
Da quando, nell’estate del 2011, la Qatar Investment Authority ha acquistato il Paris Saint Germain, la squadra parigina ha vinto 11 volte la Ligue 1. Solo in 3 occasioni su 14 il PSG non ci è riuscito: il primo anno di gestione qatariota, quando a vincere fu il Montpellier del giovanissimo Olivier Giroud; nella stagione 2016/17, quando la spuntò il Monaco di Jardim, Radamel Falcao, Bernardo Silva e Kylian Mbappé; e infine nel 2020/21, quando ce la fece il Lille di Christophe Galtier in panchina e Mike Maignan tra i pali. In tutte e tre le occasioni, comunque, il PSG è arrivato secondo.
Oggi il dominio nel campionato francese del PSG può apparire scontato, ma prima dell’arrivo della proprietà qatariota il club aveva vinto solamente due titoli di Francia: nel 1984/85 con Gerard Houllier in panchina e Luis Fernandez, Dominique Rocheteau e del fenomenale Safet Susic nel rettangolo verde; e nel 1993/94 con Ginola-Weah in attacco supportati alle spalle dai brasiliani Rai e Valdo.
Raggiunto l'obiettivo di dominare il campionato, ad Al-Khelaïfi manca il sogno di vincere la Champions League. L’unico titolo continentale dei parigini rimane la Coppa delle Coppe conquistata nel 1995/96 nella finale di Bruxelles contro il Rapid Vienna, con il gol di Bruno N’Gotty, passato poi dal Milan e dal Venezia.
Il momento in cui il PSG è andato più vicino a vincere la Champions League è stato quello della Final Eight di Lisbona ideata dalla UEFA nell’edizione interrotta a marzo 2020 a causa della pandemia di COVID-19. In quell’occasione il PSG raggiunse l’unica finale della sua storia perdendo contro il Bayern Monaco per via del gol di Coman, prodotto del suo settore giovanile.
La scorsa estate il passaggio di Mbappé al Real Madrid sembrava il primo segno di un ridimensionamento - considerando anche che l’attaccante era stato sostituito nominalmente da Désiré Doué, giovane molto promettente ma di certo lontano dai grandi nomi a cui il PSG ci aveva abituato. In quel momento le parole di Luis Enrique, che a inizio stagione aveva affermato che la squadra sarebbe stata più forte senza Mbappé, sembravano di circostanza e le prime difficoltà nella fase campionato della Champions League sembrava confermarlo.
Oggi fa impressione ripensare al suo cammino. Prima giornata: vittoria casalinga al novantesimo su comica autorete del portiere del Girona Cazzaniga.
Seconda giornata: sconfitta esterna con l’Arsenal. Quindi, pareggio interno col PSV e doppia sconfitta contro Atletico Madrid al Parc des Princes e a Monaco di Baviera contro il Bayern. Dopo 5 giornate il PSG è venticinquesimo con soli 4 punti in 5 partite, fuori anche dalla zona playoff. La vittoria esterna contro il Salisburgo rimette in corsa i parigini che nelle ultime due giornate devono però affrontare due partite difficili contro Manchester City in casa e Stoccarda in Germania. Nella prima delle due partite il City va avanti per 2-0 con i gol di Grealish e Haaland ad inizio secondo tempo. Sembra la fine e invece nel momento più buio il PSG reagisce e vince la partita per 4-2. Da quel momento non si fermerà più.
COME GIOCA IL PSG
Molto della quadratura tattica del PSG di Luis Enrique è arrivato con il mercato di gennaio, che ha portato Kvaratskhelia e ha visto le partenze di Kolo Muani e Marco Asensio. Il tecnico asturiano ha così individuato gli 11 titolari della sua squadra, lasciando un unico ballottaggio, conteso tra Doué e Barcola. Davanti a Donnarumma, il 4-3-3 di Luis Enrique schiera Hakimi, Marquinhos, Pacho e Nuno Mendes. In mezzo al campo il PSG ha rinunciato a Zaïre-Emery, puntando sul formidabile terzetto composto da Vitinha, João Neves e Fabián Ruiz. In attacco, detto dell’alternanza tra Doué e Barcola, da gennaio Kvaratskhelia è diventato un punto fermo, assieme a Ousmane Dembélé, autore di una seconda parte di stagione strepitosa che ha relegato in panchina Gonçalo Ramos e il versatile coreano Kang- in Lee.
La squadra di Luis Enrique pratica un juego de posición particolarmente brillante che, in fase di possesso, fissa il perimetro della struttura della squadra con tre giocatori arretrati e due in ampiezza. In genere i tre giocatori arretrati sono i due centrali a cui si aggiunge Nuno Mendes, mentre l’ampiezza è fissata da Hakimi a destra e Kvaratskhelia a sinistra. Disegnati i confini della struttura, al suo interno si può genericamente parlare di due giocatori di costruzione, due nei mezzi spazi alle spalle del centrocampo avversario e di un centravanti che alterna movimenti a impegnare la linea difensiva avversaria ad altri verso il pallone. Dentro al campo, però, la disposizione posizionale non è così rigida come sembra da questa descrizione e sfrutta le capacità di lettura dei suoi giocatori per trovare le giuste posture, angoli di passaggio, posizionamenti e alternanze tra conduzioni e passaggi.

