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Emiliano Battazzi
Le volpi e il cannone
10 nov 2015
10 nov 2015
Il Leicester è inaspettatamente primo in Premier League. Tra gli artefici di questo exploit due personaggi che sembravano essere finiti ai margini del calcio: Jamie Vardy e Claudio Ranieri.
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Emiliano Battazzi
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Sheffield è una città operaia che, dopo la cura Thatcher, sta provando a ricostruirsi un’identità, economica e culturale. La sua grande tradizione industriale (qui nell’Ottocento si sviluppò la produzione di acciaio inossidabile) ne ha da sempre reso impossibile ogni velleità estetica: nel marzo del 1936 Orwell vi soggiorna per tre giorni e ne rimane disgustato (e al tempo stesso affascinato), tanto da definirla nel libro

come “

” per l’alto numero di ciminiere industriali e l’aria irrespirabile.

 

L’11 gennaio 1987, nel pieno della riconversione economica, nasce Jamie Vardy (da padre addetto alle gru e madre impiegata in uno studio legale), per cui non esiste miglior definizione: è un ragazzo di Sheffield perché ne rappresenta in pieno le caratteristiche tradizionali. Vardy lavora sodo, Vardy è sporco dell’erba del campo, Vardy è d’acciaio inossidabile.

 

https://www.youtube.com/watch?v=PnhzRf6QfX8

Jamie Vardy in una frase: «Darò tutto quello che ho». La pronuncia durante la conferenza stampa per la prima convocazione in Nazionale, ma potrebbe averlo detto al primo giorno di lavoro, al primo allenamento tra i dilettanti.



 



Domenica 9 agosto 2015: il giorno prima il Leicester ha sconfitto per 4-2 il Sunderland nell’esordio della Premier League. Vardy ha aperto le marcature, è un ragazzo contento che si gode la domenica di riposo: ormai è un giocatore professionista e ha già esordito nella Nazionale inglese. Eppure rischia di perdere tutto: il

ha appena pubblicato online un

in cui lo si vede cacciare via un uomo in un casinò chiamandolo “Jap”, un termine razzista usato per riferirsi ai giapponesi durante la seconda guerra mondiale. Il fatto risale al 26 luglio: divampano le polemiche, i media chiedono una squalifica del centravanti, e quel suo ripetuto «yo Jap, walk on» sembra mettere a rischio una carriera bizzarra, fatta di alti e bassi.

 

A 16 anni Vardy era stato scartato dallo Sheffield Wednesday, dopo appena un anno nelle giovanili, perché ritenuto fisicamente non adeguato (era ancora molto basso, lui dice addirittura 1 metro e 40 cm). Nonostante tutto ciò che verrà dopo, questo rimane il momento più duro della sua carriera: la squadra per cui ha sempre fatto il tifo, lui cresciuto a Hillsborough, proprio vicino allo stadio, non lo considera all’altezza (in tutti i sensi).

 

L’ironia della sorte è che il suo fisico comincia a svilupparsi poco tempo dopo. Per ben 8 mesi

e ritorna a studiare. Durante una partita con gli amici ritrova la voglia di allenarsi tutti i giorni e dopo una breve parentesi in una locale rappresentativa giovanile viene chiamato dallo Stocksbridge Park Steels: la squadra dei lavoratori della British Steel, grande compagnia siderurgica britannica.

 

Riesce a debuttare in prima squadra a 20 anni, tardi se si considera che la sua squadra giocava nell’ottava serie inglese, qualcosa di paragonabile alla nostra Prima Categoria. Inizia a segnare con grande continuità (66 gol in 107 partite), ma solo per hobby. Si allenava la sera dopo il lavoro: spesso era costretto anche ai doppi turni in una fabbrica di fibre di carbonio (per la produzione di sostegni ortopedici), un lavoro di pura fatica in cui alzava oggetti pesanti per riporli sugli scaffali, e arrivava stremato al centro sportivo dello Stocksbridge, vicino Sheffield. Mangiava solo nei fast food, perché non c’era tempo per altro e non c’erano neppure i soldi: 30 sterline a settimana per giocare a calcio tra i dilettanti, e il lavoro in fabbrica di certo non lo rendeva benestante.

