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Nicholas Gineprini
È arrivato il Qatar
01 feb 2019
01 feb 2019
La monarchia del Golfo è arrivata in finale di Coppa d'Asia dimostrando che i suoi controversi progetti calcistici stanno funzionando.
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Nicholas Gineprini
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Oggi pomeriggio, alle 15 ore italiane, si giocherà ad Abu Dhabi la finale della Coppa d'Asia, che vedrà la sfida inedita tra Giappone e Qatar. I “Blue Samurai”, dopo aver eliminato l'Iran per 3-0, sono alla ricerca del loro quinto titolo continentale (dopo quelli già vinti nel 1992, nel 2000, nel 2004 e nel 2011), mentre il Qatar, contro ogni pronostico, è arrivato in finale per la prima volta nella sua storia.

 

La Nazionale qatariota è la vera sorpresa del torneo, una squadra giovane e piena di talenti allenata dallo spagnolo Felix Sanchez. Una squadra che annovera fra le proprie fila, tra gli altri, il capocannoniere del torneo, il 22enne Ali Almoez, autore di otto gol in sei partite. Lungo il suo percorso il Qatar ha battuto avversari più quotati come l'Arabia Saudita, ma sopratutto la Corea del Sud di Son, riuscendo nell'impresa di mantenere inviolata la propria porta per tutta la durata del torneo.

 



Il risultato è ancora più sorprendente se pensiamo che fino a quattro anni fa il Qatar era una squadra materasso persino nel contesto asiatico, e che invece ora, grazie ad un percorso imponente (e controverso) di crescita, sembra essere addirittura pronto a non sfigurare nei Mondiali di casa del 2022.

 



Nella Coppa d’Asia del 2015, disputata in Australia, la nazionale qatariota, guidata dall’algerino Djamel Belmadi, concludeva malamente la manifestazione all’ultimo posto nel proprio girone con tre sconfitte in altrettante partite contro Emirati Arabi Uniti (4-1), Iran (1-0) e il Bahrain (2-1). Quella Nazionale era un mix di giocatori cresciuti in Qatar (ma in realtà nati in paesi del Nord Africa o del Medio Oriente) e naturalizzati, come Boualem Khoukhi (nato in Algeria), Trsor Kangambu (Repubblica Democratica del Congo), Karim Boudiaf (Francia) e sopratutto Mohammed Muntari (Ghana).

 

Il Qatar è una di quelle nazionali che ha tentato di aumentare il valore della propria rosa sfruttando le regole abbastanza permissive della FIFA, che consentono di naturalizzare e rendere eleggibili per la Nazionale calciatori che per cinque anni consecutivi hanno giocato nel paese interessato dopo il compimento dei 18 anni (prima del 2008 erano addirittura solamente due anni), e che non hanno mai preso parte a partite ufficiali con la precedente Nazionale maggiore.

 

Nel 2015, dopo il fallimento in Coppa d’Asia e delle politiche di naturalizzazione, però, il Qatar ha iniziato ad allestire una Nazionale più autoctona, composta cioè con calciatori che, anche se naturalizzati, si erano trasferiti in Qatar da giovanissimi grazie alle opportunità offerte dalla futuristica accademia calcistica Aspire Academy, con sede a Doha, come ad esempio il mastodontico programma di scouting in Africa, Asia e America Latina

. Ma questo senza escludere i migliori giocatori naturalizzati, che inizialmente sono rimasti la parte più importante dell’intelaiatura della squadra.

 

In particolare, l’allenatore uruguaiano Jose Daniel Carreno, in vista delle qualificazioni ai Mondiali in Russia del 2018, ha richiamato nel ruolo di prima punta il connazionale Sebastian Soria oltre ai brasiliani Rodrigo Tabata e Luiz Junior, il portiere francese Claude Lecomte e il difensore portoghese Pedro Miguel. Tutti loro, assieme ai reduci della Coppa del 2015, Boudiaf e Muntari, andavano a formare un undici quasi totalmente “straniero”, più vicino ad una squadra di club che a una Nazionale tradizionale.

 

All’inizio la strategia ha sembrato funzionare. La prima fase della qualificazione alla Coppa del Mondo è parsa essere dominante, con la conquista del primo posto davanti alla più quotata Cina, con 7 vittorie e una sola sconfitta (giunta all’ultima giornata proprio in Cina, ma a qualificazione già avvenuta). Il primo posto ha permesso al Qatar di qualificarsi automaticamente alla Coppa d’Asia del 2019 negli Emirati Arabi Uniti ed all’ultima fase per la qualificazione in Russia.

