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Quando Fognini rimontò Nadal da due set a zero
16 giu 2025
Una partita per ricordare il talento di Fabio Fognini.
(articolo)
13 min
(copertina)
IMAGO / ZUMA Press Wire
(copertina) IMAGO / ZUMA Press Wire
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Battere Steve Johnson davanti ai suoi tifosi e l’artista, più che tennista, uruguaiano Pablo Cuevas. Un ruolino di marcia onorevole per Fabio Fognini, con tanto di sconfitta nei trentaduesimi con il moloch Rafael Nadal a chiudere un torneo dignitoso. Sarebbe stato uno svolgimento in linea con i valori tennistici del 2015 e di quello US Open. E quando la palla esce dal rovescio di Fognini per baciare la rete e morire dal suo lato tutto sembra seguire l’ennesimo copione del tennis da un po’ di anni a questa parte. E pazienza che Nadal dall’altra parte della rete non è il solito Nadal. Il punteggio è sempre il giudice più impietoso, 3-6 4-6.

Certo, è tennis, in cinquanta secondi può cambiare una partita intera e rimonte da due set sotto sono all’ordine del giorno. Le tavole della Legge di Nadal però sono scolpite su terra, cemento ed erba, e lo score del maiorchino da due set sopra è come il Sole del suo illustre conterraneo, Carlo V, che non calava mai sul suo Impero: 173-1. L’uno? Una sconfitta in finale nel 2005 a Miami contro Roger Federer. Cemento americano, certo, ma Nadal era alle prime esperienze e la F di Federer non è la stessa di Fognini.

Un dritto a rete del tennista italiano spedisce Nadal a rete sul 2-1 del secondo set, sotto due set e un break. Che voglia può avere Fognini? Come può credere di diventare il secondo in dieci anni a rimontarlo da due set sotto? Due set e un break, a un gigante della mentalità come Nadal, poi.

Quando quel dritto si spegne a rete forse pensa di potersi accontentare: tutto sommato è stato un buon 2015. Certo, in singolare peggio dell’anno scorso, con due acuti di finali 500 a Rio e Amburgo, una persa con Ferrer e l’altra… con Nadal. Dai, lasciamo stare. Meglio pensare alle cose positive, come il primo Slam della storia del tennis italiano in era Open in doppio, vinto con l’amico Simone Bolelli in Australia. 6-4 6-4 ai francesi Pierre Hugues-Herbert e Nicolas Mahut e primo Slam in carriera portato a casa, su cemento poi. Non è singolare ma è pur sempre un grandissimo traguardo.

Nadal serve per andare 4-2 e si trova sotto 0-40 in un soffio. La sua palla al servizio non ha la solita velocità e si trova sempre a rincorrere già dal terzo colpo. Sulla prima delle tre palle break fa quello che fa da anni, tirare una bordata di dritto mancina sul rovescio dell’avversario, un colpo che alberga da anni nella psiche di Roger Federer e molti altri. Fognini lo sa, fa qualche passetto in laterale e chiude lo scambio con un rovescio vincente lungolinea su cui Nadal nemmeno prova a recuperare dall’altro lato del campo. Un rovescio che non ha nemmeno avuto bisogno nemmeno di prendere la riga, tanto viaggiava la palla.

È 3-3 e si torna "on serve", non si sa se ci sarà ancora partita ma almeno chi è venuto qui sull’Arthur Ashe per l’ultimo match del giorno potrà vedere ancora un po’ di tennis. Non che sia mancato prima. Fognini nei primi due set ha alternato fasi di alto livello contro un Nadal costretto spesso a difendersi. Si potrebbe dire anzi che i due set di vantaggio siano un po’ bugiardi, contando che Fognini ha spesso le redini della partita in mano. Il tennis però è uno sport che non ammette repliche e Nadal ancora meno, quindi sul 6-3 6-4 3-3 la partita ha ancora un chiaro padrone.

Che siano loro qui a quasi mezzanotte di Flushing Meadows è uno strano caso del destino. Nadal non è scivolato per un soffio fuori dai primi otto e Fognini prendendosi il trentaduesimo posto del seeding poteva incontrare, sulla carta, uno dei primi otto al terzo turno.

