindi partire con la transizione.

Il protagonista positivo e quello negativo della serata. Benzema si muove, gioca per sé e fa appoggi per i compagni, completa 4 dribbling (le stelline) e 7 recuperi (le crocette), segna i 2 gol qualificazione negli unici 2 tiri che fa.

Con il cambio, di fatto il Madrid finisce per vivere dell’abilità difensiva del proprio portiere e dei due centrali, bravissimi a proteggere l’area piccola e limitare il Bayern a cercare conclusioni da zone meno pericolose.

Il Real Madrid soffre ma ancora una volta ha la meglio e va a giocarsi la finale di Kiev senza aver mai essere stato superiore al Bayern di Monaco, se non nello sfruttare gli errori avversari (decisamente troppi per una semifinale) e nel mettere a frutto il poco di buono fatto.

Quando manca il resto, al Real Madrid 2017-18 basta questo. La Chimera di Zidane cambia faccia e carattere a seconda delle situazioni e chi l’affronterà in finale - probabilmente il Liverpool, ma non si sa mai - dovrà stare attento a non darla per scontata neanche per un secondo. Il paradosso, dopo 180’ del genere, è quello di finire per sottovalutare il Real Madrid che potrebbe vincere la sua terza Champions League consecutiva.

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