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Foto di Garrett Ellwood/NBAE via Getty Images
NBA Niccolò Scarpelli 4 maggio 2019 6'

Portland-Denver, la partita più pazza dei playoff

I quattro supplementari di gara-3 tra Blazers e Nuggets sono già nella storia della post-season NBA.

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Dopo il tiro leggendario di Damian Lillard per chiudere la serie contro gli Oklahoma City Thunder al primo turno, sembrava improbabile che i Portland Trail Blazers potessero regalarsi un momento ancora più assurdo in questi playoff. Almeno fino a stanotte, quando nella gara-3 contro i Denver Nuggets hanno alzato ulteriormente l’asticella dell’epica con cui stanno riscrivendo la loro corsa ai playoff, vincendo una partita che è già divenuta immortale dopo quattro agonici supplementari.

 

Nella storia della NBA era successo solo in un’altra occasione che un incontro di playoff arrivasse fino al quarto extra-time, nel 1953 tra Boston Celtics e Syracuse Nationals. Ma il diverso grado di intensità e il superiore atletismo ha fatto sì che quella che è stata una godibile partita di basket nei tempi regolamentari – tra due squadre ben allenate e che stanno dando vita a una serie divertente e ricca di spunti – si sia trasformata in una gara di resistenza, dove giocatori stremati dalla fatica hanno transumato per il campo cercando di preservare ogni stilla di energia rimasta per piazzare la giocata vincente.

 

Il logorio fisico e le facce dei giocatori, quasi invecchiate dallo sforzo di dover competere così a lungo, hanno reso l’immagine di una partita brutale nella sua spettacolarità. Cinque giocatori hanno chiuso con oltre 50 minuti giocati, nove con oltre 45; Enes Kanter ha giocato 56 minuti nonostante la spalla sinistra gli sia uscita nuovamente e non sentisse più il braccio. Nikola Jokic – che con 33 punti, 18 rimbalzi e 14 assist è diventato il primo giocatore della storia dei Nuggets a realizzare una tripla doppia con così tanti punti – non è più uscito dal campo dopo l’intervallo tra primo e secondo tempo, toccando addirittura i 65 minuti giocati. Un minutaggio talmente assurdo da portare Mike Malone a scusarsi con la sua stella nel post-partita.

 

 

Malone comunque è bravo a disegnare la rimessa che manda la partita al primo supplementare. I tagli degli esterni sul post-alto di Jokic sono una delle chiavi dell’attacco dei Nuggets, venute meno a causa del minor movimento nel corso della partita dei suoi compagni lontano dalla palla, complice la stanchezza.

 

Una partita estenuante, incapace di trovare un padrone, durata talmente tanto che mentre si giocava ancora il terzo supplementare su ESPN, il secondo canale (ESPN2) aveva già iniziato a trasmetterla in differita. Dove gli errori si sono susseguiti man mano che la lucidità è venuta a mancare, dove l’aria si è fatta tanto rarefatta da disgregare la complessità di due attacchi tra i più sofisticati nella lega, portandoli a riduzioni di semplicità essenziali.

 

Talmente caotica da non far ricordare nulla di quanto accaduto prima del quarto supplementare a Terry Stotts, che ha visto più plot-twist di una serie HBO e che soprattutto finirà col segnare la definitiva consacrazione della carriera C.J. McCollum, un giocatore eternamente sottovalutato e che secondo l’opinione di tanti i Blazers avrebbero fatto bene a “sacrificare” per cambiare il proprio futuro.

 

 

Il canestro di McCollum che forza il secondo supplementare. Dopo la bella giocata difensiva di Lillard e quella di Aminu nel mantenere vivo il possesso. Per i Nuggets, invece, tanti rimpianti.

 

Per fortuna di Portland però la storia non si fa con i se ma con i 41 punti, 8 rimbalzi, 4 assist e 4 rubate – quinto nella storia NBA dopo gente come LeBron James, Russell Westbrook, Hakeem Olajuwon e Patrick Ewing a riuscirci nei playoff – con cui ha distrutto la difesa dei Nuggets, ossessivamente concentrata sul raddoppiare Lillard da permettergli di spiccare come realizzatore primario. I 18 punti segnati nei supplementari (il massimo negli ultimi vent’anni) sono stati fondamentali tanto quanto la sua leadership emotiva e la lucidità con cui riesce a giocare, anche dopo 60 minuti in campo.

I’m trying, Jennifer.

 

In un contesto così instabile, dove i valori tecnici si sono assottigliati, non è un caso che ad avere la peggio sia stata la squadra meno esperta. I Nuggets hanno avuto ben più di una possibilità di portare la bilancia a pendere dalla propria parte, ma non sono mai riusciti a concretizzare, come ad esempio sulle seconde opportunità, dove hanno segnato appena 19 punti nonostante i 24 rimbalzi offensivi (gli stessi di Portland, che però di punti ne ha messi 25).