Il loro rapporto dentro e fuori dal campo è sempre stato curioso, illeggibile. C’era chi diceva si stessero antipatici, anche se i due non hanno mai detto granché di loro ai microfoni. Dentro al campo però nel 2015 Fognini ha iniziato a mettere più di qualche pulce nell’orecchio a Nadal, battendolo prima a Rio de Janeiro in semifinale e poi commettendo un sacrilegio a Barcellona. Due set a zero negli ottavi e seconda vittoria di fila contro un tennista che prima di quell’anno non aveva mai battuto, anzi, non ci aveva nemmeno vinto un set su terra battuta. Ad Amburgo si incontrano di nuovo in finale e questa volta vince Rafa, in due set lottatissimi con tanto di litigio tra Fognini e Toni Nadal, con l’italiano che gli urla «mi hai rotto le palle» all’ennesimo consiglio dello zio al nipote.

Gli anticipi sulla palla di Fognini continuano a fare malissimo al maiorchino, che si ritrova perennemente ad affrontare lo scambio in situazione di difesa. Il paradosso di Nadal è che la sua posizione in campo non è nemmeno troppo arretrata, ma la palla che va di là è praticamente una batting practice per l’italiano, che prende sempre più fiducia ad ogni vincente messo in campo. Uno scambio condotto tutto in anticipo da Fognini vale il 30-40 5-4 e palla set, Nadal annulla e il copione vorrebbe che Fognini si disunisca, come successo tante volte. Stavolta però Fognini pare serafico: continua ad attaccare e vince uno scambio durissimo in cui ribalta la diagonale di dritto con Nadal e poi forza con il rovescio un errore di dritto in uscita dal servizio, due set a uno. La seconda mancina di Nadal tra kick e slice è troppo morbida e permette a Fognini di anticipare sempre quando la palla va sul rovescio.

È il rovescio una delle chiavi di queste ultime vittorie dell’italiano contro il campione spagnolo. La capacità di Fognini di giocarlo in anticipo sulla palla alta di Nadal crea non pochi problemi tattici allo spagnolo, abituato a banchettare sulla difficoltà ad anticipare un colpo potente e carico come la sua chela mancina.

Novak Djokovic ormai da qualche anno ha ribaltato la rivalità con Nadal soprattutto sul veloce, ma pure Fognini ha le capacità di braccio e anticipo per poter giocare con continuità una soluzione del genere sia di dritto che di rovescio. Una qualità che sul veloce come quello dello US Open (ma in generale) vale tantissimo. Da un lato Fognini non ne ha ancora piena contezza, dall’altro il tennis italiano, mentalmente dominato dalla terra, forse ha rallentato la consapevolezza di Fognini di poter avere un gioco vincente anche sul veloce. In ogni caso dal 2015 in poi Fognini avrà statistiche sempre migliori e più competitive sul cemento outdoor e indoor, chissà che questa partita non gli lasci qualche consapevolezza in eredità.

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Nemmeno cinque minuti dopo e Nadal ha già tre palle break per riportare gli equilibri dell’universo nella sua forma normale. Fognini resiste ma poi subisce break, e nel game di servizio successivo uno smash facile sparato a rete vale il 15-30 per Nadal, a due punti dal doppio break. Già sono pochi quelli che hanno vinto tre volte in carriera con Nadal, figuriamoci in un anno e in queste condizioni. Fognini poi non è mai stato uno dei nervi di ferro, uno di quelli che puoi andare anche in bagno quando è in difficoltà durante una partita e tornare che ha risolto tutto. Un carattere che dentro i limiti del campo gli ha fatto mancare in certe occasioni la freddezza che gli sarebbe servita in certi momenti importanti, portandolo a perdere partite vinte o mollare dal nervosismo sotto nel punteggio. Fuori dal campo lo ha portato a entrare in conflitto con colleghi (ricordate gli insulti razzisti a Krajinovic?), media e soprattutto arbitri. Due anni dopo, sempre a Flushing Meadows, degli insulti misogini alla giudice di sedia Louise Engzell gli varranno 72.000 euro di multa e l’espulsione dal torneo di doppio.

Questa volta però qualcosa è diverso, Fognini continua a dettare le condizioni del tennis giocato nella notte americana e risale su continuando a martellare sul rovescio di Nadal. Gli scambi sono talmente esatti che in certi momenti sembra che Fognini non si muova proprio durante lo scambio, mentre Nadal, che del sudore ha fatto un segno di martirio, deve fare la maratona ogni singolo punto.

