All’83' Italia-Argentina è entrata in quella fase in cui le partite diventano una palude di falli, nervosismo e tensione. La distanza tra l’attenzione e la freschezza fisica delle calciatrici è massima, e attraverso ci può passare il gol che ci manda storto l’esordio al Mondiale. Milena Bertolini deve aver pensato che in quella situazione l’esperienza avrebbe potuto fare la differenza e la conseguenza è stata togliere la giocatrice più giovane di tutta la rosa (Giulia Dragoni, 16 anni, appena 4 apparizioni in una massima serie) con quella più anziana (Cristiana Girelli, 33 anni, 96 presenze e 73 gol solo con la Juventus). Pochi minuti dopo, su uno strano cross di mezzo esterno di Boattin da lontanissimo, Girelli è saltata in testa alla sua diretta marcatrice e con un colpo di testa che sembra uscito direttamente dagli anni ‘90 ha superato la portiera argentina, Correa. Un gol che non risolve i problemi offensivi dell’Italia, ma che la mette comoda in vista del secondo confronto con la Svezia. I Mondiali sono anche questo, la fiducia si può costruire partita dopo partita.
La lezione degli ultimi 10 minuti di questa partita, ovvero che le giocatrici più talentuose ed esperte sanno come si fa quando le cose si fanno difficili, non dovrebbe però cancellare quella che ci avevano restituito i restanti 80. L’Italia sta vivendo un complicato periodo di rinnovamento; intorno alla squadra, nonostante la crescita recente del calcio femminile, per paradosso c’è meno entusiasmo di qualche anno fa; e in questa situazione difficile Milena Bertolini all’esordio contro un’avversaria ostica come l’Argentina in mezzo al campo ha fatto esordire una giocatrice di 16 anni, Giulia Dragoni. Solo scendendo in campo dal primo minuto Dragoni ha fatto segnare diversi record di precocità, come quello di persona più giovane di sempre a rappresentare l’Italia in un Mondiale (battendo anche il record maschile, che era detenuto da Beppe Bergomi da 41 anni).
L’aspetto insieme paradossale e significativo della storia di Giulia Dragoni è che, nonostante questo, ieri non è riuscita a battere il record di precocità per l’esordio nella Nazionale femminile, che invece rimane saldo nelle mani di Carolina Morace da quando, nel 1978, entrò in campo con la maglia azzurra ad appena 14 anni. Ovviamente Morace aveva un talento straordinario e ha scritto la storia del calcio femminile italiano ma il punto qui non è misurare il talento in base a quanto presto si è riusciti a giocare una partita ufficiale con la maglia dell’Italia, quanto prendere queste due storie per rendersi conto di quanto è cambiato il contesto intorno. Carolina Morace esordì in un’amichevole a Napoli contro la Jugoslavia, in un calcio femminile che ancora non prevedeva ufficialmente dei Mondiali; Giulia Dragoni esordisce nella nona edizione dei Mondiali, in un calcio femminile che è ormai quasi del tutto professionalizzato, con tanto di primavere, seconde squadre e staff tecnici. Il suo esordio è stato inaspettato, e ha fatto notizia.
Questo non vuol dire che la scelta di schierarla dal primo minuto sia stata casuale. Giulia Dragoni è quella che viene definita una predestinata. Già a 11 anni giocava con i bambini e non certo per gentile concessione. Secondo la Gazzetta dello Sport in quegli anni fa letteralmente piangere i ragazzini con i suoi dribbling, o litigare per decidere chi dovesse marcarla. Su internet si trova un suo video mentre gioca con gli esordienti della Pro Sesto: la si vede trasformare un complicato pallone alto nei pressi della linea del fallo laterale in un doppio sombrero, inventare un filtrante in profondità, recuperare un pallone in pressing alto. Sembra un’adulta in mezzo a tanti bambini.
Nell’estate del 2020 passa definitivamente all’Inter, che l’aggrega alla propria Primavera quando non ha ancora 14 anni. Nei test fisici che convincono il club milanese a prendere questa decisione dà risultati strabilianti, soprattutto perché è tre o addirittura quattro anni più giovane delle sue compagne. Nella stagione successiva partecipa al campionato contribuendo al buon rendimento della squadra. Nella finale terzo-quarto posto vinta contro la Fiorentina è una delle giocatrici nerazzurre a trasformare i rigori.
