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Quella volta che Nani umiliò l'Arsenal
24 gen 2022
24 gen 2022
Il giocatore portoghese è stato più grande di quanto ricordiamo.
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Il 16 febbraio del 2008 Old Trafford non sembra il teatro dei sogni ma un film neorealista sulla periferia di Manchester. Il campo è ghiacciato e le zolle si alzano dietro gli scarpini come in un bombardamento di un film di guerra. Fa freddo - a bordo campo gli iconici muretti di mattoni rossi fanno pensare a quei disegni dispotici di Terry Gilliam in cui un’enorme ciminiera fumante viene fatta atterrare su un prato fiorito. Davanti, in quella che sarebbe stata una grande copertina di un album underground, si stagliano Alex Ferguson e Arsene Wenger, più giovani e più grigi di oggi. Entrambi guardano il campo con il mento vagamente alzato, come se stessero vedendo la partita sopra le spalle di una schiera di persone con cui non si vogliono mischiare. Le due squadre non sembrano roba loro, le indicazioni ai giocatori in campo sono quasi inesistenti, i cambi avvengono al di là della loro volontà. È il quinto turno della FA Cup, cioè gli ottavi di finale, si affrontano Manchester United e Arsenal.


 

Che c’è da guardare? Allora l’interesse era la partita, oggi tutte le cose che conteneva. Quella FA Cup finì in maniera delirante: vinse il Portsmouth in finale con il Cardiff City, gol di Nwakwo Kanu. Vale la pena ricordarla? No, oggi non torniamo certo a quella partita per il risultato - peraltro scontatissimo - ma per ricordarci cosa la rendeva speciale. La faccia sbarbata di Cesc Fabregas, Cristiano Ronaldo sugli spalti - berretto rosso al contrario - quando ancora si premurava di farsi vedere allo stadio le volte che non doveva giocare. Poi Senderos (un giocatore che non puoi fare a meno di notare) che entra in campo da sostituto, l’aggressività feroce di Park e Anderson, i giocatori che definirei di un’altra epoca - Lehmann, Gilberto Silva, Hleb - e poi lui, Nicklas Bendtner. Soprattutto: la prima grande partita di Nani con la maglia del Manchester United. Perché, alla fine, se il suo arrivo al Venezia ha alzato la temperatura dei nostri cellulari, e il suo ingresso in campo ha caricato l’aria del Penzo di elettricità, qual è esattamente il motivo?


 

A Manchester il ricordo che si è solidificato nel tempo è quello di un giocatore che non è mai riuscito a esprimere tutto il suo potenziale, che non è mai uscito dall’ombra di Cristiano Ronaldo. Le due cose sono strettamente legate, e lo saranno per sempre. Nani arrivò allo United due anni prima della partenza di Ronaldo: entrambi portoghesi, entrambi wonderkid usciti dalle giovanili dello Sporting Clube. Fare due più due era troppo invitante: Nani sarebbe dovuto diventare l’erede di Cristiano Ronaldo per essere considerato un giocatore compiuto, e inevitabilmente quindi non sarà mai considerato tale. La dimostrazione plastica di questa idea assurda arrivò quando, con la maglia del Portogallo, mise in fuorigioco un gol capolavoro di Ronaldo, come un bambino capriccioso che strappa una tela tagliata da Lucio Fontana. «Cristiano non ha bisogno di quel gol [per essere considerato il più grande, nda], ne ha così tanti da cui scegliere», dirà anni più tardi.



Nani finirà per essere considerato la versione abbozzata, bambina di CR7: una specie di specchio deformante che lo faceva apparire come sarebbe stato se non fosse diventato uno dei più grandi calciatori di tutti i tempi. Nani, poi, non fece nulla per togliersi di dosso questa banalizzazione. Appena arrivato a Manchester andò a vivere per qualche settimana a casa di Cristiano Ronaldo, assorbendo i lati più grotteschi del suo narcisismo. Si diceva, per esempio, che a casa avesse una statua in marmo a grandezza naturale di se stesso, e quando gli venne chiesto se era vero lui rispose di sì, che la utilizzava per appenderci le medaglie che aveva vinto durante la sua carriera. Così, quando al 25esimo della finale degli Europei del 2016 contro la Francia Cristiano Ronaldo fu costretto a uscire per infortunio, a tutti sembrò naturale che la fascia da capitano dal suo braccio passasse su quello di Nani - il suo scudiero.