 

https://www.youtube.com/watch?v=WKrPMrRGJUo

I gol di Vardy nei dilettanti non sono male: è molto più veloce dei difensori, ha un buon contatto con il pallone, calcia di destro e di sinistro, ha rapidità di esecuzione. Sembra solo molto sgraziato e fisicamente poco strutturato. Il video si conclude giustamente con un suo pugno alla bandierina, per evidenziarne il carattere.



 

Se allenarsi e lavorare allo stesso tempo è molto difficile, lo è ancora di più se si è costretti a osservare un coprifuoco. Durante la prima stagione allo Stocksbridge, Vardy fu condannato per violenza privata: lui

di essere intervenuto in difesa di un amico con un apparecchio acustico preso di mira da alcuni ragazzi per strada, e la “difesa” gli è costata una condanna di 6 mesi, nel corso dei quali doveva essere a casa dalle 18 del pomeriggio alle 6 di mattina, con l’obbligo di indossare una cavigliera elettronica. Per 6 mesi ha giocato con quell’apparecchio, che nel suo racconto non è un vero e proprio fastidio, ma è più come giocare con una protezione indistruttibile.

 

Per non violare il coprifuoco, Vardy durante molte trasferte era costretto a uscire dal campo dopo un’ora di gioco, sperando che la squadra fosse in vantaggio, per mettersi in macchina dei suoi e tornare subito a casa.

 

I provini con le squadre professionistiche continuavano ad andare male e Vardy non riusciva a staccarsi dall’incubo del dilettantismo. Nel 2012 era ancora nella “Non-League”: in Inghilterra si chiama così tutto ciò che c’è sotto il professionismo, con un termine forse molto crudo, ma che spiega bene la separazione (anche mediatica) dei campionati dilettantistici.

 

https://www.youtube.com/watch?v=3x1qeVi6eV8

Tutti i gol segnati ad Halifax: è troppo più forte e troppo più veloce per giocare tra i dilettanti.



 

Nel frattempo il suo carattere, insieme alle sue performance in campo (segna in tutti i modi, anche da

), gli vale il soprannome “The Cannon”. A 23 anni si trasferisce all’Halifax Town, in una città più vicina a Leeds che a Sheffield, e continua a segnare: la sua squadra vince il campionato, lui ne è il capocannoniere e viene eletto giocatore dell’anno.

 

Le fatiche del lavoro cominciano a incidere sul fisico, soprattutto sulla schiena, e allora decide di provare a vivere con i soldi del calcio: diventare professionista. Vardy ci crede ancora e il destino lo premia: si trasferisce al Fleetwood, che lo acquista per una cifra record (

) e gli offre uno stipendio migliore. Lui ripaga la fiducia con 31 gol e la vittoria della Conference Premier, che vale la prima storica promozione in Football League. Finalmente, e a ben 25 anni, per Vardy è arrivato il momento di giocare in una lega professionistica (anche se la più bassa, equivalente alla nostra vecchia C2).

 

Fuori dal campo si susseguono le leggende sul suo conto: a causa di uno scherzo con i compagni (questa è la sua versione ufficiale e molto ambigua, ma c’è il sospetto che ne avesse combinata una delle sue), viene costretto a compiere un giro di campo completamente nudo nell’inverno gelido di Fleetwood. Altro giro, altra giostra, stesso Vardy.

 



Tre anni dopo quella grande stagione, Vardy esordisce in Nazionale, a giugno nell’amichevole contro l’Irlanda: convocato da Hodgson a fine campionato, dopo che i suoi 4 gol nelle ultime 10 partite avevano contribuito alla miracolosa salvezza del Leicester allenato da Nigel Pearson (ultimo in classifica a 8 giornate dalla fine, raccoglie 7 vittorie e un pareggio).

