
Ormai siamo abituati. Come ogni anno, anche questa sessione di mercato è stata lunga e stancante. Dopo la consueta pausa nazionali di settembre, questo weekend è stato il primo in cui abbiamo visto le rose al completo, dandoci finalmente un’idea di come potranno essere messe in campo.
Quello appena passato, però, non è stato un mercato come gli altri.
Se la dittatura economica della Premier League ormai non stupisce più nessuno, quest’estate le spese del campionato inglese sono state incredibili anche per i suoi standard.
€ 3.580.000.000 - tre miliardi e cinquecentoottanta milioni di euro - sono le risorse che le venti squadre di Premier hanno deciso di investire per arricchire le proprie rose. La cifra, per distacco, più alta di sempre. Ma folle quanto? Ho provato a capire qualcosa dell’andamento del mercato dando un occhio ai numeri.
Bisogna fare una premessa: spendere tanto non è per forza positivo, nemmeno spendere poco lo è. In questo articolo non verrà tenuto conto della parte contabile del calciomercato: se gli ammortamenti sono importanti, le cifre che vengono spese ci possono dare grandi indicazioni sulla volontà di investire, aiutandoci ad avere un’idea dello stato delle cose.
Detto questo, innanzitutto si può provare a vedere quanto la spesa della Premier sia grande relativamente agli altri campionati. Nel grafico che segue sono presenti per ognuna delle 5 principali leghe europee la somma rispettivamente di acquisti (sopra l’asse x) e cessioni (sotto) fatte quest’estate.
Se non stupisce la Premier in prima posizione, resta impressionante la differenza dalle altre. Gli oltre 3 miliardi sono esattamente il triplo dei soldi spesi dalla Serie A (seconda in questa classifica), con gli altri tre campionati seguono a distanza con ampio margine. Esatto, il nostro campionato è secondo per soldi spesi; con quasi 1200 milioni di euro stacca nettamente Bundesliga, Liga e Ligue 1. Una cifra davvero molto alta.
Per quanto riguarda le cessioni la Premier è sempre prima. Se l’argomento dei trasferimenti interni (che qui sono conteggiati) è un capitolo a parte che tornerà più tardi, si conferma anche qui la ricchezza di talento del campionato inglese. Le cessioni di Luis Diaz e della coppia Zabarnyi-Huijsen sono solo alcune delle vendite che hanno contribuito agli oltre 2 miliardi di euro accumulati. Anche questo, manco a dirlo, un record.
Per gli altri le cifre sono decisamente più contenute; con Bundesliga, Ligue 1 e Serie A che sforano tutte di poco il miliardo.
Questo aspetto è sottolineato dal grafico dei saldi (le differenze tra entrate e uscite). Se la Premier si è potuta permettere un nettissimo disavanzo, Bundesliga e Ligue 1 chiudono la sessione sopra la linea di galleggiamento, segno di tante cessioni remunerative come quelle di Wirtz, Cherki o Todibo.
Serie A e Liga restano timidamente vicine allo 0, sfociando in un saldo negativo solo per qualche decina di milioni.
Ok, si è capito, la Premier è il campionato più ricco. Se avete sentito anche per sbaglio parlare di calcio l’informazione non vi stupirà. Da quand’è, però, che questa affermazione è vera?
Per quanto riguarda la capacità di comprare, ho raccolto nel grafico che segue i dati di spesa estiva per ogni stagione dal 2000 in poi. Se fino agli anni a ridosso del 2010 i campionati sono tendenzialmente sempre stati vicini, dal 2012 la spesa della Premier ha iniziato ad aumentare esponenzialmente, tracciando una certa distanza dalle altre leghe.
Nonostante questo, nella prima metà del decennio scorso gli altri campionati sono riusciti a non staccarsi troppo dalla “capolista”, arrivando ad avvicinarsi moltissimo nell’estate del 2019. Con l’arrivo del covid e con il conseguente stravolgimento dei campionati (e più in generale dell’economia del calcio), le spese dei club si sono giustamente abbassate moltissimo.
Da qui, quello che succede è interessante.
Tutti i campionati hanno visto un importante restringimento delle proprie uscite di cassa. Se però gli altri ci hanno messo diversi anni a tornare a spendere molto, la Premier è riuscita a risalire vertiginosamente negli investimenti, arrivando a staccarsi nettamente e a rendersi, di fatto, praticamente irraggiungibile. La Serie A, in particolare, nell’estate del 2019 aveva speso oltre € 1,25 miliardi, il punto più alto di un trend che era in ascesa da diversi anni. Dopo quell’estate il dato è colato a picco, tornando ad affacciarsi sopra quota un miliardo solo nelle ultime due stagioni. Per gli altri campionati il discorso è analogo.
Anche qui si può vedere cosa succede nel saldo tra entrate ed uscite.
Qui il grafico ci risponde in maniera abbastanza inequivocabile: non c’è praticamente più paragone tra le forze di spesa dei campionati.
Un’ulteriore conferma dei grafici precedenti c’è nella visualizzazione che segue. Proprio per questo distacco marcatissimo, ho accorpato Bundesliga, Liga, Ligue 1 e Serie A, calcolando una media aritmetica delle spese di questi 4 campionati. Poi ho impostato su un grafico l’evoluzione della differenza tra questa media e le spese della Premier, per ogni stagione. Anche qui la tendenza è evidentissima. Se il gap si stava restringendo prima dell’arrivo del covid, la Premier ha ripreso a spendere dal post-pandemia con grandissimo margine rispetto alle altre leghe, arrivando oggi al maggior distacco storico.

