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Marco D'Ottavi
Quando Michael Jackson si presentò a Fulham
14 apr 2023
14 apr 2023
Lo strano rapporto tra il controverso artista e il calcio inglese.
(di)
Marco D'Ottavi
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IMAGO / LFI
(foto) IMAGO / LFI
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«Stavo per iniziare il mio discorso alla squadra quando Mohamed Al-Fayed è entrato nello spogliatoio con un gran sorriso stampato in faccia, seguito da un tipo alto e magro che somigliava un po' a Michael Jackson». Lo ricorda così Kevin Keegan nella sua autobiografia, My Life in Football, quel 10 aprile 1999. Due volte Pallone d’Oro, più di 250 gol in carriera, attaccante dalla tecnica straordinaria, Keegan era abituato a essere la persona più famosa della stanza, soprattutto in patria, soprattutto nel 1999, visto che da lì a poco sarebbe diventato il CT dell’Inghilterra. Dopo qualche secondo di smarrimento, però, si accorse che quel giorno sarebbe andata molto diversamente: «Sorrise timidamente, poi lo sentii dire 'Hey' e mi accorsi che, caspita, era davvero Michael Jackson».Keegan non fu l’unico a pensare che si trattasse di un sosia. Tom Greatrex, presidente del Fulham Supporters' Trust, racconterà che sugli spalti tutti pensavano che non poteva essere il vero Re del Pop quello seduto sugli spalti: «Perché il vero Michael Jackson dovrebbe essere a Fulham?». Già, perché uno dei più grandi artisti di sempre avrebbe dovuto passare il suo sabato pomeriggio ad assistere a una partita tra Fulham e Wigan, in quel momento prima e settima classificata in Second Division, il terzo livello del calcio inglese? A invitarlo era stato Mohamed Al-Fayed, proprietario del Fulham da un paio d’anni. I due avevano trascorso la mattina insieme a girovagare nel reparto giocattoli di Harrods, i più famosi grandi magazzini di Londra, sempre di proprietà del milionario egiziano. Poi erano filati dritti al Craven Cottage sulle rive del Tamigi per tifare la squadra di Keegan.È difficile oggi realizzare quanto fosse famoso Michael Jackson nel 1999, quanto la sua figura fosse iconica e ancora poco offuscata dalle accuse che arriveranno. Per dare un po’ di contesto: il suo album Thriller è tutt’oggi il più venduto nella storia; il suo HIStory World Tour, che si era concluso neanche due anni prima in Sudafrica alla presenza di Mandela, era stato il tour di maggior successo della storia della musica (battendo il record precedente del suo Bad World Tour); nel 2000 sarebbe stato eletto Miglior artista maschile del Millennio. Incontrarlo allo stadio, insomma, era come incontrare allo stadio Madre Teresa di Calcutta, Marilyn Monroe o Albert Einstein. Jackson, poi, aveva già iniziato quel progressivo ritiro dalle scene che lo avrebbe portato a scomparire nella sua Neverland fino alla morte, centellinando al minimo le sue uscite pubbliche, il che rende ancora più assurda la sua presenza in una partita di Second Division. Quel pomeriggio, però, Michael Jackson non sembra quel personaggio infelice e tormentato che impareremo a conoscere, ma una persona molto felice di guardare il Fulham giocare sotto un bel sole primaverile. Così tanto ben disposto che - per mettere a tacere le voci che si trattasse di un sosia, e non del vero Michael Jackson - deciderà di scendere in campo prima del fischio di inizio. Con indosso il classico abbigliamento à la Michael Jackson - elegante abito nero con fascia rossa al braccio, cappello fedora nero, occhiali a specchio (e forse vestirsi proprio come farebbe Michael Jackson è il modo più facile per essere confusi con un sosia di Michael Jackson) - l’artista fece un lungo giro di campo salutando i tifosi, stringendo mani e firmando autografi. A renderlo veramente lui fu però un gesto che rimarrà nella memoria di tutti i presenti: Jackson si fece portare un ombrello per coprirsi dal sole - il fatto che dovesse sempre riparare la sua pelle dalla luce diretta era una delle tante cose eccentriche - ed era un ombrello gigante del Fulham.

