Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
(di)
Dario Saltari
Perché tutti vogliono Lazar Samardzic
06 lug 2023
06 lug 2023
Mezza Serie A vuole il trequartista dell'Udinese, il cui valore però non è ancora chiaro.
(di)
Dario Saltari
(foto)
IMAGO / ZUMA Press
(foto) IMAGO / ZUMA Press
Dark mode
(ON)

A tutte le più grandi squadre di Serie A sembra mancare lo stesso pezzo. Rose diverse con problemi diversi, tutte però con lo stesso cocente bisogno di un trequartista fuori dal tempo, che con l’esterno sembra poter modellare un vaso d’argilla. Che con la suola richiama il pallone a sé come un amante. Le guance rubiconde, la faccia che sembra uscita da una foto dei primi del Novecento. Un giocatore la cui utilità è ancora tutta da scoprire, che si compra per il puro gusto dell’arte.

Lazar Samardzic è il più giovane giocatore della Serie A ad aver segnato almeno 4 gol e ad aver fornito 4 assist nell’ultima stagione ma il motivo per cui almeno Inter, Napoli, Milan, Roma e Juventus lo stiano cercando è meno evidente di quanto non sembri. Delle 37 presenze raccolte in Serie A nella stagione appena passata solo 19 sono state da titolare, e la maggior parte di queste è arrivata in una seconda metà di stagione in cui l’Udinese era ormai l’ombra della squadra rivelazione che era stata nel 2022. Nel 2023 ha segnato appena due gol, contro Verona e Cremonese. Quest’ultimo rappresenta bene cosa è Samardzic oggi. Un gol segnato alla fine d’aprile a una squadra quasi retrocessa con un tiro da fuori area d’esterno.

Un gol, quindi, facile e difficile al tempo stesso. Facile per il contesto competitivo: le ultime giornate di campionato, un avversario emotivamente allo sbando, la possibilità di avere lo spazio per tirare al limite dell’area e il tempo per caricare un tiro d’esterno. Difficile perché Samardzic utilizza la parte del piede meno intuitiva del piede per aggirare il portiere, quella che richiede una coordinazione più faticosa, più facile da sbagliare, e per raggiungere lo stesso identico obiettivo che sarebbe stato possibile raggiungere anche con l’interno del destro. Un gol che ti porta a guardarti intorno dopo che la palla è entrata per essere sicuro di non essere stati l'unico ad averlo visto.

Questo gol alla Cremonese è una buona metafora dei dilemmi che porta con sé un giovane giocatore che ha già fatto vedere qualcosa di bello. Li valgono i 7 gol e 7 assist realizzati da quando è arrivato in Italia i 25 milioni di cui si legge per Samardzic? E i suoi 21 anni? La manciata di minuti giocati con la maglia dell’Udinese? Come si giudica, in definitiva, l’effettivo valore di un giocatore? Walter Sabatini una volta ha detto di aver comprato Emerson Palmieri solo perché gli piaceva come si muoveva, e a volte per molti giocatori sembra valere lo stesso. Quanta parte vuole l’occhio di chi guarda le partite, anche di chi lo fa per lavoro? Siamo sicuri di poter slegare un bel gol dal contesto che gli gravita intorno?

Nell’estate del 2020, quando aveva da poco compiuto 18 anni, per Samardzic già si parlava di Juventus, di Milan, di Barcellona, di Bayern Monaco. Ancora prima, come rivelato da lui stesso in un’intervista alla Gazzetta dello Sport dello scorso anno, aveva rifiutato un primo approccio del Milan, che lo aveva invitato in Italia insieme a tutta la sua famiglia per parlare con Paolo Maldini. Poi era stato il turno del Barcellona, che aveva provato invano a spedire Patrick Kluivert in Germania. In quella stagione Samardzic aveva giocato appena tre partite tra i professionisti, per un totale di 32 minuti di gioco.

