
Il rapporto col gol per un centravanti è come la fede per un religioso. È la testimonianza di un contatto privilegiato con qualcosa di invisibile, una presenza percepibile che non si può forzare, o c’è o non c’è. E quando il filo si spezza, il rapporto interrotto, per un attaccante è una tragedia che, chi quel contatto non l’ha mai provato (difensori, centrocampisti, portieri), non può capire. Dopo un po’ non si parla più di un calo di forma, più passa il tempo più l’assenza del gol prende la forma di un elefante impossibile da ignorare, una specie di lutto a cui sopravvivere cercando di non pensarci troppo. Gli allenatori possono cercare di aiutarli, di metterli nel giusto contesto, di curare insieme a loro i dettagli, ma poi è il gol che arriva, oppure, non arriva. Questo, finché a un certo punto si getta la spugna, si smette di sperare che il gol torni dall’attaccante, si smette di credere.
Quando l’attaccante di cui si parla ha segnato appena 4 gol in 24 presenze in campo - più di duemila minuti - ovvero 0.16 gol a partita, un gol ogni sei partite e qualcosa; oltretutto performando sotto i 4.8xG avuti a disposizione (comunque poco, 0.20xG in media ogni 90’, parliamo staticamente del 20% peggiore degli attaccanti in Europa, secondo Hudl Statsbomb) - allora a quel punto un allenatore può sentirsi legittimato a lasciar perdere il piano dell’intangibile e a badare ai fatti. I numeri qui sopra sono quelli di Rasmus Hojlund al suo secondo anno al Manchester United, con Ruben Amorim in panchina.
Hojlund non ha segnato dallo scorso dicembre a metà marzo, una striscia senza gol di diciotto partite. Quando durante l’incontro con il Leicester in FA Cup, a febbraio, si è lamentato platealmente con Garnacho che non gli ha passato una palla su cui avrebbe potuto calciare in porta, e poi proprio con Amorim lamentandosi dei pochi servizi che riceva, l’allenatore portoghese lo ha difeso. Ha citato il suo lavoro tattico, le corse in profondità, e poi ha aggiunto che Hojlund era “ansioso”. Secondo Amorim, Hojlund stava migliorando “nelle piccole cose” e avrebbe dovuto concentrarsi su quelle: “E i gol appariranno”, come fossero state presenze sovrannaturali da evocare.
La palla per scacciare ogni cattivo pensiero, il segnale divino che tutti aspettavano, sarebbe potuta essere quella capitata sulla testa di Hojlund al 68esimo minuto di gioco della finale di Europa League con il Tottenham. Bruno Fernandes ha battuto una punizione da poco dopo la metà campo, dalla fascia centrale del campo, un cross lento e troppo alto per tutti tranne che per le mani di Vicario, che però si scontra con un compagno e perde la presa. La palla arriva ad Hojlund che quasi senza saltare, con un colpo di reni, calcia un rigore di testa con la porta vuota.
Il Tottenham stava vincendo 1-0 e Hojlund avrebbe potuto rimettere la partita in equilibrio. Ma quello non era il suo segnale divino, quanto piuttosto quello di Micky Van De Ven, che ha salvato sulla riga in rovesciata, diventando l’eroe della partita e finendo tatuato sui corpi dei tifosi del Tottenham, a eterna memoria della vittoria dell’Europa League.
Nel 2025 con la maglia dello United ha segnato solo tre gol in partite ufficiali, due in Premier League e uno nella vittoria per 4-1 nella semifinale di ritorno di Europa League con l’Athletic Bilbao (a cui volendo si possono aggiungere i due assist nel ritorno degli ottavi con la Real Sociedad). Non abbastanza per convincere Amorim a continuare a credere in lui, almeno a giudicare dall’acquisto di Benjamin Sesko dal Red Bull Salisburgo per una cifra, bonus compresi, intorno agli 85 milioni. A quel che dice la stampa inglese Amorim vorrebbe liberarsi di lui mentre Hojlund vorrebbe provare a lottare per un posto da titolare.
