Dopo essere stato accostato alle panchine più diverse, dalla Serie A alla Premier League, alla fine Francesco Farioli è diventato il nuovo allenatore dell’Ajax. Nel video di presentazione lo vediamo scendere dalla macchina che lo porta alla Johan Cruyff ArenA con un completo scuro, la giacca a doppio petto e un sorriso tranquillo. A 35 anni è il momento più importante della sua carriera, e giustamente si è vestito di tutto punto per presentarsi al meglio ai suoi nuovi tifosi.
Pochi in Olanda sanno veramente chi sia, se non per sentito dire. Dall’Ajax viene presentato come un filosofo del calcio: "L'approccio di Farioli al calcio è influenzato dalla sua formazione filosofica. Da studente di filosofia di 23 anni, ha approfondito le opere di pensatori come Jean-Paul Sartre e Fëdor Dostoevskij. Considera il calcio più di un semplice gioco e si concentra sul suo ruolo nella nostra vita quotidiana. Il calcio come sport è un modo di vedere la vita, una filosofia in sé". Per pose, scelte delle foto e retorica, più che una presentazione di un allenatore, sembra quella di un autore di saggistica sul mondo contemporaneo. Le slide presenti sui social dell’Ajax sembrano estratti di un suo ipotetico libro in uscita, su quanto sia stato importante l’Ajax per la storia del calcio: «Il calcio che amo viene da qui», «Cruyff è stato uno di quelli che ha cambiato il calcio», «È soprattutto un 4-3-3, ma non sono importanti i numeri o la struttura, sono importanti i principi e i comportamenti», «L’Ajax è uno dei pochi club al mondo con un DNA chiaro».
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Farioli è la prima scelta importante del nuovo direttore tecnico dell'Ajax, Alex Kroes. Uno dei più importanti quotidiani olandesi, il Teelegraf, ha scritto che Kroes ha volutamente optato per una figura esterna al mondo Ajax, e che due figure influenti come Louis van Gaal e Danny Blind ritengono Farioli un rischio (ma anche che hanno dato anche la loro benedizione all’operazione). Kroes stesso ha definito la scelta di Farioli un rischio controllato. Il direttore tecnico è sembrato elogiare soprattutto il lato umano del tecnico italiano: «Francesco è un allenatore appassionato, che pensa tutto nei minimi dettagli e può trasmettere bene i suoi pensieri alla sua squadra. È un uomo intelligente e che può gestire bene il gruppo, che è anche una parte molto importante della professione. Tutto sommato, siamo convinti che sia adatto all’Ajax».
La storia dell'Ajax assomiglia a un susseguirsi di cicli più o meno vincenti della lunghezza del tutto imprevedibile, e il cui alternarsi è piuttosto violento. Succede persino quando le cose vanno bene, perché i maggiori talenti vengono venduti all'estero, ma in questo caso parliamo di una fase di ricostruzione a seguito di una crisi piuttosto seria. Come nel pianeta Trisolaris del Problema dei tre corpi, nascono civiltà intere che vengono spazzate via in brevissimo tempo, per poi ricostruire tutto daccapo come se fosse l’ordine naturale delle cose.
La questione per l’Ajax, quindi, non è mai chi vendere, ma come sostituire, perché tutti prima o poi lasceranno la squadra. È successo per le leggende, come per i giocatori minori. E dopo l’era dell’Ordine che con ten Hag ha permesso lo sviluppo di una civiltà che ha toccato vette paragonabili ai grandi Ajax del passato, ora l’era del Caos è una delle più devastanti della storia dell’Ajax.
I motivi societari sono vari e concatenati, e li ha già raccontati Alec Cordolcini in questo articolo di qualche settimana fa. Sul campo rimane una squadra che in pochi mesi ha perso tutto il vantaggio accumulato nei confronti delle rivali dirette negli anni di ten Hag, che ha chiuso terza a -13 dal Feyenoord campione nella stagione 2022/23 e addirittura quinta a -26 dal PSV campione nella stagione 2023/24. Un biennio che ha visto un susseguirsi di scelte sbagliate (a partire da quelle degli allenatori, ben 5) e umiliazioni tali (sconfitte prendendo prima 4 e poi 6 gol dal Feyenoord, e 5 gol dal PSV) da portare alla decisione più drastica possibile per una squadra come l’Ajax: prendere un allenatore non olandese. Strappare la pianta fin dalle radici e prendere piantare un bulbo non autoctono.
Per la prima volta dal 1997, quando il danese Morten Olsen ha ereditato la panchina da van Gaal, la squadra di Amsterdam avrà un allenatore che non è nato parlando la lingua dei canali e delle dighe. Una decisione estrema per una squadra che si pone fin dagli anni ‘60 come il simbolo stesso della scuola calcistica olandese e che quindi ha sempre visto questa misura come ultima spiaggia. Farioli, poi, è il primo allenatore italiano della sua storia. Certo, Farioli è un tecnico controculturale rispetto alla nostra tradizione, ma è comunque significativo, visto che la scuola tattica italiana è filosoficamente agli antipodi rispetto a quella olandese.
