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Francesco Casati
Pellegrinaggio a Green Bay
12 mar 2015
12 mar 2015
In mezzo al nulla del Midwest c'è una squadra che è lo specchio di una comunità e di un modo di vivere. Piccolo viaggio nell'universo emotivo e sportivo dei Green Bay Packers.
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Francesco Casati
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Provate a immaginare Ferdinando Mericoni, il famoso personaggio di Alberto Sordi in

, non nel 1954 ma oggi, nel 2015.

 

https://youtu.be/ikZgUHJys2s?t=1m26s

Non puoi mica combatte’ contro gli Ammericani!



 

Quante volte si è discusso di esportare il modello americano nella gestione delle leghe professionistiche per garantire sostenibilità economica? Una discussione ampia e ben articolata è davvero difficile da sviluppare, anche perché la maggior parte degli analisti fa sembrare il buon Nando un culturista del pensiero e non vede (o fa finta) che il successo di leghe come la NFL si basa sulla competitività delle squadre, rispettando il tetto salariale e dividendo gli utili in modo uguale. Siamo di fronte a una sorta di franchising, con la NFL attenta a selezionare le squadre in base a criteri di sostenibilità economica e popolazione locale. Proprio come una catena di negozi, anche le franchigie possono essere spostate se la zona non è redditizia. I duri e puri vedono in questo modello la fine delle tradizioni e delle rivalità: la morte del tifo e l’addio del legame territoriale con il club. Sono obiezioni che si reggono su un grosso malinteso: le vere tradizioni e le rivalità nello sport americano sono vive a livello di college. Le università non si trasferiscono, sono in ogni città, giocano in categorie diverse e rappresentano le realtà locali. I professionisti no, tranne qualche rara eccezione.

 



L'eccezione più incredibile dello sport professionistico si trova nel Wisconsin, a Green Bay per essere precisi. I Packers non hanno un proprietario, ma 112.158: ovvero tutti i tifosi che hanno acquisito una quota societaria da 200 dollari. L'ultima vendita avvenne nel 1997 e la rendita di queste azioni è, come dicono in America, zero, zip, nada; però gli azionisti possono partecipare ai meeting e hanno una ricevuta da esporre a casa o in ufficio. I Packers, proprio come se fossero un'organizzazione senza scopo di lucro, non distribuiscono dividendi. E allora come pagare il management, lo staff tecnico, i giocatori e un monte ingaggi di quasi 120 milioni di dollari?

 

Ci sono ovviamente i grandi sponsor e i diritti televisivi milionari, il merchandising funziona alla grande e nel bilancio della franchigia i biglietti dello stadio contano ancora qualcosa. Meglio un tifoso allo stadio che sul divano: un bello schiaffo in faccia ai puristi che criticano tanto il modello americano. Gli abbonati Packers non cambierebbero il loro posto sugli spalti per nulla al mondo, e non sono rari i casi in cui il diritto di prelazione viene inserito nel testamento per poterlo lasciare in eredità ai figli. La gioia di abbracciare i propri idoli che saltano sugli spalti per festeggiare con i tifosi è impagabile. Una tradizione iniziata nel 1993, quando la safety LeRoy Butler riportò un intercetto in touchdown/fumble e decise di buttarsi tra la folla. Esultanza da quel momento diventata un marchio di fabbrica dei Packers.

 

https://www.youtube.com/watch?v=MRy-D45Yf_s

 

Vedere una partita dal vivo al Lambeau Field è un sogno che ogni appassionato di sport dovrebbe poter realizzare prima o poi, magari in una sfida sentita come quella contro i Chicago Bears. Ogni partita casalinga è un'occasione per fare festa di fronte alla statua di Vince Lombardi. Coach Lombardi è la quintessenza del football: 5 i titoli vinti negli anni 60 con i Packers, che però sono solo una minima parte del suo contributo a questo sport. Italoamericano di Brooklyn, sopravvissuto alla grande depressione, riuscì a valorizzare l'etica del lavoro come nessun altro allenatore. Il trofeo del Super Bowl porta il suo nome e a Green Bay la sua famosa frase: «Winners never quit and quitters never win» è un comandamento scolpito nella pietra.

