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Emanuele Mongiardo
La prossima sorpresa degli Europei?
29 mar 2024
29 mar 2024
L'Austria sembra la più in forma tra le possibili outsider.
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Emanuele Mongiardo
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IMAGO / GEPA pictures
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A marzo dell'anno scorso l’Austria si apprestava a iniziare il proprio percorso nelle qualificazioni per Euro 2024. Ralph Rangnick si era insediato come CT da qualche mese e nonostante l’ultimo posto nel girone di Nations League, le prestazioni fornite contro Francia e Danimarca lasciavano ben sperare, così come la vittoria in amichevole contro l’Italia. Alla vigilia della gara contro l’Azerbaigian, Rangnick aveva convocato in una stanza dell’hotel tutta la delegazione, dai giocatori all’autista del pullman. Pare fossero in quarantacinque. Rangnick aveva consegnato a ciascuno di loro un moschettone, su ognuno dei quali vi era inciso il nome del destinatario. Il moschettone era un richiamo all’alpinismo e alle montagne che circondano il Paese. «Potete usarlo come un portachiavi, o semplicemente tenerlo in auto. Il punto è: teniamo sempre in mente il nostro obiettivo comune! Non solo a ridosso delle partite con la Nazionale. Anche quando non ci vediamo». Alla fine l’Austria ce l’ha fatta tranquillamente a qualificarsi per gli Europei. Ma non solo. La squadra di Rangnick ha perso una volta sola dal 25 settembre 2022 a oggi, una sconfitta per 2-3 contro il Belgio. Il demiurgo del progetto Red Bull ha ridato entusiasmo a un ambiente ingrigito dalla mancata qualificazione ai Mondiali 2022, persi ai playoff contro il Galles, e dallo stile di gioco conservatore del suo predecessore, Franco Foda. A giudicare da un percorso del genere e dall’entusiasmo trasmesso dai giocatori, il moschettone, seppur a livello simbolico, deve aver aiutato rosa e staff a mantenere vivo il coinvolgimento. Christoph Baumgartner, tra i giocatori più importanti della Nazionale, ha affermato che Rangnick «ci ha dato un nuovo modo di pensare. Adesso non abbiamo più paura». Anche Alaba si è detto soddisfatto dello stile del nuovo CT, più adatto, a suo dire, alle caratteristiche dei giocatori austriaci. Oggi l’Austria è una squadra talmente rodata da permettersi di giocare in scioltezza anche senza i suoi migliori uomini. Alaba, unico vero fuoriclasse della selezione, è fuori da dicembre per un infortunio al crociato – «sarebbe un miracolo se ci riuscisse davvero», ha detto Rangnick, senza troppo ottimismo, riguardo la sua presenza agli Europei. Il gigante Kalajdzić da febbraio è alle prese con lo stesso problema. Lienhart, centrale del Friburgo e pilastro della difesa austriaca, è rientrato solo la scorsa settimana dopo un’operazione all’inguine e quindi ha saltato l’ultimo giro di convocazioni. Arnautović, poi, si è infortunato nella gara tra Bologna e Inter e lo scarso minutaggio in nerazzurro non ha di certo aiutato Rangnick, che può fare sempre meno affidamento sull’unico giocatore imprevedibile del suo attacco. Nonostante tutte le assenze, l’Austria è stata forse la squadra più sbalorditiva dell’ultima pausa per le Nazionali, capace di imporsi per 6-1 contro la Turchia in quella che era la sfida tra le possibili outsider del prossimo Europeo. Come da dottrina del calcio della Red Bull, Rangnick ha schierato i suoi con un 4-4-2 o 4-2-2-2, il modulo di riferimento durante il suo percorso. Il portiere era Alexander Schlager del Salisburgo. Davanti a lui la coppia centrale era formata da Maximilian Wöber del Borussia Mönchengladbach e da Kevin Danso del Lens, uno dei migliori difensori di un campionato pieno di centrali promettenti come la Ligue 1 - il fatto che, senza gli infortuni di Alaba e Lienhart, Danso sarebbe una seconda scelta per Rangnick, dice molto della profondità nel reparto difensivo dell’Austria. I terzini erano a sinistra Mwene e a destra Posch, che abbiamo imparato ad apprezzare nel Bologna. La coppia di mediani era composta da Schlager e Seiwald, ai quali Rangnick non rinuncia mai, con Laimer e Schmid nel ruolo di esterni (in quella posizione di solito c'è Sabitzer, anche lui però non al meglio fisicamente). La coppia d’attacco era composta da Baumgartner e Gregoritsch, due punte instancabili nel pressing: livello tecnico più basso rispetto ad Arnautović, meno centimetri rispetto ai due metri di Kalajdzić (anche se Gregoritsch è alto un metro e novantaquattro), ma maggior aderenza ai principi di Rangnick. Come era prevedibile, l’Austria ha creato alcune delle migliori palle gol a partire dal recupero alto del pallone. Il riferimento principale era il pallone e una volta eseguito lo scivolamento bisognava occuparsi dell’uomo nella propria zona. Il 4-4-2 in fase di aggressione alta si trasformava in un 4-1-3-2, con uno dei mediani, di solito il più corpulento Schlager, che si alzava sulla linea degli esterni alle spalle degli attaccanti. Le due punte si orientavano sui due centrali, mentre l’esterno del lato palla doveva uscire sul terzino. L’esterno opposto, quindi, doveva stringere, mentre il centrocampista che si era alzato doveva scivolare vicino al giocatore più prossimo al terzino in possesso. In questo modo l’Austria schiacciava la Turchia sulla linea laterale. L’1-0 è arrivato proprio in questo modo, dopo appena un minuto e mezzo. Una pressione ben eseguita sulla fascia destra, quella di Laimer. L’esterno opposto Schmid ha stretto verso il lato palla e ha pressato il centrocampista a cui era stato recapitato il pallone travolgendolo. La sfera è finita in area tra i piedi di Baumgartner che ha potuto calciare indisturbato. Sulla respinta del portiere, Schlager, che come detto era salito in pressing sulla trequarti, ha ribadito in rete.