Anche per via della giovanissima età, Farioli fino al 2020 era noto solo a chi segue il calcio molto da vicino. Cresciuto come assistente di Roberto De Zerbi - con cui ha collaborato sia al Benevento che al Sassuolo, nello specifico come allenatore dei portieri - ha iniziato la sua carriera fuori dall’Italia (a proposito di scelte controculturali). Invece che iniziare dalle serie minori italiane, per allenare è andato in Turchia e, dopo un biennio lì, è passato poi questa stagione al Nizza in Ligue 1.
In molti associano Farioli al suo mentore, ma in realtà le differenze non sono poche, soprattutto fuori dal campo. De Zerbi appare subito come estremamente determinato, ma anche spigoloso in ogni gesto o dichiarazione, mentre Farioli è forse più sicuro di sé e al tempo stesso più conciliante. De Zerbi si sente maturo, pronto a prendersi la panchina più importante della sua carriera, Farioli pare stia ancora tastando con mano fin dove riesce a trasmettere sul campo. E quindi se De Zerbi aspetta la chiamata di una grande della Premier League, Farioli fa un passo al lato nella carriera: campionato meno in vista, ma comunque in una squadra più illustre del Nizza allenato questa stagione, oltre ovviamente alla possibilità più concreta di vincere un titolo.
Farioli alla sua prima stagione in una squadra di uno dei cinque principali campionati europei ha fatto molto bene, e non stupisce quindi che abbia suscitato dell'interesse anche in Serie A. Nella prima parte di stagione, da imbattuto, si è tolto diverse soddisfazioni, come per esempio battere il PSG, e il Monaco in trasferta nel derby della Costa Azzurra. Il suo Nizza faceva un gioco di posizione attento soprattutto a cosa faceva la squadra in uscita palla dalla difesa e quando non aveva il pallone. L’alternanza tra pressing ben eseguito e blocco medio molto attento gli permetteva di subire pochi gol. «Quando siamo arrivati, abbiamo trovato una squadra pronta sul piano difensivo. So che la volontà di non concedere è davvero nel loro DNA». Questo ha portato ad una versione più attenta di quanto forse si aspettassero in Francia, ma anche più solida.
Nel periodo invernale, in cui i risultati sono iniziati a calare, ha girato rumore in Francia la sua frase: «Quando il piano A non funziona, hai bisogno di un miglior piano A». Il calcio del Nizza in inverno è stato descritto come troppo col freno a mano tirato. "La struttura rigida e conservativa implementata da Farioli è stata la principale forza del Nizza, ma ora è diventata una debolezza", si può leggere sul Guardian "Con una mancanza di libertà e di iniziativa in fase di possesso che soffoca il potenziale d'attacco della squadra". Nonostante il calo di metà stagione, e delle aspettative che forse si erano alzate un po' troppo rispetto al reale valore della squadra, il suo Nizza ha tenuto botta chiudendo il campionato al quinto posto, valido per la qualificazione in Europa League. Un grande risultato. Il Nizza è stata la miglior difesa con 29 gol subiti, 4 in meno del PSG. Come aveva promesso Farioli ha rispettato quello che era secondo lui il DNA della squadra francese, pur interpretandolo col suo stile di gioco.
Farioli sembra molto attento a rispettare la storia delle squadre che allena, e ha reiterato l'importanza del DNA anche quando è arrivato all’Ajax. «Non è il momento di parlare di obiettivi, ma di visione e di cultura», ha detto nella conferenza stampa di presentazione, con una frase che ha fatto il giro dei media olandesi. Per l’Ajax l’obiettivo non è solo vincere, ma come arrivano queste vittorie. O per meglio dire, per l’Ajax il modo con cui si gioca è la ricetta per arrivare a qualcosa di più della vittoria: essere ricordati. E le parole di Farioli, in questo senso, sembrano aver toccato la corda giusta. Il Teelegraf, per esempio, ha scritto che se i giocatori mostreranno la stessa passione di Farioli nella sua introduzione alla stampa, l’Ajax farà una grande stagione.
La scommessa dell’Ajax è che proprio un allenatore straniero, che è cresciuto però studiando a menadito quel tipo di calcio, possa avere una marcia in più rispetto a chi crede di poterlo fare per linea di sangue. Così come Klopp è stato il più sacchiano degli allenatori contemporanei, molto più di qualsiasi tecnico italiano, allora perché l’allenatore dell’Ajax non può essere italiano? La speranza dei tifosi olandesi è che Farioli porti una nuova era dell’ordine.