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Foto di Tano Pecoraro / LaPresse
Calcio Angelo Andrea Pisani 27 gennaio 2019 6'

Qual è il livello tattico della Serie B

Giuseppe ci ha chiesto quanto conta la preparazione tattica nel campionato cadetto. Risponde Angelo Pisani.

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Ciao UU,

ho assistito a qualche partita di serie B dal vivo in questi giorni, mi è sembrato di vedere un calcio molto chiuso, squadre lunghe, uno contro uno a tutto campo, innumerevoli cross in aria, dove a vincere è poi decisiva la qualità del singolo piuttosto che la varietà delle soluzioni di ogni formazione. Per questo vi chiedo: come si situa la serie B a livello tattico, del piano dell’organizzazione di gioco? È così ampio il divario con la serie A da questo punto di vista?

Saluti,

Giuseppe C.M.

 

Risponde Angelo Andrea Pisani

 

Caro Giuseppe,

La tua è una domanda molto più complessa di quanto sembri in apparenza. Negli ultimi anni la Serie B si è contraddistinta come un campionato vario e sfaccettato, che ha portato in massima serie allenatori e squadre interessanti, ma anche compagini sinceramente non all’altezza. Abbiamo ancora negli occhi il sorprendente Empoli di Sarri, che ormai ha assunto un valore quasi paradigmatico; ma negli anni successivi la Serie B ci ha fatto conoscere anche la SPAL di Semplici e il Parma di D’Aversa, squadre con un’identità tattica così forte da assorbire l’impatto con la massima serie.

 

Ci sono poi squadre che fanno vedere ottime cose in Serie B, ma per un motivo o per l’altro non sono riuscite a ripetersi in massima serie. Penso al Frosinone di Stellone, promosso in Serie A nel 2015, ma anche al Crotone di Jurić, che non siamo riusciti a vedere in A perché il tecnico è andato a Genoa. Stando alla stagione in corso, sono utili anche gli esempi dati dal Frosinone e dall’Empoli.

 

Lo scorso anno le squadre di Longo e Andreazzoli si sono distinte con un gioco molto organizzato e propositivo, con una sofisticazione tattica che non aveva nulla da invidiare alla Serie A. Ma l’impatto con la massima serie è sempre molto difficile, sia per i tecnici che per i giocatori, e senza acquisti di spessore c’è il rischio di andare in difficoltà. Se il calciomercato non ti aiuta a colmare il gap tecnico, è facile che ne risenta anche il lato tattico.

 

Mentre il Parma di D’Aversa (molto attivo, questa estate) continua a fare benissimo,Empoli e Frosinone (che hanno fatto molte scommesse) non sono riuscite a scrollarsi le difficoltà di inizio anno. Sia Andreazzoli che Longo sono stati esonerati, e i loro sostituti– in attesa di rinforzi – hanno impostato un calcio più conservativo. Insomma, molte volte il gap con la Serie A si dimostra essere più tecnico che tattico, e abbiamo diversi esempi di squadre che – opportunamente rinforzate – sono riuscite a migliorare i risultati senza cambiare la guida tecnica.

 

Certo, ci sono anche esempi negativi. Lo scorso anno il Verona allenato da Pecchia (promosso con un secondo posto in Serie B) ha giocato una pessima stagione, chiudendo appena sopra il Benevento (partito con 14 sconfitte consecutive, e risollevato nei mesi successivi grazie ad un nuovo allenatore e un calciomercato invernale ai limiti del fantascientifico). Casi del genere sono difficili da ignorare: nella scorsa stagione si è parlato più volte della possibilità di ridurre il numero di squadre in Serie A, una questione che nasce – oltre che da valutazioni economiche – dai dubbi sul livello medio della stessa Serie B. Sulla capacità, cioè, di “produrre” squadre competitive per la massima serie.

 

E qui torniamo al punto, perché ogni discussione sulla competitività di un campionato non può che passare per il livello tattico delle sue squadre migliori. In questo senso, la Serie B offre una panoramica molto sfaccettata. Il Palermo capolista è passato dal gioco di posizione di Tedino al calcio – più verticale, anche se ugualmente impositivo – di Stellone, che in questo scorcio di stagione ha alternato diversi moduli (difesa a tre e a quattro, con due o tre attaccanti, o due punte col trequartista), ma ha mantenuto principi abbastanza definiti. I rosanero cercano sempre di uscire palla al piede, per attirare il pressing e liberare la verticalizzazione verso gli attaccanti, il cambio gioco verso i terzini o i tagli centrali dei giocatori offensivi.

 

Meccanismi simili a quelli del Lecce, che col Palermo condivide il possesso da dietro, ma si distingue per una più insistita ricerca del gioco verso canali centrali, per sfruttare la superiorità numerica data dal rombo a centrocampo (giocano col 4-3-1-2). La squadra di Liverani è una neopromossa, ma ha mantenuto la struttura di gioco dello scorso anno, e in questo momento è quarta, dietro Brescia e Pescara.