«Quando è spuntato il sole, lo hanno coperto con un grande ombrello del Fulham. È stato quello il momento in cui ho capito… bloody hell, quello è Michael Jackson», sempre dal racconto di Greatrex.

«Era una splendida giornata, molto calda, [Michael Jackson] teneva un ombrello sopra la testa e salutava i tifosi», ricorderà così quel momento il portiere Maik Taylor, «ovviamente noi abbiamo messo in pausa il riscaldamento. Era circondato come da un’aura, siamo rimasti scioccati». Scioccati forse, ma sicuramente non scossi: il Fulham regolò il Wigan abbastanza agevolmente per 2 a 0, grazie a un colpo di testa di Philippe Albert, difensore centrale in prestito dal Newcastle, e a un destro risolutivo in mischia di Kit Symons. Secondo i presenti non fu una bella partita, all’altezza della fama dello spettatore diciamo. Fu però una vittoria importante per la squadra di Keegan, che con quei tre punti diede il colpo di reni decisivo verso la promozione, che sarebbe arrivata da lì a poco.

Cosa c’è di meglio, allora, che festeggiare una vittoria decisiva insieme a Michael Jackson? «La maggior parte di noi era ancora mezza nuda, tutta allegra perché avevamo vinto», racconta ancora Taylor, «Al-Fayed, che era un simpaticone, è entrato all’improvviso nello spogliatoio con dietro Michael Jackson e ha detto una cosa che ci ha fatto sbellicare: “Nascondete i vostri gingilli (willies in inglese, nda) ragazzi"». Di quel momento, anni dopo, Chris Coleman ricorderà solo di «aver guardato in basso e aver pensato solo "Gesù Cristo, i suoi piedi sono giganti”», che è una cosa davvero strana da pensare per i piedi che hanno inventato il moonwalk. Il presidente convinse i giocatori, e non deve essere stato difficile, a indossare nuovi completi da gioco e tornare in campo, per fare delle foto tutti insieme. Barry Hayles, il centravanti di quel Fulham, raccontò che Jackson fu molto cordiale, strinse le mani a tutti e fece molte foto. «Ci disse “Bella partita ragazzi”».

Il giorno dopo Jackson rilasciò un’intervista al Mirror in cui disse che prima di mettere piede al Craven Cottage non sapeva nulla di calcio e che in vita sua non era praticamente mai stato a eventi sportivi, «ma ora sono un grande fan del calcio». Chissà con quanta convinzione lo disse, dopo aver visto novanta minuti di Kick and Run in Second Division, una partita in cui la stella era Chris Coleman. Jackson fu stupito principalmente dal contorno: «È stato emozionante e appassionante, i tifosi erano come le persone che vengono ai miei concerti. Urlavano, gridavano, tifavano per i giocatori. Io sarei voluto saltare su e iniziare a ballare, perché sono abituato a esibirmi quando sento tutto quel rumore». Spese in ogni caso buone parole anche per il Fulham - «sembrava una buona squadra con un grande spirito» - e per il suo presidente Al-Fayed «molto saggio e creativo, talentuoso e gentile».Tre anni più tardi Michael Jackson incrociò di nuovo la sua aura con il calcio minore inglese, quando si presentò fuori dallo stadio dell’Exeter City Football Club per essere appuntato come direttore sportivo onorario del club dal suo amico Uri Geller. Con l’ombrello di ordinanza a ripararlo dal sole, Jackson salì su un piedistallo e fece un discorso lungo sette minuti in cui invitò i tifosi a tenersi per mano e «mostrare amore e unità». Parlò di supporto all'Africa, lotta all'AIDS, di bambini che si ammazzano l'un l'altro. Fece tenere tutti per mano. L'unico momento in cui parlò di calcio fu quando, parlandogli sopra, un tifoso gli chiese chi avrebbe vinto sabato. Jackson lo guardò stralunato, poi qualcuno - si può sentire - gli suggerì di dire Inghilterra, cosa che fece: «l'Inghilterra vincerà. Io credo in voi, io credo in voi. Sapete… io non so niente di sport, ma vi credo, davvero vi credo» (il giorno dopo l’Inghilterra avrebbe vinto 3-0 contro la Danimarca negli ottavi dei Mondiali 2002).