Il 3-2-5 del PSG in fase di possesso. Da notare la posizione arretrata di Dembélé in una fase di costruzione, mentre i giocatori più avanzati sono Fabián Ruiz e Doué.
L’interiorizzazione dei principi di gioco permette inoltre ai giocatori del PSG di occupare diverse posizioni all’interno della struttura in fase di possesso. Ad esempio, Vitinha può spesso occupare la posizione di terzo in difesa, con Nuno Mendes aperto sulla fascia e Kvaratskhelia più interno. O, ancora, Hakimi può venire a giocare dentro al campo con la punta esterna che rimane aperta a fissare l’ampiezza. Le tre punte possono giocare, quasi indifferentemente, nelle diverse posizioni dell’attacco.
Chiaramente il PSG è una squadra che vuole dominare il match attraverso il possesso: solo Bayern Monaco e Manchester City hanno una percentuale di possesso (61.6%) superiore a quella del PSG in questa edizione della Champions League e hanno giocato più passaggi dei francesi (658 ogni 90 minuti con una percentuale di successo dell’87.4%).
In fase di rifinitura e finalizzazione il PSG ha diverse armi per fare male agli avversari. Per esempio trovando l'uomo libero sull'esterno in isolamento per rifinire con un cross veloce verso il secondo palo o con un cutback o concludere a rete accentrandosi. Kvaratskhelia, Dembélé, Barcola, Doué ed Hakimi sono gli uomini più pericolosi da questo punto di vista. Se si riesce a passare per i corridoi centrali, invece, la fase di rifinitura può passare attraverso combinazioni tecniche centrali e inserimenti profondi dei giocatori più mobili senza il pallone: Fabián Ruiz, João Neves, Hakimi e Nuno Mendes.
È evidente come la qualità del possesso palla del PSG influenzi anche la fase di transizione difensiva che, capitalizzando la fase di possesso, è orientata alla riaggressione immediata, piuttosto efficiente, e in cui eccelle l’infaticabile João Neves.
Il PSG non è però monotematico nella la fase di possesso. La squadra di Luis Enrique è piuttosto matura nella gestione del ritmo gara, e non sono rare le volte in cui attacca in modo più diretto e verticale, sia in transizione offensiva sia abbassando il baricentro del possesso per trovare spazi in un campo più grande. Il PSG può accelerare il ritmo del match, forzando pressing e riaggressione e andando con maggiore rapidità a giocare la fase di rifinitura e finalizzazione ricercando maggiormente in duelli individuali e gli inserimenti da dietro o, in alternativa, può rallentare gestendo il possesso e cercando di disordinare la struttura difensiva avversaria.
In fase di non possesso il PSG è una squadra che prova a recuperare presto il pallone utilizzando un pressing in genere orientato sull’uomo che si avvale delle capacità di pressione di João Neves e Vitinha. Se viene superato il pressing il PSG si ricompatta in un 4-1-4-1 piuttosto attivo in cui la pressione dei centrocampisti sui diretti avversari rimane sempre piuttosto alta.
IL CONFRONTO TATTICO CON L'INTER
Così è come gioca il PSG in teoria: ma cosa aspettarsi dalla finale con l'Inter?
Innanzitutto è probabile che Inzaghi lasci il dominio del possesso ai suoi avversari e che quindi l’Inter si accomodi in una difesa posizionale capace sia di difendere gli spazi interni con i tre centrali e i tre centrocampisti, sia di controllare l’ampiezza senza sguarnire il centro del campo con i due quinti, Dumfries e Dimarco. Certo, allo stesso modo è probabile che l’Inter proverà a fare dei blitz in pressing, come d'altra parte è già successo nel primo tempo del match di ritorno contro il Barcellona, quando le energie assecondavano ancora le gambe dei giocatori nerazzurri. I nerazzurri, insomma, utilizzeranno il recupero palla, a qualsiasi altezza, come piattaforma per attaccare in ripartenza il PSG.
Simone Inzaghi proverà a sfruttare a proprio vantaggio la fluidità posizionale del PSG attaccando in ripartenza. Da questo punto di vista un punto nevralgico potrebbe essere la parte destra dello schieramento difensivo del PSG. Da quel lato, infatti, Hakimi è sempre in posizione avanzata in fase di possesso palla e come terzo centrale di destra è costantemente posizionato Marquinhos. In fase di transizione difensiva il terzino marocchino non è sempre impeccabile e allo stesso tempo Marquinhos è spesso in difficoltà nelle letture in campo aperto. Se la riaggressione del PSG dovesse andare a vuoto, quindi, l’Inter potrebbe approfittarne ripartendo velocemente proprio da quel lato, utilizzando magari tracce esterne di Marcus Thuram. Come evidenziato ad esempio in occasione del gol subito da Morgan Rogers nella partita di andata dei quarti di finale contro l’Aston Villa, il PSG può mostrare difficoltà nella transizione dopo la palla persa se la riaggressione è inefficace o comunque sfavorita dalla bassa qualità del possesso.