Il suo allenatore all’Hertha Berlino, Bruno Labbadia, lo aveva definito «un calciatore di strada che è semplicemente divertente veder giocare» e forse su di lui aveva già detto quasi tutto. Secondo kicker, Samardzic aveva rotto con lui proprio per lo scarso minutaggio, forse deluso dopo una stagione in Primavera da 16 gol e 10 assist. Alla fine si sarebbe accasato al Red Bull Lipsia, la migliore squadra in Europa per un giovane che vuole diventare grande. «Gli allenamenti qui a Lipsia sono di livello molto più alto rispetto a quelli dell’Hertha», aveva dichiarato a metà novembre con una punta di veleno, «Il livello è quello di un club da Champions League. In poche settimane ho imparato molto, il Red Bull Lipsia è stata la scelta giusta». Alla fine giocherà in tutto 9 partite in stagione per nemmeno 250 minuti di gioco, e l’Udinese riuscirà a convincere la squadra tedesca a lasciarlo andare con appena tre milioni di euro. È uno di quegli incroci di mercato poco comprensibili che lasciano immaginare un invisibile molto più grande. Per l’Udinese rimane un regalo caduto dal cielo, una banconota da 500 euro trovata per terra.

Eppure Samardzic anche a Udine gioca meno di quanto in molti spererebbero. Gotti lo fa esordire alla terza giornata di campionato, contro lo Spezia, e lui segna al primo colpo, con soli nove minuti a disposizione. Con l’allenatore veneto però avrà quasi solo occasioni di questo tipo, scampoli di partita nei minuti finali, e con Cioffi almeno inizialmente le cose non miglioreranno. Arriva Sottil ed è di nuovo 3-5-2, un modulo che non prevede trequartisti né creatività ma solo corse col pallone. Forse è per questo che nella prima parte della scorsa stagione gli preferisce giocatori enormi che sappiano coprire enormi porzioni di campo, come Lovric e Walace, o centrocampisti come Pereyra e Arslan, abbastanza saggi da sapere che per certi allenatori la cosa più importante è non sbagliare.

Anche nei ritagli di partita, comunque, Samardzic riesce spesso a lasciare qualcosa. Contro il Sassuolo entra all’inizio del secondo tempo e segna un altro gol meraviglioso. Un tiro quasi di punta dal limite dell’area con il destro dopo aver superato due avversari pettinando la palla con la suola.

Contro il Verona fa il suo ingresso in campo a poco più di mezz’ora dalla fine e dà il via alla rimonta dell’Udinese. Al 70esimo, con il risultato ancora sull’1-0 per la squadra veneta, riceve palla sul destro e poi la pizzica sotto con la punta del sinistro trovando Deulofeu inspiegabilmente solo in area, alle spalle della difesa avversaria schierata. È una magia. L’attaccante catalano la controlla involontariamente per Beto, che è lì accanto a lui e batte Montipò in uscita. La sua ultima partita prima dei Mondiali si chiude così. Entra al San Paolo a 34 minuti dalla fine con il risultato già sul 3-0 e partecipa a un assurdo tentativo di rimonta, in uno dei pochi cali di tensione spallettiani della stagione appena passata. All’82esimo, due minuti dopo il primo gol di Nestorovski, Samardzic ruba palla a Kim Minjae in una delle poche disattenzioni del suo anno napoletano e infila la palla a giro con il sinistro nell’angolo basso più lontano.

I gol belli, per i giocatori giovani, non sono solo gol belli ma anche segnali da un futuro luminoso. Possibile allora che Samardzic giochi così poco? Nel calcio viene sempre esplorato il confine tra ciò che vediamo e ciò che non possiamo vedere, ma raramente negli ultimi anni la nostra immaginazione è stata sollecitata come con il trequartista serbo. «Non avete visto ancora nulla di quello che mostra a noi in allenamento», ha dichiarato ad ottobre dello scorso anno il DS dell’Udinese, Pierpaolo Marino. «Deve crescere, si deve affinare. Quando è arrivato, l’anno scorso, gli dissi “ti chiamerò Golden Boy”, perché mi ricorda Rivera, ma un Rivera mancino e non destro, quindi ancora più “sensibile”». A marzo il telecronista Riccardo Trevisani dà voce all’insofferenza diffusa verso i pochi minuti concessi a Samardzic, in un video dai toni così esagerati da assomigliare a una parodia: “L’APPELLO DI TREVISANI: fateci VEDERE giocare Samardzic”. Di fronte a questa specie di sollevazione digitale la decisione di Sottil di metterlo con continuità nell’undici titolare nella seconda parte di stagione ha la stessa grave saggezza di un presidente Presidente della Repubblica che concede la grazia a una vittima di malagiustizia.

