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Emanuele Atturo
Perché è importante la vittoria di Sinner a Toronto
14 ago 2023
14 ago 2023
È il primo Master 1000 della sua carriera.
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Emanuele Atturo
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Foto IMAGO / Icon Sportswire
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C’era più sollievo che gioia, infine, per Jannik Sinner, curvo sulla sua racchetta come l’animale che alla sera cammina con tre zampe dell’indovinello della sfinge. Sinner, però, è ancora lontano dalla vecchiaia: alla soglia dei ventidue anni è riuscito a conquistare il primo Master 1000 della sua carriera; è il più giovane italiano a riuscirci, eppure abbiamo come la percezione che questo titolo sia arrivato tardi. Nel sollievo con cui poi si rialza dalla racchetta e guarda un punto imprecisato del cielo di Toronto, come per disperdere nel nulla la pressione accumulata in questi giorni di torneo, giocati nell’insidiosa condizione del favorito, ma anche la pressione di questi ultimi anni. Anni in cui si è ritrovato spesso addosso il peso di dover vincere, soccombendo poi a questo dovere. «Senti la pressione del favorito?» hanno continuato a chiedergli durante questo strano torneo di Toronto, dove tutti i migliori perdevano inaspettatamente e a lui rimaneva quindi l’obbligo di non fallire. «Senti la pressione del favorito?» gli hanno chiesto prima della partita con Monfils, prima della semifinale con Tommy Paul, prima della finale contro Alex De Minaur.Gli facevano quella domanda e l’effetto non poteva che essere di aumentare la pressione sulle sue spalle; prosciugare la gioia che c’è nel percorso di un grande torneo, far restare solo il dovere. «Ho sentito la pressione, ma l’ho gestita bene» ha detto Sinner dopo la finale con De Minaur, vinta più o meno in scioltezza. Tribolando un minimo nel primo set, col ritmo da fondo dell’australiano, il timing pulito sulla palla, la sua rapidità di piedi, la sua solidità mentale; ma poi dilagando tra la fine del primo e il secondo. Sinner ha alzato la velocità dei suoi colpi, portandola su livelli ingestibili non solo per De Minaur, ma per qualsiasi essere umano tolti due o tre. La potenza con cui Sinner colpisce da fondo in certi momenti di trance è davvero qualcosa di inedito nel circuito. Certi dritti centrali, profondi e potenti da cui De Minaur pareva colpito come da un proiettile; quasi rinculava all’indietro, mentre provava a respingere in qualche modo la violenza dei colpi avversari. Sono momenti che stiamo imparando a conoscere delle partite di Jannik Sinner, quando il suo tennis sembra perdersi nell’invasamento del ritmo da fondo e cambia il paesaggio sonoro della partita. La palla inizia a fare il rumore di uno scoppio improvviso, di una piccola detonazione. Questi momenti terrificanti sono stati diversi nella finale di ieri. Il momento di questo dritto alato a incrociare, a cui segue una deliziosa volée di rovescio in controtempo. Il momento di questo rovescio incrociato che pare colpire a morte l’australiano. Il momento di queste tre, quattro, cinque accelerazioni ascensionali con cui ha conquistato un primo set labirintico.

