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Alfredo Giacobbe
Quali sono i centrocampo più efficienti in Serie A
27 gen 2017
27 gen 2017
Con l'aiuto delle statistiche, un'analisi dei diversi approcci con cui si può giocare la palla a centrocampo.
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Alfredo Giacobbe
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avevamo analizzato il modo in cui si gioca a centrocampo in Serie A cercando gli elementi che rendevano unici alcuni sistemi. Questa volta ci concentreremo sulla capacità e sull’efficienza con cui le squadre del campionato italiano fanno progredire il pallone attraverso la zona centrale del campo (da qui in poi farò riferimento al rettangolo lungo 40 metri compreso tra le due trequarti campo, difensiva e offensiva, come zona mediana).

 

La difficoltà nello sviluppare il palleggio nella zona più congestionata del campo costringe le squadre a sviluppare strategie differenti, anche in base alle doti tecniche degli undici in campo.

 

 



 

Anzitutto è interessante capire come le squadre escono dalla propria trequarti difensiva, facendo entrare il pallone nella zona mediana. L’impostazione dal basso è un processo complesso, nel quale le squadre arrivano a coinvolgere i portieri, secondo le loro caratteristiche tecniche.

 

Tra le prime cinque della classifica di A, il Napoli è la squadra che ha la migliore percentuale di passaggi completati in ingresso al terzo centrale di campo. Anche la lunghezza media di questi passaggi è la minore del campionato: il Napoli, quindi, è la squadra che meglio di tutte riesce a progredire dal basso con brevi e precise combinazioni di passaggio. È un aspetto distintivo della squadra di Sarri, che salta all’occhio quando si guardano le loro partite, e che risalta brillantemente anche nei numeri.

 


La percentuale dei passaggi giocati dal portiere può indicare un coinvolgimento più o meno volontario. Spesso non c’è bisogno di coinvolgerlo anche se tecnico, ma quando il portiere non è a suo agio con i piedi allora diventa sconsigliato anche in casi estremi… come sempre i numeri vanno contestualizzati.


 

Il Napoli sfrutta la leva offerta da Pepe Reina, abile a calciare indifferentemente sia di destro che di sinistro: il suo palleggio - 15,6 passaggi corti in media ogni 90’ di gioco, e 12,1 passaggi lunghi - attira il pressing degli attaccanti e crea spazio alle loro spalle per generare la superiorità bassa che il Napoli cerca per uscire palla al piede anche dalle situazioni più difficili.

 

La maggiore lunghezza media dei passaggi che arrivano nella zona mediana della Roma (poco meno di 3 metri in media) si può spiegare con il diverso coinvolgimento di Szczesny, che preferisce calciare lungo più spesso di quanto cerchi l’appoggio corto. Il portiere polacco ha una media di 10,8 passaggi corti e 13,3 passaggi lunghi ogni 90 minuti. Quella di Szczesny (pardon, di Spalletti) è una scelta consapevole: calcia lungo anche perché è più preciso di altri portieri e ha in Dzeko un target preferenziale.

 

La Juventus, invece, ricorre a Buffon solo in caso di necessità (anche perché il portierone sbaglia il 57% dei suoi lanci). Ed è interessante notare come l’atteggiamento dei bianconeri da una stagione all’altra non sia cambiato: la lunghezza media dei passaggi giocati verso la mediana è praticamente la stessa dello scorso anno; ma è peggiorata la precisione con la quale questi passaggi sono giocati, di 3 punti percentuali. Le difficoltà che la Juventus ha incontrato nell’impostare gioco quest’anno, evidenti in alcune partite, sono confermate dai numeri.

 


Una corrispondenza intuitivamente valida è quella tra la diminuizione della precisione e l’aumento della lunghezza dei passaggi.


 

Tra le peggiori squadre in termini di precisione spicca il Milan, che tenta quasi lo stesso numero di passaggi a partita del Napoli verso la zona centrale del campo - 49 per i rossoneri, 51 per gli azzurri - ma commettono molti più errori.

