Appena sei mesi fa Marcus Rashford sembrava un giocatore superato. Non finito, certo, ma uscito dal giro diciamo, come Jack Frusciante. L’errore dal dischetto nella finale degli Europei contro l’Italia nell’estate del 2021 gli era costato una valanga di insulti razzisti e la stagione successiva - la 2021/22 - era stata la peggiore della sua carriera per distacco. Rashford aveva giocato appena 1235 minuti in Premier League e segnato la miseria di 4 gol. In una squadra che cercava di riorganizzarsi intorno a Cristiano Ronaldo, l’utilità di Rashford (una punta, un’ala, un trequartista?) era diventata ambigua, il suo futuro nebuloso. Nel giro di pochi mesi aveva perso il posto allo United e in Nazionale, superato nella considerazione da calciatori più giovani e con più hype (Sancho, Bellingham, Foden) e, addirittura, Rangnick aveva fatto capire che non era più incedibile.
Dov’era finito quel giocatore capace di segnare 4 gol in 2 partite all’esordio? Prendersi di forza un posto da titolare in una delle migliori squadre al mondo appena maggiorenne? Rashford era fuori forma, passivo, simbolo di una squadra che prometteva di essere la migliore al mondo ma che poi falliva un progetto tecnico dietro l’altro. In estate era arrivata l’ennesima rivoluzione: dentro ten Hag e una batteria di nuovi giocatori. Per Rashford è stato come ricominciare di nuovo, il sesto allenatore diverso alla sua ottava stagione di Premier League a 25 anni, che non sono tanti ma non sono neanche pochi per un calciatore. Il PSG, a un certo punto, sembrava molto vicino a prenderlo.
Di quell’incertezza estiva oggi non è rimasto niente: l'inglese sta vivendo il momento migliore della sua carriera. Segna gol a raffica ed esulta chiudendo gli occhi e portandosi il dito alla tempia. Un'esultanza già diventata iconica, imitata in tutto il mondo, e che Rashford non ha spiegato, ma che è facile da ricondurre all'aspetto mentale del suo gioco, a una rinascita dentro e fuori. «C'è un'energia completamente diversa intorno al club e al campo di allenamento. Questo mi mette mentalmente molto più a mio agio e mi motiva. Era questo l'aspetto in cui stavo faticando prima». Con 24 gol ha già superato il suo record di reti in una stagione e promette di non fermarsi qui. Da quando è tornato dal Mondiale, dove ha segnato 3 gol pur partendo quasi sempre dalla panchina, è diventato incontenibile contribuendo con 16 gol in 18 partite al grande momento dello United, che in Premier League è risalito a 3 punti dal City, eliminato il Barcellona in Europa League e domenica si giocherà il primo titolo della stagione, la Coppa di Lega.
L’incredibile stato di forma di Rashford
Se fin dal suo esordio Rashford aveva sempre dato l’impressione di poter diventare un giocatore da 30 e più gol a stagione, ma non è mai stato affilato come oggi. A vederlo giocare si ha come una sensazione di efficienza estrema: nessun tocco è sprecato, nessun movimento eccessivo, nessun tiro velleitario.
I 16 gol segnati dopo la pausa (nessuno ha fatto meglio) sono arrivati con appena 53 tiri, di cui 29 in porta, per un totale di 8.56xG. Avrebbe dovuto segnare 8 gol, ne ha segnati 16. Giovedì scorso in casa del Barcellona, la miglior difesa d’Europa, Rashford ha segnato un gol e provocato un autogol con due azioni in cui è parso troppo veloce e diretto per gli avversari.
Le caratteristiche fisiche e tecniche di Rashford lo rendono un profilo ibrido, capace di giocare in tutti i ruoli dell’attacco. Se questa duttilità doveva essere il suo punto di forza, spesso si era rivelata un'arma a doppio taglio. Allo United e in Nazionale Rashford infatti ha spesso rimbalzato per il campo, andando a coprire i buchi di formazione, muovendosi in relazione ai vari attaccanti che sono passati in questi anni allo United (partendo da Ibrahimovic, passando da Lukaku e Cavani, fino ad arrivare a Cristiano Ronaldo, ma anche Bruno Fernandes e Sancho).
In questa stagione, dopo aver iniziato come centravanti, ten Hag lo ha spostato a sinistra nel suo 4-2-3-1. I numeri dicono che è la posizione di campo dove diventa più produttivo (nelle ultime quattro stagioni di Premier League, ha segnato 0.46 gol per 90’ quando parte da sinistra, 0.24 dal centro, 0.17 da destra) e lo stesso Rashford, più volte, ha lasciato intendere che quella è la posizione che preferisce, dove può ricevere e entrare dentro al campo sul destro, il suo piede forte. Certo, non è un’ala classica: è molto alto e slanciato, non ha la tecnica in velocità delle ali dribblomani - anche se tecnicamente è fortissimo - ma ha un cambio di passo bruciante e la forza nella parte bassa del corpo gli permette di non andare sotto nei duelli corpo a corpo (guardate nel gol contro il Wolverhampton come tiene lontano il difensore con il corpo). Quando ha lo spazio per calciare, poi, la sua tecnica di tiro è un incubo per i portieri. In Inghilterra la chiamano knuckleball technique ed è un po’ un'evoluzione dei tiri alla Cristiano Ronaldo. Rashford piega il suo corpo in maniera innaturale e riesce a produrre tiri che filano veloci con strani effetti a scendere.
