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Innamorati di Kingsley Coman
04 dic 2015
04 dic 2015
Abbiamo aggiunto ai nostri giocatori Preferiti il francese ex Juve che tanto bene sta facendo al Bayern Monaco.
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10 min
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La nostra rubrica Preferiti è realizzata grazie alla collaborazione con Wyscout, il database calcistico che ci permette di visionare giocatori di tutti i livelli, di tutte le età e di tutto il mondo.

Coman ha esordito in Serie A titolare a 18 anni nell’attacco della squadra più forte d’Italia. In più di un’ora di gioco ha giocato accanto a Tévez, mostrando un repertorio vario: dalla protezione del pallone al tiro in porta (provato tre volte da fuori), fino alla sponda di prima per i compagni. Tante piccole cose che se fossero state parte di una prestazione di un venticinquenne probabilmente non mi avrebbero impressionato particolarmente. L’età dell’autore della partita cambiava tutto. Di giocatori in grado di fare tutte quelle cose ce ne sono in giro, ma si contano sulle dita di una mano quelli con questo repertorio a diciotto anni. Non si trattava di una partita da predestinato, ma si intravedeva in modo chiaro il diamante dietro lo strato di roccia.

La stagione passata a Torino.

Precocità e decisioni svelte

A 17 anni Coman decide di non rinnovare il contratto con il Paris Saint-Germain, la squadra che lo aveva lanciato nel calcio professionistico appena qualche mese prima. La sua idea è di trovare una squadra che possa garantirgli una maggiore continuità e così si trasferisce alla Juventus, che due anni prima aveva accolto Paul Pogba in fuga dallo United con le stesse motivazioni.

Dopo un anno con 20 presenze complessive e appena un gol Coman decide di cambiare ancora e in un’intervista di pochi giorni fa ha definito il suo periodo a Torino “frustrante”. Un trasferimento difficilmente interpretabile apparentemente.

Pur non avendo l’aura del fenomeno, Coman possiede già tutte le caratteristiche indispensabili per un calciatore di alti livelli. Oltre alla capacità di metterle in pratica tra i grandi, mentre i suoi coetanei sono ancora impegnati nella categoria Primavera. Sembra perfetto per un calcio contemporaneo, dove è sempre più centrale la tecnica, la velocità e la capacità di prendere decisioni in spazi e tempi ristretti. Per certi versi Coman ha già l’aria del giocatore del futuro e forse per questo ha scelto di andare a giocare nella squadra che è già proiettata qualche anno in avanti: il Bayern Monaco.

Esordendo a 16 anni e 8 mesi detiene il record come più giovane esordiente della storia del PSG in Ligue 1.

La scelta di lasciare dopo un solo anno la Juventus la spiega quindi con queste semplici parole: «Il progetto al Bayern mi calzava di più rispetto a quello alla Juventus».

Le parole con cui Guardiola l’ha convinto a trasferirsi a Monaco di Baviera non erano solo promesse vaghe. Il tecnico catalano nella nuova stagione ha riscoperto l’importanza del gioco sugli esterni e ha visto in Coman uno dei migliori interpreti del ruolo, in grado di adattarsi rapidamente al gioco codificato bavarese e con ancora parecchi margini di miglioramento. Coman è già utile ora, ma può diventare fondamentale nel medio periodo.

L’attenzione all’efficienza

Per affrontare avversari che sono soliti difendere il centro e concentrarsi nel bloccare il gioco tra le linee bavarese, Guardiola ricorre agli esterni per allargare il fronte offensivo e, al contempo, provocare il cedimento strutturale di una squadra che per difendere il centro è costretta a concedere superiorità numerica sulle fasce. L’esterno deve quindi avere le letture per il gioco di posizione, ma deve soprattutto avere il talento nell’1 contro 1 per riuscire a saltare l’uomo con costanza. Qui entra in gioco l’importanza di Coman e il motivo per cui il Bayern ha investito tanto su di lui.

Il francese ama ricevere palla da fermo, con la linea laterale accanto e il corpo che guarda il campo. Lo stop è sempre elegante e preciso e non ha problemi a utilizzare anche il piede debole se il pallone arriva da un passaggio ravvicinato. Raramente sembra pensare a cosa fare prima di ricevere il pallone, perché pare fidarsi ciecamente delle proprie doti di analisi della situazione: è solito studiare l’avversario per pensare a come saltarlo nel modo più rapido e questo lo porta a tentare diversi approcci anche contro lo stesso giocatore prima di capire se deve giocarsela più sulla tecnica o sull’atletismo.