 

Già i rispettivi soprannomi, però, sembrano dirci che Nani con Cristiano Ronaldo non ha molto a che fare. Brandizzato, da prodotto, quello di CR7; cartoonesco, infantile, quello di Luís Carlos Almeida da Cunha, che veniva chiamato “Nani” dalla sorella che si prese cura di lui quando i genitori sparirono (il padre fuggì a Capo Verde quando lui aveva cinque anni; la madre invece se ne andò in Olanda qualche anno dopo). Magari è solo un caso, ma lo stesso si potrebbe dire di quelle esultanze acrobatiche così lontane dall’emote brevettata di Ronaldo. Esultanze spettacolari e pericolose, che mettevano davanti alla propria incolumità fisica l’amore per la capoeira (e infatti dovette interromperle per un periodo dopo aver avvertito un dolore a un piede) - ve lo immaginate Ronaldo a fare qualcosa di simile? O ad essere presentato sul campo non a palleggiare, ma affiancato da ballerini che danzano con lui? O al pianoforte, assorto, mentre suona Unfaithful di Rihanna? Quando alla conferenza di presentazione con il Venezia inevitabilmente è arrivata la domanda su Cristiano Ronaldo, Nani ha risposto: «Non parliamo tantissimo perché lui parla poco».



Il 16 febbraio del 2008, comunque, la speranza che potesse essere l’erede di Ronaldo era ancora in potenza, quella sera letteralmente sotto gli occhi di Ronaldo stesso, chissà forse anche lui curioso di vedere cosa aveva da dare il suo compagno, che fino a quel momento - bisogna dirlo - non aveva dimostrato molto. È vero: c’era stato l’incredibile gol a inizio stagione contro il Tottenham - un mezzo collo di una potenza impressionante che da una trentina di metri con l’aiuto della schiena di Tevez era passato sopra il portiere avversario e si era infilato sotto la traversa - un gol che ricorda davvero quei tiri di Cristiano Ronaldo da distanze inverosimili che nel tragitto sembrano acquisire velocità anziché perderla. Una rete che tra l’altro gli aveva permesso di presentare una delle sue esultanze più famose, una specie di ruota seguita da un salto mortale sul posto. Ma dopo quel gol Nani era finito in un cono d’ombra: nessuna partita memorabile, ma diversi assist - la singola cosa che caratterizzerà di più il suo talento, anche se in pochi oggi lo ricordano: lo sapevate che nessuno nella storia del Manchester United è mai riuscito a realizzare più assist per minuti giocati di lui? Non Cantona, non Beckham, non Sheringham, non Giggs: Nani.


 

Quella sfida contro l’Arsenal, a dire la verità, si presentava come un’ottima occasione, come poi sarà anche in futuro, quando la squadra di Wenger si trasformerà in una delle sue vittime preferite. Nani una volta disse che amava giocare contro l’Arsenal perché dava a tutti i suoi giocatori la possibilità di mostrare le loro qualità - una dichiarazione che non ho ancora capito se fosse un complimento sincero o una sottile presa per il culo nei confronti di Wenger, che magari avrebbe dovuto schierare i suoi difensori migliori contro Nani. Anche Wenger, comunque, spese nei suoi confronti parole ambigue quando dichiarò che Nani «è leggermente meno diretto di Ronaldo ma da un punto di vista tecnico è un virtuoso». In ogni caso quella sera Nani si ritrovò ad affrontare da un lato Traoré e dall’altro Hoyte, non i terzini più irreprensibili nell’uno contro uno, quindi forse aveva ragione lui.


 

Ma non erano solo gli avversari, quella sera Nani aveva qualcosa di speciale. Mentre per gli altri la partita era letteralmente una battaglia nel fango, quelle in cui la palla o è in aria o impantanata tra le zolle sconnesse del campo, mentre le maglie bianche dell’Arsenal si insudiciavano mostrando che quelli che solo qualche anno prima erano chiamati invincibili di sicuro non potevano essere immacolati, Nani giocava con la solita leggerezza, come se quella dell’Old Trafford non fosse terra umida ma sabbia - sabbia su cui giocare con i talloni alzati, fermando la palla con la punta e poi utilizzarla per alzarla da fermo sopra la testa dell’avversario come un piccolo cane che salta sopra un ostacolo. Una delle sue prime palle fu proprio un tentativo di sombrero nei confronti di Gilberto Silva, lesto però a mettere il corpo tra il pallone e l’avversario appena in tempo. Credo che sia lì che è iniziata la sfida tra lui e il centrocampista brasiliano - uno dei capostipiti di quella tradizione tutta brasiliana di centrocampisti distruttori, ligi al dovere, che ripuliscono i palloni in giacca e cravatta, cioè come se fosse un lavoro noioso ma necessario. In realtà sfida non è il termine esatto perché Nani spesso sembrava davvero solo voler giocare, mentre Gilberto Silva aveva i piedi troppo piantati in terra per capire il senso per lo spettacolo di un giocatore, o di una partita, o semplicemente il gusto di palleggiare con un pallone, che è sempre divertente anche dentro la coppa più antica del mondo. Tutto questo per Gilberto Silva non esisteva: un sombrero non era un sombrero ma un oltraggio.