 

L’imprecisione nell’impostazione dal basso dei rossoneri ha molti padri: Donnarumma quando è costretto ad andare sul lungo sbaglia 2 passaggi su 3; i due centrali, Paletta e Romagnoli, hanno rispettivamente il 76,5% e il 68% di precisione quando vanno in verticale; Manuel Locatelli, dalla posizione di vertice basso di centrocampo, ha il 70% di successo.

 

Per capirci, i migliori interpreti del campionato negli stessi ruoli, gente come Bonucci o Jorginho, si aggirano intorno all’83% dei passaggi conseguiti con successo.

 

Nelle ultime posizioni la Sampdoria, che paga anche l’atteggiamento imposto da Marco Giampaolo che

che i difensori rischino prima possibile una verticalizzazione (lo dice anche il numero basso di passaggi che entrano dalla trequarti difensiva alla zona mediana) piuttosto che giocare una palla larga sul terzino. Insomma, dipende anche dalla strategia che si vuole applicare.

 

 



 


Il lavoro di Sarri spicca in maniera inconfondibile nel palleggio a centrocampo.


 

Ma è all’interno della mediana che l’atteggiamento da squadra a squadra varia con differenza più marcate. Il Napoli conferma di avere l’organizzazione nel collettivo, oltre alla qualità dei singoli, per poter giocare il maggior numero di passaggi, e con la precisione più alta, nei 40 metri centrali del campo. La densità portata dai napoletani costantemente in zona palla fornisce al portatore di palla scelte di passaggio multiple, poi l’eccellente tecnica dei suoi interpreti aiuta a tenere alta la precisione.

 

Oltre agli azzurri di Sarri e ai crotonesi di Nicola - che si distinguono in negativo - il resto del plotone è aggregato intorno ad un trend ben delineato. Fiorentina, Inter, Juventus e Roma sono tutte più o meno allineate per il numero di passaggi effettuati in zona centrale (tra le quattro c’è una distanza massima di 8,3 passaggi a partita) ma si distinguono per la diversa precisione nell’esecuzione: la peggiore è l’Inter, 3 punti percentuali sotto la Juventus.

 

Guardando agli stessi dati riferiti allo scorso anno, si nota che i volumi nella zona mediana di Napoli e Fiorentina sono diminuiti: il Napoli è passato da una media di 489 passaggi a partita ai 454 passaggi attuali; la Fiorentina è scesa dai 399,5 passaggi dello scorso ai 361,7 passaggi di quest’anno.

 

Gli azzurri un anno fa spendevano il 49% del tempo passato in possesso nella zona centrale del campo, mentre quest’anno la stessa percentuale si è ridotta al 47%: a causa della marcatura praticata dagli avversari sul vertice basso del triangolo di centrocampo (il volume di gioco di Jorginho da una stagione all’altra è diminuito del 21%) il Napoli è stato costretto a distribuire l’onere del gioco più in basso, sui due centrali difensivi; ma è anche la squadra di Sarri che cerca la verticalità più rapidamente, sfruttando la prima apertura possibile per provare a creare un pericolo nella trequarti avversaria.

 

La Fiorentina, invece, ha ceduto parte del controllo agli avversari: il possesso palla medio, alla fine dello scorso campionato, aveva toccato il 59%; mentre oggi il tempo speso dalla col pallone nei piedi si è assestato su una quota più bassa, pari al 54,7%. La proporzione di palloni che transitano nella zona mediana è la stessa, ma il volume totale è inferiore, e per capire perché esattamente forse bisognerebbe chiederlo a Paulo Sousa.

 







Per cercare di comprendere come il carico del lavoro a centrocampo è suddiviso sui singoli membri si può tentare un approccio differente. Thomas Grund, dottore in filosofia all’University College di Dublino, applicò al calcio le sue conoscenze nel campo sociologico per uno

poi pubblicato nel 2012. L’osservazione di partenza è che a favorire il successo di un collettivo non è solo l’elevato numero di task completati, ma è fondamentale anche l’elevato grado di interazione tra i membri di un gruppo di lavoro. A partire da questo Grund dimostrò che nel calcio se l’onere dell’impostazione del gioco non è accentrato nei piedi di un solo giocatore (per quanto talentuoso) ma è equamente diviso tra tutti i partecipanti, la squadra ha maggiori probabilità di successo.