Quando il rapporto tra la realtà e la nostra immaginazione si è riequilibrato, però, le cose inevitabilmente sono diventate più complicate. Se il confine tra visibile e invisibile prima riguardava ciò che non potevamo vedere quando era in panchina, quando è entrato in campo la questione è diventata anche ciò che fa con la palla rispetto a ciò che fa senza il pallone, o quando esce dal nostro campo visivo. Viene in mente la celebre frase di Cruyff per cui, dato che ciascun giocatore ha la palla tra i piedi per 3 minuti in media, allora la cosa più importante è cosa fa durante gli 87 minuti che rimangono. Per Samardzic questo aspetto sommerso del gioco del calcio ha rivelato una certa leggerezza negli uno contro uno difensivi che nel ruolo di mezzala di un 3-5-2 reattivo non si sarebbe potuto permettere. Contro il Bologna, agli inizi di aprile, ad esempio si è fatto fregare troppo facilmente da una finta di tiro di sinistro al limite dell’area di Nikola Moro, che con un tiro rasoterra di destra ha portato la squadra di Thiago Motta sul 2-0.

In generale, Samardzic non è sembrato molto propenso ad adattarsi a un sistema di gioco che gli chiedeva di correre molto con il pallone in avanti, lui che non è particolarmente veloce palla al piede, e di correre molto senza il pallone all’indietro, lui che non ha grandi letture difensive. Senza palla, anche in fase di possesso, Samardzic si muove davvero poco, preferisce ricevere sulla figura, fermare il pallone, pensare una giocata. Il movimento che più lo definisce è la ricezione nel mezzo spazio di destra prima di rientrare dentro al campo con l’esterno sinistro - movimento che tra l’altro gli permette di aprirsi lo specchio per il tiro dalla distanza, che è forse la singola cosa gli riesce meglio. Il rapporto con il pallone è il suo punto di forza più grande e al tempo stesso il limite maggiore alla sua crescita, se per crescita intendiamo l’adattarsi a un calcio in cui i giocatori devono sapersi muovere nello spazio come pesci nell’acqua. Samardzic ha una leggerezza che, quando le cose non girano, stride con il solido pragmatismo che è richiesto ormai a tutti i giocatori. Eppure anche nelle giornate in cui non brilla, è difficile non vedere delle giocate che ti facciano sperare che ci sia dell’altro. Sempre contro il Bologna, una decina di minuti dopo la leggerezza che aveva portato al 2-0, Samardzic ha raccolto una palla dalla linea di fondo, ha puntato proprio Moro e lo ha ingannato per due volte di fila utilizzando la suola, la seconda volta facendosi passare la palla dietro al piede d’appoggio.

[@portabletext/react] Unknown block type "imageExternal", specify a component for it in the `components.types` prop

È difficile slegare questa lucentezza dai dubbi legittimi nell’immaginarselo nel 3-5-2 fluido dell’Inter o nel 3-5-2 senza coordinate della Juventus o nel 3-5-2 apocalittico della Roma. Anche nel Napoli, che è la squadra che gli concederebbe più tempo con il pallone, dovrebbe giocare di nuovo da mezzala destra, sempre che Rudi Garcia non decida di cambiare modulo.

In Italia non sono molte le squadre disposte a concedere tempo e spazio a uno o più giocatori sulla trequarti, anche a uno come Samardzic che sembra avere grandi margini di miglioramento, soprattutto nella visione di gioco. Ma è vero che è una tendenza di tutto il calcio europeo quella di comprimere il tempo delle giocate, e di concentrarsi sulla velocità, sulla pressione, sull’intensità. Viene da chiedersi allora se lo sviluppo di Samardzic non possa proseguire in altre zone di campo. Per esempio sulla mediana, lavorando sulle ricezioni spalle alla porta e sull’uso del corpo a difesa della palla, che per adesso è ancora per lo più inconsapevole. Oppure sull’esterno, dove almeno alle spalle sarebbe protetto dalla linea del fallo laterale. Da questo punto di vista l’eccitazione nel guardar giocare Samardzic viene anche dall’immaginarsi cosa potrebbe diventare un giocatore che sa toccare così bene la palla, se funzionasse in una squadra moderna.

È una questione ciclica nel calcio, quella del conflitto tra individualità e sistema, tra ritmo e creatività, tra bellezza e utilità. C’è futuro per questo trequartista che sembra uscito dalle foto seppiate degli anni ’60 nell’élite del calcio europeo? Pochi giorni dopo il suo insediamento il nuovo direttore tecnico dell’Udinese, Federico Balzaretti, ha ricordato perché per acquistarlo servirà non solo un’offerta importante ma “una indecente”: «Samardzic è talmente forte e bello da far innamorare».

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura