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Foto di Scott Barbour / Getty Images
Calcio Daniele Manusia 23 dicembre 2017 7'

Qual è il modulo migliore per il calcio a 7?

Niccolò ci ha chiesto la tattica migliore per il calcio a 7. Risponde Daniele Manusia.

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Ho un dubbio esistenziale che mi sta attanagliando da quando sono in Erasmus. Mi sto chiedendo se sia possibile determinare quale sia il migliore modulo per giocare a calcetto. Da buon italiano, ho sempre creduto nella superiorità assoluta del 3-2-1. Secondo me, questo modulo permette di attribuire una chiara responsabilità su chi deve marcare la punta avversaria, e permette un atteggiamento più conservativo che si può tramutare in un modulo più offensivo con i terzini nel caso l’avversario si dimostri  più scarso.

 

Però, ho conosciuto spagnoli, olandesi e cinesi che sostengono sia meglio il 2-3-1!  Ovviamente, con la mano sul petto cantando l’inno nella mia mente, non tendo ad ascoltare queste scuole di calcio minori che hanno sfornato al massimo un Guardiola che in Ucraina va in vacanza, un movimento che dagli anni 70 non sforna che eliminazioni agli ottavi di Euroleague e la Cina che in due miliardi di persone non riescono a trovare un 11 giocatori da Legapro. Però, sarei curioso di sapere la vostra opinione: qual è il modulo migliore per il calcetto e perché?

 

Grazie, Niccolò

 

Risponde Daniele Manusia

 

Ciao Niccolò,

mi rendo conto dalla tua domanda che l’Italia è un paese tutto sommato piccolo ma che su certe cose non ci metteremo mai d’accordo. Non so da dove ci scrivi ma dove sono cresciuto io il calcetto è quello che ufficialmente è chiamato Calcio a 5 e che alcuni chiamano Futsal per spirito internazionalista o sentimentalismo sudamericano. A Roma, poi, sopra i 5 giocatori si gioca in 8. Pochissimi campi hanno dimensioni particolari e si gioca a 6. Non si gioca mai 7, come invece so che succede abitualmente al nord. Questa è una cosa piuttosto risaputa, ma ripeterla serve a sottolineare quanto non riusciamo a metterci d’accordo quasi su niente. Fatta l’Italia, ho come l’impressione che bisogna ancora fare gli italiani. In teoria, quindi, non avrei le competenze per rispondere al tuo quesito, ma lo affronterò partendo dal presupposto che la convivenza tra tradizioni e culture diverse e il reciproco scambio sia più utile di un’altra stupida battaglia identitaria.

 

Personalmente ho giocato a calcio in qualsiasi formato mi sia stato possibile. Uno contro uno nel corridoio di casa di mio cugino (avevamo tredici e quindici anni); due contro due quando a Roma andava di moda una cosa chiamata Jorkyball, una specie di paddle molto più violento, in cui era impossibile evitare il contatto e l’assenza di pause (se non per gol) e che, al contrario del paddle, poteva essere giocato solo dai calciatori più tecnici (per via delle sponde e della palla piccola); ovviamente cinque contro cinque, sei contro sei, otto contro otto; ho giocato sette contro sette a Milano, una sola volta e 15 contro 12 in un campo pubblico di Parigi, con un paio di bambini di otto anni nella squadra più numerosa, che però si sono rivelati particolarmente aggressivi e quando hanno capito che ero italiano mi insultavano a ogni pallone toccato. Ho giocato anche sette contro otto, tutte quelle volte che qualcuno per una ragione qualsiasi non si è presentato al campo (una volta l’amico di un’amico ha avuto un incidente in motorino mentre veniva al campo ed è finito in ospedale, ma lo abbiamo saputo solo dopo e ci siamo sentiti molto in colpa per tutte le cose che avevamo detto su di lui sotto la doccia) o anche quando qualcuno della mia squadra è stato espulso in un torneo.

 

La cosa più vicine a un campo da Jorkyball è una gabbia da MMA.

 

Però Niccolò credo che la variabile più importante, che può determinare un diverso approccio alla gara, e quindi un diverso modulo di gioco, sia il fuorigioco. Voi giocate con o senza fuorigioco?

