Sono passati 32 anni da Italia ’90 e molti degli stadi delle "Notti Magiche" sono ancora fondamentali per lo svolgimento del calcio nel nostro Paese. Non in condizioni smaglianti, per usare un eufemismo. Eppure, a 32 anni dall’ultimo grande torneo calcistico ospitato e con diversi di quegli impianti ancora da ristrutturare, l’Italia è riuscita a portare a casa un Europeo: quello del 2032, il secondo in ordine cronologico tra quelli per cui la UEFA era alla ricerca di un organizzatore. L’edizione del 2028 vedrà sventolare la Union Jack in compagnia del tricolore irlandese, perché si giocherà in Inghilterra, Scozia, Galles, Irlanda del Nord e, appunto, Repubblica di Irlanda. Quella successiva, com'è noto, da Italia e Turchia.
Due Paesi lontani, da quasi tutti i punti di vista, ma che per motivi ben diversi, da anni, cercano di convincere le istituzioni del calcio continentale. Hanno ospitato finali di Champions League ed Europa League, d’altronde, e anche la gara inaugurale di Euro 2020 (nel caso dell’Italia), ma non un intero torneo. Per farcela hanno dovuto unire le forze, creando un precedente: mai un Europeo era stato disputato in due Paesi non confinanti, tralasciando il caso straordinario del torneo itinerante. Ma come si è arrivati a questa situazione?
Il video promozionale della candidatura italo-turca, realizzato chiedendo a ChatGPT di fare qualcosa con tutti gli stereotipi sui due Paesi (scherziamo).
Italia 2032: il problema stadi
«Abbiamo dovuto preparare un progetto con garanzie sugli stadi che non avevamo. C'era il rischio di non poter essere ammessi». Il motivo per cui l'Italia ha unito le forze con la Turchia per ospitare Euro 2032 era il segreto di Pulcinella da ben prima che il presidente della FIGC, Gabriele Gravina, prendesse parola in quel di Londra sulla candidatura congiunta del torneo. Le condizioni degli stadi italiani, dai più prestigiosi fino alle categorie inferiori, è tale da non poter ipotizzare l'organizzazione di una tale competizione senza uscire dai confini nazionali. Troppo vecchi gli impianti (gli stadi della Serie A hanno l'età media più alta tra tutti i cinque principali campionati europei), troppi lavori da svolgere, anche solo per rimodernare le strutture già esistenti. Troppi progetti rimasti fermi sulla carta per anni, a volte anche decenni, senza che sia stata posta una singola pietra. In una lista ipotetica di dieci città - e altrettanti stadi - dove disputare le partite dell'Europeo, solo l'Allianz Stadium di Torino (di proprietà della Juventus) non avrebbe richiesto interventi sostanziali. In tutte le altre, si va dalla creazione ex novo (la nuova Unipol Domus di Cagliari) alla ristrutturazione di impianti che esistono quantomeno dai tempi di Italia '90, se non prima.
Avere dieci stadi disponibili in cui ospitare le partite dell'Europeo ti costringe insomma a investire sui lavori in nove di questi. Ridurre il numero di impianti a cinque alleggerisce i costi, ma è comunque rischioso perché non si possono solo fare considerazioni di carattere economico. Pensate a San Siro: chi immaginerebbe mai un Europeo in Italia lontano dalla "Scala del calcio"? Com'è noto, da anni lo stadio di Milano è al centro di dibattiti (e polemiche) sul suo futuro, con Inter e Milan decise a investire su nuovi impianti. Se le tempistiche dovessero essere rispettate, entrambe le squadre avrebbero a disposizione i rispettivi stadi di proprietà per la stagione 2028/29. Per Euro 2032, dunque, San Siro potrebbe trovarsi già da anni senza inquilini, ma adeguato agli standard richiesti per il torneo.
Milano, insieme a Budapest, è candidata ad ospitare la finale di Champions League nel 2026 o nel 2027, quindi il rinnovamento potrebbe rendersi necessario prima del calcio d'inizio degli Europei. Se si considerano le valutazioni svolte sia dall’Inter che dal Milan, l’eventuale ristrutturazione avrebbe costi pari a 510 milioni di euro. Certo, siamo lontani dagli 1,3 miliardi preventivati per la costruzione di un nuovo stadio sulle ceneri del Meazza, ma comunque non poco per uno stadio che ha i problemi che conosciamo.
Il caso San Siro è chiaramente il più noto a livello mediatico. Non è il solo stadio, però, a necessitare di un restyling in vista del 2032. Allo Stadio Olimpico di Roma si sono già svolti alcuni lavori in previsione di Euro 2020, con lo stadio della Capitale che ha dato il via al torneo con la partita inaugurale tra Italia e Turchia, ma dopo 11 anni è probabile che vengano effettuati altri interventi (il ministro per lo sport e i giovani, Andrea Abodi, si è espresso chiaramente su un cambio della copertura dell'impianto romano).
Oltre a Roma, Milano e Torino, poi, andrebbero scelte altre due città con i rispettivi stadi. Per il Ferraris di Genova c'è in ballo un progetto da circa 70 milioni di euro. Per il Franchi di Firenze, dopo il bando comunale andato deserto a giugno (per un valore stimato di 170,5 milioni di euro) è stato consegnato un progetto per il restyling dell’impianto da 730 mila euro. Anche a Firenze, però, il tema stadio è spinoso, con il presidente della Fiorentina, Rocco Commisso, che è arrivato a definire il mancato accordo per un nuovo stadio il suo «più grande fallimento». A Bologna è stato presentato a luglio il progetto per lo stadio temporaneo in cui dovrà giocare il Bologna durante i lavori di ristrutturazione del Dall’Ara, che dovrebbero terminare nel 2027 e dovrebbero costare all’incirca 160 milioni di euro. Poi c'è il Diego Armando Maradona di Napoli, per il quale il Comune ha stanziato 2,4 milioni un anno fa per lavori destinati ai bagni e alla manutenzione dell’impianto, ma stando al sindaco Gaetano Manfredi i lavori per renderlo all’altezza di un evento del genere costerebbero quasi 200 milioni di euro, senza contare la questione relativa alla pista d'atletica che però non ha negato a Roma di ospitare Euro 2020 all'Olimpico. La pista d'atletica, d'altra parte, è presente anche in altri due impianti della shortlist, ovvero il Bentegodi di Verona e il San Nicola di Bari, dove si è disputata l'ultima partita ufficiale dell'Italia, nelle qualificazioni a Euro 2024 contro Malta.
Dover ristrutturare tutti questi impianti, o quantomeno contribuire al rinnovamento di questi stadi in toto, avrebbe avuto un peso rilevante sul piano economico per la candidatura italiana a Euro 2032. A marzo, quando la candidatura congiunta tra Italia e Turchia non era ancora stata avanzata, il ministro Abodi si era sbilanciato indicando una spesa «intorno a 1,5 miliardi» per tutti gli stadi previsti nel dossier.
Una stima sull’investimento con un Europeo in compartecipazione, invece, è difficile da fare. In primo luogo, perché non si sa ancora quali saranno gli stadi effettivamente scelti per le gare da disputare in Italia, ma anche perché l’elenco definitivo è atteso per il 2026. E prevedere cosa può succedere nell’arco dei prossimi tre anni è oggettivamente impossibile, specie quando si parla di calcio e di infrastrutture (che non saranno solamente gli stadi del torneo: a Roma si discute anche della possibilità di riqualificare il Flaminio per gli allenamenti delle squadre che parteciperanno al torneo). Di sicuro se la stima di partenza per Italia 2032 era di 1,5 miliardi di euro, quella per Italia-Turchia 2032 sarà inferiore, almeno sul fronte italiano.
Turchia 2032: l’ennesimo tentativo
Il beneficio ottenuto dall’Italia nell’unire le forze con la Turchia, dunque, è chiaro. Ma ai turchi, invece, serviva davvero un appoggio italiano per ospitare Euro 2032? La Turchia ha presentato la sua candidatura per ogni edizione degli Europei dal 2008 ad oggi, il che significa che per sei volte negli ultimi sei processi di selezione del Paese dove tenere il più importante torneo europeo per nazionali c’è stata una cartella con su scritto Türkiye, e per sei volte è stata scartata.
Nel 2002, la Turchia presentò una candidatura congiunta con la Grecia per ospitare Euro 2008, ma le venne preferita l'accoppiata Austria-Svizzera, che ebbe la meglio sull'Ungheria e sul quadrumvirato scandinavo composto da Danimarca, Finlandia, Norvegia e Svezia (sotto il nome di Nordic 2008), oltre ad una serie di altre candidature tagliate fuori prima della fase finale di selezione. Tre anni dopo, nel 2005, altro tentativo andato a vuoto per Euro 2012: la candidatura turca viene scartata al primo turno di votazioni con 6 voti a favore, solo uno in meno di Polonia e Ucraina che nel round finale ribaltano la situazione ritrovandosi con la maggioranza dei voti: 8, contro i 4 dell'Italia, che nel primo turno aveva raccolto 11 consensi.
