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James Mary Spensley
Quanto contano i soldi in Serie A
11 giu 2015
11 giu 2015
Quanto è diretto il rapporto tra fatturati delle società e risultati sportivi?
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James Mary Spensley
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Da poco si è chiuso l’ottantatreesimo campionato italiano di calcio a girone unico, anche se in realtà la maggior parte dei verdetti sono stati definiti già in primavera. La Juventus si è laureata campione d’Italia per la quarta volta consecutiva, con quattro giornate di anticipo per la prima volta nella sua storia, sempre con una diretta rivale differente e con un gap crescente stagione dopo stagione: nel 2012 il Milan conclude secondo a soli 4 punti dai bianconeri; nel 2013 il Napoli termina a 9 punti, mentre nel 2014 è la Roma l’antagonista principale, se si può considerare tale, con 17 punti di ritardo dalla capolista. Nel 2015, al momento della vittoria aritmetica, è la Lazio a occupare la seconda posizione, a 17 punti dalla vetta.

 

La Juventus è la squadra della Serie A con il maggiore fatturato ed è l’unica nelle prima dieci della Deloitte Football Money League.

come in Champions League i risultati sul campo siano quasi direttamente proporzionali al fatturato delle squadre; se verifichiamo l'esattezza di questo assunto estendendolo alla stagione di Serie A da poco conclusa, il risultato italiano ha del clamoroso: la posizione in classifica corrisponde al 93% dei casi alla classifica degli stipendi.

 



 



A guardare il monte ingaggi dei club della Serie A la vittoria della Juventus era abbastanza prevedibile, con 118 milioni di euro di ingaggi lordi, 20 milioni in più della Roma, seconda sia per monte ingaggi sia sul campo. Per equilibrare le critiche ai giallorossi va detto che si sono trovati a competere su più fronti con realtà economiche molto più potenti: Bayern Monaco (487,53 milioni di euro, 3° fatturato Deloitte Football Money League) e Manchester City (414,4 milioni di euro, 6° fatturato DFML). La Roma, solo in 24.esima posizione nella classifica DFML, con appena 127,4 milioni di euro, è la quinta squadra di Serie A per fatturato, ma con il secondo monte stipendi. A posteriori, sembra difficile che potesse sul serio competere con chi aveva già vinto tre scudetti consecutivi. Insomma Rome wasn’t built in a day...

 

Tra le prime sette squadre (sia per monte ingaggi che per la ripartizione dei diritti televisivi, ma i due dati sono strettamente collegati) è la Lazio la squadra che ha ottenuto i risultati migliori, guadagnando tre posizioni rispetto al monte ingaggi. Al momento della ripartizione dei diritti televisivi, però, entrambe le romane, impegnate in Europa, riceveranno meno delle milanesi, escluse dalle coppe.

 

Per la Lazio era fondamentale raggiungere il terzo posto e la qualificazione in Champions League per alimentare un circolo virtuoso; ma in realtà competere con continuità è sempre più arduo per le squadre di seconda fascia, proprio a causa della concentrazione di risorse nelle sole tre squadre di vertice, dovuta alla riduzione degli accessi in Champions League, che ha ridotto a zero il margine d’errore per le big del nostro calcio, riducendo al minimo le speranze per le altre.

 



 



Le squadre che hanno disputato un campionato al di sotto delle aspettative, calibrate sugli stipendi dei calciatori, sono le due milanesi, che con 94 e 70 milioni di euro lordi sono il terzo e quarto monte stipendi più alto, ma a metà novembre erano già a metà classifica—come non accadeva da trent'anni. Nonostante il mercato invernale, con gli arrivi di Cerci, Destro e  Antonelli; Podolski, Shaqiri e Santon, entrambe sono rimaste escluse non solo dalla Champions League, ma anche dall’Europa League.

 

I nerazzurri all’ottavo posto, quattro posizioni in meno rispetto al monte ingaggi, sono terzi per i contributi dalla Lega per i diritti tv; mentre i rossoneri in classifica retrocedono addirittura di sette posizioni (sempre rispetto agli ingaggi) e nonostante abbiano la peggior performance di tutta la Serie A, incasseranno la seconda quota più alta nella spartizione dei diritti tv.

 

Il Napoli chiude in campionato al quarto posto, ma sulla stagione dei partenopei pesa l’eliminazione in estate nei preliminari di Champions League con il modesto Athletic Bilbao (7° nella Liga), che ha influenzato tutta la stagione. Alla fine del girone d’andata il Napoli era terzo, ma con 9 punti in meno rispetto alla stagione precedente, fuori dalla lotta per il titolo. Non aver centrato la qualificazione ai preliminari di Champions è costata loro i 30-50 milioni di euro che avrebbero guadagnato in caso di qualificazione ai gironi. Il Napoli poi non ha brillato neppure in Europa League.

