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Quanto era forte Chiesa
23 lug 2015
23 lug 2015
10 gol incredibili di uno degli attaccanti più sottovalutati del calcio italiano.
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Negli anni ’90 non c’erano i vine a catturare e a rendere virali, settimana dopo settimana, i migliori gesti tecnici visti sui campi da calcio; non c’erano le compilation di Scout Nation su YouTube che cercano di restituire un quadro completo delle caratteristiche di un giocatore. Le classifiche dei marcatori di quegli anni sono piene di nomi sbiaditi, trasfigurati nel ricordo in figure mitiche, solo indirettamente legate alla realtà. Di Enrico Chiesa ricordo le guance gonfie, lo sguardo aggrottato e l’aria arrabbiata, forse un po’ triste.

 



 

Il fatto che non abbia trovato consacrazione in Nazionale, o che non abbia mai vestito la maglia di un grande club (se escludiamo

Parma), lo ha relegato alla periferia dei nostri ricordi. Di lui si ricordano facilmente il suo calcio pulito e secco, le punizioni perfette, ma è difficile ricordarlo nel suo complesso, usando lo stesso metro che userei per i calciatori contemporanei. Che giocatore era Enrico Chiesa? In che scala lo metteremmo tra i grandi attaccanti italiani? Come giocherebbe in questo calcio?

 

Nonostante un ruolo non di primissimo piano, esiste un’insospettabile fanbase di Enrico Chiesa. Persone che su internet ne evidenziano il destino sfortunato o la sua ingiusta sottovalutazione. Tra i commenti che ho trovato in giro per la rete: «Un grande attaccante con la A maiuscola che è stato troppo sottovalutato»; «IL MIO IDOLO, che classe, che piedi, che maniera incedibile di calciare il pallone».

 

Ho cercato su YouTube tutti i gol di Enrico Chiesa per spolverarli, togliergli il filtro anni ’90 e iniziare a ricordare meglio che giocatore fosse. Ne ho selezionati dieci che ho ritenuto i più rappresentativi.

 



Difficile da credere per un giocatore che ha segnato 138 gol in Serie A, ma Chiesa ha iniziato la propria carriera a centrocampo. In un’intervista ha spiegato che i suoi primi allenatori lo mettevano a impostare il gioco perché non gli andava di correre, ma aveva un buon piede. Poi alla Samp gli è venuta la voglia di correre ed Eriksson lo ha spostato esterno destro per mettere il suo calcio tagliato d’interno al servizio del centravanti. «Non mi identificavo come una punta, avevo certe caratteristiche e gli allenatori cercavano di sfruttarle».

 

In due prestiti in Abruzzo, a Teramo e Chieti, ha segnato poco, massimo 6 gol, pochi per la Serie C. Il suo primo gol in Serie A è arrivato in una partita contro l’Ancona.

, nato da un vortice di rimpalli, ma la rapidità d’esecuzione, il modo in cui si sposta la palla dal destro al sinistro visualizzando la direttrice di tiro, è da attaccante con tanti gol nei piedi.

 

L’inizio carriera di Chiesa è stato estremamente graduale. Ha avuto bisogno di quattro prestiti, e un paio di salti di categoria, per tornare alla Samp. La sua prima stagione blucerchiata da titolare è stata probabilmente la migliore della sua carriera: 22 gol in 27 partite, due in meno di Igor Protti e Beppe Signori (ma 2 rigori in meno del primo e 9 del secondo).

 

Recentemente ha raccontato che giocare vicino a Mancini aiutava: «Portava via sempre più di un uomo e per me c’erano più spazi».

.


 

Chiesa era destro naturale, ma dice che nei suoi primissimi anni, al Pontedecimo, aveva deciso di calciare solo di sinistro, non sa neanche lui perché, solo per vezzo. «Poi la cosa mi è rimasta».

 



Nel menù dei tiracci da fuori di sinistro bisogna menzionare anche

che Lorieri non ha neanche visto partire, segnato quando vestiva la maglia culto grigiorossa della Cremonese. Nel repertorio del sinistro di Chiesa ci sono anche tiri a giro disegnati da fermo, come questo, fatto passare appena accanto al fianco di Bergomi:

 



Una delle doti migliori di Chiesa è la preparazione al tiro. Non tanto il controllo che lo precede, quanto il pensiero che lo elabora. Chiesa è rapido nel visualizzare la possibilità di fare gol, nel puntare la porta improvvisamente, prendendo in controtempo tutti.