 

Queste ultime sono due tra le maggiori sorprese del campionato: lo scorso anno sono arrivate – rispettivamente – 16esima e 17esima in classifica, appena due punti sopra la zona playout. In questa stagione Corini e Pillon hanno dato alle loro squadre una forte identità tattica, assimilabile per la comune ricerca di verticalità. Il Brescia cerca spesso i tre giocatori offensivi, in particolare Donnarumma, e una volta consolidato il possesso alza il baricentro per aumentare la pressione; il Pescara attacca gli spazi, liberati dalle rotazioni del centrocampo o dai movimenti a venire incontro di Mancuso – un giocatore che nasce come esterno d’attacco, ma che per la sua interpretazione degli spazi si sta adattando benissimo anche al centro del tridente offensivo.

 

Insomma, ci sono squadre più o meno verticali, che cercano più o meno il possesso, ma l’organizzazione di gioco è un fattore importante anche in Serie B. Ci sono anche allenatori che prendono vie di mezzo. Il Verona di Grosso, ad esempio, alterna momenti di controllo (possesso insistito e da dietro, pressione alta) a situazioni in cui alza il pallone alla ricerca di Pazzini. Un po’ come il Benevento, che gioca molto sui suoi attaccanti per aprire il campo e far salire il resto della squadra. Chi ha giocatori importanti li sfrutta, ma i giocatori da soli non bastano.

 

La Serie B è un campionato molto complicato, in cui ogni campo – e ogni avversario – può nascondere grandi insidie. In un contesto del genere, costruire una squadra forte (sulla carta) non è una garanzia sufficiente. Ad agosto il Crotone era una delle favorite del campionato, poteva contare su un allenatore in rampa di lancio ed un mercato di buon livello; ora è già al secondo cambio tecnico (Stroppa è stato esonerato e richiamato dopo le dimissioni di Oddo, il suo sostituto) e si trova al penultimo posto in classifica.

 

Non è un caso isolato: ogni anno la B diventa il teatro di grandi crolli e grandi risalite, e spesso a fare la differenza è proprio l’organizzazione tattica delle squadre. Allontanandosi dal vertice non mancano esempi di gioco ben definito: ci sono squadre verticali e aggressive, come il Cittadella di Venturato, e ci sono squadre che provano a dominare campo e pallone, come il Perugia di Nesta. Poi ci sono squadre più speculative, come lo Spezia di Marino e l’Ascoli di Vivarini, che comunque mostrano caratteri di gioco ben definiti.

 

Si possono trovare cose interessanti anche nelle squadre che in questo momento hanno difficoltà di classifica. Il pressing alto del Foggia, ad esempio, o quello del Cosenza, che in questo campionato – al netto di qualche difficoltà – sta confermando il suo carattere di squadra verticale e aggressiva.

 

Certo, in questo momento ci sono anche alcune delusioni: squadre come Venezia, Carpi e Salernitana sembrano aver subito una leggera involuzione, e ora stanno vivacchiando nella zona bassa della classifica. In questa stagione, poi, sta mancando la “spinta” delle neopromosse.

 

Lo scorso anno la Serie B era stata arricchita dal gioco ultra verticale di Parma e Cremonese, dal possesso aggressivo del Foggia e da quello conservativo del Venezia: quattro squadre dall’identità tattica molto forte, che hanno fatto un buonissimo campionato. In questa stagione, eccettuato il Lecce, le neopromosse stanno stentando sul fondo della classifica, dove si sta distinguendo solo la già citata Cosenza.

 

I problemi sono diversi, e vanno dalle comprensibili difficoltà di adattamento a gli evidenti problemi di organico. Di certo non ha aiutato la riduzione del campionato a 19 squadre, una riforma fatta con una forzatura legale, che – dopo i fallimenti di Cesena, Bari e Avellino – ha bloccato tutti i possibili ripescaggi. La battaglia legale è durata fino a novembre, e nel frattempo neo retrocesse come Entella, Novara, Ternana e Pro Vercelli hanno mantenuto parte del loro organico, o pescato dalla Serie B in attesa di tornare nel campionato cadetto.

 

Questo ha portato a uno sbilanciamento tecnico a favore della Serie C, dove – tra gli altri – sono arrivati i tre migliori marcatori della Serie B in attività (Cacia, Tavano e Caracciolo), insieme a tanti altri “transfughi” rimasti nelle loro squadre o svincolatisi grazie ai fallimenti nell’ultimo anno. Una situazione che alla lunga si bilancerà, ma per ora ha portato a un piccolo impoverimento della qualità media della Serie B, almeno nella bassa classifica. E quando si abbassa il livello tecnico è facile scenda anche quello tattico.

 

Mi sono dilungato un po’, ma prima di darti una risposta definitiva volevo darti un quadro completo della situazione. In questo momento la Serie B offre tanti impianti tattici interessanti, altri meno, e il livello medio resta apprezzabile. L’organizzazione del gioco resta un fattore importante in Serie B, al netto della qualità dei giocatori o della spettacolarità delle partite. Spero di averti convinto.

 

Tags : la posta del cuoreserie b

Angelo Andrea Pisani è nato nel 1992. Si è laureato in italianistica a Bologna, vive a Cupra Marittima e scrive su noisamb.it.

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