 

Il suo passaggio al professionismo Vardy lo deve proprio a Pearson, che lo ha chiamato al Leicester prima ancora che esordisse in Football League, quando il Leicester era ancora in Championship. Un grande salto di categoria, dai dilettanti alla seconda serie, che a Vardy costò molta fatica. Durante il primo anno di assestamento segnò solo 4 gol, tanto che arrivò a dubitare delle sue capacità: fu sempre il suo allenatore a convincerlo a lavorare ancora di più, soprattutto a livello fisico, visto che subiva troppo la fisicità dei difensori avversari. Nella seconda stagione andò meglio: 16 gol e la promozione in Premier League. A quel punto il sogno si poteva dire finalmente raggiunto.

 

Ma l'impatto con il massimo campionato inglese è stato, se possibile, ancor più duro: il Leicester passa gran parte del campionato in ultima posizione e lui segna un solo gol in 24 partite (contro il Manchester United). È solo grazie a quella striscia finale di vittorie e di gol che la squadra riesce a salvarsi e lui a giocare addirittura in Nazionale.

 

Eppure questa ascesa sembrava potesse interrompersi irreparabilmente in quella domenica di agosto, con lo scandalo del “Jap” lanciato dal

. Nel frattempo, il suo mentore Pearson era stato mandato via dalla proprietà: chi lo avrebbe difeso in una situazione così difficile?

 

Per sua fortuna, il nuovo allenatore del Leicester è Claudio Ranieri, “

”, così lo chiamano in Inghilterra. Nel gergo calcistico sta a rappresentare un allenatore indeciso, che cambia continuamente formazione e giocatori. Gliel’hanno affibbiato dai tempi del Chelsea. L’accoglienza dell’ambiente si può riassumere nella

, nato a Leicester e cresciuto nei "Foxes": «Claudio Ranieri is clearly experienced, but this is an uninspired choice by Leicester». Una scelta poco ispirata, ecco.

 

Ranieri è un equilibratore e riesce ad aggiustare anche questa situazione: convince la proprietà a multare Vardy e a imporre al giocatore di chiedere scusa pubblicamente. Non era affatto facile: il Leicester è di proprietà della famiglia thailandese Srivaddhanaprabha, e già tre giocatori (Hopper, Smith e Pearson, il figlio dell’ex manager) erano stati licenziati in tronco dopo la pubblicazione di un video a sfondo sessuale pieno di insulti razziali.

 

https://www.youtube.com/watch?v=xRGG3frcnA8

Ci pensa Ranieri a gettare acqua sul fuoco: Vardy ha chiesto scusa e l’unica cosa che conta è il campo.



 

Ranieri è romano, nato e cresciuto in uno spicchio della città che va dalla Piramide Cestia al rione San Saba: il padre macellaio a Piazza Testaccio, la madre casalinga. Era un bambino di una Roma all’epoca ancora popolare, eppure lo avevano soprannominato il “

”, forse un presagio di quanto sarebbe poi avvenuto. In fondo Ranieri è l’altra faccia di Vardy: sembrano così distanti, ma sono cresciuti nello stesso mondo (solo in epoche diverse).

 

Le speranze per Vardy di rimanere nel gruppo della Nazionale rimanevano intatte anche grazie all’intervento del suo nuovo allenatore: ma adesso toccava a lui aumentare il livello delle sue prestazioni. Dopo una stagione folle e con una salvezza all’ultima giornata, il Leicester aveva bisogno di qualcosa di più: soprattutto di tranquillità. Ranieri e Vardy, in quel mese di agosto, hanno bisogno l’uno dell’altro, e lo capiscono al volo.

