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Flavio Fusi
Quale gioventù bruciata
26 giu 2017
26 giu 2017
Nonostante i processi mediatici l'Italia Under-21 è riuscita a qualificarsi per la semifinale.
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Flavio Fusi
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Prima della partita di sabato, dopo la dolorosa sconfitta contro la Repubblica Ceca, il passaggio del turno per l'Italia Under 21 era quasi impronosticabile, e invece si è qualificata prima del proprio girone. È bastato un gol di Bernardeschi, e soprattutto la contemporanea vittoria della Danimarca sulla Repubblica Ceca per 4 a 2. Se sembrava un'impresa difficile, non era solo per gli incroci tra i punteggi necessari a tirare fuori l'Italia di Di Biagio dalla brutta situazione in cui si era cacciata, ma anche per le prime due prestazioni abbastanza deludenti.

 

Nella prima vittoria per 2 a 0 contro la Danimarca - un avversario tutt'altro che morbido, che era arrivato in Polonia grazie a nove vittorie e un pareggio nelle qualificazioni - l'ottimo risultato non era stato comunque sostenuto da una prestazione di livello, soprattutto nel primo tempo, quando l’Italia non si era resa praticamente mai pericolosa (se non con un tiro al volo di Conti terminato sul fondo e una conclusione dalla distanza di Benassi). Il giro palla macchinoso, caratterizzato da troppi errori tecnici, faceva il gioco degli avversari raccolti in un compatto 4-4-2, e solo nella seconda frazione, dopo

, la squadra di Di Biagio si è un po' sciolta, fino a trovare il raddoppio con Petagna su assist del subentrato Chiesa.

 

Se è vero che i danesi non si sono resi particolarmente pericolosi, anche grazie all’ottima prestazione di Rugani e Caldara, lo stesso CT italiano ha ammesso che la Nazionale “non ha fatto una grande gara”, giocando sotto ritmo e con poca fluidità negli ultimi 30 metri.

 

Alla seconda partita è arrivata la Repubblica Ceca, una squadra che pratica un pressing offensivo che arriva fino al portiere e che per questo Di Biagio temeva particolarmente. Eppure, rispetto alla partita precedente, il ct ha lasciato in panchina Barreca, Gagliardini e Benassi, promuovendo titolari Calabria, Cataldi e Grassi. Caldara, infortunato, è stato invece rimpiazzato da Ferrari. Scelte di rotazione non del tutto coerenti con le stesse parole del tecnico, soprattutto perché a posteriori possiamo dire che l’assenza di due giocatori fisici che si esaltano nelle partite intense come Gagliardini e Benassi si è fatta sentire.

 

Come previsto, l’Italia è stata messa in difficoltà dal pressing avversario e se possibile la manovra è parsa ancora meno fluida di quella vista con la Danimarca. Sono stati ancora tanti gli errori dovuti alla tecnica individuale, e un’evidente mancanza d’intesa - comprensibile per una squadra così poco rodata - non ha fatto che peggiorare le cose. Uno sfortunato scivolone di Rugani ha spianato la strada al vantaggio di Travnik e la Repubblica Ceca ha chiuso i primi 45 minuti in vantaggio.

 

Come contro la Danimarca, l’Italia è gradualmente migliorata nel secondo tempo, ancora una volta grazie all’ingresso di Chiesa: l'elettricità dell'esterno della Fiorentina ha scosso la squadra, capace di riagguantare il pareggio con Berardi su lancio di Cataldi. L’Italia a quel punto sembrava vicina a completare la rimonta, prima con Rugani e poi due volte con Petagna, e invece sono stati i cechi a colpire in transizione con Havlik, prima dell’eurogol del 3-1 che ha fatto piovere critiche su Donnarumma, mal posizionato, nonostante il tiro indovinato da Lutfner fosse pressoché imparabile.

 

Al tracollo contro la Repubblica Ceca è seguito il massacro mediatico. La squadra è passata in pochi giorni da essere la più promettente degli ultimi vent'anni a "

". Le critiche hanno colpito direttamente i singoli, soprattutto Berardi e Bernardeschi, colpevoli di avere una valutazione di mercato troppo alta (decisa per lo più dai giornali stessi). La

di Di Biagio sembrava già sul tavolo, con Vanoli, tecnico dell’Under-19 ed Evani, dell’Under-20, già pronti alla promozione in Under-21. Come spesso capita quando si tratta di Nazionale, le mezze misure sono state messe da parte: l’Under-21 era praticamente già eliminata e sul volo del ritorno come a Euro 2015.

 



Contrariamente a quanto successo due anni fa, quando il pareggio tra Svezia e Portogallo eliminò l’Italia al termine della prima fase, nonostante la vittoria contro l’Inghilterra di Harry Kane, alla vittoria con la Germania ha fatto seguito un insperato risultato positivo della Danimarca già eliminata e la squadra di Di Biagio, che contro i tedeschi aveva reintegrato tra i titolari Caldara, Barreca, Gagliardini e Benassi e promosso a furor di popolo Chiesa ai danni dell’impreciso Petagna (con Bernardeschi da punta centrale), se la vedrà con la Spagna nel penultimo atto del torneo.