 

Quest’anno ho giocato con il fuorigioco in un torneo over 40 di calciotto, l’accorgimento dovrebbe in teoria mettere in condizione i giocatori più anziani e lenti di coprire meno campo.

 

Ci sono rimasto molto male. Ero stato invitato al torneo con una squadra che non conoscevo, anche se mi mancano ancora un paio di estati per entrare nella quarta decade, pensavo di essere uno dei tre fuoriquota ammessi. A fine partita ho chiesto l’età al resto della squadra e ho scoperto che c’erano già altri due trentenni e addirittura un ventenne. Allora ho chiesto all’organizzatore perché mi avevano lasciato giocare e quello mi ha guardato stupito chiedendomi “scusa ma tu non hai quarant’anni?”.

 

Ad ogni modo, con il fuorigioco è finita che entrambe le squadre giocavano con la difesa altissima, in una striscia orizzontale di campo corta e larga, e il primo centrocampista che riusciva ad alzare la testa lanciava alle spalle della difesa. Adesso, con otto giocatori quasi tutti giocano con il 3-3-1 che diventa 3-1-3 in fase offensiva, che copre meglio gli spazi ed è molto flessibile, e con il difensore centrale sempre impegnato nella marcatura della punta, e anche quelli laterali a uomo sui corrispettivi esterni d’attacco, bastava un inserimento da dietro, di una mezzala o addirittura di un terzino, seguito con un attimo di ritardo, per farci girare verso la nostra porta e difendere in inferiorità.

 

Anche se nel mio esempio c’è un giocatore in più rispetto alle tue esigenze, Niccolò, il punto è lo stesso: con il fuorigioco, su un campo più corto di quello da calcio dove magari hai tempo di recuperare, il pericolo più grande sono gli inserimenti da dietro. Piuttosto che marcare a uomo secondo me dovresti preoccuparti di avere superiorità al centro.

 

Il 2-3-1 mi sembra più flessibile e più equilibrato: sulle fasce c’è meno campo da correre per avvicinarsi alla porta avversaria ma il difensore in più ti garantisce una copertura aggiuntiva. 

 

A fine primo tempo di quella partita in cui ero ospite in una squadra che non conoscevo stavamo perdendo solo 1-0 ma eravamo completamente sopraffatti dalla corsa e dalla tecnica dei nostri avversari. Dopo la partita credo di aver capito che la “mia” squadra era composta da gente che lavorava insieme in un ristorante, l’altra era composta da un insieme di professionisti ancora abbronzati a inizio ottobre, tutti soci dello stesso circolo, che anche in pantaloncini e maglietta era facilissimo immaginarsi in camicia. L’allenatore della squadra in cui giocavo era un signore sulla sessantina pieno di capelli bianchi cortissimi e la faccia rugosa e simpatica come una melanzana appena uscita dal forno. Non dava molte indicazioni tattiche, era un motivatore all’antica ma con dei modi gentili e un po’ fatalisti. “Cercate di divertirvi”, diceva. Poi chiedeva all’ala destra di tenere palla aspettando la sovrapposizione del terzino, che però era un tipo piccolino con la pancetta ben oltre i quarant’anni, già molto in difficoltà con l’avversario che gli correva sempre alle spalle.

 

A un certo punto mi sono sentito in obbligo di aiutarlo. In fondo lavoro in una rivista in cui si parla di tattica tutti i giorni, perché non provare ad aiutare un buon uomo? Se non sono in grado di migliorare la partita a queste brave persone significa che ho perso tempo in questi anni? Così ho suggerito un passaggio alla difesa a due, per avere un uomo in più in mezzo al campo e provare a tenere palla, l’allenatore mi ha dato retta e sono scivolato al centro vicino al marcatore. La situazione è rapidamente peggiorata: è vero che adesso riuscivamo a fare due passaggi di seguito, ma ogni volta che loro ci rubavano palla era un inferno di inserimenti. E perdevamo spesso palla, perché i miei compagni di squadra avevano un’idea di calcio molto verticale.

 

Non sono mai stato scavalcato da tanti palloni in vita mia come quella sera. Mi sono pentito subito, ma non ho detto nulla sperando che nessuno dei miei compagni conoscesse l’Ultimo Uomo.

