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Illustrazione di Emma Verdet
Preferiti Dario Saltari 14 aprile 2016 7'

Innamorati di Joshua Kimmich

Abbiamo aggiunto ai nostri giocatori Preferiti il 21enne del Bayern Monaco.

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La nostra rubrica Preferiti è realizzata grazie alla collaborazione con Wyscout, il database calcistico che ci permette di visionare giocatori di tutti i livelli, di tutte le età e di tutto il mondo. 

 

Che esista una natura delle persone o delle cose, cioè “un complesso di qualità, tendenze e disposizioni considerato innato”, per usare la definizione del De Mauro, è una delle questioni più controverse e dibattute della storia del pensiero umano. Nel sentire comune, però, l’esistenza di una natura umana e/o personale è data per scontata e allontanarsi, deviare dalla propria natura, è generalmente considerata una cosa negativa o addirittura impossibile, una questione su cui credo abbia influito, e non poco, quella brutta faccenda di Adamo ed Eva con la mela.

 

Anche nel calcio, che per molti versi è lo specchio più veritiero del sentire comune, l’esistenza di uno stato di natura dei giocatori è data per scontata e anche nel calcio deviare dalla propria natura è generalmente considerata una cosa negativa o impossibile. Se si va sulla pagina Transfermarkt di Joshua Kimmich, ad esempio, troverete un riquadro con all’interno un campo da calcio blu stilizzato. Accanto c’è scritto: ‘Ruolo naturale: Mediano’. Ed è strano perché Kimmich, che ha compiuto 21 anni a febbraio, è nato terzino destro ed ha disputato la maggior parte delle partite da titolare in Bundesliga e Champions League da difensore centrale.

 

La questione è nata all’inizio di quest’anno quando il Bayern Monaco di Guardiola si è ritrovato contemporaneamente senza Boateng, Badstuber, Benatia e Javi Martinez nel momento più importante della stagione. C’era bisogno di adattare un fuori ruolo da mettere accanto ad Alaba e tutti hanno pensato a Xabi Alonso, ma l’allenatore catalano ci ha messo un ragazzino arrivato appena l’estate scorsa, Kimmich per l’appunto. Lui all’inizio ha fatto alcuni errori decisivi, che hanno rischiato di pregiudicare il cammino del Bayern in Champions League, e la scelta di Guardiola è stata inizialmente criticata. L’allenatore catalano ha risposto in maniera passionale, iperbolica (“È quasi mio figlio”), e Kimmich lo ha ripagato con alcune ottime prestazioni, una dietro l’altra. In quel momento è esploso l’hype: Robben ha dichiarato che si merita la convocazione in nazionale maggiore, i tifosi del Bayern Monaco lo hanno paragonato a Xabi Alonso, Xabi Alonso a Mascherano.

 

Già a partire da questo sintetico riassunto della storia sportiva recente di Kimmich si possono tracciare le più diverse interpretazioni: quella del centrale di difesa con i limiti derivanti dall’essere un mediano adattato, quella del mediano che ha trovato la sua vera natura spostandosi al centro della difesa, quella del giocatore totale à-la-Alaba capace di ricoprire qualunque ruolo.

 

Chi è davvero Kimmich?

 

I pregi

Joshua Kimmich nasce a Rottweil (sì, la città che ha dato il nome ai rottweiler), “nella suggestiva Foresta Nera” come dice il sito della UEFA, nel 1995. Inizia a dare i primi calci al pallone al Bösingen per poi trasferirsi nelle giovanili dello Stoccarda, che a sua volta lo cede (con opzione di recompra) al Lipsia, una delle franchigie della Red Bull.

 

È al Lipsia, prima in Serie C e poi in Serie B tedesca, che Kimmich diventa un mediano. Il mediano di centro-destra di un 4-2-3-1 estremamente verticale, per la precisione, in cui il compito principale in fase di possesso dei due uomini davanti alla difesa è quello di tagliare le linee avversarie per far arrivare il pallone sulla trequarti avversaria nel minor tempo possibile. In questo particolare aspetto Kimmich è senza dubbio il migliore della sua squadra, riuscendo a far arrivare palle pulite ai quattro davanti anche sotto pressione o con angoli di passaggio strettissimi.

 

Una capacità di laser-passing che è ovviamente tornata utilissima da difensore centrale, dove si è prodigato a superare la prima linea di pressing con una gestione del possesso basso quasi perfetta.