 

Il confronto con le principali squadre del continente asiatico si è rivelato però essere ancora una volta impari: il Qatar ha perso all’esordio contro l’Iran per 2-0 (entrambi le reti avvenute nel recupero) e successivamente contro l’Uzbekistan per 1-0 con gol subito solo all’86’. I passi falsi hanno indotto la Federazione ad esonerare Daniel Carreno e ad affidare la panchina ad un altro uruguaiano, Jorge Fossati, che era già in Qatar dal 2015, come allenatore dell’Al Rayyan.

 

La decisione della federazione qatariota era stata provocata anche dal malcontento del pubblico qatariota, che dopo quelle sconfitte ha iniziato a manifestare un certo disappunto nei confronti dei sudamericani presenti in rosa. Dopo il match perso contro l’Iran, ad esempio, l’emittente BeInSports ha ripreso fuori dallo stadio un giovane tifoso protestare contro i giocatori stranieri, accusati di scarso impegno. Il video in poco tempo è diventato virale su internet, mettendo in luce un orgoglio nazionale finora sconosciuto nel mondo calcistico qatariota.

 

I risultati sotto la gestione di Fossati sono migliorati, ma le speranze di qualificarsi alla Coppa del Mondo sono rimasti comunque minime. L’uruguaiano, di comune accordo con la Federazione, a due giornate dalla fine delle qualificazioni, ha deciso sorprendentemente di lasciare la guida della Nazionale, che è stata affidata allo spagnolo Felix Sanchez, precedentemente alla guida della Nazionali U-19 e U-23 del Qatar.

 

L’idea di sostituire Fossati, comunque, non era basata solo sui risultati ma anche sulla decisione definitiva della Federazione di dar maggior spazio in nazionale ai talenti cresciuti in Qatar, escludendo quasi del tutto i naturalizzati. In un’intervista rilasciata a Doha Stadium Plus prima di rassegnare le dimissioni, Jorge Fossati ha dichiarato: «Sono a conoscenza di questo piano che tenderebbe ad escludere i giocatori naturalizzati e a puntare maggiormente sui giovani talenti. Personalmente non sono d’accordo, le regole nel mondo del calcio sono fatte dalla FIFA e se un giocatore viene naturalizzato nel rispetto delle norme governative, deve essere trattato come un qatariota»



 

Con Felix Sanchez e una squadra completamente cresciuta in casa, e quindi più giovane (con il solo portoghese Pedro Miguel come giocatore naturalizzato) sono arrivate due sconfitte nelle ultime due partite di qualificazione, con Siria (3-1) e Cina (2-1). Ma quella decisione ha segnato comunque quell’inversione di rotta senza cui il Qatar non sarebbe mai arrivato alla finale di Coppa d’Asia di quest’anno.

 



A questo punto del pezzo è giusto fermarsi un attimo per approfondire la natura dei mastodontici progetti calcistici del Qatar, che hanno radici che vanno molto più indietro dell’attuale Coppa d’Asia.

 

Nel 2004 a Doha, capitale del Qatar, per volere della famiglia reale Al Thani, è nata l’Aspire Academy, ovvero il centro di formazione calcistico che, nelle intenzioni del governo di Doha, dovrà andare a creare la Nazionale del futuro. I calciatori maggiormente in mostra in quest’ultima Coppa d’Asia, come Almoez Ali, Akram Afif e Bassam Al Rawi, si sono tutti quanti diplomati nell’Aspire Academy, che è riuscita dunque nell’impresa di andare a creare, dopo ben 15 anni di lavoro, una delle squadre più giovani ed entusiasmanti del panorama asiatico.

 

La struttura di Aspire sorge nella Doha Sports City, un’enorme città dello sport all'ombra della Qatar Torch Tower, un palazzo a forma di torcia olimpica alto 300 metri ed inaugurato in occasione degli Asian Games che si sono svolti in Qatar nel 2006. L’accademia è costituita da uno stadio da 50mila posti, il centro sportivo indoor più grande del mondo (che comprende una pista d’atletica, un campo da calcio e uno in parquet per la ginnastica), quattro piscine olimpioniche, innumerevoli palestre e campi da calcio all’aperto. Una struttura all'avanguardia che è stata utilizzata anche nei ritiri invernali di alcuni top club europei, come Bayern Monaco, Juventus e Milan.

