Praticamente sotto ogni analisi che pubblichiamo qualcuno commenta che ok tutto molto bello MA non si parla degli errori arbitrali. In passato ho risposto personalmente (su Facebook, Twitter e persino Disqus) cercando di argomentare la nostra scelta ma evidentemente non basta. Per cui: parliamone.
Partiamo da una considerazione semplice: di errori arbitrali ed episodi controversi se ne parla già molto, c’è bisogno che contribuiamo anche noi? Cosa potremmo aggiungere che non sia già stato detto?
Mi chiedo anche se al lettore che chiede quei chiarimenti in quel modo basterebbe un nostro breve commento a margine sul fatto che la partita è stata condizionata da quel determinato episodio o se vorrebbe dessimo la nostra interpretazione, che prendessimo una posizione. In passato abbiamo cercato di parlare della gestione arbitrale come parte del contesto (qui ad esempio dopo l’Inter-Fiorentina finito 3-3), proprio per far capire che anche noi siamo consapevoli di quello che succede: dovremmo scriverlo ogni volta? Perché, anche di questo va tenuto conto, praticamente in ogni partita che analizziamo ci sono decisioni arbitrali dubbie o che comunque sollevano discussioni.
D’altra parte, ho l’impressione che di questo genere di cose se ne parli sempre di più, e forse dovremmo chiederci anche se la nostra cultura calcistica sta migliorando grazie a queste discussioni. Non abbiamo statistiche sui minuti dedicati all’analisi degli episodi controversi in tv, sulle righe nei quotidiani che ne parlano, ma così a naso sembrerebbe che sia un discorso sempre più sdoganato e discusso.
Le risorse non sono infinite, bisogna scegliere di cosa parlare
Le risorse (nel 2019 lo sappiamo bene) sono limitate. Quelle de l’Ultimo Uomo, quelle dei quotidiani, quelle delle trasmissioni, ma anche quelle dei lettori. Se parlassimo dei singoli episodi, non parleremmo d’altro. Noi non vogliamo togliere spazio, energie, soldi, a nessun altro articolo (neanche a quelli “scemi”) per pubblicare un articolo che parli di errori arbitrali. E non voglio sacrificare neanche una riga dell’analisi di una partita per soffermarmi su un episodio arbitrale su cui ognuno può avere la sua opinione. L’attenzione, che tanto vale nell’economia digitale, non è infinita e, soprattutto, il modo in cui le persone decidono di spenderla non è ininfluente sugli altri aspetti della loro vita, sul modo in cui quelle persone ragionano e parlano, ad esempio.
Noi pensiamo che chiedervi attenzione parlando di scelte arbitrali discutibili all’infinito, attraverso episodi magari diversi tra loro ma che danno vita a discussioni sempre uguali, che non arrivano mai a capo di niente, sia sbagliato.
L’analisi degli episodi arbitrali non aiuta la cultura sportiva (secondo noi)
È una nostra scelta soggettiva. Mia che scrivo queste righe e coordino quello che leggete ogni giorno da sei anni su questo sito, ma non sono solo, e quello è condiviso almeno per la maggior parte dai miei collaboratori. Ed è una scelta che non mi impedisce di rispettare chi lo fa e chi legge quel tipo di articoli. Personalmente rispetto le ragioni di chi lo fa, che siano personali come quelle dell’ex arbitro Luca Marelli, o di semplice analisi del traffico come per i principali siti e giornali. Non penso però che stiano contribuendo positivamente alla nostra cultura sportiva, e non provo simpatia neanche per quello che fa Marelli (che ha già minacciato di querelarmi per un altro pezzo quindi se vuole è libero di farlo anche adesso, magari facciamo un unico processo). Non penso che aiuti a diminuire le polemiche né tanto meno a capire meglio le decisioni arbitrali.
Anzi, la cultura dell’analisi arbitrale, se così si può chiamare, che va dal primo arbitro mai chiamato a testimoniare su uno studio televisivo come un supertestimone in un processo mafioso, a mio avviso non fa che sclerotizzare ancora di più i tifosi, che dopo aver riguardato mille volte l’episodio in tv e aver letto chissà quante interpretazioni simili alla sua, non riesce proprio a farsene una ragione.