Sesko e Hojlund hanno la stessa età, entrambi 22 anni, uno dei due si pensa sia all’altezza delle ambizioni del Manchester United, mentre l’altro no. Paul Scholes, in un podcast in cui commentava la questione, non ha detto che si sarebbe potuto aspettare Hojlund (o che lo si potrebbe ancora aspettare, visto che è ancora parte della rosa e oltre a Zirkzee che ha un profilo più atipico, non ci sono altri centravanti) quanto piuttosto che il suo caso dimostra che un giocatore così giovane non è pronto per lo United, arrivando al punto da dire che forse per Sesko sarebbe stato meglio il Newcastle “per svilupparsi”.
“Deve svilupparsi, deve progredire, ha bisogno di tempo”, lo diceva di Hojlund anche l’allenatore precedente allo United, Erik Ten Hag, in un momento di scarsa forma, ad aprile 2024. Hojlund è passato dal Copenaghen allo Sturm Graz a gennaio 2022, sei mesi dopo è andato all’Atalanta e, una stagione dopo è arrivato in Inghilterra che aveva ancora 20 anni e mezzo. In un anno e mezzo è passato dal campionato danese a una delle squadre più blasonate al mondo, è passato dal costare (diverso da valere) meno di due milioni a quasi 80.
Per segnare il primo gol in Premier League ci ha messo 15 partite (nel frattempo aveva segnato in Champions) e Ten Hag per incoraggiarlo ha dovuto riagganciarsi a quel discorso mistico sui gol: «Hai segnato con la Danimarca, hai segnato in Champions League, quindi hai dimostrato di avere le capacità. Ce la puoi fare, credici, arriverà».
Poi Hojlund è diventato il più giovane di sempre in Premier League a segnare in 6 partite consecutive (7 gol, con la doppietta al Luton Town che ha chiuso la fiammata). Quando si è fermato di nuovo, per un infortunio, e l’opinione pubblica è tornata impaziente, Ten Hag lo ha difeso con degli argomenti più solidi: «Ha avuto tre infortuni e ha comunque segnato 14 gol (a fine stagione saranno 16 ndr)». Ricordando che quando lo avevano acquistato, pagandolo più di 70 milioni, “per questa stagione e per il futuro”.
Nel migliore momento della stagione 2023/24 Hojlund ha segnato il suo settimo gol consecutivo con questo colpo di petto (assolutamente voluto, non accetto dubbi in merito) su un tiro sbucciato di Garnacho.
Hojlund è tornato al gol sul finale di stagione, quando Ten Hag aveva trovato una sorta di equilibrio con Bruno Fernandes e McTominay davanti. Due gol nelle ultime due di campionato da subentrato, e quando poi è arrivata la finale di Europa League con il Manchester City, Ten Hag ha parlato di “problema di lusso”, quella della scelta tra lui e la coppia Bruno-McTominay, ma alla fine lo ha messo in panchina.
Nella prima stagione i numeri di Hojlund erano leggermente migliori di quella passata: 0.38 gol a partita, 10 gol ricavati da 7.83xG. Niente di eccezionale ma quantomeno è andato oltre le aspettative. La scorsa stagione l’ha iniziata benino, a novembre ha segnato una tripletta contro il Bodo Glimt, togliendo le castagne dal fuoco allo United che stava perdendo 2-1. Dopo la vittoria Amorim si è complimentato per lui ma ha anche indicato i punti su cui doveva migliorare: «A volte fa troppi tocchi quando tiene palla…».
Poi è arrivato il momento di crisi prolungata della seconda parte della scorsa stagione, che non è mai veramente finito. Hojlund ha sempre alternato momenti eccezionali ad altri di siccità realizzativa - anche all’Atalanta ha iniziato a segnare da gennaio 2024, dopo che l’infortunio di Zapata gli ha liberato il campo - ma stavolta no, è rimasto così fino a fine stagione. Sarebbe cambiato qualcosa se Van De Ven fosse stato meno agile e non fosse riuscito a salvare quel colpo di testa in finale? Magari no, ma magari invece sì. Ma quella palla non è entrata e poco dopo Amorim lo ha sostituito con Zirkzee (rientrato di fretta da un infortunio). E lo United ha perso la finale.
