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Lorenzo Bottini
Il cambio della guardia dei playoff NBA
25 mag 2021
25 mag 2021
Devin Booker, Trae Young e Ja Morant hanno debuttato alla grande nella post-season.
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Lorenzo Bottini
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È stato così Booker a caricarsi sulle spalle l’intero attacco dei Suns nonostante i Lakers cercassero di fermare solo lui, mandandogli continuamente due o tre uomini ogni volta che toccava palla. Tutto inutile perché il prodotto di Kentucky ha chiuso con 34 punti, 8 assist e 7 rimbalzi mostrando grande maturità nell’affrontare i raddoppi losangelini uscendone con brillanti soluzioni individuali o premiando i compagni con precisi passaggi per creare la superiorità numerica.

 

Ha trovato in DeAndre Ayton un perfetto compagno con il quale danzare nei pick and roll, sia liberando un quarto di campo che usando la variante definita “Spain” o “Stack”, con un blocco cieco verticale per liberare il primo bloccante, grazie ai piedi leggeri e alle mani soffici del centro bahamense anche lui al debutto nei playoff. La prima scelta assoluta del Draft 2018 ha dominato il confronto diretto con Anthony Davis, punendo la pigrizia del monociglio e garantendo costantemente una soluzione comoda per Booker, oltre a dominare a rimbalzo d’attacco (8 dei suoi 16 finali, insieme a 21 punti).

https://twitter.com/anthonyVslater/status/1396622816867323905



 

 

 



 







https://www.youtube.com/watch?v=mkV8wuXH_-0

 





 



 

 

 



 



 



Che settimana da ricordare per Ja Morant: prima la vittoria in casa di Golden State per strappare il biglietto valido per l’ultimo posto nella griglia dei playoff vendicando la delusione del play-in dello scorso anno, poi l’affermazione in Gara-1 contro la migliore squadra in stagione regolare.

 

Dopo un primo quarto contratto nel quale ha fatto grossa fatica a trovare la via del canestro, Memphis si è distesa nei periodi centrali accumulando un vantaggio in doppia cifra sfruttando le orrende percentuali da oltre l’arco dei Jazz e un rovente Dillon Brooks (anche lui, manco a dirlo, all’esordio ai playoff) autore di 31 punti.

 

Ma nell’ultimo quarto di gioco, quando le triple di Utah stavano cominciando ad entrare e il margine a ridursi, è stato Morant a prendere in mano la partita. Sapeva che i suoi non avrebbero avuto un’altra occasione così ghiotta a Salt Lake City, con Donovan Mitchell in borghese (non senza nervosismo in casa Jazz) e Rudy Gobert fuori per falli, e ha cominciato ad attaccare frontalmente la difesa di Utah - esponendo i problemi nel contenere le penetrazioni dritto per dritto.

 

Approfittando della strategia usata dai Jazz nel difendere il pick and roll, ovvero tenendo il lungo a protezione del pitturato in quella che viene normalmente chiamata “drop coverage”, Morant ha banchettato nello spazio tra il primo e il secondo difensore mettendo in mostra una serie di conclusioni più vicine alla ginnastica artistica che al basket, le stesse con cui aveva già punito gli Warriors nel supplementare del play-in.

 

Come avesse infatti delle articolazioni in più rispetto a quelle che ci insegna l’anatomia umana, Morant si piega e si allunga in un modo talmente imprevedibile da rendere ogni azione unica e disorientante. L’esplosività, la rapidità e la coordinazione di Morant lo rendono un incubo per i lunghi avversari che se lo vedono arrivare addosso a tutta velocità e che possono solo provare ad indovinare da che parte passerà.


 

 

 



 

Ma è stato - come si dice in questi casi - troppo poco e troppo tardi. Già domani sera Utah dovrà rimettere in parità questa serie, approfittando del ritorno in campo di Donovan Mitchell, perché sottovalutare Ja e questi Grizzlies è un peccato mortale che già in molti hanno commesso.

 



 

 

 

 

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