 

Ma al di là della tecnica, a rendere Kimmich unico è la tranquillità. Controlla il pallone con l’esterno destro, ha sempre la testa alta per scrutare il movimenti dei compagni e degli avversari, molte volte guida la sua squadra con parole e gesti. È uno di quelli che sembra avere una comprensione superiore del gioco rispetto al resto dei calciatori in campo, e non ha nemmeno la timidezza per nasconderlo all’esterno. Una saggezza tranquilla che ha mantenuto anche al Bayern Monaco, quando ha iniziato ad avere migliaia di occhi puntati addosso.

 

Nella partita col Borussia Dortmund di marzo, ad esempio, Neuer è uscito avventurosamente dalla sua porta ed ha rinviato il pallone in orizzontale, in maniera molto pericolosa. Una volta che la palla è uscita in fallo laterale, Kimmich si è girato verso il suo portiere e gli ha fatto un applauso di incoraggiamento, di quelli che si fanno per rassicurare i compagni, come per dirgli “non fa nulla, era una situazione difficile, l’importante è che non è successo niente”. La cosa assurda, ovviamente, è che a farlo fosse Kimmich a Neuer e non il contrario.

 

E questo non significa che la sua tecnica sia banale, anzi. Kimmich ha un controllo quasi totale sul suo piede destro, di cui utilizza soprattutto l’interno per passare la palla, a cui accompagna una grande visione periferica e una capacità di creazione del gioco nell’ultima trequarti ai limiti del geniale. Uno dei gesti tecnici esteticamente più appaganti di Kimmich è il cambio di gioco, che esegue con una precisione e un’eleganza che sfiora davvero quella di Xabi Alonso.

 

Anche in questo caso è stupefacente come il giocatore del Bayern abbia mantenuto gli stessi standard elevatissimi nonostante l’innalzamento della competizione (da un anno all’altro Kimmich è passato dalla Serie B a giocare Champions League e Bundesliga con una delle squadre più importanti al mondo) e il cambio di ruolo. Kimmich è primo in Bundesliga per accuratezza di passaggio (93%) e secondo per passaggi completati ogni 90 minuti, dietro al solo Xabi Alonso. In quest’ultima statistica in Champions League è nono, davanti a Busquets.

 

Anche senza il pallone Kimmich è estremamente intelligente. Quando gioca da centrocampista non lo si vede quasi mai camminare: una corsa dal ritmo regolare e continuo che gli permette di essere sempre vicino al pallone, a disposizione dei compagni.

 

Forse è anche per questo “altruismo calcistico” che è rarissimo vedere Kimmich tirare dalla distanza o tentare un dribbling offensivo, nonostante la tecnica individuale.

 

I difetti

I limiti di Kimmich iniziano quando il pallone è in possesso della squadra avversaria. Limiti fisici, innanzitutto, perché pur essendo un estremamente dinamico, Kimmich non è un giocatore velocissimo (pur essendo sostanzialmente basso, 176 centimetri, ha le gambe lunghe e il baricentro alto). Una lentezza (per gli standard del calcio attuale, ovviamente) che non lo aiuta nemmeno in fase di possesso, facendolo arrivare a volte in ritardo quando deve accompagnare una transizione offensiva o deve inserirsi da dietro.

 

E questo è diventato un problema evidente quando è stato spostato al centro della difesa, dove hanno iniziato a superarlo in velocità in maniera abbastanza agevole, in un sistema come quello di Guardiola in cui la copertura della profondità da parte dei centrali è fondamentale.

 

Questo spiega anche perché Kimmich da centrale sia molto restio nel tentare l’anticipo, preferendo darsi sempre qualche passo di vantaggio rispetto all’attaccante avversario per non correre il rischio di concedergli il campo aperto (da quando è stato messo difensore centrale, il 31 gennaio, è il peggiore tra i difensori del Bayern per intercetti ogni 90 minuti, ad esclusione del solo Badstuber).

 

Tra i problemi fisici che non permettono a Kimmich di definirsi un centrale completo non si può non citare anche l’altezza, che ovviamente lo svantaggia nei duelli aerei. Se consideriamo sempre il 31 gennaio come punto di partenza, Kimmich è nuovamente il peggiore tra i difensori del Bayern in questa statistica vincendo solo il 40% dei duelli aerei.

