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Cesare Alemanni
Innamorati di Kevin De Bruyne
25 mar 2015
25 mar 2015
Abbiamo aggiunto ai nostri giocatori Preferiti il tuttocampista del Wolfsburg ripudiato (forse troppo presto) da José Mourinho.
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Cesare Alemanni
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Ogni volta che un grande dello sport si avvia al tramonto ripenso a una canzone di Keith Richards. È una ballad nostalgica che parla di perdere la magia di un tempo, che nel caso di Richards immagino significhi poter indulgere in ogni tipo di piacere mentre con l’altra mano componi il riff di "Satisfaction". Si intitola "Losing My Touch" e mi è venuto spontaneo associarla a Mourinho.

 



Da interista non posso non simpatizzare per José Mourinho, anche se mi sembra chiaro che se non siamo già al crepuscolo della sua era ci siamo molto vicini. E tra gli svariati indizi a sostegno dell'ipotesi secondo cui la sua parabola sia già entrata nella fase discendente c'è senz'altro la miopia con cui ha liquidato Kevin De Bruyne quando lo allenava al Chelsea.

 

Dopo averlo mandato a giocare con la seconda squadra alla prima partita non convincente, Mourinho non ha più dato chance a De Bruyne, definendolo un giocatore svogliato in allenamento in più di una conferenza stampa.

 

Dal canto suo, una volta lasciata Londra per Wolfsburg, De Bruyne ha risposto al suo ex allenatore dichiarando che quelle critiche non gli erano mai state rivolte in privato, che al Chelsea aveva perso la gioia di giocare e che probabilmente non godeva della stessa considerazione di altri acquisti perché il suo cartellino era costato “appena” 7 milioni di sterline (versate al Genk nel 2012). Ha quindi aggiunto che non allenarsi al meglio non è da lui.

 

Se l’umiliazione di mandarlo in seconda squadra e di accusarlo pubblicamente di pigrizia avesse fatto parte di una strategia

per tirare fuori il meglio dal talento di Drongen avrei forse potuto capirlo ma, cedendolo al Wolfsburg nel gennaio 2014, Mourinho ha dimostrato di non aver saputo leggere le qualità di un giocatore che, a soli 23 anni, è primo in Bundesliga per numero di occasioni da gol create e contende a Robben il titolo di miglior giocatore del torneo in corso. Come dice Keith: «I’m losing my touch. Way, way too much».

 



Kevin De Bruyne mi ha “rubato il cuore” il 17 giugno scorso, giorno dell’esordio mondiale del Belgio contro l’Algeria. Come tutti avevo l'acquolina in bocca per la Nazionale di Wilmots e mi sono seduto di fronte alla TV pregustando un bello spettacolo. E invece niente. Per settanta minuti il Belgio non combina quasi nulla, imbrigliato dal caldo, dalla forza fisica e dal catenaccio spinto dei nordafricani (all’epoca non sapevamo ancora che sarebbero stati il più ostico avversario della Germania) e anzi va sotto di un gol. Nemmeno De Bruyne gioca una grande partita in assoluto ma, tra tutti i compagni, è senza dubbio il più attivo. Lo si vede scendere a ricevere palloni dalla difesa per velocizzare la manovra di una squadra prevedibile e lenta, in un momento in cui i suoi compagni, a cominciare da Hazard, paiono vittime delle stesse grandi aspettative con cui sono atterrati in Brasile.

 

Quel pomeriggio De Bruyne mi colpì soprattutto per la capacità di prendersi responsabilità da leader silenzioso, compreso qualche errore fisiologico, nel contesto di una squadra psicologicamente e tatticamente bloccata. Mi aveva già conquistato anche prima di tracciare dalla trequarti sinistra una mezzaluna perfetta per l’inserimento di Fellaini, portando il Belgio al pareggio; prima anche di recuperare, con una scivolata quasi al limite della propria area, il pallone del contropiede del 2-1 finale.

