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Flavio Fusi
Portogallo al piccolo trotto
01 lug 2016
01 lug 2016
Il Portogallo batte la Polonia ai rigori e prosegue il suo Europeo, pur senza vincere una partita nei 90 minuti.
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Flavio Fusi
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Il primo quarto di finale di Euro 2016 metteva di fronte Portogallo e Polonia. Entrambe avevano superato il rispettivo ottavo solo in extremis: i portoghesi avevano impiegato 120 minuti di gioco per eliminare la Croazia, mentre i polacchi, dopo aver sprecato il vantaggio iniziale, hanno avuto bisogno dei calci di rigore per sbarazzarsi della Svizzera.

 

Vista la composizione del tabellone, l’occasione era decisamente ghiotta, sia per il Portogallo eterno deluso, che per la Polonia che non frequenta l’élite del calcio mondiale dal 1982. Con le grandi favorite tutte collocate dalla parte opposta del tabellone, chi fosse uscito vincente da questa gara, avrebbe poi trovato sulla strada per la finale la vincente tra Belgio e Galles con la consapevolezza di non partire nettamente sfavorito.

 

Almeno inizialmente, Fernando Santos ha scelto di schierare il Portogallo in un 4-3-3. Tra i pali Rui Patricio, protetto dalla linea a quattro con Cédric Soares ed Eliseu sugli esterni (rispettivamente a destra e a sinistra) e gli esperti Pepe e Josè Fonte al centro. William Carvalho ha agito stabilmente davanti alla difesa, con Adrien sul centro-sinistra e Renato Sanches sul centro-destra, anche se entrambi, al contrario del compagno, hanno avuto fin da subito notevole libertà di movimento. In avanti tridente atipico con Nani a sinistra, Cristiano Ronaldo centravanti e Joao Mario sulla fascia destra, ma che spesso svariava in concerto con le due mezzali costituendo quasi un 4-4-2.

 

Nawalka ha riproposto quello che potremmo definire lo schieramento tipo della Polonia. In porta ancora Fabianski con davanti a sé, da destra a sinistra Piszczeck, Glik, Pazdan e Jedrzejczyk. Krychowiak e Maczynski hanno formato la coppia di centrocampisti centrali, con i rapidissimi Blaszczykowski e Grosicki sulle fasce. In avanti la solita coppia formata da Milik e Lewandowski, con il primo leggermente più arretrato come richiede il sistema di gioco polacco, a metà tra un 4-2-3-1 e un 4-4-2.

 

 



 

Robert Lewandowski, il giocatore più rappresentativo e più atteso della sua Nazionale non era riuscito a trovare la via del gol nelle prime quattro partite del torneo. Finora era stato Blaszczykowski a mettere una pezza alla sterilità offensiva del compagno, ma se la Polonia voleva continuare il suo cammino era necessario che l’attaccante del Bayern si sbloccasse. Detto fatto: dopo appena un minuto e quaranta secondi la Polonia è passata in vantaggio proprio con Lewandowski, abile a convertire in rete un cross basso dalla fascia sinistra. L’azione si era sviluppata con una tipica giocata offensiva della Polonia, che prevede il cambio di gioco per l’esterno sul lato debole, sempre larghissimo. In questo caso è stato Grosicki a ricevere palla da Piszczeck, approfittando dell’errore di valutazione di Cédric, lasciatosi scavalcare ingenuamente da un rimbalzo del pallone.

 


 

 

Considerate le relative difficoltà nel costruire il gioco dimostrate nelle gare precedenti, il vantaggio immediato è parso una vera e propria manna per i polacchi, che non solo potevano attendere il Portogallo nella propria metà-campo tentando di ripartire in velocità sugli esterni, ma anche gestire il pallone con maggiore tranquillità e senza l’urgenza di cercare il vantaggio. Anzi, fino a quando il Portogallo ha mantenuto il 4-3-3, la Polonia si è fatta apprezzare per come cercava di manipolare la strategia di pressing di Fernando Santos.

