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Marco Vettoretti
Piacere, Cecilia
15 giu 2017
15 giu 2017
Le speranze agli Europei della Nazionale Azzurra sono legate al talento di Cecilia Zandalasini.
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Marco Vettoretti
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Tra poco meno di ventiquattro ore, a Hradec Králové, si alzerà il sipario sul debutto Europeo della Nazionale Azzurra femminile.

 

Dopo una serie di edizioni più o meno dimenticabili — un’eliminazione ai gironi, un sesto e un ottavo posto in tre partecipazioni negli ultimi 8 anni — sulla spedizione di quest’anno vige un cauto e riservato ottimismo, figlio anche del timido aumento di popolarità di un movimento che ha sempre vissuto all’ombra della controparte maschile.

 

In un gruppo dove veterane del calibro di Laura Macchi, Raffaella Masciadri e Kathrin Ress non hanno bisogno di presentazioni, però, molti dei riflettori saranno puntati su un’esordiente 21enne alla sua prima rassegna continentale con la Nazionale maggiore, dalle cui mani passeranno molti dei destini dell’Italia in Repubblica Ceca: Cecilia Zandalasini.

 

 



 

La carriera di Cecilia inizia nel Pavese, a Broni, dove è nata e cresciuta, ma cambia coordinate ancor prima di compiere 14 anni. A investire su di lei è il Geas Basket di Sesto San Giovanni, autentico punto di riferimento della pallacanestro femminile italiana, con otto scudetti in bacheca e svariati titoli a livello giovanile.

 

Un cambiamento travolgente per quella che a tutti gli effetti era ancora una bambina. Il carattere timido e introverso non le facilita affatto l’inserimento in una realtà così competitiva, specie se al bilancio aggiungiamo i quasi 150 chilometri che si deve sobbarcare per

allenamento.

 

Una volta presa confidenza con l’ambiente, però, il talento di Cecilia sbocci quasi inesorabilmente. La crescita fisica si accompagna a una crescita di fiducia nell’ambiente, nelle compagne e in Cinzia Zanotti, sua allenatrice, con vittorie e trofei che si accumulano inesorabili.

 

Paradossalmente, il problema più grosso per Cecilia è rappresentato proprio dalla netta supremazia del Geas: il suo atavico bisogno di competere e il suo incessante agonismo mal si coniugano con le partite tanto-a-poco che spesso si trova a giocare. E quando pressione e aspettative finalmente salgono, lei ci sguazza. Come quella volta alle Finali Nazionali di Bormio in cui l’avversario di serata, Trieste, ha provato a metterle le mani addosso più del previsto: lei ha risposto con trentello e Scudetto tricolore sventolato in faccia ad allenatore e panchina avversari.

 

La sua calma apparentemente inscalfibile nei momenti caldi delle partite ne ha fatto ben presto un’osservata speciale: il passaggio al Basket Schio a 18 anni appena compiuti altro non è stato che la naturale trasposizione della sua crescita nel gioco.

 




 
 



 

Ci sono una competizione, una partita e un momento all’interno di quella stessa partita dove i barometri dell’attenzione attorno a Cecilia sono andati definitivamente fuori scala, rendendo necessari nuovi parametri di valutazione. La competizione è l’Europeo Femminile Under 20 del 2016, giocato a Matosinhos, in Portogallo; la partita è la finale che vede l’Italia affrontare la Spagna, in una riedizione del match per il titolo di due anni prima.

 

Le Azzurrine ci arrivano da imbattute, ma prive di uno dei loro cardini: nella partita del girone eliminatorio contro la Serbia, infatti, Marzia Tagliamento si accascia a terra dopo un rimbalzo, abbandonando campo e torneo a causa della rottura del legamento crociato del ginocchio.

 

Da quello sfortunato momento Cecilia — che con Marzia ha un rapporto quasi simbiotico — raccoglie in eredità parte del carattere decisamente più estroverso della compagna. Parla di più in campo, si prende qualche tiro in più, e le compagne assorbono con naturalezza questo aggiustamento, riconoscendo in lei la leader della squadra.

 

Un ruolo in cui si cala con naturalezza, senza mai una parola sbagliata verso le compagne, senza mai un atteggiamento dannoso, sbattendosi spalle e fronte a canestro, muovendo i piedi in difesa e le mani in attacco, e trascinando letteralmente l’Italia in finale. Dove all’intervallo la Spagna è avanti di 19. Stando al tabellone.

 

Gli occhi di Cecilia e delle sue compagne, il loro urlo all’uscita degli spogliatoi, però, raccontano qualcos’altro: i secondi venti minuti della partita sono

della pallacanestro Azzurra giovanile. Malgrado la sconfitta finale per 71 a 69.

 


Semplicemente inarrestabile.