All’inizio della stagione appena passata l’Inter la aggrega alla prima squadra, che invece centellina le sue presenze nel finale del 2022. Prima 16 minuti contro la Fiorentina, poi 24 contro il Parma, 33 contro la Juventus, infine 15 contro il Pomigliano. Sembra l’antipasto di una seconda metà stagione da titolare e invece il 31 gennaio del 2023 il Barcellona le fa l’offerta che non può rifiutare. Come funziona in questi casi? Al Barcellona sono bastati i quattro scampoli giocati con la maglia nerazzurra o il club blaugrana è già al livello da potersi permettere degli scout nelle primavere femminili? Giulia Dragoni diventa la prima donna non spagnola ad entrare nella Masia, il gioiello più giovane di una campagna acquisti che sta cercando di rastrellare i migliori talenti anche fuori dalla Spagna (dove ha acquistato Vicky López e Salma Paralluelo).
Nella sua prima intervista da giocatrice blaugrana, chiusa nell’enorme piumino del Barcellona, ha un’aria molto professionale quando dice che: «Le compagne mi hanno accolto come delle sorelle». A Barcellona ha giocato 10 partite nella squadra B, segnando 4 gol, mettendo in mostra una velocità con e senza il pallone fuori scala persino per un contesto di alto livello come quello della squadra catalana. Nel secondo di questi l’ultima difensora su una palla uscita fuori da un calcio d’angolo nemmeno si accorge che le sta venendo addosso per respingere il rilancio. La palla rimbalza nella trequarti avversaria completamente vuota e Dragoni riesce ad arrivare anche prima della portiera avversaria in uscita, bruciandola con un tocco d’esterno minimale ma elegante. Dragoni è stata anche inclusa in prima squadra, che tra le altre cose ha vinto la Champions League, senza però scendere mai in campo.
Il suo percorso rende insomma meno sorprendente la sua convocazione in Nazionale, mentre l'esordio dal primo minuto nella partita d'esordio nessuno davvero poteva aspettarselo. Pochi giorni prima della partita la stessa Dragoni diceva di non poter «avere aspettative perché sono qui per imparare». Eppure qualche segnale c’era stato. Dragoni aveva giocato tutti i secondi tempi di entrambe le amichevoli di preparazione, contro Marocco e Nuova Zelanda, mettendo in mostra un talento non scontato nemmeno per questo livello. Grande conduzione in velocità, controllo tecnico in corsa con entrambi i piedi, freddezza nel resistere alla pressione spalle alla porta, maturità nel sapere quando scendere a prendersi il pallone già in mediana. Tutte le caratteristiche che la rendono uno dei talenti più eccitanti di tutto il panorama europeo.
La stessa Dragoni, dopo la vittoria contro l’Argentina, ha fatto cadere la maschera (che per avere 16 anni sa portare incredibilmente bene) e ha ammesso che in realtà un po’ se l’aspettava. «La mister aveva provato delle cose in allenamento e quindi mi ero un pochino preparata». Di certo non sembrava avere «il cuore in gola», come ha detto nel post-partita, per il modo in cui ha giocato. Dragoni ha chiuso con il 91% dei passaggi riusciti (peggio solo di Elena Linari tra tutte e 22 le giocatrici in campo) e con ben 5 dribbling riusciti su 8, meno, tra le giocatrici italiane, solo di Boattin. Dragoni è però una mezzala e non ha la linea del fallo laterale a proteggerla alle spalle. In mezzo al campo il pallone scotta di più e perderlo può essere pericoloso. Anche in un esordio difficile, contro una squadra più ostica del previsto come l’Argentina, ha fatto vedere alcune delle sue cose. Per esempio un sombrero di controbalzo a eludere l’uscita in pressione di un’avversaria, con un tocco di punta di una leggerezza che in pochi possono permettersi.
A 16 anni Giulia Dragoni potrebbe già definirsi soddisfatta, passare le giornate a guardare i record sulla sua pagina Wikipedia. Per fortuna non sarà così e la sua storia è solo all’inizio. Alla sua età ha davvero tutta la vita davanti, come si dice, e non possiamo sapere cosa diventerà in futuro, se manterrà le promesse che il suo talento ha fatto. Ma adesso tutto questo non importa. Al di là di come andranno le cose, i record rimarranno, con tutta la loro importanza. La sua storia rimane rara, per adesso, anche se non unica, e a questo proposito bisognerebbe parlare anche dell'esordio dal primo minuto di Chiara Beccari (a 18 anni), o del fatto che incredibilmente non è la giocatrice più giovane ad aver esordito in questo Mondiale (questo record appartiene alla sud-coreana Casey Yu-jin Phair). In ogni caso l'importanza della sua storia non sta tanto nel talento che ha dimostrato fino ad adesso, quanto per il fatto che sia stato coltivato prima e riconosciuto poi, con un percorso che nel calcio maschile sarebbe considerato normale e che invece nel calcio femminile è un'eccezione. Speriamo che storie come la sua diventino sempre meno rare.