 

La difesa dei Blazers, proprio come quella degli Spurs in gara-1 del turno precedente, sta continuando a scommettere contro i tiratori di Denver nel tentativo di limitare l’efficacia di Jokic a centro area e anche in questa occasione Denver può recriminare per i tanti tiri aperti falliti. Inoltre, per quanto abbia segnato il suo nuovo massimo in carriera ai playoff con 34 punti, Jamal Murray ha vissuto un’altra serata di luci e ombre e, oltre ad aver perso il sanguinoso pallone che poteva chiudere i conti al terzo supplementare, è stato massacrato in difesa dalle due guardie dei Blazers che hanno cercato di puntarlo ad ogni occasione possibile.

 

 

Murray si fa passare troppo facilmente da McCollum e Lillard non perdona da tre, ma Millsap e Harris pareggiano nuovamente i conti. Potrebbe essere di nuovo Dame Time sulla sirena, ma stavolta la sua tripla finisce larga.

 

Ben diverso il discorso per Gary Harris, il cui sesto fallo nel terzo supplementare è pesato come un macigno nell’economia della partita di Denver. Jokic è stato efficace fin quando il fisico lo ha sostenuto, ma nei supplementari, complice la stanchezza – sua e dei compagni, che diminuendo il movimento hanno finito con l’annullarne l’efficacia come passatore – ha chiuso con 1/5 dal campo e l’1/2 ai liberi che ha chiuso definitivamente la partita.

 

Anche in difesa la sua scarsa mobilità ha avvantaggiato i Blazers, che sono stati bravi a rigirare contro i Nuggets la loro tattica aggressiva sul perimetro. Gli uomini di Malone come loro solito vogliono togliere il tiro da tre punti agli avversari, ma senza la possibilità di chiudere al ferro Lillard si è trovato due linee di penetrazione troppo dritte per non finire al ferro e mandare la partita al quarto supplementare.

 

 

I due canestri quasi in fotocopia di Lillard, che batte Craig e arriva al ferro sfruttando l’assenza di aiuti della difesa di Denver.

 

La spossatezza di Jokic non solo gli ha impedito di poter aiutare al ferro, ma l’ha portato anche a commettere errori banali, come il mancato tagliafuori su uno stremato Kanter nel quarto supplementare. La decadenza dei fisici dei giocatori in campo nel quarto supplementare ha costretto la partita a cercarsi nuovi protagonisti, prima di finire incastrata in un loop distopico. Will Barton ha provato a riscattare una prova opaca per i Nuggets, ma il premio di eroe della partita (perché dopo 68 minuti si può definire eroico il concludere uno spettacolo che stava prendendo sfumature macabre) è toccato a Rodney Hood, che con 19 punti ha ritoccato il massimo in carriera ai playoff e la cui freschezza atletica gli ha permesso di fare la differenza nel finale, segnando sette fondamentali punti consecutivi, compresa la tripla del decisivo controsorpasso nei secondi finali.

 

 

Tutta la lucidità e il cuore di McCollum, che prende il rimbalzo dopo il suo stesso errore e serve Hood, che segna la tripla che decide la partita.

 

Se già perdere una partita combattuta, in trasferta, può pesare nella psiche di una squadra nel corso di una serie di playoff, perdere una partita così nella quale si sono giocati quattro (!) supplementari (!!) potrebbe essere devastante per i Nuggets. L’essere la squadra più giovane rimasta in corsa in questi playoff potrebbe iniziare a pesare e non è un caso che l’unico giocatore in grado di incidere nelle pieghe della partita fino in fondo sia stato nuovamente Paul Millsap, la cui esperienza e lucidità sotto pressione sono uno dei motivi per cui i Nuggets possono ancora sperare di rigirare questa serie.

 

Portland adesso è in vantaggio 2-1 nonostante Lillard stia giocando una serie (per ora e per i suoi standard) tutto sommato normale, mentre Jokic sta viaggiando a pieno regime contro Kanter. Ma i playoff spesso sono anche una questione di resistenza fisica e mentale, e nessuno come questi Blazers ne identifica meglio il concetto: un gruppo apparso più volte sul punto di implodere e sgretolarsi negli ultimi anni, che in questi playoff si sta prendendo ogni possibile rivincita in un modo talmente spettacolare da chiedersi se non ci sia un qualche schema superiore da parte degli déi del basket.

 

Gara-4 si gioca tra un giorno e mezzo e i Blazers faranno bene a non abbassare la guardia: per continuare a fare la storia c’è bisogno di salire ancora altri gradini.

 

 

 

Tags : cj mccollumdamian lillarddenver nuggetsnikola jokicportland trail blazers

Nasce a Firenze nel 1990, si è fatto adottare dagli sport americani ancora in fasce. Scrive e parla di NBA con la speranza di ritrovare se stesso.

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