 



 

L’Aspire Academy si occupa di scoprire e formare i miglior talenti calcistici del Qatar, creando per loro un percorso che li possa portare ad avere uno sbocco nel professionismo nel campionato locale e in Europa. Lo staff che si occupa delle varie categorie è interamente straniero, e principalmente composto da allenatori spagnoli, fra cui Oscar Fernadez, uno degli “artefici” del talento di Isco al Valencia: «Questo è un mega-progetto, con possibilità di sviluppo enormi» ha dichiarato Oscar in

«Qui alleniamo i bambini qatarioti con un solo obiettivo: costruire la Nazionale del 2022»



 

Oltretutto, i migliori talenti del progetto Aspire, hanno la possibilità di completare il proprio processo di formazione in Europa presso alcuni club di proprietà del fondo che gestisce l’accademia, come il Kas Eupen nella prima divisione belga, il Lask Link in Austria, e il Cultural Leonessa in Spagna. Ma poi ci sono anche club terzi che hanno accettato di ospitare alcuni di questi giocatori, sopratutto in Spagna, come ad esempio il Celta Vigo e il Real Madrid.

 

E non si tratta solamente di far presenza nei settori giovanili o negli allenamenti delle prime squadre, ma anche di costruirsi una propria credibilità calcistica internazionale. Akram Afif, ad esempio, attualmente è di proprietà del Villareal, mentre il Pallone d’Oro d’Asia del 2018, Abdelkarim Hassan, nei sei mesi disputati in prestito al Kas Eupen ha conquistato un posto da titolare disputando fin ad adesso dieci partite partendo dal primo minuto.

 



La struttura e i progetti dell’Aspire hanno messo le basi degli attuali successi della Nazionale maggiore. Molto prima di questa Coppa d’Asia, infatti, sono state le rappresentative dell’Aspire, che hanno forgiato i talenti che si stanno mettendo in mostra in questa competizione, a ben figurare in tornei giovanili in giro per il mondo.

 

Nella Milk Cup del 2011, l’Aspire Academy U-17, ad esempio, ha trionfato per 5-1 contro il Manchester United con una tripletta di Pabe Babacar Ndoye, attaccante di origini senegalesi classe 1994 che però attualmente è senza club. L’anno precedente, nella categoria Allievi, l’Aspire Academy ha vinto la Ciociaria Cup di Frosinone. L’Aspire a partire dal 2012 organizza anche l’Al Kass international Cup, torneo Under 17 che ha visto trionfare i padroni di casa nelle edizioni del 2014 e del 2016, battendo in entrambe le occasioni il Real Madrid.

 

Nell’ottobre 2014, pochi mesi prima che la Nazionale Maggiore concludesse la Coppa d’Asia con zero punti, una nuova generazione di calciatori, la prima formata dal progetto Aspire, guidata da Felix Sanchez, ha sollevato al cielo la Coppa d’Asia U-19, dopo aver battuto per 1-0 in finale la Corea del Nord con rete di Akram Afif. Di quella selezione faceva parte anche Ali Almoez, mentre Al Saadi e Moein, rispettivamente capocannoniere ed MVP della manifestazione, alla fine non sono riusciti a fare il salto in Nazionale maggiore.

 



 

Nel 2016 il Qatar ha ospitato la Coppa d’Asia U-23, valevole per le qualificazioni alle Olimpiadi di Londra. La squadra, allenata proprio da Felix Sanchez ha sfiorato l’impresa, perdendo in semifinale contro la Corea del Sud, e mancando anche l’obiettivo del terzo posto dopo aver perso la finale di consolazione contro l’Iraq. Nonostante ciò, a vincere il premio di capocannoniere è stato Ahmed Alaeedin, attaccante esterno di origine egiziana che ha messo a segno sei gol e che fa attualmente parte della Nazionale maggiore che è in finale di Coppa d’Asia.

 

Due anni più tardi, nella Coppa d’Asia U-23 del 2018 disputata in Cina, il Qatar ha raggiunto nuovamente le semifinali, perdendo questa volta contro il Vietnam (questa volta ha però conquistato il terzo posto contro la Corea del Sud). Dopo il trionfo in U-19, i nomi di Akram Afif e Almoez Ali sono tornati alla ribalta segnando rispettivamente 3 e 6 gol, sfoderando un’intesa ed una maturità impressionanti.

 



Come detto, il principale obiettivo del progetto Aspire era quello di rifornire di talento la Nazionale maggiore, innanzitutto per non sfigurare ai Mondiali di casa del 2022. E con una popolazione di poco superiore ai due milioni e con solo 300mila cittadini effettivi (la maggior parte della popolazione è costituita da immigrati provenienti dall’India e dal sud-est asiatico, impiegati principalmente nel settore turistico, compresi gli

in vista del Mondiale del 2022) sarebbe stato teoricamente difficile se non impossibile allestire una Nazionale in grado di raggiungere la finale della Coppa d’Asia.

