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Daniele V. Morrone
Perché il Milan non riesce a segnare in Champions League
26 ott 2023
26 ott 2023
Contro il PSG il problema è stata ancora la sterilità offensiva.
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Daniele V. Morrone
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IMAGO / PanoramiC
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Per quanto bruciante possa essere la sconfitta contro il PSG di ieri sera, bisogna partire con freddezza da un dato incontrovertibile: la classifica del girone F rimane corta, con tutte e quattro le squadre racchiuse in 4 punti. Il Milan, ultimo e senza ancora una vittoria (e gol) in tre partite, può quindi ancora pensare di passare agli ottavi, teoricamente anche come prima (il PSG è a 6 e Milan a 2).L’importanza della sfida di ieri con il PSG, allora, più che nelle ragioni di classifica risiede nel blasone dell'avversario e nel fatto che si trattasse della partita più importante dal derby perso malamente in campionato. E ancora una volta il Milan non ha retto l’urto di una squadra sulla carta più forte di lei. Molti si stanno chiedendo cosa non sta funzionando nel Milan negli scontri diretti, mettendo in discussione anche Stefano Pioli. Metto subito sul tavolo il mio punto di vista: nonostante i tre gol presi, a preoccupare non è tanto la tenuta difensiva, ma la sterilità offensiva.

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In un primo tempo incoraggiante, se pur chiuso in svantaggio per il gol del solito Mbappé, per lunga parte il Milan ha imposto il ritmo di gioco riuscendo a rendere la vita difficile al PSG, ma senza mai riuscire a creare occasioni da gol pulite. L’ultimo gol del Milan in Champions League risale ai quarti di finale della scorsa stagione, quello di Giroud al Napoli. Parliamo di 5 partite consecutive, che in Champions League non sono poche. E se contro Borussia Dortmund e Newcastle la squadra di Pioli ha avuto diverse ottime occasioni per segnare, non è forse un caso che più il livello degli avversari si alza più per il Milan diventa difficile anche concretizzare le sue occasioni. Ormai siamo oltre il singolo momento negativo e si entra nel campo delle lacune strutturali che vanno corrette da Pioli con un lavoro più profondo. A leggere alcune statistiche verrebbe da pensare che l'assenza di gol possa essere un caso. Alla fine, nell’arco dei 90 minuti, il Milan ha tirato molto (11 tiri). C'è da dire, però, che la maggior parte di questi (8 su 11) è arrivato nel secondo tempo, quando la partita si è aperta come voleva il PSG e non quando era il Milan a dettare le regole del gioco. L’occasione sbagliata da Pulisic al minuto 50, quando l'americano ha deciso di passare il pallone a Giroud (sbagliando il gesto tecnico oltre che la scelta) è stata la più grande della partita del Milan ed è stato uno snodo decisivo, dato che due minuti dopo è arrivato il gol del 2-0 di Kolo Muani. Nella conferenza stampa pre partita, Pioli aveva detto che «magari con 4 tiri faremo 5 gol» e il Milan ha effettivamente effettuato 4 tiri nello specchio nei 90 minuti (due di Giroud e uno a testa per Leao e Pulisic), ma nessuno di questi è risultato effettivamente pericoloso. Donnarumma non ha dovuto effettuare parate particolarmente difficili e il Milan ha chiuso a 0.58 Expected Goals. Una cifra non certo straordinaria che nasce dall'incapacità del Milan di andare oltre il pressing per la creazione di pericoli nella metà campo avversaria (e a questo proposito va sottolineato che l'occasione di Pulisic nasce da un rinvio di Maignan). E in questa sterilità anche una singola occasione da gol sbagliata ha un peso enorme sull’economia della gara. Se gli avversari hanno i giocatori per creare occasioni in qualsiasi momento contro qualsiasi difesa, e sto parlando ovviamente di Mbappé, allora basta un errore di valutazione, una distrazione o una grande giocata avversaria che ti ritrovi sotto nel punteggio. Partiamo però da ciò che ha funzionato. Klopp ai tempi del Borussia Dortmund diceva che il gegenpressing era il suo principale playmaker, e questo può essere detto anche del Milan di Pioli nel primo tempo della partita di ieri sera, soprattutto nella prima mezzora. Il Milan applicava un pressing uomo su uomo che prevedeva uno scivolamento di Leao dall’esterno sinistro al centro per andare sul centrale destro Marquinhos e uno di Musah dalla mezzala sinistra alla fascia per andare sul terzino destro Hakimi. In questo modo il 4-3-3 del Milan in fase di pressing diventava una sorta di 4-4-2 che seguiva il modo con cui usciva il pallone dalla difesa avversaria.

Il pressing del Milan inizialmente è stato efficace e ha costretto il PSG non soltanto a perdere il pallone in zone pericolose, ma anche a forzare il lancio lungo sugli esterni per attaccare la linea difensiva avversaria in campo aperto. Se il PSG provava a passare palla a terra per il centro del campo il Milan riusciva con sorprendente facilità a schermare le ricezioni avversarie o direttamente a contestare il possesso, recuperando il pallone nella metà campo avversaria. Quello che è mancato in questa fase è stata soprattutto l'ultima scelta una volta recuperata palla.

