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Perché De Sciglio
21 lug 2017
21 lug 2017
Ha interpretato il ruolo di terzino in molti modi diversi, alla Juve ritroverà l'allenatore che lo ha saputo valorizzare meglio.
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Foto di Claudio Villa / Getty Images
(foto) Foto di Claudio Villa / Getty Images
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La giornata nera vissuta lo scorso aprile, durante e dopo Milan-Empoli (sconfitta per 1-2 a San Siro) definisce in maniera chiara quanto fosse deteriorato il rapporto tra Mattia De Sciglio e i tifosi milanisti. Nel contesto di una partita molto negativa per il Milan, De Sciglio aveva offerto una prestazione piuttosto piatta, con soli 3 cross (tutti sbagliati), 2 tackle e nessun intercetto: al momento dell’uscita dal campo era stato letteralmente sommerso dai fischi. Se si aggiungono il contratto in scadenza nel 2018 e le prestazioni deludenti accumulate negli anni, non era difficile prevederne la cessione. E in un certo senso, anche se apparentemente può sembrare una contraddizione con quanto appena detto, non è stata neanche una sorpresa vederlo firmare per la Juventus. Tutte le parti in causa possono dirsi soddisfatte: De Sciglio ha l’occasione per rilanciarsi; il Milan ha incassato una cifra considerevole (12 milioni di euro più 500mila di bonus, indipendentemente da come si sia arrivati a questa valutazione); Massimiliano Allegri ritrova un terzino che ha saputo valorizzare come nessun altro allenatore passato sulla panchina del Milan. La sua prima stagione da titolare (2012/13) con Allegri in panchina, appunto, resta la migliore della carriera di De Sciglio. Non solo per la continuità nel rendimento, ma anche, più banalmente, per le presenze. A distanza di quattro anni può sembrare strano, ma De Sciglio non ha mai giocato tanto come nella sua prima stagione da titolare. Basta questo dato, in fondo, a dare l’idea dell’involuzione seguita agli esordi, quando il terzino sembrava poter diventare un pilastro del Milan e della Nazionale. Gli infortuni e il periodo di incertezza tecnica e tattica attraversato dal Milan hanno fatto la loro parte: De Sciglio ha giocato con sei allenatori diversi e sperimentato diverse interpretazioni del ruolo di terzino. Non sempre con risultati soddisfacenti.

Più che a dare ampiezza, De Sciglio è portato a entrare dentro il campo, anche quando gioca a destra.

De Sciglio ha avuto molte vite, per essere un terzino. Quella più canonica con Allegri, in cui forniva un riferimento sicuro per far uscire la palla dalla difesa e accompagnava l’azione con regolarità, ma partendo da una posizione bassa. Quella più offensiva con Seedorf, che faceva guadagnare ai terzini posizioni avanzate in tempi piuttosto rapidi, utilizzandoli anche per attaccare alle spalle le difese avversarie. Un cambiamento molto chiaro fin dalla prima partita con l’olandese in panchina, contro il Verona.

De Sciglio è alto sulla linea degli attaccanti, scatta in profondità e viene servito da Kaká.

Quella più prudente e orientata alle transizioni con Mihajlovic, che chiedeva ai terzini uscite aggressive e ricerca frequente dell’anticipo per guadagnare velocemente il possesso. Il tecnico serbo ha esaltato soprattutto le capacità di De Sciglio di leggere in anticipo il gioco, contribuendo a innalzare la sua media di intercetti a una quota mai toccata in carriera: 2,4 per 90 minuti. Quella più fluida e moderna con Montella, che l’ha utilizzato da “falso terzino”, facendolo entrare dentro il campo per facilitarne la gestione delle ripartenze avversarie più che per influire attivamente sulla manovra, e anche da terzo centrale difensivo per migliorare la prima costruzione contro le squadre schierate con due attaccanti. Va chiarito, forse, che De Sciglio è prima di tutto un talento difensivo: è cresciuto da difensore centrale e solo successivamente è stato allargato sulla fascia, per sfruttarne la velocità e la buona tecnica, che gli consente di giocare indifferentemente sui due lati del campo. In un’era di terzini registi e dalla vocazione sempre più offensiva, abituati a stare sempre più alti e ad attaccare con continuità, questa sua indole innanzitutto difensiva ha forse distorto la nostra percezione e può spiegare in parte le critiche e i giudizi trancianti sul suo conto. De Sciglio non ha mai avuto numeri offensivi eccezionali: il picco nelle occasioni create si ferma ad esempio all’1,26 per 90 minuti della stagione 2013/14; quello dei dribbling riusciti allo 0,93 per 90 minuti del 2012/13, la prima stagione da titolare. Negli anni, poi, i compiti affidati dagli allenatori l’hanno portato a diminuire il numero di cross: il punto massimo – 6,6 cross tentati per 90 minuti – l’ha raggiunto nel 2013/14, in cui sulla panchina del Milan si sono succeduti Allegri e Seedorf, i due allenatori che più di tutti ne hanno sollecitato il talento offensivo e l’hanno spinto ad attaccare con continuità. È nei dettagli difensivi che si possono notare le sue migliori qualità: il modo in cui difende il lato debole sui cross, lo stile impeccabile con cui affronta gli uno contro uno, con gli occhi fissi sulla palla e un tempismo naturale negli interventi. De Sciglio è un difensore di letture, più portato ad anticipare le intenzioni dell’avversario che al corpo a corpo, che per rendere ha bisogno di mantenere il livello massimo di concentrazione per tutta la partita: se viene saltato o perde l’uomo alle spalle non ha l’esplosività per recuperare rapidamente l’errore. Non è un caso che si sia esaltato in un sistema iperstrutturato come quello della Nazionale di Antonio Conte, che oltre a tenerlo costantemente in tensione gli ha dato riferimenti sicuri e giocate a memoria in grado di mascherare i suoi limiti creativi e la difficoltà a incidere individualmente sulla manovra. La Juventus inserisce nella propria rosa un terzino molto diverso da Dani Alves, regista aggiunto nella scorsa stagione; molto lontano dal tipo di strapotere tecnico e fisico che è in grado di sprigionare Alex Sandro e più difensivo rispetto a Lichtsteiner, abituato ad accompagnare con regolarità l’azione, sovrapponendosi e inserendosi alle spalle delle difese avversarie. Tuttavia l’arma in più di De Sciglio sarà la duttilità: che gli permette di giocare a destra o a sinistra e anche da difensore centrale all’occorrenza (l’attuale tecnico bianconero l’ha utilizzato in quel ruolo in un Milan-Siena del 2013), e che darà ad Allegri la possibilità di sperimentare diverse soluzioni. Riconquistare immediatamente la sua fiducia dovrebbe aiutare De Sciglio a recuperare i riferimenti persi in questi anni e, magari, chi lo sa, a esprimere finalmente tutto il suo potenziale.

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