Il 2-0, invece, è arrivato dopo ben due tentativi di pressing alto sull’impostazione turca. Prima era stato l’esterno Schmid a intercettare un passaggio di Çalhanoglu, che si era abbassato accanto ai centrali. La Turchia, però, aveva recuperato momentaneamente il pallone e allora Seiwald, il mediano rimasto più basso, ha accorciato in avanti vincendo un paio di contrasti. La palla è arrivata in maniera sporca tra i piedi di Gregoritsch che dal limite è riuscito a segnare con la complicità del portiere. Anche il gol del 4-1 è nato grazie al pressing alto, seppur in maniera meno diretta. Sempre sul lato destro, il 4-1-3-2 austriaco ha compresso il campo. Il mediano che si era alzato, in quell’occasione, era Seiwald. Il terzino sinistro della Turchia si è visto costretto al lancio, finito sulla testa di Posch.

Il laterale del Bologna ha appoggiato a Schlager, che con la Turchia ancora aperta per la fase di impostazione ha potuto condurre per parecchi metri fino a raggiungere la trequarti. Da lì ha recapitato il pallone al centravanti Gregoritsch, che ha eseguito la sponda per l’inserimento in area di Laimer, che è stato travolto dal centrale e si è guadagnato il rigore.

Schlager riceve praticamente a centrocampo ed è da qui che parte in conduzione per poi servire Gregoritsch.

