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La boxe ha un problema con gli arbitraggi?
01 ago 2024
Il torneo olimpico ha fatto riemergere il problema, a scapito dell'Italia.
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7 min
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IMAGO / Xinhua
(copertina) IMAGO / Xinhua
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Una testata nel primo round, non vista o interpretata come volontaria, vicino l’occhio. Il sangue che annebbia la vista e condiziona la guardia. Deve aver visto i fantasmi Aziz Abbes Mouhiidine nel match dei pesi massimi (92 kg) perso domenica contro l’uzbeko Lazizbek Mullojonov, comunque uno dei migliori della categoria. Lo stesso copione era andato in scena per il pugile italiano nella finale dei Mondiali del 2021 a Belgrado, quando aveva perso la finale contro il cubano Julio César La Cruz.

Proprio contro di lui Abbes cercava una rivincita. Contro di lui sognava una finale da cui uscire con l’oro al collo per poi dirigersi verso il professionismo, emulando i passi del suo idolo assoluto, Muhammad Alì. Invece il percorso olimpico dell’azzurro ai suoi primi Giochi si ferma al primo match. Un verdetto non unanime e contestato, a quanto pare, dallo stesso vincitore. Alla proclamazione Mullojonov sembra fare un gesto di dissenso con il dito, mentre invoca il cielo.

Anche la maggiore speranza per la boxe femminile, la medaglia di bronzo a Tokyo e campionessa del mondo in carica, Irma Testa, è uscita ai sedicesimi della categoria 57 kg contro la cinese Zichun Xu. Una sconfitta di misura (3-2) che è stata subito contestata dalla delegazione italiana e che, come il verdetto del collega peso massimo, ha portato molti appassionati italiani ad evocare l’accusa di furto.

Dopo il match di Mouhiidine era stato il presidente della Federazione del pugilato, Flavio D’Ambrosi, a non usare mezzi termini. In una nota diffusa subito dopo il match ha parlato esplicitamente di "vittoria scippata", oltre che di "vergogna". D’Ambrosi ha subìto la delusione a tal punto da «fare serie riflessioni sulla mia ulteriore permanenza in questo mondo che ho amato e che amo al di là delle misere posizioni di potere che qualcuno anela», mettendo in dubbio una sua ricandidatura alla guida della boxe italiana. Dopo il match di Testa è stato invece il direttore tecnico della squadra Emanuele Renzini a parlare: «Il livello degli arbitri-giudici è scaduto così in basso che posso dire tranquillamente che questa è la peggiore Olimpiade di sempre». Non hanno rilasciato dichiarazioni le due punte di diamante del pugilato italiano: troppo delusi, troppo increduli.

«Il furto deve prevedere una malafede. Io ho visto più un cattivo giudizio», ci dice Roberto Cammarelle, ex peso supermassimo bronzo ad Atene 2004, oro a Pechino 2008 e argento Londra 2012. «Quella di Abbes era una sorta di finale anticipata, quindi non proprio uno scandalo». La questione, per il pugile campione olimpico e mondiale che sta commentando le gare di Parigi per Discovery, è nelle modalità di giudizio che si sono viste non solo nel match di Mouhiidine, ma nel corso di tutti i tornei: «Probabilmente i giudici si sono fatti trarre in inganno dalla ferita della testata, pensando che fosse da un colpo valido. Poi seguendo gli incontri ho notato questo andazzo: i giudici stanno favorendo i vincitori della prima ripresa».

Una fatica doppia, quindi, per chi insegue: costretti a cercare il KO – vera impresa in tre round – o almeno a stravincere gli ultimi due. Un’inerzia di interpretazione comunque classificabile come errore. Eppure, è proprio così che ha perso Irma Testa. Dopo un primo round vinto 3-2 e un secondo di evidente dominio (4-1), ha optato per portare avanti una tattica di controllo, forse notando la tendenza dei giudizi di cui parla Cammarelle e contando le proprie energie. Già da metà della seconda ripresa Testa è apparsa affaticata e nel terzo ha commesso un errore forse madornale: ha tenuto la guardia bassa, un atteggiamento mal visto nel corso di queste Olimpiadi.