 

Nel bilancio 2014/15, così, non potrà contare sugli introiti diretti e indiretti dalla partecipazione alla Champions League. Il suo fatturato non avrà crescite significative, anzi, è possibile un leggero calo rispetto ai 167 milioni del bilancio 2013/14 e avrà poche chance per competere per il titolo. La prossima stagione sarà più che altro fondamentale lottare per un posto in Europa, meglio se per la Champions League, per tornare a essere competitivo.

 

Al contrario, il terzo posto della Lazio e la qualificazione in Champions League (anche se non da testa di serie, come sarebbe stato il Napoli) significa che il prossimo bilancio sarà in crescita, per i premi UEFA e il relativo indotto, una cifra che potrà permettere un cambio di prospettive alla squadra di Lotito.

 



La Fiorentina, con 56 milioni di euro di monte ingaggi, è al sesto posto, sullo stesso volume della Lazio, ma la società viola è stata abile a sopperire ai numerosi infortuni e approfittare della debacle delle milanesi, per assicurarsi il quarto posto in classifica e la qualificazione diretta all’Europa League.

 

Tra i club medio-piccoli il Genoa e la Sampdoria sono le due squadre che hanno ottenuto i migliori risultati: i rossoblù, a fronte dell’undicesimo monte stipendi, hanno ottenuto uno straordinario sesto posto, che avrebbe significato i preliminari di Europa League, se non fosse che il Genoa non ha ottenuto la licenza per partecipare alle competizioni europee per un ritardo nella consegna della documentazione. Al loro posto proprio i blucerchiati, che nella classifica sul campo sono arrivati 2 posizioni sopra rispetto a quella del monte stipendi. Però, nonostante il sesto e settimo posto in campionato, le genovesi sono rispettivamente decima e dodicesima per le quote ricevute dai diritti televisivi.

 



 



Cagliari e Cesena sono rispettivamente terzultima e penultima sia sul campo che nella classifica degli stipendi, rispettando al 100% la teoria di Kuper-Szymanski. Mentre Empoli e Parma si scambiano le posizioni. Cinque ne guadagnano i toscani, la squadra con il monte stipendi più basso, e cinque ne perdono i ducali, penalizzati ulteriormente di 7 punti, ma sappiamo tutti com’è stata travagliata la loro stagione.

 

Palermo, Sassuolo, Torino, Udinese e Atalanta hanno tutte il monte ingaggi lordo compreso tra 24 e 30 milioni di euro e indicativamente la classifica rispetta il valore degli stipendi dei calciatori. Il Torino, nonostante un inizio incerto a causa delle partenze di Cerci e Immobile, guadagna tre posizioni, e tre ne perdono Udinese, Palermo (neopromosso) e Atalanta, scombussolate dall’intrusione delle due veronesi, che guadagnano entrambe tre posizioni.

 

Il successo del Sassuolo sorprende un po' meno se si pensa che il suo monte stipendi è il decimo della Serie A, nonostante sia il club a ricevere la quota di diritti televisivi minore di tutta la Serie A: da un punto di vista aziendale un’eventuale retrocessione sarebbe stata un fallimento economico in relazione agli stipendi.

 

Nella classifica finale bisogna tener conto che le squadre che oscillano tra la decima e la quindicesima posizione spesso non hanno più obiettivi e negli ultimi turni di campionato non è raro assistere a risultati sorprendenti, dettati dalle diverse motivazioni. È facile perdere o guadagnare posizioni senza conseguenze effettive sui verdetti finali.

 



La qualità della Serie A è in netto calo, se consideriamo il monte ingaggi un parametro indicativo in questo senso. Questa stagione il totale degli stipendi è di 849 milioni, inferiore di 63 milioni rispetto all’anno precedente e lontano dal miliardo e cento del 2011. Una cifra sui livelli di quella del 2007: 829 milioni.

 

Secondo i parametri della legge Melandri i risultati dell’ultima stagione incidono solo il 5% nella ripartizione dei diritti tv, troppo poco per permettere ai club che hanno ottenuto buoni risultati nel breve periodo di avere risorse sufficienti a trattenere i migliori giocatori in rosa, o a rinforzare l’organico.

 

I parametri della legge Melandri, in vigore dal 2009 con il passaggio alla vendita collettiva della Serie A, attribuiscono il 10% ai risultati storici, calcolati a partire dal 1946  (il doppio, cioè, del valore economico attribuito all’ultima stagione).

 

Il buon intento della legge era quello di ridurre il rapporto

(il rapporto tra chi incassa la quota più alta e quella più bassa) ma attribuire all’ultima stagione solo il 5% equivale a cristallizzare il campionato anziché aiutarlo a crescere.