In questa situazione ad esempio basta un rientro di Giroud per portare Zaïre-Emery a forzare una palla in verticale facilmente intercettata da Krunic. Lo stesso Krunic parte in conduzione ma sbaglia totalmente la scelta della giocata in zona di rifinitura, regalando la palla a Marquinhos.

C'è da dire che Luis Enrique ci ha messo del suo. Il suo piano gara non era particolarmente elaborato in fase di uscita palla dalla difesa, con i giocatori fin troppo statici, e questo ha aiutato il pressing del Milan. Una volta superata la prima pressione, però, il PSG era in grado di attivare piuttosto facilmente lo spauracchio Mbappé. Per farlo la squadra parigina utilizzava soprattutto il grimaldello Vitinha, che da mezzala si alzava molto e cercava una posizione vicina al tridente, a volte quasi in mezzo tra Mbappé a sinistra e Kolo Muani centrale, così da ricevere dietro le linee di pressione. Questa posizione così alta di Vitinha ha aiutato il Milan nell'esecuzione del suo pressing, finché - dopo un piccolo aggiustamento - non ha dato il frutto sperato, creando i presupposti per il gol del vantaggio. Vitinha si allarga sulla fascia sinistra per ricevere, il movimento del portoghese chiama su di sé il terzino destro Kalulu e libera spazio per l'accentramento di Mbappé.

Una volta ricevuto in fascia, l’appoggio di Vitinha al centro porta alla conduzione di Zaïre-Emery, dopo il primo controllo che manda fuori strada Reijnders. Il centrocampista olandese prova anche a fare fallo sul ragazzo prodigio francese, ma non riesce a fermarlo e a impedirgli di far arrivare il pallone a Mbappé al limite dell’area, in una situazione di isolamento fronte alla porta. Con un talento come quello del francese, di fatto un’azione indifendibile e che infatti Tomori non riesce a sventare. In questo gol c'è tutto ciò che rende il PSG una squadra molto difficile da affrontare in questo momento: le idee di Luis Enrique, la spregiudicatezza di Zaïre-Emery e la voracità di Mbappé.

Dal gol in poi il Milan ha perso lucidità ed efficacia anche nell'esecuzione del suo pressing. Di certo ha continuato a fare una partita tecnicamente all'altezza, in primo luogo nella gestione del pallone. All'inizio del secondo tempo il Milan ha iniziato a sentire l'urgenza di dover recuperare il risultato. Il problema è che ci ha provato soprattutto attraverso dei lanci lunghi da dietro: al minuto 46 dal centro della difesa per l’incursione di Reijnders dietro la linea del PSG - un'azione sventata, seppur goffamente, da Donnarumma in anticipo. Al minuto 50 l'errore di valutazione di Pulisic che arriva da un lancio lungo di Maignan e che si risolve in un tiro complicato di Giroud ormai al lato della porta. L'attaccante americano non ha mai pensato di tirare e forse con un'esecuzione ben fatta avrebbe potuto anche avere un senso, ma sarebbe servita un'altra sensibilità tecnica e forse anche un attaccante più veloce per tagliare verso il centro per accorciare la traiettoria del passaggio.

In mezzo a queste due azioni c’è il gol annullato a Dembélé e quello assegnato a Kolo Muani. Sono meno di 10 minuti che rappresentano bene come la foga del Milan porta sì a maggiore pericolosità, ma anche a una minore freddezza in termini di esecuzione dei gesti tecnici. Un'entropia che alla fine ha aiutato il PSG a portare la partita sui suoi binari. Il secondo gol subito è arrivato per una distrazione collettiva su un calcio d’angolo nato dopo una bella chiusura di Calabria su Mbappé; il gol annullato pochi minuti prima parte da un’azione in cui il Milan perde palla ed è mal posizionato su una rimessa laterale a favore sulla trequarti del PSG. Il Milan a livello di strategia di gioco sembra entrato in un vicolo cieco: il pressing alto gli permette di imporre il ritmo alla partita e creare problemi, anche all’uscita palla di una difesa forte come quella del PSG, ma questo la porta ad alzare i ritmi a un livello che non riesce a sostenere, diventando impreciso in termini di definizione della giocata, che sia l’ultimo passaggio o la conclusione. Questa sembra la principale causa della sua sterilità offensiva. Il Milan, in queste sfide di alto livello, riesce ad attaccare meglio quando ha molto spazio davanti a sé, facendo andare in verticale il pallone e correre le due ali (soprattutto Leao), ma per fare questo deve abbassare il proprio baricentro e rinunciare al pressing alto, adottando uno stile di gioco reattivo. D'altra parte, le sue partite migliori in Champions League la scorsa stagione (contro il Tottenham agli ottavi e il Napoli ai quarti) sono arrivate proprio così. Certo, adottare questo stile di gioco comporta anche lasciare il dominio del possesso all'avversario, dover mantenere al massimo livello la concentrazione e soprattutto trovare un altro sbocco centrale per le incursioni di una mezzala in area per non doversi affidare totalmente solo alle lune di Leao e Pulisic. Anche in questo caso il livello delle esecuzioni tecniche si deve alzare, perché ieri nessuna delle due ali del Milan è stata davvero efficace contro la difesa del PSG. Per battere una squadra come quella di Luis Enrique, semplicemente, non basta quanto visto a Parigi nella prima mezzora. Se vuole passare questo girone, il Milan deve alzare il livello.

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