L’ultimo gol di Hojlund con la maglia dello United in una competizione ufficiale è questo tap-in nella semifinale di ritorno con il Bilbao, in cui sembra anche fare un po’ di fatica a mettere dentro la palla da un metro di distanza.
Oggi dobbiamo pensare che, alla fine, Hojlund non era l’attaccante del futuro per il Manchester United. O che qualcuno dentro quella società gestita non proprio al meglio negli ultimi anni - una delle giustificazioni dei tifosi per Hojlund è che si è ritrovato a giocare con Garnacho e Antony, che al tempo stesso è un rammarico ora che con Cunha e Mbuemo avrebbe forse avuto vita più facile - deve aver pensato che è stato compiuto un errore. Più facile, dopo che il responsabile della decisione, Ten Hag, se ne è andato.
Adesso il Milan ha bussato alla porta, si parla di prestito, di una cessione per 40 milioni, insomma di un modo o l’altro per liberarsene. Laddove, invece, il Milan sembra crederci per l’immediato. O dobbiamo pensare che il Milan sia la squadra giusta - e la Serie A il posto giusto - perché Hojlund si sviluppi con calma e senza troppe pressioni? Oltrettutto il Milan lo vorrebbe per sostituire, o comunque togliergli il posto da titolare (che forse ha già perso), Santi Gimenez, un attaccante pagato 35 milioni pochi mesi fa. A proposito di avere pazienza.
Hojlund resta un giocatore giovane e di belle speranze. Con una grande energia, che già sottolineava Gasperini ai tempi, e discrete doti atletiche, che però non gli hanno permesso di fare la differenza nei duelli in Premier League - per questo l’ipotesi di restare nel campionato inglese, magari in una squadra meno ambiziosa come il Fulham, potrebbe non essere in realtà ideale per lui.
Al tempo stesso, gli manca la raffinatezza tecnica per evitarli, i duelli; ha praticamente solo il sinistro e gli capita di sbagliare anche gol semplici. Sarà poco tranquillo, avrà poca fede, ma quando sta bene ed è in un momento in cui segna, almeno in area di rigore ha un buon istinto, quando non sta bene sembra dimenticare come si mette un piede davanti all’altro. Capita anche ai migliori attaccanti, a quelli navigati, figuriamoci a un ventiduenne.
Un’occasione sbagliata in modo piuttosto incredibile.
In Serie A Hojlund tornerebbe quanto meno ad avere quel vantaggio atletico che gli permette di fare la differenza in transizione - come forse Allegri preferirà far attaccare il Milan. La sua energia non è mai venuta meno, neanche nei momenti peggiori, e la sola cosa in cui eccelle sono le pressioni nella metà campo offensiva (16.35 in media ogni 90 minuti), in quello è nell’élite europea.
Sinceramente non sembra avere grossi margini di miglioramento dal punto di vista tecnico, ma la base di partenza è già molto alta, è quella che gli ha permesso nella fase iniziale della sua carriera di essere paragonato ad Haaland per come dominava i difensori. Qualità più che sufficienti a fargli segnare più di un gol a partita in più di un momento. Certo tornerebbe un po’ ridimensionato nelle ambizioni, ma anche con voglia di rivalsa. E forse non è neanche male tornare con i piedi per terra e bloccare l’ascensore impazzito del calcio europeo, che sale e scende alla velocità della luce, senza darti il tempo di scendere una volta che sei salito.
A 22 anni Hojlund ha ancora il tempo per costruirsi una carriera nuova di zecca. Basta che non perda la fede. E che la squadra che lo prenderà, l’allenatore che lo allenerà (ammesso che alla fine vada via) non perda fede in lui.