 

A livello statistico chiude il torneo con 22 punti di media, aggiungendo 9 rimbalzi e 2.6 assist, stringendo tra le mani il premio di MVP del torneo consegnatole da Jorge Garbajosa, ulteriore sigillo di garanzia del suo talento cristallino. A livello umano, con il palazzo dello sport di Matosinhos che a lungo ha cantato il suo nome e un centinaio di persone ad aspettarla fuori dai cancelli, la sua consapevolezza è cresciuta, sia sul piano personale, sia su quanto fatto come squadra per tutto il movimento.

 

 



 

L’impatto con la realtà di Schio è decisamente più soft, quasi da giocatrice navigata. Con la squadra quasi obbligata a competere per ogni titolo messo in palio all’interno del confine italiano, a Cecilia non mancano certo i minuti passati in panchina. Dove lei pazienta, quadrata e determinata, aspettando il suo momento e guadagnandosi gradualmente spazio e nuova fiducia, portando fieno in cascina anche quando il tiro non entra o fatica a sbloccarsi. Una qualità spesso acquisita negli anni, ma che alla sua età lascia sbalorditi.

 


Sponde no-look ne abbiamo?



 

Fuori dal confine nazionale, le ambizioni di Schio si ridimensionano: club del livello di Ekaterinburg e Fenerbahce, con le loro Diana Taurasi, Brittney Griner e Candace Parker, sono oggettivamente inarrivabili. Ma il potersi misurare con realtà e giocatrici di caratura internazionale è per lei un’ulteriore occasione di crescita tecnica e caratteriale.

che si parla di una ragazza di 21 anni.

 

Ad oggi, infatti, Cecilia è una giocatrice che ha ancora ampi e inesplorati margini di miglioramento. Etichettata unanimemente come power forward, predilige attaccare fronte a canestro, come da manuale del lungo moderno. Il suo palleggio-arresto-e tiro dalla media distanza è l’arma a cui si affida con più disinvoltura, e che spesso, allo stesso tempo, le apre i varchi per andare a concludere al ferro, dove ha la stazza per assorbire gli inevitabili contatti.

 

A questa, unisce piedi rapidi e reattivi, che nelle sue sporadiche sortite spalle a canestro le consentono di trovare soluzioni elementari,

. Nonostante il canestro della definitiva ribalta sia arrivato da dietro l’arco, l’affidabilità del suo tiro da tre è per sua stessa ammissione ondivaga, ed è senza dubbio uno dei fondamentali su cui sta lavorando assiduamente assieme al lavoro nella metà campo difensiva, dove non può più permettersi le pause che, talvolta, le venivano concesse a livello giovanile.

 


Quando si tratta di mettere palla a terra, poi, i risultati si lasciano guardare.



 

Con due Coppe Italia, tre Supercoppe e due Scudetti vinti in

nelle sue tre stagioni in terra vicentina, non è sacrilego pensare che non resterà per sempre a Schio. A 21 anni, l’ambizione di testare esperienze di altissimo livello ci

essere, senza sentirsi per questo obbligata. Come in passato ha valutato e declinato offerte di college statunitensi importanti — troppo poche partite e livello più basso in confronto al calendario europeo — così farà con tutto quello che le si presenterà davanti.

 

Posto che l’interesse nei suoi confronti, sia tra le grandi d’Europa che da oltre oceano, è già stato appurato. Non solo: adidas l’ha recentemente resa la prima cestista italiana con contratto di sponsorizzazione, e la stessa Federazione Italiana Pallacanestro, nel processo di avvicinamento a EuroBasket Women 2017, ne ha fatto uno dei volti più riconoscibili della

.

 



Qui insieme a Raffaella Masciadri (al centro) e Francesca Dotto (a destra) nell’illustrazione di Davide Barco per l’account di Italbasket.



 

Quello stesso processo che sul campo ha visto le Azzurre misurarsi in un girone di qualificazione che comprendeva Albania, Gran Bretagna e Montenegro, chiuso con 5 vittorie a fronte di una sola sconfitta, e dove si è rivista la Cecilia dell’estate precedente.

 





 

A nutrire aspettative considerevoli nei suoi confronti, inoltre, c’è anche la FIBA stessa, che l’ha inserita nella lista delle sette esordienti da tenere d’occhio in Repubblica Ceca, assieme alla slovena Nika Baric, la ceca naturalizzata Kia Vaughn, la francese Marine Johannes, la serba Aleksandra Crvendakic, la belga Emma Meesseman e l’ungherese Courtney Vandersloot, con le quali da domani si confronterà più o meno direttamente.

 

 


 

Meno di ventiquattro ore, dunque. L’obiettivo dichiarato delle Azzurre di coach Andrea Capobianco — e forse quello più plausibile — è staccare uno dei cinque biglietti che valgono l’accesso alla FIBA World Cup 2018 in Spagna. La miscela di talento, struttura fisica e duttilità c’è. Le avversarie sono le solite note: Spagna, Russia, Serbia, Francia. Un banco di prova importante, forse cruciale, per Cecilia e per il movimento del basket femminile italiano che ne aspetta la definitiva consacrazione.

 

Lei di sicuro non vede l’ora di mettersi alla prova.

 

 

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