 

La soluzione per aumentare la qualità del campionato non è per forza di cose la riduzione del numero delle squadre partecipanti (solo la Bundesliga tra i principali campionati europei è a 18 squadre), ma rivedere la distribuzione delle risorse disponibili (diritti tv) ispirandosi al modello inglese e tedesco, su principi di uguaglianza, meritocrazia e solidarietà. Senza trascurare le peculiarità del nostro calcio, è fondamentale avere una Lega Calcio unita, meno litigiosa e con l’obiettivo comune di espandere il brand Serie A.

 

Una maggiore incidenza dei risultati dell’ultima stagione sulla ripartizione delle risorse porterebbe a un campionato più avvincente fino all’ultima giornata, perché ogni singola posizione in classifica varrebbe svariati milioni di euro: “every match counts” dovrebbe essere il nuovo claim della Serie A a beneficio dei tifosi, dello spettacolo, del mercato internazionale e delle pay tv.

 



Semplicemente sulla base dei ricavi televisivi, considerata la dipendenza delle squadre italiane dai diritti tv (ma senza molti bilanci, cioè) è possibile immaginare quali saranno le squadre impegnate per un posto in Europa. Forse ci si può addirittura spingere nel circoscrivere la lotta per la qualificazione alla Champions League alle prime cinque squadre, considerando che il gap tra la quinta e la sesta è di 50 milioni di euro. Quindi Fiorentina, Napoli e Lazio si giocheranno l’ultimo posto utile per l’Europa.

 

La Juventus sarà nettamente la favorita anche la prossima stagione. È la squadra italiana con il fatturato più alto e con i 100 milioni che riceverà dal market pool della UEFA per i risultati ottenuti in Champions League supererà i 300 milioni di euro di fatturato (circa 100 in più della seconda squadra più ricca). Avrà le maggiore risorse (in Italia) per acquistare i migliori talenti disponibili (Dybala) e avere il monte ingaggi più alto, per rafforzare ulteriormente la squadra senza mettere a rischio il bilancio.

 

Indipendentemente dal futuro societario del Milan, è la seconda squadra per fatturato e il prossimo anno potranno di nuovo contare su almeno 70 milioni dalla Lega per effetto della ripartizione dei diritti televisivi.

 

Nonostante l'esclusione dalle coppe europee, il Milan avrà la possibilità e il dovere di lottare per i primi posti e anche se probabilmente non vincerà lo scudetto, il prossimo anno ha tutte le carte in regola per tornare a essere competitivo. Non si può trascurare che i rossoneri sono reduci da un ottavo e decimo posto, ma il fatturato (e la distribuzione dei diritti tv) riequilibra la situazione: Lazio, Fiorentina, Genoa, Sampdoria, Torino riceveranno meno dei rossoneri.

 

Il discorso fatto per il Milan vale anche per l’Inter, che riceverà dalla ripartizione dei diritti tv una cifra simile, con il vantaggio di avere alcune certezze in più, a partire dall’allenatore.

 

All’ultimo bilancio disponibile la Roma è la quinta squadra italiana per fatturato. Con la qualificazione diretta alla Champions League potrà contare su diverse decine di milioni di euro, ma il divario dai bianconeri rimane ancora troppo marcato, sia dal punto di vista tecnico che da quello economico. Se Milan e Inter non steccheranno nuovamente entrambe saranno almeno quattro le squadre a lottare per il podio e ci vorrà una grande stagione per qualificarsi nuovamente alla Champions League.

 

I giallorossi dovranno nuovamente competere in Champions League ma dalla Lega riceveranno meno delle due milanesi, escluse dall’Europa. Ancora meno riceveranno la Lazio e la Fiorentina, che con il settimo fatturato italiano difficilmente avrà le risorse per essere competitiva in Europa.

 

Il Napoli, come detto, potrebbe avere un fatturato in calo e sarà fondamentale centrare una qualificazione in Champions League per tornare competitivo anche in campionato. In generale i club italiani che si qualificheranno alle prossime edizioni delle Champions League avranno l’obiettivo minimo di superare il girone, ma con la consapevolezza che se si incontrano squadre che fatturano 300 milioni di euro in più a stagione è lecito perdere, non a caso nelle ultime sette edizioni almeno una delle prime quattro della Deloitte Football Money League è sempre arrivata in finale, sollevando la coppa cinque volte.

 

In virtù del ridimensionamento del calcio italiano, l’habitat naturale per la maggior parte dei club italiani non sembra più la Champions League, ma l’Europa League. Ma anche lì ci sarà la maggiore competitività delle squadre di seconda fascia della Premier, in virtù del ricco rinnovo con le pay tv, che farà fatturare alle squadre inglesi molto più di quelle italiane. Così, ad esempio, il Watford del patron Pozzo incasserà più dell’Udinese, la squadra italiana di famiglia.

 
 

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