Tuttavia il rapporto più stretto rimase quello con il Fulham. Così stretto che dopo la morte del cantante avvenuta nel 2009, Al-Fayed decise di far realizzare una statua che lo raffigurasse da piazzare fuori dal Craven Cottage, accanto a quella dedicata a Johnny Haynes, storico capitano di Fulham e Inghilterra. Alta 230 centimetri (quindi almeno una cinquantina più del cantante) e realizzata in gesso e resina, la statua di Michael Jackson fu svelata dallo stesso presidente del Fulham il 3 aprile 2011, prima di una partita con il Blackpool.Come potete immaginare, non fu accolta alla grande dai tifosi. Centinaia di loro firmarono una petizione di protesta inviata al club chiedendo di non omaggiare con una statua “una controversa pop star americana, che non ha legami con il Fulham Football Club”. «Siamo diventati uno zimbello» disse uno di loro presente quel giorno allo stadio, «fa sembrare il club stupido»; «Perché? Perché a noi? I tifosi del Fulham non vogliono una statua di Michael Jackson», sono le parole di un altro, «è una pazzia che non ha niente a che fare con noi. Ad essere onesti, è l'ultima persona che vorresti vedere fuori da uno stadio». Addirittura il portavoce del Michael Jackson World Network, un gruppo di fan inglesi dell’artista, trovò eccessiva l’idea di Al-Fayed: «Capisco la rabbia dei tifosi. Penso che ci siano molti posti a Londra che sarebbero più adatti all'eredità che Michael ha lasciato».C’è da dire che l’idea originale del proprietario del Fulham era di mettere la statua fuori dai magazzini di Harrods, che però furono venduti alla famiglia reale del Qatar subito dopo averla commissionata. In ogni caso Al-Fayed non tornò sui suoi passi, anzi difese strenuamente la statua. Ai tifosi che protestavano disse che «potevano andare al diavolo», «se non capiscono e non credono nelle cose in cui credo io possono andare a tifare Chelsea». Per Al-Fayed esisteva davvero un legame tra Michael Jackson e il Fulham e quella statua stava lì a rappresentarlo: «[Michael Jackson] amava il Fulham e avrebbe voluto partecipare a tutte le partite. L’ultima volta che è stato qui era felice, correva come un bambino». A detta di Brede Hangeland, difensore del Fulham in quegli anni, i calciatori avevano appoggiato la decisione del club di erigere la statua. «Alcuni di noi sono fan di Michael Jackson, altri no, così come in generale tra la gente» è stata la sua surreale spiegazione «abbiamo messo un paio di volte sue canzoni nello spogliatoio prima di qualche partita e sono sicuro che in quei casi abbiamo sempre vinto» (il giorno in cui venne svelata, il Fulham vinse 3 a 0 col Blackpool, per meriti di Michael Jackson o meno).Al-Fayed, inoltre, pensava che la statua potesse fungere da richiamo per i fan da tutta l’Inghilterra e, il messaggio implicito, era che magari questo li avrebbe convinti, se non a diventare tifosi, almeno a frequentare Craven Cottage (per vedere la statua bisognava comprare il biglietto), in un momento storico in cui l’appeal della Premier League non era ancora così massiccio. Nel negozio del Fulham dello stadio si iniziarono a vendere gadget della statua, come magliette e portachiavi. Nella assurdità dell’episodio, anzi forse proprio per la sua assurdità, questa diatriba fu un segno premonitore di quelli che saranno i rapporti tra tifosi e proprietari stranieri nel calcio inglese, in una continua tensione tra il tentativo difendere l’identità dei club da parte dei primi e quello di edulcorarla a favore di clienti più ricchi e incassi maggiori da parte dei secondi. Al di là dell'inadeguatezza del contesto, e del fatto che Jackson stava diventando un personaggio controverso a causa delle accuse di pedofilia che iniziavano a farsi strada, la statua aveva un altro problema: era incredibilmente brutta. Come detto da uno dei tifosi, «sembrava uno scarto di Madame Tussauds».