«Ci sono dei parametri troppo ampi e su cui si devono evidentemente mettere d’accordo pure fra giudici», continua Cammarelle, «fra questi c’è la “combattività”. Che significa essere combattivi? Che devo colpire più forte o che devo solo andare avanti o che devo tenere il centro del ring?». Un atteggiamento può contare più di un colpo pulito? Quali conseguenze può avere sulla tattica della boxe e sul modo di prepararsi di un pugile? «Spesso deve fare un lavoro al contrario: deve fare una ripresa capendo come stanno giudicando per cambiare lui il suo sistema di boxe e allinearsi al verdetto». Non conta quanto e dove colpisci, ma come ci provi. Il rischio è che si possa andare verso un’eccessiva omologazione degli stili di combattimento per soddisfare le opinioni dei giudici. Un eventuale passo indietro, a quando molti commentatori non consideravano Cassius Clay un campione dei pesi massimi degno per il suo eccessivo movimento e per i colpi rapidi più che devastanti.

Nel pugilato dilettantistico la vita è condensata in tre round, forse troppo pochi per capire chi fra i due combattenti è più forte. Siamo sempre sul filo del rasoio e basta una singola svista di un singolo giudice per assegnare una ripresa. «Non serve che due giudici vedano proprio un altro match, e ogni tanto succede. È molto importante che da parte loro ci sia serenità», non scontata quando devi valutare in poco tempo e senza il supporto di tecnologia di sorta, ormai tanto diffusa in tanti sport da essere data per scontata.

L’ambiente, soprattutto nelle competizioni internazionali, può influire. Roberto Cammarelle perse il secondo oro olimpico a Londra 2012 in una finale contro il britannico Anthony Joshua – oggi fra i più grandi nomi del professionismo. Dopo le prime due riprese vinte dall’italiano, il risultato venne ribaltato dall'interpretazione sulla terza: un 8 a 5 per Joshua poco giustificato da colpi degni di nota. «Fu un dolore incredibile», ricorda «ma rispetto agli italiani quest’anno, cascavo sul morbido. Ero già arrivato in finale e avevo un oro e un bronzo dalle edizioni precedenti. Ma penso al cubano Savòn, che perse il primo round contro Joshua alla mia stessa maniera. Lì è difficile riprendersi».

Viene da chiedersi allora se Mouhiidine e Testa si riprenderanno o avranno voglia di riprendersi nel dilettantismo. I due hanno più volte espresso la volontà di passare al professionismo e questa delusione potrebbe motivarli ancora di più a cambiare contesto. «Io gli consiglio di pensarci un attimo, a mente fredda quando saranno tornati a casa. Anche perché siamo in un periodo di passaggio da una federazione internazionale all’altra e al momento non è detto che ci sarà un torneo a Los Angeles 2028».

Se sembra impossibile un’edizione dei giochi senza il pugilato, non è un’opzione così remota. Il 27 luglio la Federazione Pugilistica Italiana ha comunicato ufficialmente la propria adesione a World Boxing, nuova organizzazione internazionale della boxe che si propone come alternativa alla storica International Boxing Association (IBA), con l’obiettivo di tenere la disciplina nei giochi olimpici. Al momento il pugilato – presente alle Olimpiadi moderne dal 1904 con la sola eccezione di Stoccolma 1912, in quanto bandito da una legge svedese – non compare nel programma dell’edizione che si terrà nel 2028 a Los Angeles.

A giugno 2023 il CIO ha votato per privare l’IBA del suo status di organizzazione internazionale di riferimento. Uno scontro con un forte connotato politico. La IBA è guidata dal russo Umar Kremlev, considerato molto vicino al presidente Vladimir Putin, e il suo unico sponsor è il colosso del fossile Gazprom, azienda fortemente coinvolta nell’invasione dell’Ucraina. Si sono quindi intrecciate, in questi ultimi anni, motivazioni geopolitiche – la IBA non ha mai limitato in nessun modo la partecipazione di atleti russi e biellorussi e ha anzi sospeso la federazione ucraina a fine settembre 2022 a causa di “interferenze governative” – e legate proprio all’arbitraggio. Nel 2021 un’investigazione indipendente ma commissionata dalla stessa IBA ha certificato delle manipolazioni negli arbitraggi a Rio 2016, già indagate dal CIO, che aveva quindi già organizzato in prima persona i tornei di Tokyo 2020.

«Ma forse il CIO non è in grado di mettere in piedi un arbitraggio di livello olimpico», commenta Cammarelle «non credo ci sia la malafede che sembra essere stata accertata a Rio, ma c’è dell’incapacità o, quantomeno, dell’incoerenza. Adesso ci ritroviamo con errori uguali a quelli imputati alla IBA. O si cambiava il metodo stesso del giudizio o forse valeva la pena di restare come prima».

Chissà se quest’edizione servirà a rilanciare o ad affossare la storia della boxe a cinque cerchi.

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