La maturità nella gestione del pallone la si nota quando si accorge di non poter saltare subito l’avversario e preferisce appoggiarsi sul compagno vicino. La sequenza tipica dell’azione di Coman è quindi: ricerca della posizione di ricezione, stop, testa che si alza, analisi della situazione, appoggio al compagno vicino e nuovo movimento per ricevere il pallone smarcato più avanti.

Si tratta di una sequenza che non va interpretata sotto la categoria della timidezza. È piuttosto attenzione ai dettami del proprio allenatore: Guardiola gli chiede di superare l’uomo palla al piede, ma pretende efficienza nel gesto per non trasformare un’azione vantaggiosa in una serie di palle perse alla lunga negativa.

Il sistema del Bayern garantisce a Coman di poter tentare nuovamente il dribbling anche subito dopo aver lasciato andare un tentativo, non ha quindi senso incaponirsi. Quest’attenzione all’efficienza, oltre a non essere comune in un ragazzo di diciannove anni, ne spiega l’adattamento rapidissimo al sistema Bayern e quindi la fiducia che Guardiola ha nei suoi confronti.

Coman prova 7 dribbling ogni 90 minuti, ovvero più di ogni componente della rosa, anche di Douglas Costa, con cui condivide però il numero di dribbling riusciti per 90 minuti (4).

Rispetto al brasiliano, Coman non ha la sicurezza di saltare puntualmente l’uomo: il suo gesto tecnico è elegante, ma ancora non abbastanza preciso. Il francese sembra ancora cercare i propri limiti tecnici, evitando di provare la stessa finta più di una volta a partita, anche se funziona alla perfezione.

Partendo da fermo può accarezzare il pallone con l’interno destro e poi spostarla subito con l’esterno per allontanarla dall’intervento avversario, con una rapidità di esecuzione strana in rapporto a un piede che sembra troppo grande per permettergli quella sensibilità. Non sempre salta l’uomo partendo da fermo, ma praticamente non perde mai il pallone, potendo ricorrere al piano B dell’appoggio al compagno. Se perde palla quindi non è per l’intervento dell’avversario, quanto per una scelta magari sbagliata nel tipo di gesto. Sta ancora imparando.

Una cosa che ha capito è che può usare l’atletismo dove non arriva la tecnica e che quindi può anche usare la triangolazione con il compagno vicino per sfruttare poi la velocità e ricevere il pallone in corsa con l’avversario alle spalle. Anche se l’azione che sembra preferire è il cambio di velocità dopo aver passato il pallone alle spalle dell’avversario, dove sfrutta l’attimo che impiega per girarsi per bruciarlo con lo scatto. Quest’azione ha senso soprattutto perché il sistema la permette. I cambi di campo che utilizza il Bayern per trovare il lato debole hanno in Coman e Douglas Costa i principali bersagli. Sul lato debole il francese può poi sfruttare la velocità nell’uno contro uno.

Quantità o qualità?

Non essendo ambidestro la fascia in cui riceve il pallone porta risultati diversi vicino all’area di rigore: Coman non è un buon crossatore ma, pur di far arrivare il pallone nella zona di Lewandowski, non tentenna nel provare anche il cross di sinistro. Questa scelta contraddice l’ottima gestione di palla da fermo e causa una scarsa efficienza nel modo con cui il pallone arriva in area, premiando la quantità rispetto alla qualità.

Il discorso è più interessante di quanto possa sembrare. Quanto fatto vedere anche da chi gioca al posto di Coman (Douglas Costa o Robben) dimostra come la scelta sia sistemica: Guardiola vuole efficienza nella costruzione dell’azione, ma preferisce la quantità quando la palla deve raggiungere l’area. Il motivo è spiegato dalla facilità con cui il Bayern riesce ad arrivare al tiro dalle seconde palle (grazie a giocatori come Müller o Vidal): più volte la palla arriva in area più probabilità ci sono che il Bayern possa sfruttare questo vantaggio nei confronti degli avversari. Questa peculiarità, propria di questa stagione, porta Coman a tentare più di 5 cross per 90 minuti (di cui solo uno che va a buon fine, ovvero sulla testa di Lewandowski o Müller) e a farlo sia che si trovi a sinistra che a destra, senza pensare al piede forte.