 

https://youtu.be/-zwKRVrUhEU?t=1h15m37s

Qui il cross disinvolto per la testa di Fellaini. A 1:25:07 la scivolata con cui ha avviato la transizione offensiva che ha portato al 2-1.



 



In queste due giocate c’è molto di quello che rende speciale De Bruyne. Che è uno di quei giocatori in grado di coprire così tanto campo in una partita da farti chiedere a volte se non abbia dei gemelli nascosti sotto ogni zolla.

 

Che poi deve essere quello che si sono domandati i giocatori USA quando, nella sua migliore partita del Mondiale e una delle dieci migliori prestazioni individuali che io abbia visto in Brasile, De Bruyne ha iniziato a prenderli a pallate già dopo 40 secondi, mettendo Divock Origi di fronte a Tim Howard con

sulla corsa dell’attaccante del Lille.

 

La partita con gli Stati Uniti, che De Bruyne ha coronato con un gran gol e un assist a Lukaku, è stato il momento in cui Kevin è definitivamente entrato in una conversazione più ampia di quella tra football nerd, che lo seguivano da tempo come uno dei più completi animali da trequarti in circolazione.

 

Ma si trattava solo del primo rullante a cui, quest’anno nel Wolfsburg, De Bruyne ha fatto seguire tutta una sua personale Caravan, che, al momento in cui scrivo, si traduce in questi numeri: 14 gol e 21 assist in tutte le competizioni.

 

https://www.youtube.com/watch?v=nvl_ScWb_L8

All’inizio di questo video vediamo il gol contro gli USA sia stato la quasi esatta fotocopia di un gol che De Bruyne segnò a 10 anni.



 

Dal centrocampo in su il belga è un giocatore che sa fare tutto molto bene, e infatti l’album dei suoi highlights stagionali (che ho ho potuto visionare grazie a Wyscout) è un saggio di completezza e versatilità.

 

Ecco alcuni dei differenti modi con cui De Bruyne manda in porta un compagno: 1) con un filtrante da trequartista puro in mezzo al traffico del limite dell’area; 2) con un lancio di quaranta metri da fermo dalla propria metà campo che otterrebbe l’approvazione di Verón; 3) con un tocco di prima in corsa e in transizione, come quelli in cui si era specializzato Sneijder nell’anno del Triplete; 4) con un cross al volo dalla cornice destra dell’area su uno spiovente sbilenco e inoffensivo; 5) con un cross in corsa dalla sinistra dopo aver saltato due avversari con un dribbling efficace ed essenziale: De Bruyne è troppo impegnato a fare le cose utili per eccedere in orpelli estetici; 6) con un traversone di esterno destro da fermo che disegna una virgola sopra la difesa e che avevo visto fare soltanto una volta a Ibrahimovic.

 

E poi ancora: De Bruyne che manda fuori giri Dante, Boateng e Neuer durante la vittoria per 4-1 del Wolfsburg contro il Bayern Monaco, lo scorso gennaio: prima per servire a Bas Dost una palla solo da spingere dentro, poi per segnare due gol in contropiede; De Bruyne che scodella un pallone in area con uno scavetto sudamericano; De Bruyne che si mangia trenta metri in una delle sue progressioni da ala pura che non sembrano nemmeno degli scatti ma semplicemente il suo naturale modo di correre; De Bruyne che controlla un campanile di destro ed essendo ambidestro, “sombrera” il suo avversario con il sinistro; De Bruyne che... insomma avete capito.

 

https://www.youtube.com/watch?v=1dyWI3s7pJE

Le statistiche di quest’anno recitano già 14 gol e 21 assist...



 



A parte queste giocate più o meno funamboliche, tra le caratteristiche più evidenti di De Bruyne c’è la capacità di leggere con diversi secondi di anticipo il gioco e in particolare le traiettorie di compagni e avversari, e fare arrivare il pallone esattamente dove si troverà il suo attaccante alla fine del movimento di inserimento, così da tagliare fuori i difensori. In quasi tutte le occasioni in cui De Bruyne mette un pallone in mezzo, che sia una parabola aerea o un rasoterra, il finalizzatore non deve mai fare un passo in più o in meno, o aggiustare il ritmo della corsa, per arrivare sul pallone.