 

Ovviamente, le critiche sono state messe da parte, anche se la stampa - contrariamente a Ventura che ha già prenotato un posto per la finale - non ha grande fiducia nella vittoria dell’Italia (sicuramente senza Berardi e Conti, entrambi squalificati) e forse è arrivata persino a condizionare Di Biagio, che ha detto che servirà “un miracolo” per battere gli spagnoli.

 

Insomma, l’Italia è sulle montagne russe costruite dalla stampa e la squadra sembra incapace di isolarsi. C'è da dire che nonostante una negatività eccessiva, l'Italia ha effettivamente deluso, almeno fino a questo momento. La squadra ha giocato con il 4-3-3 per tutto il 2017, sistema di gioco che Di Biagio aveva adottato nelle gare di avvicinamento all’ultimo Europeo e che ha poi mantenuto nella qualificazione al torneo polacco. Il ct richiede un ritmo di gioco abbastanza alto e non disdegna un gioco diretto, come già si era visto con il 4-2-4, ma purtroppo non sempre le sue idee si riflettono in campo. Considerato che i giocatori davvero in grado di fare la differenza sono sugli esterni (Berardi, Bernardeschi, Chiesa), la circolazione di palla è orientata verso le fasce.

 

In fase di impostazione le mezzali si allargano verso l’esterno, andando a costituire un triangolo con il terzino e l’esterno offensivo. I difensori centrali, chiamati a gestire il pallone (in particolar modo Rugani), fanno circolare la palla orizzontalmente fino a quando non si apre una linea di passaggio, sia essa più corta, verso il terzino o la mezzala, o più lunga, verso il tridente.

 


Quando riesce a far arrivare la palla in zona laterale, l’Italia cerca di avanzare usando combinazioni tra i giocatori del triangolo laterale, che cercano di mantenersi sfalsati per lasciare spazio alle sovrapposizioni, interne o esterne, ed arrivare in area di rigore con un cross o un inserimento (per la verità poco continui). Un’altra strada percorsa spesso, è quella del cambio di gioco, con cui gli "azzurrini" cercano di cogliere impreparata la difesa avversaria e costringerla a scivolare sul lato opposto.

 

Questi piani di gioco, però, rimangono spesso del tutto teorici, oppure mal applicati. Manca fluidità e velocità nella circolazione del pallone, anche perché l’influenza del regista (Gagliardini, o contro la Repubblica Ceca, Cataldi) è stata finora relativa, visto che è stato tagliato fin troppo facilmente fuori dal gioco. Con i cechi è stato il pressing a rendere difficoltosa la trasmissione di palla verso il vertice basso, con la gittata dei passaggi che si è necessariamente allungata, mentre Danimarca e Germania hanno cercato di limitare Gagliardini marcandolo.

 





 

In questo caso, avrebbero dovuto essere le mezzali a farsi vedere con più continuità in zona centrale, ma le rotazioni sono state troppo lente e comunque sporadiche, visto che l’abbassamento di uno degli interni di centrocampo avrebbe compromesso la doppia struttura triangolare lungo le fasce.

 

Tuttavia è la fascia destra quella che finora ha funzionato meglio, anche perché è quella dove agiscono Benassi e Berardi, entrambi presenti anche due anni fa in Repubblica Ceca e più abituati a giocare assieme. I contro-movimenti dell’esterno del Sassuolo sono stati fin qui particolarmente efficaci, così come le frequenti sovrapposizioni di Conti e la loro assenza per squalifica contro la Spagna costringerà Di Biagio a reinventare la fascia più efficace della squadra. Quella sinistra ha vissuto maggiormente delle iniziative individuali di Bernardeschi o del vivace Chiesa.

 

Il problema è che spesso le distanze non sono ottimali, tanto che quando i difensori erano in possesso palla le mezzali rimanevano fuori inquadratura con il centro rimasto vuoto, costringendo Rugani e Caldara (o Ferrari) a passarsi la palla tra di loro. Certo, nelle prime due partite, il fatto di avere Petagna ha permesso di affidarsi anche direttamente ai lanci lunghi di Donnarumma, dopo i quali le mezzali si alzavano notevolmente per intervenire sulle seconde palle, ma il gioco si faceva più confusionario e inoltre esponeva la squadra in transizione, irrisolto rebus della gestione Di Biagio. È stata proprio

delle transizioni difensive ad aver condannato l’Italia contro la Repubblica Ceca e non ci si sarebbe stato da stupirsi se il primo tempo fosse terminato sotto di due gol.

 


Con il 4-3-3 l’Italia ha abbandonato il pressing intenso che era invece agevolato dal 4-2-4, adesso a seconda del lato di sviluppo dell’azione è la mezzala di competenza ad alzarsi in supporto a Petagna, visto che la pressione viene portata uomo a uomo. Il fatto è che il pressing, che pur ha generato il gol con la Germania, viene portato più vicino alla metà-campo che all’area di rigore avversaria, alzandosi in pressione ultra-offensiva solo

, e con la linea difensiva che non si alza con i tempi giusti.

