Da qualche giorno la FIFA ha scelto gli 11 gol che concorreranno a vincere al premio Puskas Award per il gol del 2020. La formula prevede che tutti possono votare per una prima tornata, poi i 3 gol con più voti passeranno alla fase successiva, dove a scegliere sarà una giuria di ex calciatori. Noi abbiamo deciso di fare la nostra classifica, raccontandoli, perché non c’è niente di meglio al mondo di un bel gol.
- Caroline Weir (Manchester City-Manchester United, Women’s Super League)
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For more nomination goals…Nominated goals for the Puskas Prize 2020 🏅
Wonderful goal from the Manchester derby for women .. Caroline Weir 🚀🤩🎥pic.twitter.com/xGdgfE0KtF
— @GoalRushh (@GoalRushh) November 25, 2020
Per qualche ragione la giuria della FIFA ha scelto parecchi tiri da fuori, le classiche “mine”, “bombe”, “missili”, che in realtà per quanto pregevoli lasciano sempre la sensazione che si tratti del tiro della domenica, che possano riuscire a tutti, cioè. Quello di Caroline Weir, per restare all’interno del variegato mondo dell metafore militaresche, è un missile intelligente, di quelli che seguono il proprio target, e se quello gira l’angolo, loro girano l’angolo. La precisione del tiro di Caroline Weir, dritto per dritto sul secondo palo, ma con un leggero effetto in “back” che fa ruotare la palla all’indietro, lo rende un po’ più speciale di un normale tiro forte da fuori area. È accompagnato dal piacere tipico delle cose fatte bene, di quei video soddisfacenti che girano su Facebook di opere di artigianato viste con il video accelerato: come veder nascere un bel vaso di ceramica, come vedere il vetro soffiato gonfiarsi nel forno. Ci ricorda che le cose più belle, per quanto in realtà difficili da creare, sembrano sempre semplici. E dato che Weir a 24 anni studia scrittura sportiva e broadcasting, saremmo curiosi di sapere come lo descriverebbe lei, il suo tiro.
- Zlatko Junuzović (Rapid Vienna-Salisburgo, Bundesliga austriaca)
È strano scriverlo per un gol, ma dovete alzare il volume prima di guardarlo. Gli stadi vuoti hanno tante controindicazioni, ma almeno ci permettono di ascoltare i rumori del calcio: i parastinchi che vibrano nei contrasti, le urla per chiamare un compagno, il pallone che si muove per il campo. Zlatko Junuzovic si vede arrivare un passaggio liftato da calcio d’angolo senza nessuno che lo disturbi e allora fa quello che avremmo fatto tutti al suo posto: la colpisce al volo. Solo che lui lo fa alla grande, si coordina nella maniera giusta, girando il corpo e colpendo con la parte esterna del collo piede, dandogli quell’effetto con la palla che sembra flottare nell’aria. Che sarebbe stato gol lo si capisce dal suono che fa il pallone all’impatto col suo piede.
È certamente un grande gol, anche se non mi sembra “un gol da Puskas Awards”, la palla è piuttosto centrale e anche il fatto che sbatta sotto la traversa – che fa scena – è grazie al tocco del portiere. Se però si potesse assegnare un premio al miglior sonoro per un gol, penso che Junuzovic lo meriterebbe, anzi anche i compagni lo meriterebbero. Appena dopo il tiro infatti si iniziano a sentire piccole grida di gioia che esplondono non appena il pallone rimbalza dentro la porta. È uno stadio vuoto, ma si sente l’apprezzamento da parte di altri calciatori che sanno quanto è difficile fare un gol del genere. Poi Junuzovic va a dire qualcosa alla telecamera e un compagno lo abbraccia mentre ride come uno che non ci crede a quello che ha visto.
- Sophie Ingle (Arsenal-Chelsea, Women’s Super League)
Sophie Ingle’s goal against Arsenal—one of the purest strikes you’ll see—also made the 2020 #PuskasAward list.pic.twitter.com/rV1eHwVc1w
— MUNDIAL (H) (@MundialMag) November 25, 2020
Rispetto al gol di Junuzovic, qui sopra, quello di Sophie Ingle almeno sembra pensato. Sembra, cioè, che Ingle volesse mettere esattamente la palla sotto l’incrocio dei pali più lontano, con quella parabola lenta leggermente arcuata che taglia fuori la possibilità della portiera di intervenire. Anche lei colpisce un po’ di esterno, ma senza violenza, il suo è un tiro aggraziato, elegante, che va alla velocità di un aeroplanino di carta, o forse di un piccione. Un pallone che sembra sbattere le ali prima di arrivare alla rete, che sembra entrare al rallentatore. Anche questo non ci sembra all’altezza di vincere un premio così peculiare, ma se lo guardate un numero sufficiente di volte la lentezza di quella parabola e l’esattezza della mira di Ingle vi entreranno dentro e finirete col preferirla all’espressione di forza bruta di tiri tipo quello di Junuzovic. E poi è un gol segnato in un derby, quindi vale di più.