 

 



 

Il riferimento fondamentale nella fase difensiva del Portogallo è l’uomo, per cui i lusitani non hanno una formazione di riferimento quando si difendono, ma si orientano in modo flessibile all’avversario libero a loro più vicino. Questo è il motivo per cui durante l’arco della gara si sono viste molteplici varianti, specie quando la Polonia aveva palla nella propria trequarti difensiva. Gli unici due giocatori a non avere compiti di marcatura precisi erano Ronaldo e Nani (o Joao Mario, a seconda di come si originava e sviluppava la fase di uscita della squadra di Nawalka): i due presidiavano gli interni del campo orientandosi solo in un secondo momento sui difensori centrali, con il chiaro obiettivo di non far progredire centralmente la manovra avversaria. Compito relativamente facile da porre in atto, visto che Krychowiak (90 passaggi positivi, più di tutti gli altri giocatori in campo) si abbassava costantemente in mezzo ai centrali Glik e Pazdan, lasciando il solo Maczynski in mezzo al campo, non sempre abile a farsi trovare smarcato. Tra l’altro sono proprio le fasce più che il centro, le zone di campo in cui si sviluppa la fase offensiva della Polonia.

 


Nani sul centro-sinistra e Ronaldo sul centro-destra cercano di schermare le linee di passaggio centrali degli avversari. Anche Renato Sanches si unisce ai due seguendo il movimento ad abbassarsi di Krychowiak.


 

 

Tra i centrocampisti portoghesi era Renato Sanches quello deputato a seguire Krychowiak quando si abbassava per la salida lavolpiana. Solitamente l’altra mezzala Adrien marcava Maczynski a uomo, mentre William Carvalho seguiva i movimenti a venire incontro di Milik. Il problema del Portogallo era quello di gestire l’uomo che rimaneva libero, visto che le marcature lasciavano spesso libero uno tra Piszczeck e Jedrzejczyk, non esattamente uno scenario ideale, visto che i due non si facevano certo pregare nell’attaccare lo spazio libero, con il risultato che nessuno dei difensori portoghesi, con i terzini a loro volta a uomo su Kuba e Grosicki, usciva sul portatore di palla avversaria.

 

Per ovviare a questo inconveniente, il Portogallo ha cominciato a mettere più spesso Nani su Piszczeck e Joao Mario su Jedrzejczyk, lasciando Ronaldo solo contro i due centrali, con il risultato che l’uomo libero era spesso Pazdan. Partendo da questa situazione la Polonia, ora sempre in superiorità numerica centralmente, girava il pallone tra la linea da tre di costruzione e molto spesso utilizzava anche Fabianski, la cui intelligente distribuzione era già stata decisiva durante il corso del torneo. Questo giro palla costringeva i portoghesi, che non si potevano permettere di restare passivi, a cambiare continuamente l’orientamento delle marcature a uomo, creando confusione (Adrien e Renato Sanches hanno avuto problemi a coordinare i propri cambi) e soprattutto cambiando continuamente l’uomo libero. Solitamente la Polonia proseguiva fino a quando non si liberava un terzino, come si può notare nell’esempio video.

 

https://vimeo.com/173023119



Innescato il terzino i polacchi si rendevano pericolosi con le loro tipiche combinazioni sugli esterni che hanno creato diversi problemi a Cédric ed Eliseu, con gli ottimi Josè Fonte e soprattutto Pepe che in più di un’occasione si sono ritrovati a risolvere situazioni decisamente spinose.


 

In difesa lo schieramento molto compatto della Polonia toglieva spazi alla squadra di Santos che non riuscivano a disorganizzarlo, perché latitavano gli uomini all’interno del blocco avversario e l’eccessiva libertà concessa a taluni giocatori rendeva complicato bilanciare la struttura portoghese o muovere il pallone con velocità.

 


Il blocco difensivo compatto della Polonia: in questo caso anche Grosicki e Kuba si sono abbassati notevolmente e Milik è addirittura sulla stessa linea dei centrocampisti Maczynski e Krychowiak. Si nota anche lo schieramento rivedibile del Portogallo, con quattro giocatori sulla stessa linea orizzontale e Nani e Ronaldo irraggiungibili tra le linee avversarie.