 

E possiamo calcolare matematicamente il grado di “decentramento” dell’azione di una squadra facendo la differenza tra il numero di passaggi ricevuti ed effettuati dal giocatore più impegnato, e lo stesso numero ottenuto da tutti gli altri compagni.

 

La differenza ottenuta va poi messa a rapporto col volume di scambi per unità di tempo, rappresentata nel nostro caso dal possesso palla in mediana (che non si esprime in minuti ma si riferisce comunque a una percentuale sulla durata effettiva della partita). Quanto più bassa sarà il numero che esprime questa differenza, tanto più equilibrata sarà la rete tessuta dai centrocampisti. E, quindi, tanto maggiori saranno le probabilità di successo della squadra.

 


Nel calcio delle marcature preventive e della pressione organizzata anche delle piccole conta molto avere più giocatori capaci di giocare la palla nella zona del campo più densa di uomini.


 

Il centrocampo del Napoli è ancora al vertice, anche in termini di decentramento medio dopo 21 match giocati. Nessuna squadra ha una tale intensità di scambi a centrocampo con una così elevata redistribuzione del carico.

 

Jorginho è sempre il giocatore maggiormente impegnato: è coinvolto in media in 122,4 passaggi a partita nella zona nevralgica in esame. Tutti gli altri componenti partecipano alla manovra però con un livello d’impiego simile: Hamsik riceve o gioca 118 passaggi a partita, Albiol è coinvolto mediamente in 90 di questi, Koulibaly in 81.

 

Ma il successo del lavoro di un maestro di calcio come Maurizio Sarri diventa indiscutibile quando si osserva il comportamento delle riserve. Cambiando i protagonisti infatti il risultato non cambia: Diawara ha una media di 116,2 scambi effettuati a partita, Tonelli è stato coinvolto in 91 trasmissioni di palla.

 

Anche Roma e Juventus hanno una gestione della costruzione del gioco per lo più decentrata, seppure con le proprie peculiarità. La Roma si affida sostanzialmente ad una gestione a due teste, con De Rossi e Strootman ugualmente coinvolti (rispettivamente 79,8 e 72,7 scambi a partita).

 

La squadra di Allegri invece preferisce che siano i difensori a salire a centrocampo per impostare: i tre della BBC risultano i più coinvolti, con la partecipazione a 202 scambi a partita in media. La situazione cambia di molto quando entrambe impiegano due accentratori di gioco, come Paredes (107,7 passaggi effettuati o ricevuti) e Dani Alves (98,3).

 

Tra le prime del campionato spicca anche l’Atalanta di Gasperini, premiata da una gestione

del possesso palla: priva di un playmaker di ruolo, l’Atalanta utilizza i due centrali di centrocampo per facilitare la salita del pallone lungo le catene di fascia. Kessie e Gagliardini (rispettivamente 60 e 57,8 trasmissioni di palla all’attivo) sono - “era” nel caso di Gagliardini nel frattempo passato all’Inter - gli uomini più coinvolti, seguiti a ruota dagli esterni Spinazzola e Conti (53,4 e 46,5 passaggi).

 

L’Atalanta supplisce con l’elevata collaborazione al minor possesso palla in mediana: tra le prime in classifica solo “la Dea” e la Lazio hanno una percentuale di possesso inferiore al 50%. Al contrario dell’Atalanta, però, la Lazio accentra il proprio gioco nei piedi di Lucas Biglia.

 

Martoriato dagli infortuni, le difficoltà del Sassuolo di Di Francesco sono riflesse anche nella prevedibilità delle sue fonti di gioco: fermare

o Acerbi spesso porta gli avversari a grippare il motore dei neroverdi.