Con un piedistallo sproporzionato, uno stile approssimativo e una posizione ambigua, se l’idea era quella di raccontare il Michael Jackson performer e ballerino, con i calzini bianchi, i pantaloni neri, la giacca argentata così come l’iconico guantino singolo e il microfono in mano, la statua sembrava piuttosto una glorificazione dell’ideale più kitsch dell’artista. Vederla poi così, piazzata fuori da uno stadio storico, uno dei più vecchi d’Inghilterra e anche uno dei più ammirati per la sua architettura unica e la posizione in riva al fiume, era come un enorme dito in un occhio.Per la fortuna dei tifosi, almeno di quelli contrari, la statua resistette al suo posto per soli due anni. Nel luglio del 2013 il club passò da Al-Fayed a Shahid Khan, che a settembre decise di sbarazzarsene nonostante durante il passaggio di consegne Al-Fayed aveva affermato che «Michael Jackson rimarrà qui. Non può andarsene, è storia» e poi, girandosi verso il nuovo proprietario del Fulham, «fa parte dell'accordo, se la sposti verrò a prenderti per tagliarti i baffi in pubblico» (Khan è famoso per avere un gigantesco paio di baffoni). La motivazione ufficiale del club fu che “la statua non faceva parte dello sviluppo dell’area stadio e sarà quindi restituita all’ex presidente”. Al suo posto fu installata una statua di George Cohen, 459 presenze con il Fulham, zero dischi venduti ma una Coppa del Mondo in bacheca. Quando lo venne a sapere, Al-Fayed andò su tutte le furie, tanto da telefonare a Khan per avvertirlo dell’errore che stava facendo, visto che la statua portava fortuna al Fulham. Questo aneddoto l’egiziano lo racconterà mesi dopo, quando la statua di Michael Jackson trovò la sua collocazione nel museo del calcio di Manchester accanto a cimeli storici come il pallone con cui si giocò la finale del 1966 (non chiedetemi il perché, della statua, non del pallone). Lo raccontò con particolare soddisfazione, visto che dopo la rimozione della statua per il Fulham era andato tutto storto, tanto che alla fine di quella stagione era retrocesso, dopo tredici stagioni consecutive di Premier League, culminate con una finale di Europa League persa nel 2010. Al-Fayed disse anche che Khan l’aveva chiamato per chiedere che la statua tornasse al suo posto, ma lui aveva detto no. La statua è stata di nuovo spostata nel 2019, dopo che il documentario Leaving Neverland portò alla luce nuove accuse di molestie verso Michael Jackson. Al momento è conservata negli archivi del museo a Deepdale, dove si trova lo stadio del Preston North End e difficilmente vedrà di nuovo la luce del sole. Il Fulham dopo la retrocessione del 2013, è rimasto in Championship per quattro anni, poi ha iniziato una spola tra retrocessioni e promozioni. Oggi però sembra aver trovato una sua linea di galleggiamento: è decimo in Premier League con una rosa interessante. I tifosi quando entrano a Craven Cottage non possono più ammirare la statua di Michael Jackson, ma sugli spalti possono veder giocare Aleksandar Mitrović e forse è meglio così.

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