Sinner ha avuto bisogno di tre break per vincere il primo set, e questo si può indicare come il principale difetto della sua partita: aver subito tutti quei ritorni di un De Minaur che negli ultimi giorni era sembrato davvero spiritato. Nel primo set Sinner è caduto, a tratti, nella trappola di scambi più lunghi e strategici. Gli avversari, però, esistono. De Minaur era un giocatore in palla, alla sua seconda settimana consecutiva in finale dopo Los Cabos. In queste due settimane è riuscito a battere Tommy Paul, Cameron Norrie, Taylor Fritz, Daniil Medvedev, Davidovich Fokina. Contro Sinner però l’australiano è andato subito in sofferenza al servizio. Nel primo set ha addirittura vinto più punti con la seconda palla che con la prima, aveva meno del 10% di servizi non risposti (contro il 30% circa ottenuto nelle altre partite). Questa vulnerabilità al servizio ha messo Sinner in una condizione mentale favorevole: sapeva di poter ottenere il break quando voleva; in più De Minaur volendo scambiare molto ha finito per mettere comunque in ritmo Sinner - che soffre invece i big server e altri giocatori che gli spezzano i ritmi e mischiano le carte. Ci aveva giocato altre 4 volte in carriera e per 4 volte lo aveva battuto, perdendo un solo set per strada. Era una finale comoda, specie in un Master 1000, ma nel tennis è importante non mancare le proprie occasioni, anche nei bivi apparentemente più banali che una carriera propone. De Minaur è da questa settimana numero dodici del mondo, ma la differenza con Sinner - che da oggi è numero 6 - è sembrata gigantesca, incolmabile. Una differenza fisica, tecnica, mentale, di pure possibilità tennistiche. Si dice che Sinner sia bravo soprattutto a battere i giocatori con una classifica peggiore della sua, ma di sicuro quelli che l’hanno migliore stanno diventando ormai pochi.Toronto era un torneo insidioso, perché era il primo della stagione sul cemento americano e perché i tennisti ci arrivavano magari con le gambe pesanti in previsione degli US Open. Ci si potevano aspettare sorprese, e Alcaraz e Medvedev sono le teste più nobili a essere cadute. In loro assenza esiste la tentazione di sminuire la vittoria di Sinner perché il suo cammino sarebbe stato relativamente agevole. Per vincere però ha dovuto battere, oltre a un indemoniato Monfils, proprio i due carnefici di Alcaraz e Medvedev, ovvero Tommy Paul e De Minaur. Averli battuti con quella relativa facilità, pur col peso del favorito, certifica i progressi fatti da Sinner nell’ultimo anno e mezzo. Progressi forse non del tutto apprezzati perché non avevano portato a titoli rilevanti. Il suo problema, di recente, era infatti di non aver lasciato tracce rilevanti, concrete, di questi miglioramenti, e del talento immenso di cui si dispone. Se giocava grandi tornei, vinceva grandi partite, ma non alzava trofei allora forse il suo talento era in realtà un illusione? Per questi motivi il titolo a Toronto ha questa importanza simbolica, per il pubblico italiano, nonostante il fatto che Sinner non avrebbe bisogno di dimostrare di essere di una pasta diversa rispetto agli altri nostri giocatori, presenti e passati (senza andare troppo indietro nel tempo). È già il terzo tennista italiano più titolato di sempre e a soli 22 anni promette di scalare questa classifica molto presto.La percezione che questo titolo Master 1000 sia arrivato tardi per Sinner la dice lunga sul suo talento, ma anche sulle aspettative che gli abbiamo cucito addosso. Dopo la sua sconfitta a Wimbledon contro Novak Djokovic avevo scritto un articolo per orientarsi con ottimismo nelle sconfitte che Sinner ha cominciato ad accumulare nelle partite importanti, fermandosi sempre sulla soglia dell’autentica grandezza. È stato letto da molti come un articolo severo (anche se non credo lo fosse) soprattutto perché partiva da premesse severe, e cioè che il talento di Sinner è già oggi vicino a quello dei migliori al mondo. È vicino a permettergli di vincere uno Slam, per esempio, anche se tuttora non si capisce quanto vicino. Nella dimensione mentale è chiaro che Sinner abbia ancora dei margini di miglioramento, per fare un esempio. Lo ha ammesso lui stesso ai microfoni questa settimana: «La parte mentale è la più importante del gioco. Quest’anno ho fatto errori da questo punto di vista. Per esempio, al Roland Garros. Lì ho avuto la mentalità sbagliata. Ma dagli errori ho imparato qualcosa. Ora mi sento molto bene a livello mentale. Ovviamente posso fare ancora meglio, impari molto anche in allenamento, quando sei stanco o senti dei dolori. Devi saper sopportare queste cose perché accadono anche in partita. Si può lavorare un sacco su questo». Sinner a Toronto ha dimostrato di saper gestire le avversità mentali nella partita impiastricciata con Monfils, che forse in altri momenti avrebbe perso; ha convissuto in campo con un vento che per caratteristiche dà molto fastidio al suo tennis. Ha giocato con la pressione del favorito senza tremare, dimostrandosi insomma più pronto a vincere di quanto sia stato in passato. Più pronto di due anni fa, quando a Miami aveva perso la sua prima finale 1000 contro l’amico Hubert Hurkacz, dove aveva mostrato dei limiti che oggi paiono in buona parte superati. Più pronto della dolorosissima semifinale di Montecarlo persa da Rune, quando aveva perso pur giocando in sostanza meglio del suo avversario.

Se volete farvi del male, riguardatevi il modo in cui Holger Rune ha pian piano fottuto mentalmente il nostro Jannik.

Nonostante il grande sollievo finale, questo torneo di Toronto è stato vinto da Sinner senza grandi patimenti, con davvero poca epica. Una certificazione disinvolta della sua superiorità, avvenuta però in uno dei tornei più importanti del circuito, per dire quanto è forte. Il tennis tre su cinque è un altro sport, arriveranno avversari che daranno a Sinner problemi più spinosi. Il servizio, nonostante i miglioramenti, è ancora distante dall’élite mondiale. La strada, si dice sempre, è ancora lunga, ma da ieri lo sembra un po’ meno.

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