 

C’è poi il caso limite del Crotone, che ha un volume esiguo di trasmissioni di palla in mediana (32% è il peggior possesso palla del campionato in questa zona) e che è focalizzato quasi esclusivamente su Crisetig o Palladino.

 

 



 

Per capire invece come le squadre italiane approcciano la trequarti offensiva mi sono innanzitutto concentrato su Juve, Roma e Napoli. Nel grafico qui sotto ci sono i tocchi di palla effettuati entro i 5 secondi (in verde) ed entro i 15 secondi (in bianco) precedenti a una rete. Un tocco palla è la somma degli eventi nei quali un giocatore calcia (o colpisce di testa) un pallone.

 



 

Tra le tre squadre di vertice la Roma è quella più diretta: in percentuale impiega meno tocchi all’interno della trequarti offensiva (38%), ma impiega anche meno tocchi in assoluto per arrivare in porta (3,4 tocchi in media per gol).

 

La Roma si allunga e costruisce dal profondo per sfruttare a pieno sia le capacità di corsa alle spalle della difesa di Salah (il maggior numero di tocchi è infatti polarizzato sul lato destro dell’attacco), sia la fisicità di Dzeko nell’uno contro uno, utile anche per far salire la squadra.

 



 

I giocatori della Juventus invece preferiscono una circolazione perimetrale ai limiti della trequarti: consolidano il possesso all’interno del centrocampo avversario prima di cercare la giocata sulle punte nella zona più redditizia dell’area di rigore.

 

Pjanic, il giocatore con più tocchi palla negli istanti prima di un gol, è l’uomo più coinvolto in questo tipo di giocata risolutiva.

 



 

Il Napoli ha il maggior numero di tocchi palla per reti realizzate (4,2) e concentra la maggior parte di questi davanti all’area di rigore. La forza del Napoli sta nel trovare costantemente l’uomo tra le linee, dove è forte l’influenza di giocatori dalla tecnica superiore come Insigne e Mertens (i più cercati con 27 e 25 tocchi palla a testa negli istanti prima di un gol).

 

Inoltre, le combinazioni palla a terra a

il terzo uomo, permettono ai giocatori del Napoli di penetrare l’area di rigore anche in corrispondenza dei lati corti, per poi piazzare da lì l’assist vincente o cercare direttamente la porta.

 

La squadra che più si avvicina al Napoli nella ricerca costante dell’uomo tra le linee è la

, mentre l’

è la squadra che per costruire un gol ha bisogno di arrivare più vicina alla porta (58% dei tocchi negli ultimi 30 metri). I tocchi palla dei nerazzurri sono distribuiti equamente su tutto il fronte d’attacco perché non c’è un playmaker offensivo di preferenza: Banega, Perisic, Candreva, Joao Mario e persino Icardi hanno un numero di tocchi nelle azioni da gol molto simile.

 

Gli attacchi di

e

sono fortemente asimmetrici per via dell’influenza nella trequarti finale di Suso (17 tocchi) e di Felipe Anderson (28 tocchi). La Lazio può sfruttare anche gli inserimenti profondi di Milinkovic-Savic (18 tocchi) nell’half-space sinistro.

 

Come dimostrano questi numeri le strategie adottate dalle squadre di Serie A sono estremamente diversificate: alcune squadre ricercano la superiorità numerica fin dalle giocate del loro portiere, altre preferiscono sfruttare le individualità offensive per avere la meglio sugli avversari, le scelte nell’ultimo terzo di campo, poi, dipendono fortemente dalle caratteristiche degli uomini migliori a disposizione di ogni allenatore.

 

Non si può dire che ci sia

un modo migliore di un altro per giocare a centrocampo, alcuni principi però generano dei vantaggi certi: per tutte è fondamentale distribuire il carico di gioco su più uomini, pena la prevedibilità, e quasi sempre la maggiore precisione in mezzo al campo si trasforma in una maggiore lucidità quando si decide di tentare un attacco decisivo.

 

 

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