Soprattutto, però, in pochi hanno la capacità di Rashford di giocare nel mezzo spazio di sinistra, anche ben dentro l’area di rigore, di ricavarsi il tempo per tirare o rifinire l’azione. Quella è una zona di campo che le difese avversarie non vogliono concedere, ma che in questa stagione l’attaccante dello United si sta prendendo con la forza. Tutti i 7 assist fatti fin qui in stagione vengono da questo corridoio ideale, così come la maggior parte dei suoi gol. Prendete quello contro il Nottingham Forest, la caparbietà in cui cerca proprio quella mattonella per calciare, o come nell’ultimo gol segnato al Leicester taglia dall’esterno proprio per ricevere lì. Ma vale anche per gol arrivati con appoggi più semplici, come quello contro il City o con il Bournemouth, sempre attaccando lo stesso corridoio, come si vede bene dalla mappa delle sue conclusioni.
Una nuova dimensione
C’è però un’ulteriore dimensione che Rashford ha aggiunto al suo gioco quasi per magia e che gli permette di essere decisivo a prescindere da ruolo (nelle ultime settimane, in assenza di Martial, ten Hag lo sta schierando anche come centravanti, con Sancho a sinistra, Weghorst alle sue spalle e Bruno Fernandes a destra). Contro il Leeds, un paio di settimane fa, ha segnato due gol di testa. Se nel primo era solo in area di rigore, nel secondo il modo in cui salta in anticipo sul difensore e rimane in aria appoggiandosi all’avversario è da numero nove di razza. Prima di quest’anno in carriera Rashford aveva segnato appena cinque gol di testa in sette stagioni, quest’anno è già a quota quattro.
Ten Hag ha raccontato di come Rashford stia facendo un lavoro specifico con Benni McCarthy, che da quest’anno fa parte dello staff dello United. Lo storico attaccante di Porto e Blackburn. L’obiettivo è non tanto quello di migliorare la finalizzazione, o non solo, quanto piuttosto migliorare i movimenti di Rashford negli ultimi metri, insegnargli quella qualità un po’ intangibile che hanno i grandi attaccanti di trovarsi al momento giusto al posto giusto.
Ancora più bello questo al West Ham, per il suo 100° gol in maglia United.
È scontato sottolineare quanto il lavoro di ten Hag lo abbia aiutato a diventare questa versione migliorata di sé stesso. L’impatto del tecnico olandese sullo United è stato scrutinato molto all’inizio, quando era ancora estate e perdeva partite in maniera ridicola come il 4-0 subito dal Brentford o il 6-3 contro il City. Dietro quelle brutte prestazioni c’era però un’idea che la squadra doveva assimilare, una forma da trovare. Non è stato un processo facile: ten Hag ha dovuto rompere con una figura ingombrante come Cristiano Ronaldo, sbagliare delle scelte (come quando ha provato Eriksen centravanti), inserire i nuovi arrivati in una stagione che in Inghilterra è iniziata il 5 agosto (Casemiro è arrivato il 22 agosto, Antony il 1° settembre).
In ognuno di questi passaggi l’allenatore olandese ha investito su Rashford, lo ha pungolato, coccolato, punito e incensato. Recentemente ha detto che il suo numero 10 può «essere creativo nell’ultimo terzo di campo, fare qualcosa di pazzo, fantasioso, qualcosa di avventuroso». Nel romanticismo poco pragmatico di questa frase, c’è qualcosa che descrive bene la stagione di Rashford, la sua fiducia, l’idea che ogni volta che riceve il pallone giusto possa partire alla ventura come un eroe in un romanzo di Salgari, creare qualcosa di meraviglioso. Forse non ha l'eleganza dei migliori trequartisti o la forza bruta dei più grandi centravanti, ma negli ultimi mesi vederlo giocare è fantastico, ti puoi aspettare ogni volta qualcosa di improvviso e spettacolare.
I suoi gol, inoltre, hanno un peso specifico fenomenale per il Manchester United. È difficile dare un peso a una marcatura all'interno di una partita, ma nessuno nella storia della Premier League ha una percentuale migliore della sua di gol “per vincere la partita” sul totale (30 dei suoi 73 gol in Premier League hanno portato a una vittoria). Una statistica che evidenzia ancora di più come Rashford, al contrario di quello che spesso gli veniva imputato, sia un giocatore consistente, quelli che banalmente chiamiamo campioni o top player.
Nel giudizio su di lui è spesso piombato come un'ombra il suo impegno civico, l'avere altre passioni o il non essere chiuso in sé stesso, con quella mentalità che esclude ogni cosa che non sia la vittoria che hanno molti dei migliori giocatori al mondo. La sua giovinezza, il colore della pelle, la voglia di usare la sua posizione per denunciare i problemi della società inglese sono stati tutti appigli per le critiche nel momento in cui Rashford aveva difficoltà a trovarsi a suo agio nel club in cui è cresciuto e diventato grande. Ora che tutto va bene, che Rashford è indiscutibilmente uno dei migliori attaccanti al mondo e che lo United sembra sulla strada giusta per tornare al posto che gli compete è facile sottolineare come il mondo del calcio sia stato troppo frettoloso o esagerato con lui. Rashford, dicono, sia tornato ma forse sarebbe più giusto dire che non se n'era mai davvero andato.