C’è però ancora da affrontare l’elefante nella stanza: quello dei trasferimenti interni. In tanti dicono che “è vero che la Premier League ha tanti soldi, ma è perché comprano e vendono tantissimo tra loro, arrivando a gonfiare i dati finali”. Per capire quanto sia un luogo comune, ho dato un’occhiata ai numeri degli ultimi dieci anni.
Calcolato il totale speso da ogni campionato, ho poi trovato la percentuale dei soldi che arrivano dai trasferimenti interni sul totale dei soldi spesi.
Beh, se il 28,54% della Premier League (nonostante sia comunque al secondo posto), non sembra essere un numero così fuori dal mondo, è la Serie A a fare davvero impressione. 40,52% è un numero altissimo: vuol dire che per ogni 10 milioni spesi, 4 sono destinati ad un giocatore che milita già nel nostro campionato. Un dato che ci dice tanto della diffidenza tutta italiana nei confronti di chi viene dall’estero (“eh ma in Serie A è diverso” “facile in quel campionato, provi a farle in Italia” e simili le avrete sicuramente sentite un po’ in tutti i contesti), ma anche della poca propensione al rischio tra i ds italiani, che preferiscono spesso un usato sicuro, magari in A da tanti anni.

Ma quindi in che direzione si muovono tutti questi soldi?
Il grafico qui sotto mostra i flussi di denaro tra i 5 campionati, disegnando una panoramica utile per capire come rispondere alla domanda. Nella colonna sinistra ci sono i campionati di destinazione, mentre in quella di destra ci sono quelli di partenza. Ogni trasferimento negli ultimi 10 mercati estivi tra queste 5 leghe è rappresentato da una linea, il cui spessore indica la quantità di denaro che quel giocatore è costato.
La Serie A è come detto una lega tendenzialmente conservatrice, nei suoi acquisti spiccano quelli domestici e non sembra avere grandi rapporti in particolare con la Bundesliga, con cui opera pochissimo sia in entrata che in uscita.
La citata Bundesliga muove, insieme alla Ligue 1, il minor quantitativo di soldi. La Liga sorprende invece per la varietà dei campionati da cui acquista, ripartendo più o meno equamente il denaro che non destina alle spese domestiche.
La Premier, si vede bene, nega anche qui il luogo comune già citato. La lega inglese tende a suddividere anche lei i propri investimenti, non concentrandosi su una singola lega in particolare, ma distribuendo in maniera abbastanza simile i propri liquidi in giro per l’Europa.

Sintetizzando, il calciomercato appena passato conferma e amplifica ciò che i dati raccontano da tempo: la Premier League non è solo il campionato più seguito, ma anche, di tanto, il più aggressivo sul mercato. Quest’estate ha probabilmente segnato un punto di non ritorno in questo senso e, per ora, non ci sono elementi che ci permettano di dire che questa dittatura economica rallenterà.
Per quanto riguarda le decisioni sul mercato, la Premier non sembra avere un atteggiamento particolare: semplicemente cerca di accaparrarsi più talento possibile. La presenza di “squadre-buchi neri” come il Manchester United non sembra essere un disincentivo per i calciatori, che spesso finiscono a raggrupparsi in rose infinite che ne sciupano il talento. Gli esempi sono tanti.
Ammesso che questa concentrazione di risorse sia percepita come un problema dalle istituzioni calcistiche: quanto potrà andare avanti questa polarizzazione prima che i risultati emergano nettamente anche nelle coppe europee?
Alcuni effetti si sono già visti, non ci resta che aspettare.