Col VAR il discorso sull’arbitraggio è persino peggiorato
Ovviamente il VAR ha contribuito a peggiorare la situazione, aggiungendo un livello al discorso: prima ci si chiedeva perché l’arbitro aveva preso quella decisione, adesso ci si chiede anche perché il VAR non è intervenuto o, se lo ha fatto, perché l’ha corretta. Prima si poteva pensare che l’arbitro avesse la visuale coperta, o che fosse condizionato dall’adrenalina del momento, adesso quello che vediamo noi da casa è quello che vedono tutti (teoricamente) e se l’arbitro non prende la decisione che pensiamo dovrebbe allora è malafede. La legittimità della decisione soggettiva - dell’arbitro e dei suoi assistenti, in campo o davanti a uno schermo (comunque vestiti da arbitri) - è messa ancora di più in discussione. Nonostante sempre di decisione soggettiva, pur in base a un regolamento, si tratta.
Nessuno ha mai detto che il VAR avrebbe garantito oggettività. L’utilizzo e la regolamentazione di uno strumento tutto sommato semplice (parliamo di un replay visionato in una stanza da persone separate dal contesto di gara) si sta rivelando più complicato del previsto. Mi sembra una questione che ha molto di burocratico e poco di sportivo.
In Premier League, dove il VAR è stato introdotto all’inizio di questa stagione, si è discusso già moltissimo di quanto poco abbia senso chiamare dei fuorigioco millimetrici quando la tecnologia in sé ha un margine di errore più ampio (esempio). Anche noi ci siamo interrogati su come il VAR avrebbe cambiato il gioco, e siamo stati ingenui pensando che avrebbe diminuito le polemiche, e su come stava venendo utilizzato (qui c’è più di un esempio). Ma degli errori ci è sempre interessato relativamente.
Capiamoci: anche noi siamo tifosi, nel nostro privato non siamo migliori di quel tifoso del River Plate di una certa età che dà in escandescenze (guardando la partita che li ha condannati alla B) preoccupando la moglie che gli porta un calmante. E ovviamente dopo ogni partita parliamo con i nostri amici degli errori arbitrali. Ma è una voglia di parlarne che ci abbandona dopo 5 minuti, e che non crediamo abbia una rilevanza nel discorso sportivo. Non pensiamo (torno ad usare il noi perché sono più o meno sicuro che tutti i collaboratori più stretti di UU siano d’accordo) che tutto questo non faccia parte dell’esperienza di chi guarda calcio nel 2019.
Di certe cose del calcio è difficile parlare
Sappiamo, come detto sopra, che l’arbitro e le sue decisioni fanno parte di una partita di calcio. Ma ne fanno parte come molte altre cose di cui è difficile parlare, tipo l’aspetto psicologico dei singoli giocatori e delle squadre, o quello atletico. Ed è difficile anche parlare della fortuna che è spesso decisiva in uno sport a basso punteggio giocato con i piedi in cui mandare la palla pochi centimetri più a destra o più a sinistra può fare la differenza tra vincere e non. Fateci caso: sono tutti aspetti di cui si parla spesso senza cognizione di causa: si dice che una squadra “non è entrata in campo”, che un giocatore “non ha gamba”, che un allenatore è stato “solo fortunato”.
Noi parliamo di tattica e tecnica, usiamo le statistiche, e soprattutto proviamo ad argomentare senza dare giudizi assoluti su merito di una squadra rispetto a un’altra, perché sono cose che abbiamo sotto gli occhi, che tutti possono studiare e approfondire. Ovviamente ci teniamo alla nostra opinione, perché appunto, è la nostra, ma non pensiamo di essere in contatto con la verità oggettiva. Penso di poter di dire che nessuno tra i nostri collaboratori quando inizia a scrivere pensa: “ecco, adesso vi dico io come stanno le cose”.
Come vogliamo contribuire al discorso sportivo
Sappiamo che possiamo sbagliarci, e che anzi senz’altro ci sbagliamo, che più spesso di quanto immaginiamo scriviamo cose che non corrispondono con la visione dei nostri lettori. Ma questo fa parte del gioco di chi scrive e chi legge. Questo è il nostro modo di prendere posizione, di interpretare. Questo è il nostro modo di contribuire al discorso calcistico in Italia: aggiungendo un punto di vista e una voce diversa che, possibilmente, stimoli il lettore e aggiunga spunti al dibattito.
Personalmente penso che la nostra visione sia completa così come è. Né penso che sia umanamente possibile estinguere il fuoco che scatena una scelta arbitrale sbagliata o poco comprensibile. È così da quando è nato il calcio (nell’800’ ci sono casi di arbitri inseguiti dalla folla) e probabilmente sarà così finché si giocherà a calcio.
Una proposta, prima di finire. Come sarebbero le cose se gli arbitri a fine partita motivassero le loro decisioni, una volta sola, ammettendo anche l’errore nel caso ci sia? Chissà, magari noi tifosi non staremmo meglio, ma magari il giorno dopo si parlerebbe un po’ di più di tutto il resto.