 

 

La difesa posizionale, che ha avuto vita facile contro la Danimarca, ha mostrato qualche scricchiolio nelle successive gare. L’Italia difende a zona schierata in un 4-1-4-1, con i giocatori che marcano l’avversario individualmente una volta che esso entra nella propria zona di competenza. Questo approccio, per forza di cose reattivo, si basa sulle qualità difensive individuali e sulle letture dei singoli: per questo l’Italia è sembrata vulnerabile sugli inserimenti a rimorchio e i tagli diagonali, soprattutto quando i centrocampisti si sono schiacciati sugli ultimi sedici metri e più in generale quando gli avversari hanno utilizzato il cosiddetto “terzo uomo”, concetto peraltro caro alla scuola spagnola.

 



 

Pur essendo senza dubbio l’avversario più ostico del girone, la Germania era una squadra che poteva soffrire l’Italia sulle fasce: i terzini - Gerhardt e soprattutto Toljan (proprio dalla sua parte ha ripetutamente sfondato Chiesa) - spingono molto alzandosi in posizione di ala in fase offensiva, e questo lasciava spazio proprio dove l’Italia preferisce attaccare. Anche i cambi di gioco, che come detto sono tipici della nostra Nazionale, si sono rivelati un’arma importante visto che la difesa della Germania scivolava verso la palla, lasciando sguarnito il lato debole.

 

L’esclusione di Petagna, poi, ha permesso a Di Biagio di schierare contemporaneamente i suoi tre migliori giocatori offensivi: Bernardeschi ha caratteristiche completamente diverse a quelle del centravanti dell’Atalanta ma già con la Fiorentina ha dimostrato di trovarsi bene quando gioca più vicino alla porta. Il suo impiego ha contribuito a togliere punti di riferimento alla difesa tedesca, ma soprattutto il 10 viola è fatto trovare pronto quando ha avuto l’opportunità di segnare il gol poi risultato decisivo, su assist di Chiesa.

 

Il passo avanti più grande si è però visto in fase difensiva, anche grazie alla sicurezza garantita dalla ritrovata coppia difensiva Caldara-Rugani. Come confermato nel post-partita, Di Biagio aveva preparato un pressing che lasciasse giocare i difensori Kempf e Stark, cercando di fare densità centralmente e pressando sempre i centrocampisti quando riuscivano a ricevere palla, in modo da costringerli a liberarsi del pallone giocandolo all’indietro o sulla fascia. Benassi e Pellegrini (protagonista del recupero palla nell’azione del gol) hanno giocato con grande intensità, così come Gagliardini, insuperabile in mediana e finalmente sui livelli del campionato appena concluso.

 

Così come il centrocampista dell’Inter, tutti si sono espressi sul livello che gli compete e l’Italia è riuscita a smentire gli scettici e a garantirsi l’accesso alla semifinale, ovvero l’obiettivo minimo stabilito.

 

Di Biagio, cioè, ha optato per un sistema di gioco che fosse rapidamente assimilabile - d’altronde è proprio per questo che è veramente raro veder giocare una Nazionale con una difesa a zona pura - e che fosse coerente con la volontà di esaltare i punti di forza e i migliori elementi della rosa a sua disposizione. Il punto è che difficilmente le nazionali hanno la possibilità di collaudare schemi e moduli di gioco e questa considerazione è doppiamente valida quando si parla di nazionali giovanili (oltre alle gare dell’Europeo, l’Under-21 ha giocato solo altre due amichevoli in tutto il 2017), soprattutto quando si tratta di calciatori che non sono stati formati seguendo un metodo sistematico e coerente a livello nazionale come magari avviene in altri Paesi europei. Gli stessi Donnarumma, Conti, Gagliardini, Pellegrini e Bernardeschi, impegnati con la Nazionale maggiore hanno raggiunto i compagni solo a ridosso della partenza della Polonia.

 

La gara contro la Germania, una delle favorite alla vittoria finale, ha rappresentato una passo avanti sia sul piano del ritmo (stavolta l’Italia ci ha messo “solo” una ventina di minuti a carburare) che della consapevolezza nei propri mezzi.
La Spagna, che affronteremo in semifinale, è la squadra che ha espresso il miglior calcio in tutto l’Europeo e tre mesi fa ha sconfitto un’Italia sperimentale all’Olimpico, ma la nostra Nazionale ha la caratura tecnica per arrivare in fondo alla competizione.

 

Servirà senz'altro un altro balzo in avanti nel gioco, ma, a patto che la Germania batta l’Inghilterra, ci sono le possibilità per far sì che

, che dopo il litigio acceso con Gagliardini gli ha promesso che prima o poi si ritroveranno sullo stesso terreno di gioco, si avveri ben prima del previsto.

 

 

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