 



Dopo quell’episodio e le accuse di razzismo, Vardy sembra soffrire un po’: non segna per due settimane, ma nel frattempo il Leicester continua a ottenere punti. La sua squadra sta cambiando, sembra finalmente competitiva, e lui non ha più scuse: deve cominciare a fare la differenza.

 

https://www.youtube.com/watch?v=q3bHWUTXM0I

L’aspetto davvero impressionante di questo inizio di stagione è che Vardy sembra saper fare tutto, non solo segnare: un assist da trequartista per Okazaki, le sponde di testa, i cambi di direzione, il dribbling, un sombrero al portiere, tutto sempre ad alta velocità.



 

L’approccio di Ranieri ai "Foxes" è morbido e intelligente, come suo solito: i titolari sono praticamente gli stessi della scorsa stagione, ma comincia a inserire anche giocatori nuovi, come il centrocampista Kanté, il terzino Fuchs e l’attaccante giapponese Okazaki. La squadra abbandona la difesa a tre e si risistema con un classico 4-4-2. Vardy smette di giocare ala sinistra, come gli era capitato, e diventa il riferimento offensivo centrale. I suoi compagni di reparto sono attaccanti diversi: spesso c’è il più dinamico Okazaki, a volte il centravanti classico Ulloa. Alle sue spalle, c’è Mahrez, un mancino che parte dalla fascia destra, ma preferisce entrare nel campo per servire l’assist (già a quota 7) o tagliare in area dietro la punta (13 gol in campionato). Sulla sinistra c’è il veloce Albrighton e spesso alle sue spalle, da terzino sinistro, c’è Schlupp, un altro che viaggia a grande velocità.

 


Dire che le transizioni offensive del Leicester sono ben fatte è riduttivo: 4 passaggi, poco meno di 11 secondi per passare dalla propria trequarti al gol. L’incredibile intelligenza di Vardy, che si abbassa per chiedere l’uno-due e al tempo stesso porta fuori posizione il centrale avversario, poi bruciato con uno scatto in profondità.



 

Il Leicester è una squadra che ha deciso di seguire le idee del suo allenatore: meglio dominare gli spazi che il pallone. È terzultima nel possesso palla (45% in media), ma le sue transizioni offensive sono al momento le migliori in Premier League. In grande parte merito della velocità della coppia Vardy-Mahrez: dipende da loro addirittura il 76% dei gol finora segnati (15 l’inglese, 13 l’algerino).

 

Quella di Ranieri è una squadra da battere e levare: è terza in Europa per

, un indice che evidenzia quanto una squadra giochi in modo diretto; è terza in Premier League per numero di tiri da contropiede e ultima invece per tiri giunti alla fine di un possesso

.

 

Ranieri e Vardy sono due facce della stessa medaglia anche in campo: la rapidità di Jamie (i

contro il West Ham lo rendono il calciatore più veloce della Premier League) è perfetta per una squadra che vive di strappi. Vardy vive di spazi da attaccare, è sempre alla ricerca di corridoi di passaggio tra i centrali di difesa. In più, sembra migliorato anche nella lettura del gioco (con 1,2 passaggi chiave realizzati a partita, è nella singola statistica il secondo miglior centravanti, appena dietro a Lukaku, ma meglio di Kane e Diego Costa) è davvero un lottatore (come ha detto Ranieri «pressa anche le tribune»): ben 2,8 duelli aerei vinti a partita in media, con tanti saluti ai dirigenti che lo scartarono; è il terzo centravanti per numero di tackle realizzati a partita (media di 1,1). È ancora il ragazzo di Sheffield.

 


Sembra Garcia, ma è Ranieri: il 6-3-1 usato per difendere il vantaggio contro il Crystal Palace è riuscito a mantenere per la prima e unica volta la porta inviolata, ma non ha risolto affatto i problemi della fase difensiva: qui le linee sono quasi casuali e non riescono a rimanere compatte, creando molto spazio per Cabaye, libero sulla trequarti.