- Shirley Cruz (Costa Rica-Panama, qualificazioni olimpiche femminili)
This. Is. Special. 💥
Shirley Cruz got Costa Rica’s @Concacaf Olympic qualifying run off to a flying start with an absolute worldie! 🇨🇷 pic.twitter.com/7HWbhWE9XF
— FOX Soccer (@FOXSoccer) January 29, 2020
Shirley Cruz è, semplicemente, una leggenda del calcio femminile tutto, oltre che di quello costaricense in particolare. Capitana della Nazionale che per la prima volta ha giocato un Mondiale (nel 2015, in Canada) e parte del primo gruppo di donne di quell’Olympique Lione che dal 2006 non ha più smesso di vincere: Cruz ha vinto i primi sei campionati francesi consecutivi di questo ciclo e due Champions League. A 35 anni pensa già al futuro nella gestione del calcio femminile in Costa Rica e dopo 13 in Francia sta continuando a giocare negli Stati Uniti. Questo gol, con la candidatura al Puskas che lo ha seguito – anche se sembra difficile che possa vincerlo – è una specie di riconoscimento che Shirley Cruz fa a se stessa, un premio alla carriera per farsi conoscere da un po’ di quel pubblico che il calcio femminile ha acquistato in questi ultimi anni, e che avrebbe potuto ignorare il suo talento senza rendersi conto della perdita.
Il suo è un talento di quelli purissimi, forgiato nella competizione familiare che le hanno garantito sette fratelli maschi e in anni di professionismo di alto livello. «Magari da giovane avrei provato a controllare la palla prima di calciare», ha detto a proposito di questo gol (segnato in una qualificazione Concacaf), specificando che si trattava di uno schema pensato dall’allenatore. «Il cross è stato perfetto, il tiro è stato perfetto, lo schema è stato perfetto». La cosa eccezionale di questo tiro è il modo in cui Cruz lo tiene basso, colpendolo di collo pieno con un saltello quasi impercettibile che la fa finire col corpo di trequarti. È un tiro di tecnica pura, senza nessuna potenza che non venga dalla coordinazione e dal tempismo perfetto con cui colpisce e indirizza la palla. Non è il gol più bello del lotto, ma è bello che la FIFA abbia deciso di nominare Shirley Cruz e che ci ricordi della sua classe.
- Jordan Flores (Shamrock Rovers-Dundalk, campionato irlandese)
Il Puskas Award è divertente perché riesce a portare in cerimonie prestigiose calciatori che sono abituati a palcoscenici minori. A volte molto minori. Lo scorso anno per esempio ha vinto l’ungherese Daniel Szori che sul proprio google immagini ora potrà sfoggiare, come primo risultato, la foto di lui col classico farfallino da cerimonia FIFA. Oggi gioca in prestito al Budafok, una squadra minore del campionato ungherese. Questo per dire che non c’è nessuna relazione tra lo spessore tecnico di un giocatore e la possibilità che vinca il Puskas. In questo senso è il premio più democratico di tutti, perché a tutti può capitare – anche al campetto – di segnare un gol incredibile. Ci sono poi giocatori modesti con un’attitudine però notevole a segnare grandi gol. Uno di questi è Jordan Flores, che per esempio qualche giorno fa in Europa League ha tirato con uno di quei tiri di mezzo esterno a uscire che sembrano quasi disegnati. Flores ha 25 anni e una carriera modesta e allucinante, un catalogo di squadre che faticano a stare insieme fra loro: Wigan, Ostersund, Fynde, Blackpool e ora Dundalk.
Questo gol candidato è impossibile. Dovrebbe vincere perché il senso del Puskas dovrebbe essere quello di allargare il campo del dicibile del calcio, farci vedere cose che non avevamo mai visto. E quando lo avevate visto, un calciatore calciare al volo con il piede a quell’altezza. La particolarità è che Flores non stacca neanche il piede d’appoggio da terra. Ruota col destro piantato e il sinistro che impatta il pallone con tempismo perfetto. Un gol che ha tutti i crismi del vincitore del Puskas: assurdo e originale, realizzato da un calciatore sconosciuto che gioca alla periferia europea, con una bella scenografia desertica attorno. Chissà come cambierebbe la vita di Flores vincendo il Puskas.