Il pressing e i ritmi alti sono vitali per l’Austria, soprattutto per nascondere i limiti tecnici di questa versione priva di Alaba e Arnautović. L’intensità, la forza fisica e l’organizzazione fanno sì che l’Austria esca vincitrice nelle tante situazioni concitate che si verificano durante le gare, quegli istanti in cui la palla non ha un chiaro padrone. Fanno la differenza i duelli aerei di Gregoritsch, ma anche due centrocampisti di grande atletismo come Schlager e Seiweld, non molto abili in possesso ma perfetti per accorciare in avanti e vincere le seconde palle - per questo, probabilmente, vengono preferiti al più tecnico Grillitsch. Ripuliti i palloni sporchi, l’Austria può attaccare in transizione. Con un’idea di calcio del genere, va da sé che la fase di possesso è volta all’efficienza della riaggressione. Contro una squadra che non pressava come la Turchia, a impostare rimanevano i due centrali e i due mediani (che potevano disporsi con una struttura 2+2 o con un 3+1, con la salida lavolpiana di Seiweld o con uno dei due mediani che si apriva da terzo centrale). In questo modo, mentre i terzini occupavano l’ampiezza (rimanendo a metà campo, senza salire troppo), gli esterni Schmid e Laimer, e la seconda punta Baumgartner occupavano i corridoi centrali. L’Austria, quindi, occupava tutti i corridoi verticali della trequarti, ma al di là di qualche filtrante di Wöber e Danso – erano loro i veri registi, non i mediani – per Baumgartner – l’unico in grado di ricevere tra le linee grazie al controllo orientato – non ha ricavato molto dalle fasi di possesso ragionate. Certo, l'angolo del 3-1 è nato proprio da un'azione partita con un filtrante di Danso per Baumgartner tra le linee.

I tre giocatori stretti sulla trequarti, insieme alla punta e al terzino che si alzava, però, servivano soprattutto ad attivare con tanti uomini già alti e vicini il gegenpressing, l’altra grande arma offensiva a disposizione. Certo, è un gioco molto dispendioso, che richiede disponibilità non solo a difendere in avanti ma anche nei rientri: se il gegenpressing, al quale partecipano anche i difensori centrali, non va a buon fine, l’Austria rischia di concedere un’intera metà campo agli avversari. In più, difendendo soprattutto a zona, quando il 4-4-2 è costretto ad abbassarsi rischia di concedere ricezioni tra le linee: contro la Turchia l’unico momento di sofferenza è arrivato sul finale del primo tempo, quando la squadra di Montella ha saputo trovare i primi controlli di Arda Güler alle spalle del centrocampo. L’Austria del prossimo Europeo Quando la Federcalcio ha ingaggiato Rangnick, una parte dell’opinione pubblica non ha visto la decisione di buon occhio. Hansi Krankl, leggenda della Nazionale austriaca e attaccante di culto del Barcellona, lo ha definito «una persona arrogante, che pensa di aver inventato il calcio». Nonostante le prestazioni recenti, lo stesso Krankl qualche mese fa ha dichiarato che non era molto difficile qualificarsi per gli Europei vista la qualità della rosa e che il suo giudizio su Rangnick dipenderà esclusivamente dai risultati di quest’estate. Le parole di Krankl non devono sorprendere. Rangnick è da sempre una figura divisiva, lo abbiamo imparato anche in Italia nei mesi in cui sembrava dovesse diventare il deus ex machina del Milan. La federazione austriaca gli ha dato libertà d’azione a tutti i livelli, proprio per poter impiantare un modello sostenibile e competitivo come quello che era stato in grado di creare nella galassia Red Bull. È questo, insieme al livello dei giocatori a disposizione, ad averlo spinto a sposare il progetto. Lui di certo non si limita a occuparsi della Nazionale maggiore. Qualche mese fa, ad esempio, ha sollevato una polemica relativa ai settori giovanili di tutto il Paese: dal suo punto di vista, non tutti dovrebbero poter allenare i bambini – spesso gli istruttori sono dei volontari – ma servirebbero dei professionisti qualificati anche per le prime categorie d’età. Insomma, l’intervento di Rangnick è rivolto al futuro del calcio austriaco, nonostante l’incombenza degli Europei. Proprio dalle partite di quest’estate, però, passa molto della credibilità del progetto. Fin dal suo arrivo, l’ex allenatore dello Schalke ha affermato che è necessario pensare in grande. «Vorrei portare il calcio austriaco dove merita, rendere possibile l’impossibile. È ciò che mi ha sempre attratto. Puoi dirti: “non ce la possiamo fare”. Ma perché ciò che è accaduto a Svizzera, Belgio e Croazia non dovrebbe succedere all’Austria?».

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