L'Ultimo Uomo

  • Calcio
  • NBA
  • Sport
  • Fondamentali
  • Expected Goals
  • Calcio
  • NBA
  • Sport
  • Fondamentali
  • Expected Goals
  • Chi siamo
  • Le Firme
  • Archivio
  • Newsletter
  • Sponsor
  • Long-Form
© Alkemy. Made with love
Informativa Cookies
Foto di Lars Barons / Getty Images
Calcio Mattia Pianezzi 3 marzo 2018 4'

Perché alcuni grandi attaccanti non sono anche grandi rigoristi?

Alberto ci ha chiesto di un’apparente contraddizione. Risponde Mattia Pianezzi.

Condividi:

Cara redazione de l’Ultimo Uomo,

una domanda che mi faccio da tempo è: perché alcuni grandi attaccanti non sono grandi rigoristi?

 

Alberto

 

Risponde Mattia Pianezzi

 

Caro Alberto,

Gli attaccanti possono appartenere a due macrocategorie: quelli che sanno di avere una certa tecnica, e in seno a questa consapevolezza tecnica segnano; e quelli che invece sanno che devono segnare e quindi mettono al servizio del fine la propria tecnica. La sfumatura è sottile, quindi la essenzializzo ancora di più: segno perché posso vs. segno perché devo. Non necessariamente i primi sono tecnicamente più portati dei secondi: è una questione di consapevolezza, che può essere impercettibile o cambiare poco rispetto alla tecnica in sé (se non sai fare un passaggio lungo, anche se credi di poterlo fare, non ti riesce).
Quando si parla di rigori però le cose si complicano. Se una creatura extradimensionale arrivasse sulla terra e mi chiedesse una diapositiva del gioco del pallone probabilmente gli mostrerei un’istantanea di un rigore: è in qualche modo il gesto calcistico più rarefatto, o comunque quello in cui si semplifica meglio lo scopo di questo sport. Il penalty è praticamente un gesto tecnico puro, a cui si aggiungono vari strati di giochi psicologici, ansie e tensioni, per cui l’utilizzo consapevole dei propri mezzi è fondamentale. Zaza e Pellè, per dirne due, non hanno segnato nei fatidici calci di rigore contro la Germania ad Euro 2016 perché pensavano che dovevano segnare; non che, visti i mezzi tecnici, balistici e la chiara, crudele disparità tra portiere e tiratore che rende il rigore più simile ad una violenza che ad un duello, potevano farlo.

 

L’autoefficacia percepita svolge un ruolo fondamentale. In sostanza, la sicurezza e consapevolezza dei propri mezzi dal dischetto in relazione alla situazione e al peso della realizzazione stessa, decreta la riuscita o meno del gesto tecnico. Un grande attaccante con un enorme fiuto del gol “naturale” e famelico sotto porta può farsi prendere dall’ansia quando ha più tempo per realizzare ciò che sta avvenendo; uno scarpone può avere vita più semplice perché riesce a focalizzarsi sull’atto.

 

Sono andato poi a cercare riscontri più tecnici alle mie supposizioni e ho scoperto un discreto sottobosco di analisi sportive dedicate esclusivamente ai rigori, atte a fare chiarezza quando il caos delle situazioni di gioco si concentra sui due singoli partecipanti al gesto. Mark Wilson, Greg Wood e Geir Jordet, professori impegnati in uno studio sui penalties per l’università di Liverpool, sono stati decisamente più rigorosi (eheh) di me nella loro relazione, ma le mie supposizioni preliminari non erano distanti dal risultato.

 

Il loro studio si basa principalmente sulla psiche del tiratore. Le parti fondamentali che nella psicologia di ogni rigorista si mettono in moto dipendono dalla percezione della propria contingenza (questo atto è casuale o dipende da me?), competenza (che abilità ho dal dischetto?) e controllo (nell’ansia di questo momento quanto posso controllare le mie abilità?). I rigoristi poi si dividono in tre categorie: chi sa già dove tirare, guarda un punto e tira là; chi guarda un punto e tira in un altro; chi aspetta di vedere le mosse del portiere e tira di conseguenza (insidioso e fattibile solo con una certa tecnica, e ci si ricorda di averla quando si è sul dischetto).

In tutte e tre le situazioni ha la sua parte ciò che alcuni studiosi chiamano il quiet eye, la capacità dello sguardo dell’atleta di restare focalizzato sull’azione che sta per compiere, predicendone preparazione, svolgimento e andamento. C’entra la consapevolezza spaziale: in sostanza l’occhio, lo sguardo, predice il movimento, l’obiettivo, gli ostacoli, la traiettoria, il cervello elabora e pianifica in microsecondi la soluzione migliore per raggiungere il proprio scopo.

 

Questa “visualizzazione” dell’evento prima che avvenga ha due grandi benefit: prima di tutto diminuisce le distrazioni “esterne” e impedisce al tiratore di guardare altre cose – come i portieri, che desiderano farsi guardare durante i calci di rigore, perché come quando guidi si tende a tirare dove si guarda (vedi Dudek, finale Champions League 2005), per non parlare di tutta la serie di trucchi per rendersi più grandi (intimidire) o più piccoli (far pensare di poter tirare meno angolato perché non ci si arriverebbe). In secondo luogo crea una barriera contro la tensione e non fa pensare alla possibilità dell’errore, vero nemico di chi tira i rigori e principale alleata della sindrome del braccino.

 

Prima di andare in cantina a sacrificare gattini al totem di Martin Palermo per sperare che i nostri beniamini riescano meglio dagli undici metri è giusto quindi considerare che ciò che differenzia un grande attaccante da un grande rigorista è la disposizione psicologica al rigore. Quindi, per tornare a noi: alcuni grandi attaccanti non sono grandi rigoristi perché dipende, in linea di massima, da che tipo di attaccanti sono e da come approcciano il gioco e il rigore stesso.