- Hlompho Kekana (Mamelodi Sundowns-Cape Town City, South African Premier Soccer League)
Tutto quello che so di Hlompho Kekana è che ha 35 anni, ha giocato tutta la carriera nel campionato sudafricano e una volta in una partita finita 24 a 0 ha segnato sette gol. Il Puskas Award spesso ribalta l’idea che i grandi gol li segnano i grandi giocatori. A vedere questo gol, che potrebbe vincere, i grandi gol li segnano i grandi visionari. In realtà poi sono andato a controllare e ho scoperto che sono diversi i gol che Kekana ha segnato da distanze non immaginabili, una volta anche dalla sua metà campo (ma il portiere era fuori). Nel 2016 Kekana era già stato candidato, ma in quella circostanza non aveva vinto.
Rimane impensabile lo stesso. Anche se quello che fai meglio è tirare da lontano, come ti viene da calciare da lì? Saranno, boh 35-40 metri, tra l’altro non può approfittare di restituire la forza a un pallone che gli viene incontro, deve fare tutto da solo. Dopo il gol inquadrano una parte del pubblico e mentre tutti festeggiano c’è uno al centro che è l’unico ad aver capito che è successo qualcosa di strano. Kekana calcia come si sparano i missili, ma nel senso meno metaforico che possiamo abbinare a un piede umano. Il pallone si stampa sul palo appena sotto l’incrocio dei pali e ancora piena di vita va a incagliarsi nella rete dall’altra parte. Se avesse colpito anche l’altro palo, oltre che il Puskas, gli avremmo dato una cattedra di geometria da qualche parte.
- Giorgian De Arrascaeta (Ceará-Flamengo, Brasileirão)
De Arrascaeta è uno di quei talenti sudamericani che si fermano sempre a un passo dal trasferirsi in Europa. A 26 anni ha già giocato due Cope America e un Campionato del mondo. Le sue stagioni sono sempre state solide, ma mai abbastanza da convincere i migliori club europei a portarlo via dal Brasile, dove gioca dal 2015, quando si era trasferito al Cruzeiro, la squadra degli italiani. Oggi gioca al Flamengo ed è con la maglia rossa e nera che ha segnato questo gol clamoroso. Una rovesciata appena all’interno dell’area di rigore. De Arrascaeta è uno specialista delle rovesciate a dire il vero, e nella compilation dei suoi gol segnati con la maglia del Cruzeiro ce ne sono altri due di natura molto differente. La prima è una rovesciata improvvisa e frettolosa su una palla che stava per passare il momento in cui poteva essere colpito; la seconda è una mezza rovesciata iper-atletica simile a quelle segnate da Panagiotis Konè col Bologna qualche anno. Non so se ricordate.
Questa candidata al Puskas ha un’estetica più classica: una rovesciata eseguita recuperando una palla che scorre alle sue spalle, con un guizzo di grande atletismo. È una di quelle rovesciate in cui il giocatore riesce a colpire la palla col collo pieno e la gamba in iper-estensione, ed esce fuori una traiettoria tesa e beffarda che passa sopra la testa del portiere.
- Heung-min Son (Tottenham-Burnley, Premier League)
Di questo gol abbiamo scritto a suo tempo (insieme a quello di Suarez che trovate poco più sotto), dicendo: «il gol di Son contro il Burnley è un monumento alla spontaneità e all’imprevedibilità delle cose belle». Questo perché non c’è niente di prevedibile o di previsto nell’azione che porta Son dal limite della propria area a quella opposta. Anzi, inizia piano e sembra accelerare solo per la pressione avversaria che gli arriva dietro. Così come più che decidere di dribblare gli ultimi due difensori sembra solo allungarsi la palla e arrivarci un attimo prima di loro. La bellezza di questo gol, cioè, sta nel modo con cui Son perde momentaneamente il controllo solo per recuperarlo grazie alle sue straordinarie doti fisiche e tecniche. Sembra quasi una coreografia, per come la difesa del Burnley partecipa alla sua corsa senza riuscire a toccarlo; sembra uno di quei gol segnati nei film sul calcio, in cui le comparse si scansano pensando che gli spettatori non se ne accorgano, solo che in questo caso non c’è finzione. Sono rari i gol di questo tipo nel calcio contemporaneo, perché sono rari i giocatori veloci e tecnici come Son, che non sarà il talento più preciso e tattile ma è sicuramente tra i migliori finalizzatori al mondo. Se si giocasse a calcio su un campo in discesa, sarebbe da Pallone d’Oro, altro che Puskas (per cui, secondo i nostri elaboratissimi calcoli, merita un quarto posto pieno d’onore).