 

Cose notevoli di questa partita che non c’entrano con Enrico Chiesa: il cappellino bianco di Seba Rossi, la mina di sinistro tirata dal Genio Savicevic in un momento di torpore della partita; l’ingresso di Paolo Di Canio con i capelli lunghi. Cose notevoli che c’entrano con Enrico Chiesa: il gol dopo un minuto con una preparazione al tiro fulminea, raccattando un tiro uscito male dal destro di Karembeu; la furia con cui punta Baresi lontano dalla porta e riesce a costruirsi una conclusione pericolosa; il tiro al volo di sinistro con cui sfiora la doppietta e poi si dispera in quel modo “sull’orlo di una crisi di pianto” tipico di Chiesa; la velocità con cui pensa il tiro, si gira verso la porta, esegue il primo controllo e segna la doppietta; l’ansia che mette alla difesa, ben rappresentata dal modo in cui si fanno scartare Maldini e Costacurta con un paio di finte che gli aprono un tiro facile, stranamente sbagliato.

 

A venti minuti dalla fine Chiesa esce tra gli applausi di Marassi: verrà ceduto al Parma di Tanzi per 30 miliardi, mentre Seedorf andrà al Real Madrid. È l’ultima grande Samp.

 



Alla fine di quella stagione Chiesa viene convocato da Sacchi per gli Europei in Inghilterra. Sembra possa davvero essere il momento della sua consacrazione: in mezzo a un attacco formato da Del Piero, Zola, Ravanelli e Casiraghi (e con Signori, Baggio e Vialli lasciati a casa) Chiesa—per quanto oggi possa sembrare incredibile—era la stella più attesa. In

articolo viene definito «l’uomo del momento». Chiesa segna contro la Repubblica Ceca il suo secondo gol in Nazionale, pareggiando momentaneamente il vantaggio di Nedved. Lo fa in un’azione di contropiede bellissima, al termine della quale esulta con quella rabbia triste che gli appartiene.


 

Poi la Repubblica Ceca tornerà in vantaggio e l’Italia sarà eliminata, con una certa sfortuna, nella partita successiva, dopo il rigore fallito da Zola contro la Germania. Tutti diedero la colpa a Sacchi, reo di non aver convocato Baggio, ma in fondo non vincemmo immeritatamente contro le due finaliste del torneo. Al termine della partita Chiesa viene definito così in

del

: «Un attaccante ninja, dai piedi e dai movimenti affilati. Il gol è un capolavoro di tecnica e di applicazione. Guadagna molti falli e si muove negli spazi alla perfezione, come un veterano e non un ragazzo alla seconda presenza azzurra». Se proprio vogliamo immaginare un universo parallelo nella carriera di Chiesa va fatto partire da questo momento: da Euro 96, con l’Italia che avanza nel torneo e Chiesa che segna gol decisivi, magari anche uno in finale, guadagnandosi il trasferimento al Manchester United. Lì avrebbe trasformato i "Calypso Boys" York-Cole in un tridente che il

avrebbe definito "Calypso-Spaghetti Trio".

 



Il momento più alto della carriera di Enrico Chiesa è stata invece la Coppa UEFA 1998-99, vinta in modo netto e trionfale dal Parma. Chiesa segnò otto gol, tra cui uno stupendo in finale contro l’Olympique Marsiglia, spesso citato come la cartolina di quel successo europeo: combinazione Verón-Thuram sulla destra, cross, velo di Crespo e

. Ma il gol più importante di quella competizione fu un altro: quello con cui venne sbloccato il doppio confronto in semifinale contro l’Atlético Madrid, forse la squadra più forte di quella UEFA. Un gol che riassume bene come a Chiesa in quel periodo riuscissero cose assurde.

 




È inevitabile arrivare a domandarsi, a questo punto del pezzo, quanto fosse forte Chiesa. L’incredibile generazione di attaccanti italiani tra anni ’90 e primi 2000 ha declassato Chiesa a comprimario di lusso, a giocatore destinato a trovare la propria consacrazione nelle piazze in cui ha giocato più che su palcoscenici prestigiosi. Eppure, proprio prima del suo passaggio al Parma, Fabio Capello lo aveva definito: «Un incrocio tra Gigi Riva e Paolo Rossi», paragone poi legittimato dallo stesso Riva, che disse: «Chiesa mi somiglia nella velocità dell'esecuzione e nella potenza del tiro. È un giocatore completo. C'è una cosa che mi piace di lui: è un introverso, come lo ero io. Parla poco, ma ha le idee chiare».