 



 

Il costo dei biglietti è un filo più basso della media NFL, ma sono davvero difficili da trovare a causa dei tanti abbonati e della domanda molta alta. Bisogna quindi optare per siti di rivendita dove c'è un sovrapprezzo da pagare. In compenso il parcheggio dello stadio costa solo 15 dollari, che per gli standard americani è veramente poco; il pollo che scrive ha speso quasi 30 dollari di parcheggio a Los Angeles al Farmers Market, una specie di mercato dove mangiare e degustare un po' di tutto. L'atmosfera all'esterno dello stadio è incredibile, chi viene da fuori ne resta stregato. Sembra quasi di assistere a una partita di college football o a una finale liceale: i parcheggi si riempiono di barbecue e di colori, le famose teste di formaggio sono ovunque e tutte con la maglia dei loro pupilli e fanno capire bene l'amore degli americani per i souvenir e la totale assenza di propensione al risparmio di questo popolo.

 



Teste di formaggio è una traduzione letterale, ma il termine “cheesehead” non indica soltanto i tifosi di Green Bay, ma tutti gli abitanti del Wisconsin, chiamati così per l'enorme volume di produzione di formaggio nello Stato, il classico cheddar che si trova negli hamburger. Invece i Packers non sono altro che gli imballatori, un po' come gli Steelers, che devono il loro nome alla città industriale di Pittsburgh, che prima della grande recessione degli anni 70 era leader nella produzione di acciaio.

 

Ho chiesto un racconto dell’atmosfera a

, che conosce molto bene il Midwest e gli spalti del Lambeau Field: «Dalle gradinate dello stadio dei Green Bay Packers non si riesce a vedere nessun altro edificio cittadino. Non è insomma come stare seduti nei posti da straccioni del Comiskey Park di Chicago, dove girando lo sguardo a destra compare nella (breve) distanza, maestoso nella sua struttura da Morte Nera distribuita in verticale, la Willis Tower. Per forza: nessun palazzo, a Green Bay, è più alto dello stadio, che si è innalzato ulteriormente dopo l’ultimo allargamento completato due anni fa, con file di posti a sedere dotate di un sistema di riscaldamento a bassa intensità che scioglie la neve al contatto, permettendo così al club di non doversi mai preoccupare di mandare gente a spalare lassù, ma solo nella parte di stadio più vicina al campo. In queste settimane si sta rinnovando il cosiddetto Atrium, una sorta di piazza al coperto che ospita il pub chiamato Curly’s (da Earl “Curly” Lambeau fondatore e primo allenatore dei Packers), che sarà più grande, anche grazie alla disponibilità di terreno circostante: l’estate scorsa il club ha raso al suolo alcuni piccoli edifici situati su terreni di sua proprietà proprio allo scopo di avere ancora maggiore respiro attorno a sé. Uno che abbia visitato il luogo si chiede: ma ne avevano proprio bisogno? Perché nella fetta a sud ovest del centro della città, a ridosso di quello che amministrativamente è già il paesino di Ashwaubenon, i Packers e Lambeau Field dominano già scenario ed ettari. Lo stadio, ma anche l’enorme parcheggio antistante; al di là della strada, il Don Hutson Center, dove la squadra si allena nei giorni di tempo insostenibile, e a ridosso il campo in erba per gli allenamenti all’aperto. Di fronte, il Resch Center, modernissima arena per sport al coperto e spettacoli vari, divisa da un bizzarro memoriale ai reduci di tutte le guerre. Insomma, una sorta di città nella città, che non pareva avere bisogno di espandersi, e l’ha comunque fatto a proprie spese, senza gravare sul bilancio comunale. Del resto i cittadini pagano indirettamente, se soci/azionisti del club, ma si tratta in questo caso di un contributo volontario, ed è tutt’altra cosa».

 



Il quadro è completo con l'omaggio a 5 grandi giocatori: Don Hutson, Tony Canadeo, Bart Starr, Ray Nitschke, e Reggie White, con i banner e i numeri ritirati. In attesa che anche i dissapori con Brett Favre cadano nel dimenticatoio e ci sia il suo numero 4 di fianco al ministro della difesa Reggie White. Perché i Packers sono una squadra che vive di cicli e riesce a rinnovarsi costantemente, con i propri tifosi al fianco nella "gelata tundra" (questo il soprannome dello stadio). Gli ultimi due cicli hanno visto il passaggio di testimone da Favre ad Aaron Rodgers e, come già detto in altre occasioni, sono stati bravi i Packers a cambiare al momento giusto.