Era il 31 maggio 2006: 17 anni e mezzo dopo, l’elenco degli stadi italiani è praticamente lo stesso di allora: con in più Palermo e Udine, oggi escluse dalla lista, ma come allora con Bari (San Nicola), Firenze (Franchi), Milano (San Siro), Napoli (San Paolo), Roma (Olimpico), Torino (Delle Alpi, ma c’era già il «progetto di nuovo stadio» che sarebbe poi diventato l’attuale Allianz Stadium), Bologna (Dall’Ara), Genova (Ferraris), Verona (Bentegodi) e Cagliari (su cui è impossibile aprire una parentesi in tema stadi senza scrivere un pezzo a parte).
La Turchia, che nel frattempo aveva ospitato una finale di Champions League (nel 2005, all’Atatürk di Istanbul), continua a cercare un grande evento da ospitare. Nel 2009 ci prova ancora per gli Europei, quelli del 2016, con Francia e Italia come concorrenti. La candidatura turca stavolta sembra essere davvero forte, ci sono progetti per stadi nuovi da costruire negli anni a seguire in aggiunta a quelli già pronti, inseriti in un piano di investimenti globale da 27 miliardi di euro. Al secondo round di votazioni, la Francia prende 7 voti e la Turchia 6. Non senza polemiche: il presidente della UEFA, al tempo, era il francese Michel Platini e l’allora CT turco Guus Hiddink non gliele mandò certo a dire. Per "Le Roi", che non ha fatto parte dei 13 membri votanti, è stata invece la dimostrazione «che la UEFA è democratica. Se il presidente fosse un despota, il risultato sarebbe stato 13-0».
La Turchia ci riproverà per Euro 2020, per la prima volta con un interesse ridimensionato, per via della candidatura di Istanbul come città ospitante dei Giochi Olimpici Estivi nello stesso anno (in quel caso alla fine verrà scelta Tokyo). Anche con la modifica del format dell’Europeo, che diverrà per la prima volta nella storia itinerante, la Turchia decide di farsi da parte dopo aver valutato la possibilità di candidare lo stadio Atatürk come sede della finalissima.
Gli sforzi vengono quindi concentrati tutti su Euro 2024, dove l’unica concorrente è la Germania. È un caso più unico che raro, quello di due dossier in cui gli stadi sono tutti già pronti. Al massimo, necessitano di qualche rinnovamento, oppure di un ampliamento (con il progetto per portare l’Atatürk oltre i 90mila posti a sedere). Nulla da fare anche stavolta: la Germania viene scelta con 12 voti a 4 e il prossimo Europeo si giocherà lì. Tocca a quel punto a Euro 2028, dove la grande favorita è la combo Inghilterra-Scozia-Galles-Irlanda del Nord-Irlanda, con l’Italia sullo sfondo. Il resto, come si dice, è storia.
Per la Turchia pesava quindi questo storico di candidature senza successo, e forse un'altra sconfitta sarebbe stata davvero troppo. Ma anche la possibilità di fare leva su un grande evento per riprendersi (almeno economicamente) dal disastro causato dal terremoto del 6 febbraio 2023, con danni stimati di 34 miliardi di dollari. Certo, avendo stadi all’avanguardia tra i 10 in shortlist e nessuno di questi danneggiati dal sisma (anche se tra le città in elenco c’è Gaziantep, una delle località che ha sofferto maggiormente gli effetti del terremoto), i costi dei lavori per l’Europeo non dovrebbero essere gli stessi ipotizzabili per l’Italia. Per di più se si riduce il conto delle strutture a cinque, magari tre di queste nella sola Istanbul: lo stadio meno capiente potrebbe ospitare fino a 47.800 spettatori (l’Ülker Stadium, casa del Fenerbahçe), seguito dagli oltre 52mila posti del Rams Park, in cui gioca il Galatasaray, fino all’Atatürk per il quale potrebbe tornare in auge la proposta di ampliamento, specie se l’intenzione è di far giocare lì la finale.
Comunque gli stadi turchi non vanno certo rinnovati o addirittura ricostruiti ex novo come quelli italiani. E con questi impianti, e l'aiuto della sempre più forte influenza italiana all'interno delle istituzioni sportive internazionali, la prospettiva di un Europeo condiviso alla fine ha fatto breccia anche in Turchia.