Dovesse riuscire a migliorare anche la qualità dei cross, Coman vedrebbe sicuramente salire in modo drastico il numero di passaggi chiave a partita, già ora ottimo, intorno ai 3 ogni 90 minuti. Questo significa che Coman riesce a creare almeno 3 situazioni a partita in cui un compagno tira in porta e, avendo il Bayern giocatori come Müller o Lewandowski come obiettivi dei passaggi, non deve sorprendere che il francese viaggi praticamente a un assist ogni due partite.

Coman nello spazio

Non bisogna però pensare che il volume di occasioni create dal Bayern grazie al proprio sistema sia l’unica causa delle ottime statistiche di Coman. La capacità di saltare l’uomo viene esaltata dal sistema del Bayern che ne ricerca l’esecuzione continuamente, ma anche a difesa schierata e senza sbocchi il giocatore è in grado di aiutare la squadra senza farsi solo bersaglio per il riciclo del possesso o come calamita per falli subiti.

Per capire questo elemento basta ricordare cos’era Coman la scorsa stagione a Torino, ovvero un giocatore utilizzato nel ruolo preferito in Coppa Italia, ma anche come seconda punta in tutte le presenze in campionato (dove purtroppo solo 5 volte ha giocato più di un’ora, per il resto ci siamo dovuti accontentare di vederlo per qualche minuto a fine gara).

Giocare da seconda punta in Italia significa essere totalmente privo degli spazi per sfruttare le doti atletiche e di dribbling puro per dover invece utilizzare la protezione del pallone (dove infatti è migliorato tantissimo la scorsa stagione) e le doti di visione del gioco. Già a Torino si poteva intravedere una predisposizione alla lettura degli spazi, punto di partenza per ogni giocatore con un’ottima visione di gioco, e nella stagione giocata a singhiozzo non c’è stata partita in cui non ha lasciato almeno un dettaglio in questo senso, come nell’unico assist della sua stagione per Morata.

A Monaco di Baviera, non giocando fronte alla porta, la lettura degli spazi, più che per i filtranti, serve per capire quando andare in area di rigore senza palla. Essendo un gesto che sta ancora imparando, le tempistiche di entrata in area di rigore senza palla sono ancora scolastiche e si rifanno all’arrivo nella sua zona dell’esterno basso, cosa che libera Coman del compito di presidiare la linea laterale e gli permette di ricevere il pallone anche una decina di metri dentro il campo prima di andare in area.

Se vuole diventare un giocatore che calcia in porta con continuità deve lavorare su questo aspetto e tentare di limitare la predisposizione a calciare in porta da fuori area. Un gesto che gli ha portato l’unico gol in Italia, con il bellissimo tiro contro l’Hellas Verona, ma che al Bayern ha interpreti decisamente superiori e se abusato risulta dannoso per il sistema.

Coman che legge lo spazio per andare in area e segna già alla prima partita giocata per intero in Germania.

Una cosa su cui si può solo accennare è l’attenzione tattica, non solo in fase di attacco posizionale: Coman è solito rincorrere l’uomo di competenza senza risparmiarsi, anche dopo un errore personale. Questa tendenza a correre in tutte le fasi di gioco è un altro aspetto che dimostra quanto il giocatore abbia capito i tempi in cui viviamo. Robben ha iniziato a farlo solo a trent’anni, per dire.

L’ottima stagione non è sfuggita a Deschamps, che non ha esitato a convocare Coman in Nazionale per le amichevoli di novembre in preparazione all’Europeo. Ovviamente quanto successo a Parigi il giorno dell’esordio in Nazionale nell’amichevole contro la Germania ha giustamente reclamato tutte le attenzioni e svuotato di ogni importanza quanto visto in campo. L’impressione però è che Coman sia arrivato in Nazionale per restarci. O almeno questo è quello che pensa lui, che si riconosce un’originalità: «Ho una carta da giocare perché non ci sono molti giocatori con il mio profilo». Parole che dette da un altro ragazzo di diciannove anni potrebbero sembrare forse esagerate, ma che in questo caso hanno senso.

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