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Foto di Gabriele Maltinti / Getty Images
Calcio Marco D'Ottavi 6 gennaio 2018 4'

Perché non si salta più il portiere?

Matteo ci ha chiesto dell’antica arte di scartare l’ultimo giocatore. Risponde Marco D’Ottavi.

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Salve.
Tempo fa mi chiedevo, perché non si dribbla più molto il portiere?
Sono nato nell’81, cresciuto col calcio degli anni ’90, era quasi abituale vedere i vari Baiano, Signori, Baggio arrivare da soli in area con il portiere che gli si faceva incontro a chiudere lo specchio. Finta, sterzata a destra o a sinistra, portiere (col cappello, non ce ne sono più, altro bellissimo tema) saltato, palla appoggiata o accompagnata facilmente in rete.
Al contrario in questi ultimi anni quando l’attaccante si trova a tu per tu con l’estremo difensore cerca il piazzato o il pallonetto.
Cosa è cambiato?
Moda?
Tecnica?
Velocità di gioco?
Grazie

 

Matteo

 

Risponde Marco D’Ottavi

 

Ciao Matteo,

 

la tua domanda calza come un bel maglione natalizio in questi giorni di festa. Non so se sei un tifoso romanista o juventino, ma sicuramente avrai visto Schick non saltare Szczesny e invece tirargli addosso come ad un barattolo al Luna Park. C’è un momento, appena prima del tiro, in cui il portiere bianconero è quasi completamente a terra e per Schick spostarsi il pallone verso destra ed entrare in porta sarebbe stato davvero facile.

 

 

Anche dal vivo la prima cosa che ho pensato è stata “perché non lo ha saltato?” Per me e forse per tanti altri è subito sembrata l’opzione migliore. Però come dici tu io ho visto Baggio saltare i 197 centimetri di Van der Sar come se fosse una moneta da 50 lire; ho visto Ronaldo umiliare Marchegiani con una finta lunga un sogno; pure nel gol del siglo – se ci pensi bene – Maradona salta il portiere dell’Inghilterra prima di entrare nella storia.

 

La domanda è: Schick li ha visti tutti questi gol? Ha vissuto l’epoca in cui attaccanti rapidi e tecnici come una molla saltavano portieri piantati come alberi? Insomma è probabile che Schick – beato lui che è nato nel 1996 – non abbia la memoria storica di questi gol, come invece noi due. Ma basta questo a spiegare il perché Schick non ha saltato Szczesny? No, credo di no.

 

È difficile rispondere con certezza alla tua domanda. Ora che me lo hai fatto notare tu, anche io penso che siano diminuiti i gol fatti dribblando il portiere, ma non ho statistiche per confermare o confutare la tua tesi. Quello che possiamo fare è andare a vedere come è cambiato il modo in cui portiere e attaccante affrontano questa situazione.

 

Tu hai parlato di velocità di gioco e credo sia il punto fondamentale da cui partire. Il calcio di oggi è molto più rapido e questa maggiore velocità ha richiesto continui cambiamenti, anche atletici. Rispetto agli anni ‘90, i calciatori oggi sono atleti diversi. Più rapidi, più potenti, più veloci. Questo sviluppo fisico, senza un conseguente allargamento del campo da gioco ha ridotto di molto i tempi di esecuzione. Gli attaccanti devono spesso prendere decisioni in un centesimo di secondo perché lo spazio concesso loro è minimo e questo influisce sulle loro scelte.

 

Inoltre è cambiato anche il modo di interpretare il ruolo da parte dei portieri. Oggi la maggior parte dei portieri copre meglio l’area di rigore. Se questo non vuol dire che siano migliori tra i pali o nelle uscite alte, i portieri hanno dovuto allargare il loro raggio d’azione, prendendo maggior consapevolezza di tutto quello spazio che va oltre la linea di porta. Questo li rende più reattivi, più portati a giocare “in avanti”, riducendo anche le possibilità di un attaccante di presentarsi comodamente in area per giocare un uno contro uno. È cambiato anche il modo in cui affrontano queste situazioni: alcuni portieri oggi usano un tipo di uscita mutuata dal calcetto, a “croce”, che gli consente di coprire uno spazio maggiore e considerando che sono tutti molto grossi, occupano davvero tanto spazio. Questo tipo di uscita, in realtà, non aiuta più di tanto il portiere in caso di dribbling rispetto alla classica uscita d’attesa bassa, ma sicuramente “spaventa” l’attaccante e soprattutto lo rende meno propenso a mettere il culo per terra, posizione che invece lo renderebbe molto più vulnerabile in caso di dribbling.

Bisogna anche considerare che uno dei motivi per scegliere di saltare il portiere era quello di subire fallo e generare la grande punizione del “rigore + espulsione”, che oggi non esiste neanche più e che soprattutto i portieri sono molto meno propensi a concedere (ma la regola è cambiata da poco tempo ed è ancora presto per valutarne l’impatto).

 

La scelta di dribblare il portiere è diventata sempre più un lusso. Richiede una maggiore lucidità e rischio rispetto alla scelta di cercare di batterlo con un tiro piazzato (anche i palloni di oggi a mio avviso favoriscono la scelta di tirare). Pensa infatti a quanto è più avvilente per un attaccante fallire un dribbling al portiere rispetto a – magari – tirargli addosso. L’unico attaccante davvero forte con cui ho giocato mi diceva sempre che davanti al portiere se sei scarso quello che devi fare è tirare di punta mirando alla sua faccia (ed è un buon metodo, che ti consiglio se davanti alla porta non sei Hernan Crespo, ma neanche Igor Protti). Per l’attaccante è quindi probabilmente una questione di confidenza: se sei sicuro delle tue abilità, provi a saltare il portiere e trarne vantaggio, se non lo sei, chiudi gli occhi e tiri. Non per nulla il miglior interprete del dribbling al portiere oggi è Messi, il giocatore con più fiducia nei propri mezzi del mondo.

 

Forse gli attaccanti di oggi hanno perso confidenza, forse il gioco è troppo veloce per concedergli il tempo e lo spazio per un dribbling fatto bene, forse i portieri sono diventati troppo grossi e rapidi oppure – forse ancora – è semplicemente passato di moda, come le tute acetate e i pantaloni a zampa. Oppure – pensaci un attimo – forse siamo noi ad essere invecchiati e non ci lasciamo più impressionare dai gesti tecnici degli attaccanti. Infatti ancora oggi qualcuno che salta il portiere c’è (ti segnalo Immobile per rimanere in Italia) e chissà che con il tempo non torni di moda, insieme ai cappellini per i portieri e agli stadi sempre pieni.

Tags : la posta del cuorepatrik schick

Marco D'Ottavi è nato a Roma, fondato Bookskywalker e lavorato qui e là.

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