 

Inoltre i terzini Cedric (2 cross riusciti su 8) ed Eliseu (2 su 13) erano alquanto frettolosi nella gestione del pallone, scaraventando palle in area ogni volta che gli si presentava l’occasione. Conosciamo tutti le doti aeree di Ronaldo, ma con Glik e Pazdan anche l’attaccante del Real ha avuto vita dura. I terzini (21 palle perse a testa, record negativo) avrebbero potuto ricoprire un ruolo fondamentale negli attacchi dei lusitani perché se c’è un punto debole della Polonia, è proprio la difesa delle fasce. Anche se la Nazionale di Nawalka difende a zona, sulle fasce è solita proporre marcature con un maggiore riferimento all’uomo. Le due coppie di esterni, però, non sono sempre leste a orientarsi e soffrono quando devono cambiarsi le marcature, come è normale che sia. Del resto marcando a uomo si è sempre una frazione di secondo indietro, visto che il marcatore deve reagire alle azioni del proprio diretto avversario.

 

Proprio una mossa strategica in questa direzione, con Santos che ha cambiato modulo passando a un 4-1-3-2, con William Carvalho davanti alla difesa, Adrien davanti a lui e Renato Sanches e Joao Mario larghi e Nani e Ronaldo da attaccanti atipici, ha causato il gol del pareggio. Una volta avvenuto il cambio, al 33.esimo minuto, Jedrzejczyk e Grosicki si sono ritrovati entrambi in marcatura su Renato Sanches, facendosi distrarre dall’inserimento di Cedric che ha portato via il terzino polacco. A quel punto il neo-giocatore del Bayern ha eseguito un uno-due con Nani e Grosicki ha perso la marcatura, lasciandolo libero di calciare verso la porta. La deviazione decisiva di Krychowiak ha fatto il resto.

 


 

Il passaggio al 4-1-3-2 ha permesso al Portogallo anche di difendere meglio le fasce, con il risultato che la Polonia ha trovato sempre meno spazio sulle corsie, anche se Renato Sanches e Joao Mario non si sono sempre rivelati impeccabili in fase difensiva. Il Portogallo difendeva stabilmente quasi con un rombo, con Adrien a seguire i movimenti di Krychowiak.

 


Con il cambio di modulo sono cambiate anche le marcature, con il nuovo ruolo di Renato Sanches e Joao Mario che ha permesso di difendere meglio gli esterni. In questo esempio entrambi marcano la rispettiva ala polacca: Kuba Joao Mario e Grosicki Renato Sanches.


 

Anche per il cambio di Fernando Santos è stato il primo tempo la frazione di gara più entusiasmante. Nel secondo tempo e nei supplementari la Polonia ha avuto meno sbocchi, mentre il Portogallo si è disunito ulteriormente con Adrien incapace di collegare i reparti, tanto da essere stato sostituito da Joao Moutinho. Durante il secondo tempo Sanches e Joao Mario si sono scambiati di posizione, finché un Joao Mario disorientato, che non riusciva più a trovare la propria posizione in campo, è stato rilevato da Quaresma. Anche il terzo cambio di Santos è stato conservativo, così come quelli di Nawalka, che ha inserito Kapustka per Grosicki e Jodlowiec per Maczynski.

 

Nonostante due occasioni colossali per parte (il liscio di Ronaldo su lancio di Joao Moutinho e il miracolo difensivo di Pepe che è riuscito ad anticipare contemporaneamente Milik e Lewandowski), il risultato non è più cambiato e la qualificazione si è decisa ai rigori. Tutti i tiratori del Portogallo hanno segnato ed è quindi stato decisivo l’errore di Kuba, la cui conclusione parata da Rui Patricio ha regalato la semifinale al Portogallo. Particolarmente crudele per un giocatore che fino a quel momento era stato tra i più positivi, oltre che determinanti, dell’Europeo polacco.

 

Sicuramente la Polonia esce a testa alta, anche se forse avrebbe potuto rischiare qualcosa di più dopo essere passata in vantaggio, mentre il Portogallo, giocando a un ritmo sempre uguale a sé stesso, proseguirà il suo cammino nel torneo pur senza aver mai vinto nei 90 minuti regolamentari.

 

 

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