 

Quindi, Niccolò, fossi in te non seguirei i miei consigli.

 

Il ruolo fondamentale con il 3-2-1 diventa quello sugli esterni, che devono coprire più campo di tutti. Ma rischiano di essere annullati facilmente dall’esterni che hano davanti, spingendo sempre il gioco al centro.

 

Però adesso lasciamo un attimo da parte il fuorigioco. Il punto è che in ogni caso il modulo, nel tuo “calcetto” come anche in Serie A, dipende dai giocatori che si hanno a disposizione. Ad esempio, se sugli esterni hai due terzini, più difensori che attaccanti, allora forse conviene la difesa a 3 con delle distanze più lunghe. Un centrocampista di fascia nel calcio a undici, invece, si troverebbe nettamente meglio nella posizione più avanzata del 2-3-1.

 

Così, senza sapere niente di più sulla tua squadra, per puro piace speculativo, ti dico anche che secondo me, in generale, per giocare a sette è meglio il 2-3-1.

 

Anzitutto perché il difensore libero dalla marcatura può coprire la profondità o assorbire gli inserimenti. Poi perché per impostare potete usare il portiere per passare a una difesa a tre, senza che si allontani troppo dalla porta (anche qui, dipende se il portiere in questione sa giocare un minimo con i piedi o se gioca con gli scarponi da neve ai piedi) e magari tirare fuori un centrocampista avversario. Sulla carta perdi un giocatore in fase offensivo ma se vuoi giocartela veramente in modo aggressivo basta che uno dei due difensori centrali avanzi con la palla, o che prenda il posto del centrocampista centrale se quello si inserisce in profondità.

 

Puoi essere più o meno aggressivo anche senza palla, con il centrale libero che eventualmente può uscire in marcatura sull’uomo lasciato libero dal resto della squadra in pressione, oppure con uno dei due esterni che si abbassa sulla linea della difesa e di fatto scivolate nel 3-2-1 asimettrico.

 

Alla fine, però, ricordati che puoi pensare ai moduli quanti ti pare ma se i tuoi compagni non pensano lo stesso calcio che hai in mente te sarà sempre un disastro. Il mio ultimo consiglio è di cercare di non pensare al modulo più di tanto ma di dirvi chiaramente se volete tenere palla e fare anche qualche passaggio in orizzontale e all’indietro (rarissimi nei campetti amatoriali) o cercare di andare in porta velocemente; se volete aspettare nella vostra metà campo o pressare la costruzione avversaria; se volete giocare con le distanze corte oppure lunghe.

 

Nella mia esperienza è rarissimo che si riesca a giocare tutti consapevolmente lo stesso tipo di partita. Di solito giocano tutti il più offensivamente possibile, difendendo con energia ma senza mai pensare alla difesa prima di aver perso palla. Personalmente – se è questa la tua intenzione, Niccolò – ti sconsiglio di investire emotivamente nel tentativo di trasformare i tuoi amici in una squadra vera e propria (e sono contrario alle squadre che si presentano ai tornei con un vero e proprio allenatore, ancora di più se sono squadre dilettanti che giocano tornei solo per allenarsi). Nella mia esperienza ho finito col litigare con quasi tutti i miei amici a fronte di poche soddisfazioni sparse qua e là. Fare l’allenatore, anche per gioco, è quasi sempre frustrante.

 

Concludo citando l’allenatore con le rughe di una melanzana cotta, quando ha chiesto a uno della squadra che dopo il 7-1 finale stava a testa bassa nello spogliatoio: “Oh, che ti sei fatto male?”. Quello ha risposto: “No, sto rosicando”. E l’allenatore gli ha dato una pacca sulla schiena dicendo: “Bravo, devi rosicare. Sennò che sei venuto a fare”. Mi sa che è il massimo che potrai fare per i tuoi amici in caso di difficoltà tattiche.

Tags : calcettocalcio a 7la posta del cuore

Daniele Manusia, direttore e cofondatore dell'Ultimo Uomo. È nato a Roma (1981) dove vive e lavora. Ha scritto: "Cantona. Come è diventato leggenda" (Add, 2013) e "Daniele De Rossi o dell'amore reciproco" (66th & 2nd, 2020).

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