 

Nani, comunque, entrava e usciva dalla partita a suo piacimento. Forse era questo quello che intendeva Alex Ferguson quando lo chiamava Antonio Vivaldi - un soprannome che, secondo The Athletic, era dovuto al fatto che “non sapevi mai con che cosa se ne sarebbe uscito”. A volte faceva cose bellissime e funzionali - dopo meno di quattro minuti, ad esempio, a centrocampo si mette due avversari alle spalle arrotando la palla con la suola e poi lancia Evra con un filtrante lunghissimo. Altre volte bellissime erano solo le idee, e Nani finiva semplicemente per essere ridicolo (alla fine è spettacolo anche questo). All’ottavo, per dire, prende palla a centrocampo, si chiude volontariamente sulla linea del fallo laterale e poco più avanti cerca di attirare due avversari per passargli in mezzo alzando la palla con l’esterno, ma la sfera gli scivola via tra i piedi, forse ha un rimbalzo involontario, in ogni caso il tutto finisce con un fallo laterale in favore dell’Arsenal e Nani a terra gambe all’aria.


 

Questi credo erano i momenti che giustificavano la definizione di Nani come frustrating talent - definizione che oggi viene rimessa in discussione alla luce di tutta la sua carriera allo United, di sicuro sottovalutata rispetto a quello che è stato realmente, ma che dentro le singole partite poteva avere senso. Nani quando entra in possesso quasi sempre mette il gioco in pausa, come se volesse lui stesso caricare l’attesa, ma con l’ambizione che ha non sempre quello che segue è all’altezza di quei momenti, quelli in cui si mette ad aspettare l’avversario con la palla che gli scorre tra le gambe larghe, pronte a fare chissà che. Va detto che Nani le cose le faceva accadere spesso e che questo, quando era al Manchester United, non gli è stato riconosciuto. Persino alla fine di quella che è di gran lunga la migliore stagione della sua carriera, la 2010/11, alla fine della quale riuscì a mettere insieme 9 gol e 18 assist solo in campionato, Nani non fu nemmeno candidato per il premio di giocatore dell’anno della Premier League (al contrario di Charlie Adam e Scott Parker). Fu candidato invece come giovane dell’anno, nonostante avesse già quasi 25 anni - come a rimarcare la sensazione che per realizzarsi dovesse ancora crescere, o comunque dimostrare qualcosa. Per evitare ogni fraintendimento, comunque, l’associazione dei calciatori professionisti non gli assegnò nemmeno quel premio (che andò a Wilshere).


 

Anche in una stagione molto meno esagerata di quella, comunque, Nani era in grado di mettere in scena una partita come questa contro l’Arsenal, dove al 19esimo realizzava un assist che poteva essere già considerata la cosa più bella di tutti i 90 minuti. Nani riceve palla a sinistra piuttosto libero. Hoyte lo aspetta arretrando, notevolmente impaurito: lo affronta finalmente al limite dell’area piegandosi in avanti, come quelli che cercano di fissare lo sguardo durante il gioco delle tre carte. Ma quella ovviamente è un’illusione, nessuno può seguire con gli occhi la carta vincente: Nani lo sa e con un prima finta a rientrare dentro al campo con un movimento d’anca anche troppo accentuato sposta il suo marcatore e si apre il varco per entrare in area. Poi, sempre con il destro si allunga la palla fino alla linea di fondo, dove sembra non avere altra scelta se non crossare di sinistro. L’ala portoghese effettivamente allunga il sinistro come se si dovesse coordinare per il cross ma all’ultimo momento si ferma sul posto, facendo saltare Hoyte come uno scemo. Sembra assurdo ma solo a quel momento arriva la parte difficile, perché Fletcher è ben dentro l’area piccola, è vero, ma davanti ha sia Touré che Gallas. E allora, come se fosse la cosa più naturale del mondo, Nani fa un miracolo: scava la palla con la punta del destro come un golfista che deve tirarsi fuori da un bunker, la fa passare esattamente sopra la testa di Touré, e infine la fa cadere alle sue spalle, dove Fletcher può anticipare Gallas.