 

Un gol in cui Chiesa somiglia davvero a una sintesi tra i due è questo segnato all’Atalanta nella sua prima stagione a Parma:


 

La palla di Sensini è troppo profonda e il gol è un miracolo balistico. Prima per la rapidità con cui Chiesa si fionda sul pallone, poi per la tecnica con cui incrocia il tiro, infine per l’intuito con cui

la porta dopo un taglio così profondo. In tutta la sua carriera Chiesa ha interpretato, in modo quasi archetipico, il ruolo della seconda punta degli attacchi a due tipici della seconda metà degli anni ’90. La regola voleva un centravanti di riferimento e una seconda punta mobile e creativa a girargli attorno: Chiesa non aveva però il tocco e la visione del rifinitore. Era un attaccante puro che amava giocare con molto spazio da attaccare davanti a sé, e che quindi si trovava bene con centravanti che gli aprivano il campo. Lista approssimativa degli attaccanti al fianco di cui ha giocato Chiesa: Roberto Mancini, Abel Balbo, Hernán Crespo, Gabriel Omar Batistuta, Tore André Flo.

 



Nel riguardare tutti i gol di Chiesa, le sequenze di gol a giro sul secondo palo sono interminabili. A un certo punto le traiettorie disegnate, tanto di destro quanto di sinistro, sembrano facili ai limiti dell’automatico, al punto che viene da chiedersi: perché questi tiri venivano definiti “alla Del Piero” e non “alla Chiesa”? Spesso non serviva neanche imprimere molta forza alla conclusione, limitarsi a capire bene il momento giusto in cui il portiere può essere colto d’anticipo.



 



Chiesa calciava con una potenza e una precisione tali con l’interno piede che alcuni suoi tiri da fuori sembravano avere la stessa fatalità di un calcio di rigore.


 



Come è facilmente intuibile per un attaccante con questa tecnica di tiro, Chiesa ha segnato diversi gol su calcio di punizione, sia sul palo del portiere che a scavalcare la barriera. Sceglierne uno non è semplice, ma questo restituisce un particolare senso di perfezione.


 

In quella stagione Chiesa segnò 27 gol in 34 presenze, la sua miglior media realizzativa di sempre. L’anno successivo segnò 5 gol nelle prime 5 partite, prima di infortunarsi ai legamenti del ginocchio e chiudere di fatto la carriera ad alti livelli probabilmente nel suo momento migliore.

 

Tornerà a giocare un anno dopo con la maglia della Lazio, prima di offrire un’ultima versione di sé in 5 stagioni al Siena, dove per un periodo ha composto una coppia d’attacco nostalgica insieme a Tore André Flo, una delle più forti schierabili a

.

 




 

Chiesa ha dichiarato che questo è stato, tecnicamente, il gol più bello della sua carriera. Riceve una verticalizzazione in ripartenza che lo costringe a stare abbastanza largo sulla fascia. Chiesa era un giocatore veloce, anche se non aveva nella velocità la sua dote più appariscente. Si fa venti metri con Ferrara in marcatura e arrivato sul vertice destro dell’area prova una specie di pallonetto teso che scavalca Peruzzi. Si tratta di una di quelle parabole perfide che hanno più la forma di un “tiro sopra la testa del portiere” che di un pallonetto vero e proprio. Sono tiri che di solito si provano con la palla invitante dal rimbalzo, che non deve fare troppa strada per salire sopra la testa del portiere e riscendere in porta, ma la qualità del suo calcio permetteva a Chiesa di provarli anche con la palla per terra, in movimento, dopo una corsa di 30 metri. «In ritiro con la Nazionale Peruzzi mi aveva chiesto se ci avevo tirato davvero, nessuno ci credeva. Gli ho spiegato che sì, l’avevo visto un po’ fuori e ci avevo provato».

 

A vedere questi video Chiesa sembra davvero un attaccante moderno: versatile, rapido, bravissimo ad attaccare lo spazio e capace di segnare più o meno da qualsiasi posizione. Nonostante questo si fatica a immaginarlo nei tridenti contemporanei, privi di giocatori che vivono così ossessivamente in funzione del gol, specie a partire da così lontano dalla porta. Forse Chiesa sarebbe stato riadattato come prima punta mobile, o magari avrebbe continuato la propria carriera nel solco dell’esterno destro offensivo che gli aveva preparato Eriksson; o magari sarebbe stato schierato soprattutto a sinistra, dove col piede invertito avrebbe segnato ancora più gol con l’interno destro—però costretto a una mole di lavoro difensivo all’epoca solo accennata.

 

Chiesa è stato un po’ una figura di sfondo del calcio anni ’90, nel limbo tra i fuoriclasse e i grandi giocatori. Rimane difficile capire quanto questo sia dipeso esclusivamente dal suo talento o dalle contingenze dentro cui si è inscritto. Se non fosse stato oscurato da quella generazione di grandi attaccanti Chiesa avrebbe un rilievo maggiore nella storia del calcio italiano?

 
 

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