- André-Pierre Gignac (Tigres-Pumas, campionato messicano)
Come vi immaginate la vita di André-Pierre Gignac, se non come una lunga sequenza di rovesciate sulla spiagge o sui prati da calcio messicane. Con folle festanti che lo acclamano, lui gigante e carismatico, con un accenno di pancetta che non diminuisce di una virgola la sua efficacia sotto porta. Leggenda. La vita di André-Pierre Gignac – ragazzo di campagna francese diventato divino in Messico – me la immagino come questo gol. La libertà mentale di provare una cosa senza senso, perfino goffa, e farla diventare un gol candidato al Puskas. Ci sono rovesciate canonicamente più belle di questa: diciamo quasi tutte. Ma la stranezza è una qualità estetica sottovalutata e la rovesciata di Gignac è il modo che ha trovato per girare in porta, oltre il portiere, un cross sciatto e sparacchiato in area. Gignac la colpisce con una parte indefinibile del piede o della gamba, forse il malleolo, di certo non una parte del piede adatta per colpire una sfera. Un modo strano e buffo per segnare che però comunica l’onnipotenza di Gignac in Messico. Un uomo a cui basta mettere in campo la versione beach soccer di sé per dominare. La folla grida, Gignac gli grida addosso, e sembra un altro mondo.
- Luis Suárez (Barcelona-Mallorca, Liga)
Nel pezzo citato sopra, in cui confrontavamo questo gol con quello di Son (perché la cosa assurda è che sono avvenuti nello stesso week-end) scrivevamo che il gol di Suarez sembra talmente gratuito e provocatorio che sembra «un gigantesco vaffanculo» a chi pensa di sapere cosa sia il calcio e come vada giocato. Questo gol ci dice che non c’è niente che si possa fare se uno come Suarez decide di mettere la palla in porta, che il suo rapporto con la fisica è diverso da quello degli altri esseri umani. L’immaginazione che presuppone la preparazione e l’esecuzione di un gesto del genere è quella dei migliori in assoluto ma nel caso di Suarez sembra quasi una volgarità, la forzatura di una persona che non vuole trovare un modo normale per fare gol.
- Leonel Quiñónez (Universidad Católica-Macará, Serie A Ecuador)
Questo è il gol perfetto per il Puskas Award. Segnato in un campionato esotico da un giocatore che non avete mai sentito prima e di cui vi dimenticherete il nome un attimo dopo essere saltati sul divano dopo averlo visto per la prima volta. Con in più, però, qualcosa di irreale, di straniante. Qualcosa che cozza contro la vostra percezione di cosa è possibile e cosa no, secondo le leggi della fisica a cui avete obbedito in tutti questi anni. Come può quel pallone andare così veloce per così tanti metri? E come ha fatto un semplice essere umano, un esterno ecuadiorano di nome Leonel Quinonez che nessun club europeo di prima fascia ha mai anche solo pensato di comprare, calciare così forte e così bene da così lontano? C’è qualcosa che non va. Se questo tal Quinonez è davvero capace di prendere l’incrocio dei pali da dentro la propria metà campo, quasi senza rincorsa, da posizione angolata per di più, si dovrebbe trattare del miglior piede sinistro, o quanto meno della miglior gamba sinistra al mondo. Oppure ci deve essere un trucco, il pallone è agganciato a un filo invisibile o una cosa del genere. Possibile che la giuria del Puskas ci sia cascata?
Questa è esattamente la sensazione che deve lasciarvi il gol che vince il Puskas Award. Che non sia possibile segnare un gol di quel tipo. Che un tiro come quello di Leonel Quinonez – gloria a lui e che il suo nome sia ripetuto in ogni cameretta di tutti i ragazzini che fingono di seguire la lezione di storia su Zoom – sia un errore nel Matrix, che non vedremo mai più una cosa del genere. Per questo Leonel Quinonez si merita il premio. Oltretutto, a pensarci bene, non è il primo gol da centrocampo, o da dietro centrocampo, che vediamo. Grandi campioni e giocatori normali hanno segnato da centrocampo – Beckham, Rooney, quello di Ilicic segnato sempre su punizione, quello di Florenzi, candidato anche lui al Puskas, ma anche Fabrizio Miccoli, Jonjo Shelvey o Pjanic. Ma sono quasi sempre pallonetti, parabole più o meno arcuate che scavalcano il portiere ed entrano con comodità nella porta vuota. In questo caso la palla che esce dal piede di Leonel Quinonez sembra sparata da un cannone, o da una catapulta medievale, ed entra ad un’altezza tale, con un angolo tale, che forse avrebbe fatto gol anche se il portiere fosse stato con i piedi sulla riga. E non c’è niente di meglio di un gol “classico” rivisitato in chiave moderna, di un gol che prende un’idea classica e comune e la rompe in mille pezzi davanti ai vostri occhi.