 

In fase di non possesso i limiti di Kimmich però non sono solo fisici ma anche, in un certo senso, mentali. Se in fase di possesso il giocatore del Bayern vede il gioco come pochi altri della sua generazione, in fase di non possesso invece è ancora piuttosto pigro nel leggere i movimenti degli avversari. Già da mediano Kimmich era tutt’altro che perfetto nell’accorciare sugli avversari o nell’assorbire gli inserimenti.

 

Ed è un difetto che anche in questo caso ha iniziato a risaltare ulteriormente una volta diventato difensore centrale, un ruolo in cui la previsione dei movimenti degli avversari e la scelta tra intervento e attesa sono elementi a dir poco fondamentali.

 

Per completare lo spettro dei difetti di Kimmich, passando da quelli fisici, a quelli mentali, a quelli tecnici, si deve aggiungere che il giocatore del Bayern ha un primissimo controllo non sempre perfetto. E questo un po’ per la sua propensione di giocare guardando i movimenti dei compagni, un po’ per un controllo del piede sinistro che è decisamente inferiore rispetto a quello del destro.

 

La vera natura

Partendo da queste considerazioni è difficile stabilire quale sia la vera natura di Kimmich, anche perché gli sono stati avvicinati i giocatori più diversi. Oltre ai Mascherano e Xabi Alonso già citati, ci sono anche İlkay Gündogan e Bastian Schweinsteiger, che Kimmich considera la sua fonte d’ispirazione personale. Se anche io dovessi partecipare a questo gioco perverso, direi Toni Kroos (e credevo fosse già un grandissimo complimento).

 

Se dovessi rispondere alla domanda iniziale, cioè chi è Joshua Kimmich, o almeno chi è oggi, risponderei quindi un vertice basso di un centrocampo a tre, ruolo che gli permette di gestire il possesso in tutta la sua totalità, evitandogli di coprire porzioni eccessive di campo come in un centrocampo a due. E lasciatemi la presunzione di credere che anche la dirigenza del Bayern la pensi così. Kimmich è infatti arrivato nell’estate della cessione di Schweinsteiger, mentre Xabi Alonso si avvicinava ai suoi 34 anni. Un acquisto che sembra quindi un passaggio di testimone, o almeno un investimento per il futuro (e anche importante visto che per il suo acquisto sono stati spesi 8,5 milioni di euro).

 

Ma questo non vuol dire che un giorno Kimmich non possa diventare davvero un difensore centrale, magari à-la-Mascherano. I suoi limiti attuali, infatti, non derivano da una presunta natura da mediano o regista, sono semplicemente sempre esistiti ma diventati enormemente più decisivi una volta spostato in difesa. Lui stesso ha dichiarato: «La differenza principale [tra giocare in difesa e a centrocampo] è che quando fai un errore in difesa non ci sono molti compagni intorno a te, a parte Manuel Neuer. Quando sei a centrocampo, ne hai quattro dietro di te e quindi gli errori non sono subito puniti».

 

In questo senso, ho trovato particolarmente significativo che Guardiola l’abbia criticato pubblicamente, nella famosa strigliata dopo il Der Klassiker (perché parlare con quella verve dentro uno stadio pieno significa criticare pubblicamente), non appena è tornato in quella che dovrebbe essere la sua posizione naturale, nei pochi minuti finali in cui ha preso il posto di Xabi Alonso.

 

Kimmich ha spiegato successivamente che Guardiola era insoddisfatto di come aveva sostituito Xabi Alonso (stiamo parlando di circa due minuti di gioco): «Avrei dovuto giocare un po’ più basso. So com’è fatto [Guardiola], può essere emotivo. Ma non c’è stato nessun problema».

 

Guardiola sa di poter chiedere già oggi la perfezione al Kimmich regista e allo stesso tempo sa che invece al Kimmich difensore serve ancora tempo, volontà e lavoro. Una trasformazione lunga e difficile ma comunque possibile: «Lui ha tutto, può fare qualsiasi cosa e dà tutto. Può difendere contro qualsiasi giocatore al mondo. Non dite che Kimmich non può giocare in difesa».

 

Non ditelo perché la natura, se esiste, non è immutabile. E Kimmich ve lo dimostrerà.

 

 

Tags : bayern monacobundesligagiovani

Dario Saltari è uno degli scrittori che curano L'Ultimo Uomo e Fenomeno. Sulla carta, ha scritto di sport per Einaudi e Baldini+Castoldi.

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