 

E infatti Il Qatar con il progetto Aspire non ha raggiunto quest’obiettivo solamente con i calciatori nati a Doha, ma anche grazie ad imponenti operazioni di scouting fra Africa, Asia e Sud America, al fine di naturalizzare i giovanissimi (dunque non solo giocatori già professionisti) al fine di aumentare considerevolmente il bacino d’utenza a disposizione della propria Nazionale.

 

Il progetto Football Dreams, ad esempio, coinvolge ben 16 stati e dal 2007, ogni anno, vengono visionati mezzo milioni di ragazzi sotto la supervisione di Josep Colomer, osservatore del Barcellona, associato spesso con la scoperta di Messi. Al termine di un lunghissimo processo di selezione, dal mezzo milione iniziale vengono selezionati solo 20 ragazzi, che entrano a far parte dell’Aspire Academy a Doha, oppure nella sede secondaria, a Dakar, capitale del Senegal, con una borsa di studio per le spese e per gli studi.

 

Nella squadra arrivata in finale di Coppa d’Asia quest’anno ci sono molti dei ragazzi selezionati da Football Dreams. Tra questi, ci sono anche due dei principali talenti visti in questo torneo, cioè Ali Almoez, nato in Sudan, e Bassam Al Rawi, che è iracheno. Dei 23 calciatori qatarioti al torneo negli Emirati Arabi Uniti, solo 6 sono i naturalizzati, e, eccezion fatta per Pedro Miguel, Khoukhi e Boudiaf, tutti sono cresciuti ed hanno ricevuto un’educazione calcistica in Qatar.

 

Non tutti però sono del tutto convinti che una nazionale del genere sia davvero legale. Andando nell’articolo numero 7 dello statuto della FIFA sulla naturalizzazione dei calciatori si legge infatti che si può giocare per una nuova Nazionale solo se si rispetta uno dei seguenti requisiti: cioè competere per cinque anni consecutivi nel paese interessato dopo i 18 anni d’età (un obiettivo raggiungibile quindi al compimento del 23esimo anno); o se uno dei due genitori è nato nel paese interessato, requisito che non richiede i cinque anni di militanza e il raggiungimento dei 23 anni o della maggior età.

 

A questo proposito, il giornalista Scott Mcyntire

si è concentrato sui casi di Almoez Ali e Bassam Al Rawi, che non hanno ancora compiuto 23 anni e sono originari di altri paesi. Mcyntire ha cercato di capire se almeno uno dei genitori dei giocatori sia nato o meno in Qatar, dato che, altrimenti, non rispetterebbero i criteri per la naturalizzazione. Il giornalista ha provato a contattare la confederazione asiatica di calcio (AFC) ma non ha ricevuto risposta, e si è quindi rivolto alla Qatar Football Association, la quale ha presentato i certificati di nascita della madri di Bassam e Almoez, le quali sono ufficialmente registrate in Qatar. Mcyntire ha però messo in dubbio la validità di questi certificati, affermando che,

, sarebbero entrambi falsi.

 

Proprio il giorno della semifinale è iniziata a circolare la notizia che la madre di Bassam sia nata a Rawa, in Iraq, smentendo il certificato presentato dalla federcalcio del Qatar. Le polemiche si sono poi acuite dopo gli ottavi di finale, quando il Qatar ha eliminato proprio l’Iraq con un calcio di punizione calciato dallo stesso Bassam Al Rawi, che ha esultato baciando lo stemma della nazionale qatariota.

 




 

A partire da queste situazioni opache, gli Emirati Arabi Uniti, sconfitti in semifinale dal Qatar per 4-0, hanno chiesto ufficialmente alla AFC l'annullamento della semifinale contestando la nazionalità di Almoez Ali e Bassam Al Rawi. Sembra molto difficile al momento, ma se verrà dimostrata la falsità dei certificati presentati dalla Federcalcio qatariota, la Nazionale potrebbe addirittura essere squalificata.

 



Ma se dovessimo guardare a questa faccenda da un punto di vista esclusivamente calcistico, il Qatar giunto in finale della Coppa d’Asia 2019 sarebbe in primo luogo una squadra piena di talenti interessanti, alcuni dei quali sembrano già pronti per mettersi alla prova in contesti più probanti dei campionati minori europei.

 

Il più appariscente è Almoez Ali, classe 1996 che ha segnato 8 gol nella manifestazione, eguagliando il record dell’iraniano Ali Daei per gol segnati in una singola edizione (1996). Su di lui si è espresso positivamente anche José Mourinho, sostenendo che è già pronto per essere protagonista in Europa.