L’Inter probabilmente non avrà né la forza né la volontà di schiacciare nella propria metà campo il PSG alzando il ritmo, ma una buona strategia potrebbe essere quella di provare, in maniera puntuale e in momenti specifici della partita, a forzare il PSG nella propria area, elevando il livello dell’impatto atletico ed agonistico del match. Non è detto che Simone Inzaghi non ci provi.
Gli uomini di Luis Enrique non amano troppo difendere bassi – Hakimi e Marquinhos non sono mai troppo precisi dentro i propri 16 metri, e Pacho e Nuno Mendes sono ancora giovani per tenere sempre alta la concentrazione se forzati a giocare con continuità vicino la propria porta. A livello atletico, poi, il PSG potrebbe soffrire qualcosa. Da questo punto di vista saranno importanti anche i calci piazzati e, come ha fatto l’Arsenal nella partita d’andata, persino i falli laterali nei pressi dell’area di rigore. Va sottolineato a questo proposito che, contro le squadre inglesi (Liverpool, Aston Villa e Arsenal), Luis Enrique ha deciso di utilizzare una marcatura a zona sulla difesa dei calci d'angolo lasciando un’ampia area libera di competenza a Donnarumma nelle uscite alte. Una scelta che ha avuto successo in quelle sfide, ma sarà lo stesso contro l'Inter?
Il gol subito in casa nella sconfitta interna contro il Liverpool – nato da un lancio profondissimo del portiere Alisson e dal conseguente duello aereo vinto da Darwin Núñez su Marquinhos – mostra come non sia impossibile prevalere sul PSG da un punto di vista atletico con strategie semplici e dirette. Per questo saranno fondamentali le prove di Marcus Thuram e Lautaro Martinez, la loro capacità di fornire sempre un riferimento facile e sicuro per l’avanzamento del pallone, e la possibilità di prevalere nei duelli con Pacho e Marquinhos.
LE ARMI DEL PSG
L’Inter, ovviamente, dovrà stare attenta a non farsi disordinare dal movimento di uomini e pallone del PSG. La fenomenale lettura degli spazi in fase di possesso di un Fabián Ruiz, mai a questi livelli in carriera; i sorprendenti movimenti verso il pallone di Dembélé, insospettabilmente a suo agio a ricevere lontano dalla linea difensiva e alle spalle del centrocampo avversario; e più in generale la tecnica di tutti i calciatori e la loro profonda interpretazione, libera e fluida, dei principi del juego de posición dovranno essere affrontate con l’obiettivo principale di non perdere compattezza nella struttura difensiva.
Fatta eccezione per puntuali e mirati blitz in pressing alto, l'Inter dovrà eccellere nel mantenere la propria compattezza difensiva di fronte al dominio del possesso del PSG. Nella contrapposizione posizionale tra il 3-5-2 dell’Inter e la costruzione a tre uomini arretrati del PSG, sarà fondamentale non trasformare la superiorità numerica dei parigini in vantaggi posizionali trasmissibili a catena in zone più avanzate di campo. Ipotizzando che Inzaghi possa effettivamente individuare nella zona destra della difesa del PSG la zona da attaccare in transizione offensiva, in fase di pressing è possibile che l’Inter possa pareggiare la superiorità numerica dei tre giocatori arretrati di costruzione avversari, alzando Barella (o un altro giocatore del centro-sinistra) su Nuno Mendes.
Sarà pertanto importante difendere bene lo spazio alle spalle di Barella e quello dietro alle altre mezzali, soprattutto attraverso le uscite dei due braccetti, Pavard e Bastoni. Un compito che non sempre si è rivelato facile per l’Inter in questa stagione, specie con l’avanzare della partita e quindi della stanchezza.
La compattezza difensiva e un baricentro non troppo alto toglierebbero anche al PSG la possibilità di sviluppare il gioco negli spazi di giocatori estremamente pericolosi in campo largo come Kvaratskhelia, Dembélé, Doué, Barcola, Nuno Mendes e Hakimi. Una scelta che potrebbe aiutare anche a non concedere profondità alle spalle di Dimarco e Dumfries, una zona non sempre difesa perfettamente dall’Inter e che il PSG ha già dato prova di attaccare molto bene coi tagli profondi di Hakimi e Nuno Mendes.
Rendere chiusa la partita, scongiurare troppi capovolgimenti di fronte, evitare di allungare il campo, ridurre gli eventi, porterebbero il match verso uno scenario più sporco, atletico ed emotivo in cui i duelli individuali sarebbero più decisivi della dimensione di squadra. In questo contesto l’esperienza e la forza mentale dell’Inter – ampiamente mostrate in occasione dei quarti di finale contro il Bayern Monaco e, in misura ancora maggiore, nella semifinale contro il Barcellona -potrebbero essere la carta vincente per l'Inter. L'obiettivo è quello: a 15 anni di distanza del trionfo della squadra di Mourinho a Madrid contro il Bayern Monaco, portare in casa nerazzurra la quarta Coppa dei Campioni della sua storia.