 

Un’altra delle qualità del belga è l’intensità costante, fisica e mentale, con cui gioca dal primo al novantesimo (il che è peraltro una delle ragioni per cui mi risulta difficile credere che non si alleni bene). Non mi è ancora capitato di vedere una gara del Wolfsburg in cui De Bruyne sia “uscito” dalla partita per più di... due minuti? A differenza di altri trequartisti/ali, non è il tipo di giocatore che magari fa una cosa straordinaria e/o risolutiva dopo non aver toccato palla per venti minuti. È più il tipo di giocatore che magari fa una cosa straordinaria e/o risolutiva ma dopo averne fatte altre dieci, comunque utili alla squadra, nei venti minuti precedenti.

 

Come sa chiunque abbia visto una telecronaca in tedesco del Wolfsburg—con quel modo un po’ cacofonico, ma probabilmente più corretto del nostro

, che hanno i tedeschi di pronunciarne il cognome (

, con la

più germanica che possiate immaginare)—quello del belga è in assoluto il nome più “fastidiosamente” ripetuto.

 

Anche grazie alla grande libertà di muoversi in campo che gli concede Hecking, che praticamente gli ha dato le chiavi del motore offensivo del Wolfsburg, De Bruyne ha facoltà di andare a procacciarsi palloni pressoché ovunque desideri, anche quando questo significa retrocedere in profondi ripiegamenti difensivi, chiedere un dai e vai a un terzino nella propria trequarti o ricevere dai difensori in posizione di regista arretrato.

 

Da affrontare come avversario, più che un fioretto De Bruyne deve essere un martello pneumatico che non smette di funzionare per tutti i 90 minuti (specialmente in Bundesliga, dove si gioca a ritmi molto elevati, o comunque molto più elevati di quelli proposti dalla doppia sfida con l’Inter. Questo lo dico per chi avesse visto giocare il belga solo in quell’occasione). In questo e nella capacità di giocare in tutte le posizioni dalla mediana in su, personalmente a volte De Bruyne mi ricorda un po’ il Nedved della Lazio, seppure con caratteristiche e passo diverso, e senza la devastante abilità balistica del ceco.

 

https://www.youtube.com/watch?v=mALH-XguE0A

L’imbarazzante prestazione in casa contro l’Inter: 2 gol, un assist, 5 passaggi chiave.



 



La crescita costante dell’ala/trequartista belga in queste ultime due annate (di fatto anche l’anno scorso, nella metà di stagione giocata a Wolfsburg, De Bruyne era stato notevole) non è ovviamente passata inosservata ai top club europei. E infatti, secondo le indiscrezioni che si leggono in giro, Kevin sembra destinato a essere uno dei pezzi più contesi del prossimo mercato.

 

La lista delle pretendenti comincia, e non sorprende dato il cannibalismo dei bavaresi sul mercato interno della Bundesliga, con il Bayern Monaco, che già a dicembre avrebbe compiuto un sondaggio per il cartellino del giocatore, che con il Wolfsburg ha un contratto da 3 milioni di euro fino al 2019.

 

Con la sua capacità di giocare su entrambe le fasce, la sua grande mobilità e versatilità e il suo elevato QI calcistico, De Bruyne sembra un giocatore perfettamente “guardiolabile” e potrebbe entrare già ora nella rotazione offensiva del Bayern che deve iniziare a pianificare il dopo "Robbery". Si parla poi anche di un possibile ritorno in Premier, a una delle due squadre di Manchester, con il City dato in questo momento come la squadra più attiva in assoluto sul fronte De Bruyne.

 

Ma non è nemmeno escluso che alla fine, come ripete un giorno sì e l’altro pure il suo agente Patrick De Koster, De Bruyne non decida di rimanere ancora a lungo al Wolfsburg, dove peraltro le ambizioni non mancano e il babyface killer con due opali neri al posto delle pupille è ormai popolare quasi quanto la Volkswagen.

 
 

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