 




 

Il partner d’attacco di Almoez Ali è Akram Afif, sempre nato nel 1996, dotato di un’eccellente tecnica, soprattutto nel primo controllo. Akram Afif non è ancora andato a segno in questa Coppa d’Asia e sembra essere un giocatore prevalentemente creativo, avendo messo a segno ben 7 assist per i compagni, cinque dei quali nella tennistica vittoria per 6-0 contro la Corea del Nord nella fase a gironi.

 

Altro prospetto interessante è il centrale difensivo Bassam Al Rawi, che si è messo in mostra soprattutto nei quarti di finale contro la Corea del Sud, dove è riuscito a contrastare efficacemente Son. Nato nel 1997, oltre ad essere una sicurezza per la retroguardia del Qatar, è letale anche sui calci piazzati ed ha segnato due gol direttamente su punizione con traiettorie letteralmente imprendibili per i portieri.

 

Oltre al talento, però, il Qatar ha anche organizzazione tattica. La Nazionale di Sanchez è una squadra molto solida, che concede pochissimo agli avversari, tanto che non ha subito alcun gol in sei partite in questa Coppa d’Asia. Il Qatar adotta un baricentro basso e gioca soprattutto di contropiede, come dimostrato soprattutto nella semifinale vinta contro gli Emirati Arabi uniti, dove tre dei gol segnati nascono proprio da ripartenze.

 



 



La finale tra Qatar e Giappone, incredibilmente 

da Xavi prima dell’inizio del torneo, rischia però di non vedere tifosi qatarioti sugli spalti, a causa di motivi politici che fino ad ora hanno impedito la libera circolazione di tifosi provenienti da Doha.

 

Dal 2017 sussiste

 imposto da Arabia Saudita ed altri paesi del Golfo (tra cui gli stessi Emirati), nei confronti del Qatar, accusato di finanziare il terrorismo. I tifosi provenienti dal Qatar si possono recare negli Emirati Arabi Uniti solo previa autorizzazione delle autorità emiratine e, nonostante i due paesi siano confinanti, sono stati bloccati i voli da Doha a Dubai. Oltre all’impossibilità per i tifosi di vedere le partite della propria Nazionale, questo ha causato non pochi grattacapi ed episodi imbarazzanti anche agli addetti ai lavori. La delegazione di giornalisti che ha accompagnato la nazionale qatariota all’arrivo nella sede del ritiro, ad esempio, ha dovuto volare fino in Kuwait per dirigersi a Dubai, mentre per tornare a Doha

a fare scalo in Russia.

 

Le innumerevoli restrizioni che hanno impedito anche ai tifosi qatarioti di viaggiare al seguito della propria nazionale hanno portato anche a diversi record negativi di affluenza durante le partite del Qatar. Il match contro la Corea del Nord, ad esempio, è stato visto da solo 650 persone. Per qualche strana ragione, però, il Qatar ha trovato supporto nei tifosi dell’Oman, paese rimasto neutrale nella contesa mediorientale, oltre ad un’entusiasta tifosa sud coreana sempre presente sugli spalti durante le partite della Nazionale di Sanchez con un lungo vestito con il disegno della bandiera del Qatar.

 




 

Le contese geopolitiche tra il Qatar e i suoi vicini hanno finito per influire anche sul calcio giocato. Non sull’attesa partita della fase a gironi fra Qatar ed Arabia Saudita (2-0 con doppietta di Ali Almoez), ma sicuramente sulla semifinale con gli Emirati Arabi Uniti. Le autorità sportive della Nazionale di casa hanno infatti acquistato tutti i biglietti disponibili per distribuirli gratuitamente ai cittadini degli Emirati, lasciando così fuori i pochi tifosi provenienti dal Qatar, con il pubblico di casa che è stato molto ostile nei confronti della Nazionale di Sanchez. Sono piovuti prima fischi dagli spalti durante l’inno del Qatar, poi addirittura scarpe e bottiglie nei confronti dei giocatori.

 

In ogni caso, al di là di questi episodi e di come andrà a finire la finale con il Giappone, questa competizione rappresenta già un clamoroso successo per il Qatar, a livello calcistico e di immagine. Ovviamente rimarranno le opacità e le controversie, ma l'Aspire Academy può finalmente presentarsi come un progetto vincente e con un riscontro entusiasmante in campo. Lasciamo a voi decidere se sia una buona o una cattiva notizia, ma il Qatar in un certo senso ha già vinto la Coppa d’Asia 2019, anche se non dovesse effettivamente alzare il trofeo in palio.

 

 

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