Il controbreak arriva e il maiorchino capisce il momento alzando i giri del motore, soprattutto dal lato del dritto. Forse però è troppo tardi, perché ormai Fognini ci crede e si concede persino il lusso di attaccare-per-non-essere-attaccato sul lato forte di Nadal. Ribalta uno scambio con un dritto che ricorda sinistramente quello in allungo che poi farà Roger Federer nella finale 2017 degli Australian Open e poi dopo l’ennesimo rovescio lungolinea vincente questa volta chiude lo smash che vale il 5-3. L’italiano continua a prendere la rete appena può, aiutato dalle traiettorie che si accorciano di Nadal e si toglie lo sfizio di chiudere con un servizio vincente il suo secondo set, con Nadal che scaraventa la risposta sulle tribune laterali.

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A due set pari siamo in territori inesplorati. Nadal ha un bilancio di 17-5 al quinto set in carriera, una legge abbastanza forte ma sempre meglio di 173-1, no? Fognini ha un più umano 9-9 in quello che viene definito il deciding set. Se è vero che Fognini a volte non ha fatto il salto di testa necessario è vero che ha dimostrato più volte di trovarsi bene nel ruolo di Davide che batte Golia.

Nel 2013 ha battuto il numero sette del mondo Richard Gasquet a Montecarlo, e soprattutto il campione britannico Andy Murray sul rosso di Napoli in una lezione di tennis vera e propria. Non lo sa ancora Fognini, ma ne arriveranno altre ancora di vittorie di questo tipo, una proprio a Roma contro un Murray versione numero uno del mondo, in una serata indimenticabile, e soprattutto Montecarlo vinto battendo Alexander Zverev e soprattutto Nadal stesso, demolito come mai in carriera.

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Per la prima volta nella partita Fognini non si fa breakkare in avvio e sembra paradossalmente più fresco di Nadal, nonostante la rincorsa sia stata non poco faticosa. Che non sia una partita normale lo certificano i due punti con cui Fognini trova il break del 2-1. Prima Nadal viene travolto da una sassata diagonale di rovescio sul suo dritto, su cui ha talmente poco tempo di aprire che a stento arriva a metà del suo campo. Poi un dritto steccato, il gioiello della corona di Nadal, regala il break all’italiano. È il primo a breakkare in un set.

Fognini però commette, suo malgrado, l’errore più grave che puoi fare contro Nadal: farlo gasare. Deve salvare palle break già nel game successivo, e sul 40-15 si stampa come un muro sul passante in corsa di dritto di Nadal, questo sì un qualcosa di normale. Nadal urla al cielo, il pubblico esulta, ma la carneficina non arriva, anzi Fognini lo breakka il game successivo attaccando sul dritto.

Il numero trentadue del tabellone continua ad attaccare, i piedi sempre dentro il campo. I vincenti aumentano, gli schiaffi al volo vincenti pure. Dall’altro lato però c’è Nadal e i tanti rischi non sempre pagano. Fognini si ritrova di nuovo avanti a servire per il 5-3, in un game durissimo in cui ha almeno tre palle per chiudere. Salva l’ennesima palla break con un punto francamente allucinante, prima ribaltando le coordinate dello scambio con il dritto lungolinea e poi colpendo un difficilissimo schiaffo al volo rispedito al mittente da Nadal. Da terra Fognini si inventa un ricamo a rete che la supera di pochissimo.

Il tennis è uno sport brutale, e due punti dopo un rovescio a metà rete consegna il 4-4 a Nadal. Una botta che nelle partite dei Big3 arriva spesso, ma Fognini il game dopo torna a tre palle break con l’ennesimo dritto in anticipo della sua partita. Quasi un controbalzo che punisce la scelta tattica di Nadal di giocargli l’inside-out. E ancora una volta il rovescio in diagonale, che probabilmente ha fatto venire a Nadal la convinzione di star giocando contro Djokovic, permette a Fognini di breakkare per la quarta volta di fila Nadal e andare a servire per la vittoria più importante della sua carriera finora.

