Foto di Daniel Garcia / Getty Images.
Di Andrés ho pensato, con veemenza circoscritta nel tempo, ma a più riprese, che sarebbe potuto diventare uno dei più forti calciatori della mia epoca. Se ho il coraggio di scriverlo, è perché so di non essere il solo.
Forse gli manca soltanto, come avrebbero avuto Tévez e Mascherano, la capacità di riconoscere ogni transizione come endemica. In quel momento è combattuto, una parte di D'Alessandro vorrebbe, per lui, solo il meglio; ma presto si farà strada la convinzione che con la mediocrità, tutto sommato, si può convivere.
Nel tentativo di giustificarsi, D’Alessandro peggiora la sua situazione. In Germania non riesce a dimostrare che tipo di calciatore sia, si sente incompreso. Forse perché i tifosi, e gli addetti ai lavori, e i giornalisti, di D’Alessandro, si sono fatti - così come me - un’impressione sbagliata.
l suo trick più conosciuto: un passo di tango, una sfida da gaucho agli stalloni della Pampa. Il piede sopra la palla, l’accarezza, la pettina: l’avversario la vede, ora non la vede più. D’Alessandro la tira verso di sé, poi la mette di nuovo in mostra: quando lo sfidante si avventa sulla sfera, Andrés se lo è già lasciato alle spalle.
l tecnico Víctor Fernández, infatti, qualche settimana dopo lo mette fuori rosa.
Nel caso di D’Alessandro tornare in Primera, ma con la maglia del San Lorenzo, disegna uno scenario in cui le motivazioni si confondono, intricate in un groviglio difficile da sprimacciare.
Foto di AFP / Stringer.
«Qui, per noi, D’Alessandro significa qualcosa di simile a quello che è stato Maradona per Napoli», dicono i tifosi.