 

Stranamente per una squadra di Ranieri, il problema del Leicester è la solidità difensiva: la coppia centrale formata da Huth (vecchia conoscenza dell’allenatore ai tempi del Chelsea) e Morgan è fisicamente imbattibile, ma troppo lenta e tende ad abbassarsi troppo. In teoria, a fare da diga dovrebbero esserci i due centrocampisti Kanté e Drinkwater, ma il problema è l’equilibrio generale della squadra: le linee stentano a rimanere compatte, Mahrez ha difficoltà a coprire tutta la fascia e dall’altra parte il terzino Schlupp attacca spesso, forse troppo (tanto da essere schierato anche da esterno di centrocampo). Uno dei grandi ritornelli delle conferenze stampa di Ranieri è stato il problema di non subire gol: aveva promesso di portare tutti i giocatori a mangiare una

in caso di clean sheet. È accaduto finalmente contro il Crystal Palace, ma è sembrato quasi un caso: rimane l’unica partita in cui i "Foxes" non hanno subito gol.

 



Ranieri ha mantenuto la promessa e ha portato la squadra a mangiare la pizza (ma soprattutto a prepararla).



 

Il vero problema non sta nelle individualità, ma nell’organizzazione: il Leicester subisce molti tiri su azione da contropiede e pochi su azioni di possesso consolidato. Le transizioni difensive non funzionano e trovano spesso la squadra spezzata a metà; in più la difesa ha grandi difficoltà nel coprire la profondità e preferisce difendere in modo posizionale, rimanendo compatta in zona centrale e spingere l’avversario a crossare inutilmente. La conseguenza di questo squilibrio è che il Leicester è la squadra più spettacolare della Premier League in termini di gol, 62 in tutto: 37 segnati e 25 subiti, miglior attacco ma settima peggior difesa. Una squadra di Claudio Ranieri è la più “divertente” (nel senso più inglese del termine: ritmi alti, intensità, gol a ripetizione, poca attenzione tattica) della Premier League: incredibile, ma vero.

 


Il 4-4-2 contro l’Arsenal: il Leicester comincia ad attaccare il portatore solo nella propria metà campo. Già si creano spazi tra le linee e con due difensori centrali così lenti sarà molto facile colpire per gente come Sánchez (tripletta) e Walcott (un gol).



 




Dopo la sconfitta contro il Liverpool, il Leicester rimane primo in classifica, con l'incredibile record di passare dall'ultimo al primo posto esattamente ad un anno di distanza. In molti si interrogano sul significato di questo exploit: è un’altra conseguenza della mediocrità tattica del calcio inglese o il simbolo di un livellamento verso l’alto della qualità media? Di sicuro è una squadra che non esce mai dalla partita e lo dimostrano le sei rimonte in dodici partite; ha perso solo una volta in casa, nel 5-2 interno contro l’Arsenal, e solo una volta in trasferta, ad Anfield Road. Si diceva fosse stato agevolato da un calendario facile, ma poi ha giocato in casa contro Manchester United e Chelsea e in trasferta contro Everton e Liverpool, raccogliendo ben 7 punti.

 

L'ultima partita dell'anno sembra quasi un regalo per tutti i tifosi del Leicester: nessuno avrebbe mai potuto immaginare di difendere il primato in casa contro il Manchester City. Eppure è tutto vero: probabilmente non durerà perché il Leicester è una squadra semplice con pregi e difetti fin troppo chiari e non ha una rosa all'altezza dei suoi rivali, ma questa folle stagione è già nella storia del calcio inglese.