 

Non c’è una risposta semplice, ma mi piacerebbe comunque darla: l’importante, semplificando all’estremo, è essere un po’ coatti: “sentirsela calda”. I grandi rigoristi, consapevoli del gioco di tensioni e ansie, hanno sviluppato una routine di tiro dell’estrema punizione ben specifica, che serve a scaricare l’ansia da sé (magari metterla sul portiere) attraverso gesti codificati e conosciuti,  magari facendo passare il tempo sistemando il pallone, che è una mossa un po’ coatta se ci si pensa. Mentre ad alcuni calciatori viene facile essere coatti sempre (Cristiano Ronaldo, Ibrahimovic, Balotelli – uno che il primo rigore l’ha sbagliato a 23 anni) e ricevere liberazione solo dal gol o dalla vittoria perché sono matti, o fissati, altri dubitano di più e lo stress lo rilasciano comunque, anche con un errore.

Tags : la posta del cuoremario balotelli

Mattia Pianezzi scrive di pallone anche per Crampi Sportivi, di musica per Deer Waves e DUDE Mag, ispirato da Simon Reynolds e Zalayeta.

Condividi:
Carica i commenti ...

Iscriviti alla nostra newsletter

Ricevi "Stili di gioco" direttamente nel tuo inbox.

Potrebbero interessarti

Europa League Redazione 24'

Il bello dell’Europa League 2019 vol. 7

Il meglio dell’andata dei sedicesimi di finale della nostra coppa preferita.

Calcio Daniele Manusia 11'

Cosa non va nel modo in cui trattiamo Wanda Nara

Una riflessione sul modo in cui è stato raccontato il caso della fascia di capitano tolta a Icardi.

Calcio Emanuele Atturo 4'

La vicenda Icardi raccontata tramite i meme

Le quattro fasi della catastrofe.

Calcio Benedetto Giardina 11'

Di chi è il Palermo?

Riassunto della complicata vicenda societaria della squadra siciliana.

Serie A Emanuele Mongiardo 11'

Bakayoko dà, Bakayoko toglie

Sembrava una mossa di mercato sbagliata ma il centrocampista francese sta dimostrando invece tutta la sua utilità.

Dello stesso autore

Classificone Mattia Pianezzi 9'

I 5 migliori videogiochi sportivi per PlayStation I

Per i 25 anni dalla sua uscita sul mercato, abbiamo selezionato i migliori titoli sportivi per PlayStation I della nostra infanzia.

Calcio Mattia Pianezzi 11'

Le 10 migliori sviolinate del Gila

Dieci gol che rivelano in cosa era speciale il centravanti di Biella.

Classificone Mattia Pianezzi 8'

I primi amori non si scordano, edizione 2018

Christian Kouamé, Miha Zajc e altri colpi di fulmine di agosto.

Calcio Mattia Pianezzi 13'

Il ritorno del Principe

Kevin Prince Boateng è tornato in Italia, dove al Sassuolo proverà a portare l’esperienza maturata in questi anni fuori.

Guida alla Serie A 2018/19 Mattia Pianezzi 8'

7 feticci da prendere al Fantacalcio

Giocatori che non vi faranno vincere ma che dovreste comunque prendere nella vostra squadra.

I più letti del mese

Calcio Cosimo Rubino 13'

2019: l’anno in cui il Fantacalcio venne vietato per legge

Un gioco che era sfuggito di mano a tutti.

Classificone Emanuele Atturo 19'

Chi acquistare al mercato di riparazione del Fantacalcio

13 giocatori che potrebbero svoltare il vostro fantacalcio.

Calcio Daniele V. Morrone 9'

Che senso ha Boateng al Barcellona

Il Barcellona doveva colmare una lacuna nella rosa e Boateng ha delle caratteristiche che potrebbero tornare utili a Valverde.

Calcio Marco D'Ottavi e Emanuele Atturo 6'

#10 years challenge Serie A

Com’erano i calciatori del nostro campionato dieci anni fa.

Calcio Daniele V. Morrone 7'

2019: l’anno dell’unificazione tra Inter e Milan

Una squadra di Milano unita per dominare il mondo.

altro da la posta del cuore
Calcio Daniele V. Morrone 7'

Come funzionano le proprietà dei club in Spagna

Franco ci ha chiesto come funziona la proprietà dei club spagnoli. Risponde Daniele V. Morrone.

Calcio Angelo Andrea Pisani 6'

Qual è il livello tattico della Serie B

Giuseppe ci ha chiesto quanto conta la preparazione tattica nel campionato cadetto. Risponde Angelo Pisani.

ciclismo Umberto Preite Martinez 10'

Cosa si intende per “tattiche di gara” nel ciclismo

Carlo ci ha chiesto in che senso si parla di strategie collettive nel ciclismo. Risponde Umberto Preite Martinez.

altro da mario balotelli
Mondiale 2018 Fabio Barcellona 12'

Allora, come è andata l’Italia di Mancini?

In tre amichevoli il nuovo ct ha usato tantissimi giocatori diverse, e abbiamo visto tre squadre diverse.

Calcio Dario Saltari 9'

Top XI: Ligue 1

I migliori giocatori dell’ultima stagione del campionato francese, selezionati ruolo per ruolo (e tolti quelli del PSG).

Calcio Dario Saltari 7'

Come arriva il Nizza alla sfida col Napoli

La squadra di Lucien Favre ha sostituito diversi elementi chiave ed è ancora alla ricerca degli equilibri.