Nani potrebbe pavoneggiarsi di questo assist per i restanti 70 minuti di partita e in effetti sembra intenzionato a farlo. Prima tira addosso a un avversario dopo l’ennesima pausa e un innumerevole numero di movimenti d’anca a non toccare mai il pallone. Ferguson prova a spostarlo a destra per svegliarlo un po’, ma lui continua a rilanciare sull’ambizione. Viene dentro la trequarti a ricevere come un trequartista, ma poi non riesce a far filtrare il pallone per Rooney, che gli propone sempre uno scatto in profondità. Quando la sua partita sembra già finita, però, ecco un altro lampo. Al 38esimo Carrick, poco oltre il cerchio di centrocampo, addomestica con la punta uno strano lob all’indietro di Anderson e poi, dopo solo un tocco, riesce a trovare un lancio alle spalle della difesa dell’Arsenal tagliente come un piatto rotto a premiare il taglio da destra del suo compagno. Nani controlla il lancio tesissimo di Carrick con l’interno destro con una naturalezza tale da non perdere un briciolo della sua coordinazione, facendo rimbalzare il pallone a terra solo una volta prima di colpire il pallone subito dopo con il sinistro, con un collo sporco che fa singhiozzare il pallone in porta.



È un grande gol, ma non è lontanamente il più bello mai segnato da Nani, e nemmeno il migliore tra quelli segnati all'Arsenal, contro cui una volta segnò con una specie di pallonetto dalla linea di fondo campo dopo aver dribblato tre giocatori. Al 40esimo del primo tempo la partita è sul 3-0 e Nani può portare la vezzosità del suo gioco su vette inesplorate. Nani che sfiora la palla appena con l’esterno destro per chiudere un triangolo con Wes Brown, che prova tunnel ridondanti senza riuscirci, che prova a lanciare alla cieca Evra alle sue spalle girandosi di 180 gradi e manda la palla in fallo laterale, che addomestica di testa un rilancio di Lehmann troppo alto per Flamini, che si lancia in verticale conscio di aver fatto una cosa senza senso e che si fa recuperare alle spalle da Fabregas, che tenta un cross di trivela solo per appoggiare la palla tra le mani del portiere tedesco, che restituisce palla con la nuca a Evra per la battuta di un fallo laterale e poi su quello stesso fallo laterale sbaglia il più semplice dei passaggi all’indietro di piatto. Nani è così, come Antonio Vivaldi direbbe Ferguson, e dopo questa sequela di numeri da spiaggia mal riusciti ecco il secondo assist della serata, così simile eppure così diverso al primo.


 

Nani prende di nuovo palla a sinistra e questa volta Hoyte non vuole farsi fregare, lo affronta prima. La palla viene toccata ripetutamente con la punta del destro, poi un primo allungo a fintare il cross in mezzo, di nuovo la stessa finta a bloccare il movimento. Hoyte è ancora lì, non ci casca. E allora ecco una nuova carrellata di trick: Nani accarezza per due volte la palla con l’interno destro, poi per due volte finta di rientrare sull’esterno sempre con lo stesso esagerato movimento d’anca. È tutto fumo negli occhi per tornare di nuovo lungo linea sul sinistro dove tutti adesso si aspettano una nuova finta e invece no, questa volta il cross arriva davvero, ma è lungo e alto, sul secondo palo, dove c’è di nuovo Fletcher che può schiacciare in rete come un pallavolista.


 