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Quale colpo se non il servizio? Sicuramente il più emblematico del rapporto tra Fognini, il suo corpo, il suo talento tennistico e la percezione che noi abbiamo di Fognini. Il colpo che lo ha sempre frenato dal raggiungere obiettivi più alti. L’altezza lo ha sempre limitato, ma lui non si è aiutato con un lancio palla spesso imperfetto, unito a una spinta delle gambe deficitarie, che non gli hanno permesso di raggiungere i livelli al servizio di altri giocatori alti come lui. Come in questa partita, l’incredibile capacità di Fognini di far sembrare tutto facile è stata anche un po’ la sua croce. Fisicamente Fognini è sempre stato eccezionale, specialmente in difesa, e il paradosso è che a volte è sembrato più fare fatica a colpire da fermo che in movimento. In quante partite ci siamo ritrovati a pensare che con un po’ di stabilità in più al servizio o nei suoi colpi in generale avrebbe potuto fare di più? Quanto è stato giusto chiederselo?

Non è un momento Cenerentola e Fognini non inizia a servire a 220 km/h nel game decisivo, ma serve quel bene che basta per tenere Nadal a distanza quando deve rispondere. Va avanti 30-0 ma poi il rovescio lo tradisce con due errori gratuiti di fila portandolo sul 30-30, dove la sceneggiatura imporrebbe Nadal che si porta a palla break. Un nastro fortunato, uno spettatore che grida “out” su un dritto al limite di Rafa sembrerebbero portare tutto lì, ma Fognini fa da tergicristallo e resiste alla sassaiola di dritti di Nadal che ha iniziato troppo tardi alle sue solite velocità, è match point. Un punto per battere Nadal per la terza volta in stagione e per negare al maiorchino per la prima volta da dieci anni una stagione senza Slam.

Nadal non attacca la seconda di Fognini, che prende il comando dello scambio e prova a chiudere con il dritto lungolinea, Nadal riprende campo con una traiettoria alta di dritto e l’italiano cambia sul suo rovescio. Una palla nemmeno troppo complessa, ma appena Nadal la colpisce di rovescio è talmente sicuro che uscirà che prende la via della rete. La palla muore fuori dal corridoio del campo e Fognini si mette le mani sui fianchi, è sfinito, non esulta nemmeno.

E chissà se ci ha pensato Fognini a quella sera, a Napoli e a mille altre, quando faceva i passi che lo separavano dalla rete dopo la partita tra lui e Jacob Fearnley, in quella che è stata la sua ultima a Roma. A forza di ricordarci di quanto Fognini sia stato fondamentale a tenere alta la barra nel tennis pre-Sinner ci siamo dimenticati l’eccezionalità del suo talento - chiacchierato, criticato, discusso. Fognini è sinonimo di rimpianto, di talento sprecato. Poteva essere più continuo tecnicamente? Certo. Poteva limare i difetti tecnici al servizio e capire prima che aveva un tennis competitivo per il veloce? Possibile. Poteva avere un comportamento migliore in certi casi? Assolutamente.

Spesso però ci dimentichiamo, o comunque non diamo il giusto peso, al valore dei suoi risultati. Fognini è stato numero 8 del mondo, ha vinto un 1000, ha fatto quarti negli Slam. E se davvero Fognini avesse fatto il massimo che poteva?

Ha raggiunto questi risultati in un periodo in cui la competitività era molto alta tra i top player, soprattutto sulla sua terra battuta. E il tennis moderno ci sta sbattendo in faccia come per tennisti dal fisico di Fognini sia sempre più complesso raggiungere altissimi livelli, o meglio, superiori da quelli che lo stesso Fognini ha raggiunto. Anche da fondo campo, dove comunque il suo talento gli ha permesso di esprimere un tennis molto bello ma anche molto compresso e incline agli errori, non la cosa migliore per il mantenimento della continuità tecnica e mentale.

La testa lo ha limitato, si dice, ma può essere vero solo fino a un certo punto. Fognini ha migliorato il proprio atteggiamento in campo quando è diventato padre: lì è entrato nella fase migliore della sua carriera. Si sottovaluta, però, quanto nel tennis la componente tecnica influenzi quella mentale - ed è più vero questo che il contrario. E quanto ha patito Fognini il fatto di dover essere il portabandiera di un movimento affamato di vittorie e riferimenti? Un lusso che invece molti dopo di lui hanno avuto e avranno per avere una crescita più tranquilla.

Il ritiro di Fognini a fine stagione non è ancora certo, ma in ogni caso l’atto migliore per ricordarlo è parlarne nei termini concessi dal suo enorme talento e dai tanti successi in campo, piuttosto che pensare a qualcosa che non è stato. E i settanta vincenti di quella notte a Flushing Meadows contro Nadal sono lì, a ricordarlo.

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