 

A 64 anni Ranieri si trova a vivere una stagione insperata e che potenzialmente potrebbe rappresentare il capolavoro della sua carriera: per ora è davanti persino a Mourinho, che non ha mai smesso di deriderlo in pubblico. Dopo aver riportato il Monaco al vertice del calcio francese era stato esonerato (una strana costante della sua carriera, i licenziamenti dopo aver raggiunto il secondo posto), aveva provato a diventare commissario tecnico, ruolo per il quale sembrava effettivamente tagliato, ma i risultati alla guida della Nazionale greca erano stati disastrosi (esonerato dopo la sconfitta interna contro le Far Oer). Ormai Ranieri sembrava seguire la traiettoria di un allenatore a fine carriera: invece ha continuato a lottare, è andato in Germania per studiare i ritmi alti della Bundesliga, è addirittura andato a osservare gli allenamenti di Schmidt al Bayer Leverkusen, un allenatore con delle idee agli antipodi rispetto alle sue. Magari è proprio in Germania che ha riorganizzato le sue idee sulle transizioni offensive veloci.

 

Il Leicester aveva la semplice ambizione di salvarsi, ma ormai può pensare tranquillamente a una posizione di metà classifica, che sarebbe in ogni caso un grande risultato. Il sogno di una qualificazione europea sembra più una follia da tifosi al pub, ma con un Chelsea ancora in ritardo, il Liverpool che ha cambiato allenatore, il Tottenham ancora incerto, perché non sognare?

 


https://www.youtube.com/watch?v=gAsbF0wMIVM

Il dodicesimo gol di Vardy, il nono consecutivo, è su rigore: l’azione è una sintesi del Leicester, con il lancio a saltare il centrocampo, Vardy che attacca la profondità, controlla il pallone di destro al volo e con il sinistro anticipa il portiere, costretto a stenderlo.



 

Oltre ai tifosi, però, qualcun altro crede in questo sogno con tutte le sue forze: Vardy è stato convocato da Hodgson anche per le amichevoli contro Spagna e Francia, e per lui l’obiettivo è addirittura più grande, l’Europeo 2016.

 

Nel tentativo di spiegarlo al grande pubblico un po’ sorpreso, l’ex attaccante dell’Arsenal Ian Wright (un altro che giocava ancora in Non-League a 21 anni) ha addirittura

che Jamie Vardy potrebbe essere il Totò Schillaci inglese. Anche l’attaccante siciliano esordì a 25 anni nella massima serie, ma Vardy è un giocatore diverso: Hodgson lo utilizza sulla fascia sinistra perché è abile nei ripiegamenti e può giocare in tutti i ruoli offensivi con la sua velocità e la sua grinta. Anzi, a volte si ha l’impressione che potrebbe giocare davvero ovunque per la voglia che sprigiona da ogni movimento: dopo una vita passata a spaccarsi la schiena (letteralmente), anche Vardy sembra un uomo nel suo ambiente naturale e farebbe un errore imperdonabile se andasse via (si è parlato addirittura del

). Ranieri lo ha accostato persino a

, che proprio con lui riuscì a segnare per ben 11 partite consecutive.

 
L’epopea di Vardy, infatti, si è arricchiata di un clamoroso risultato: ha demolito il record di van Nistelrooy del 2003 (a segno per 10 giornate consecutive) proprio nella sfida contro il Manchester United, arrivando al gol in undici partite di fila. Vardy è il classico giocatore in stato di grazia: ha mandato in tilt i modelli di expected goals, per i quali si tratta chiaramente di un giocatore overperforming. Basti pensare che ha segnato i suoi 15 gol con soli 29 tiri nello specchio della porta (Kane con 2 tiri in più ne ha realizzati 11). Ma non è solo fortuna: Vardy è ispirato perché vede davanti a sé un obiettivo concreto.

 

Quando tutto questo finirà (con o senza record raggiunto), probabilmente Vardy comincerà a segnare molto meno e ad allinearsi a percentuali realizzative normali: adesso deve continuare a godersi il momento e pensare solo al prossimo gol. Al ritorno degli impegni della Nazionale ci sarà la possibilità di scrivere nella leggenda il suo nome, nella trasferta di Newcastle, e Jamie continuerà a cercare l’ennesimo corridoio di passaggio tra i difensori avversari.

 
 

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