Siamo al 29esimo del secondo tempo, il risultato è sul 4-0 e Nani ha realizzato un gol e due assist uno più bello dell’altro: cosa chiedere di più? La verità è che la partita non è ancora finita, perché per Nani più le cose sono facili più si fanno facili. La partita è quasi finita eppure non ha ancora uno schizzo di fango addosso e le sue gambe continuano a molleggiare come se avesse un tappeto elastico sotto i piedi. Un paio di minuti dopo il 4-0, Flamini tenta una pressione solitaria che mette in crisi van der Sar, costretto ad alzarsi il pallone e rilanciarlo alla bell’e meglio. Il pallone schizza dalle parti da Evra che in maniera ancora più assurda decide di spazzarlo via col tacco. La partita inizia a prendere pieghe surreali e ti pare che Nani perdeva questa occasione per divertirsi? L’ala portoghese riceve questo strano pallone che rimbalza all’altezza del centrocampo, spalle alla porta, con Gallas alle calcagna. Che farci? Nani se lo alza col ginocchio e inizia a palleggiare con la testa correndo all’indietro. Il difensore francese è fuori di sé: mentre quello sta lì bello a divertirsi lui prova prima a spingerlo, poi a mettergli le mani addirittura sul collo. Quando la palla si decide finalmente a scendere dalla fronte del suo avversario, Gallas prova finalmente a intervenire sferrando un calcio da dietro, ma Nani la fa rimbalzare di nuovo sulla coscia e lui va a vuoto cadendo a terra.



A vederlo da fuori mette tenerezza, questo centrale così aggressivo, così violento costretto a ruzzolare con le mani nel fango da uno che porta il pallone con la testa come fanno quegli equilibristi al circo con i piatti mentre vanno sul monociclo. È un’espressione di superiorità tecnica talmente imbarazzante che Gilberto Silva decide che ne ha abbastanza: quando è troppo è troppo. Mentre Gallas prova nuovamente a recuperare il pallone solo per essere aggirato di nuovo con un doppio passo (è un abbozzo di pugno quello che prova mentre Nani sgattaiola via?), il centrocampista brasiliano arriva come un treno e finalmente, con un intervento a forbice che grazie a Dio prende solo la palla, mette fine a quel massacro. Gallas, privato di tutte le sue armi ma con la palla finalmente fuori, tornando in posizione gli rifila un calcetto consolatorio. Gilberto Silva gli farà un’intera predica qualche minuto dopo, dopo che il centrale francese gli aveva dato un altro calcio da dietro a palla lontana. Dopo la partita, forse per essere sicuro che tutti avessero capito il suo atteggiamento paternalistico, lo definirà un presuntuoso.


 

Gilberto Silva non sarà l’unico a scambiare quell’espressione di talento per un tentativo di umiliazione. «Nani è stato bravo stasera ma non c’è bisogno che faccia il giocoliere», dirà Arsene Wenger subito dopo la partita, a cui, più o meno con lo stesso tono, si unì persino Alex Ferguson secondo cui «non avrebbe dovuto farlo». Poi però l’allenatore del Manchester United aggiunse: «In un certo senso ci vuole grande coraggio a fare quello che ha fatto, la si può vedere anche da questo punto di vista». Credo Ferguson si riferisse al coraggio di fare una cosa del genere con il rischio concreto di vedersi le gambe spezzate da un intervento come quello di Gilberto Silva - e questo dice molto di Nani, almeno quanto lo facciano le sue esultanze o il suo soprannome, ma anche dello stesso allenatore scozzese, che a sua volta lo trattò in maniera molto dura pur di farlo diventare un giocatore meno spensierato ma più efficace, sbroccandogli in allenamento, mettendolo spesso in panchina nei big match, portandolo a dichiarare pubblicamente di quanto fosse «un tipo duro e complicato». Ferguson aveva i suoi metodi e anche le sue motivazioni, e magari senza di lui Nani non avrebbe nemmeno mai raggiunto i numeri della stagione 2010/11, questo non possiamo saperlo. Oggi i due sembrano avere un buon rapporto.


 

Ma pensate a un attimo a quanto questa ossessione bulimica per la vittoria di Ferguson, di cui Cristiano Ronaldo è diventata l’incarnazione in campo, abbia banalizzato e appiattito tutto ciò che aveva intorno se persino un giocatore con questo talento, che ha vinto tutto ciò che c’era da vincere sia a livello di club che di Nazionale, che ha girato il mondo facendo ciò che sognava fare da bambino, che anche nelle sue parentesi più decadenti è riuscito ad ottenere risultati impensabili (come quando ha aiutato gli Orlando City a raggiungere i playoff di MLS per la prima volta nella loro storia), è stato considerato per sempre un giocatore incompiuto, e oggi, a poco più di 35 anni, un giocatore finito, che da anni non ha più nulla da dare - una figura minore da cui dobbiamo togliere la polvere del tempo, di cui siamo costretti a ricordare il valore. Quanto è stata buia per Nani l’ombra di Cristiano Ronaldo, al di là della retorica sul talento sprecato? E quanto lo è stata per tutti gli altri?


 

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