 



 

Aaron Rodgers non è solo l'MVP di questa ultima stagione, è anche il fuoriclasse assoluto in grado di avvicinare i più piccoli a questo sport. Il suo gioco è paragonabile a una forma d’arte, soprattutto per la capacità di far sembrare tutto facile e di coinvolgere tutti i compagni. Quando anche Eddie Lacy, il running back ariete in stile Jerome Bettis, è in partita, l'attacco dei Packers diventa uno spettacolo assoluto. Il tackle Bryan Bulaga, in scadenza di contratto, ha sorpreso tutti rimanendo ai Packers per cifre più basse del suo valore di mercato, ma come dice lui «quando blocchi per il miglior quarterback della lega, la domenica ti diverti».

 

Tradizione, legame con la comunità e continuità sono le basi ancora oggi nel rinnovare la squadra. Il General Manager Ted Thompson, nominato nel 2005, è uno della "vecchia scuola". Dopo una decorosa carriera da linebacker ha iniziato a lavorare nel front office partendo dal basso: scout nel 1992, girando in lungo e in largo gli States, vedendo migliaia di allenamenti e partite e compilando innumerevoli pile di report sui prospetti (tutto senza la tecnologia che abbiamo a disposizione oggi e, a dir la verità, continua a prendere appunti alla vecchia maniera, senza tablet e applicazioni speciali). Nel 2006 ha assunto come head coach Mike McCarthy, una brillante mente offensiva formatasi prima in casa e, successivamente, a New Orleans e San Francisco. Da allora i due sono legati come pane e burro.

 

McCarthy ha dimostrato lungo tutta la carriera attitudine verso il gioco d'attacco, mostrandosi innovativo sotto ogni aspetto. Però la sconfitta nel Championship con i Seattle Seahawks ha messo in discussione la sua personalità e il suo coraggio. I Packers non sono riusciti a convertire in touchdown 5 palle perse degli avversari, e hanno giocato l'ultimo quarto guardando solo il cronometro, scegliendo sempre la chiamata più scontata.

 

C'è da ricostruire la sua credibilità, e per farlo bisogna aspettare il primo snap della stagione, affidarsi al genio di Rodgers e alla fiducia di Thompson, che ha sempre sostenuto l'allenatore perché sono la continuità e la stabilità che fanno vincere i titoli.

 

Thompson e McCarthy sono assoluti sostenitori della teoria (plebiscitaria nelle franchigie vincenti) che le squadre si costruiscono col draft e con lo sviluppo dei giovani giocatori. I Packers dell'ultimo decennio sono stati coerenti a questa linea di pensiero: la maggioranza dei giocatori decisivi a roster arriva dal draft o è stata firmata come undrafted player all'uscita dal college.

 

I free agents firmati e provenienti da altre squadre sono tutti campioni che portano qualcosa di speciale all'interno dello spogliatoio e sul campo, i nomi più immediati sono Charles Woodson e Julius Peppers. Sono già iniziate le grandi manovre dell'off-season e ci sono tante decisioni da prendere. La prima è stata quella di dimenticare la sconfitta di Seattle e tagliare il tight end Brandon Bostick, autore dell'errore simbolo della sconfitta con Seattle: l'onside kick non controllato.

 



 

Spiace umanamente, perché Bostick potrebbe non avere una seconda possibilità, e sicuramente non avrà più la possibilità di giocare con Rodgers. Per motivi salariali sono stati tagliati i veterani A.J. Hawk e Brad Jones, una scelta che ha sorpreso soprattutto i giovani della squadra, ma che li ha messi subito di fronte alla realtà NFL. Altra scelta pragmatica è stata quella di non rinnovare B.J. Raji, tackle di spessore ma con più presenze in infermeria che in campo.

 

La firma di Randall Cobb, che pur di rimanere ai Packers ha rifiutato offerte più importanti sul piano economico, ha generato grande entusiasmo tra i tifosi. Insieme a Jordy Nelson è il ricevitore più importante dell'attacco e l'uomo dei terzi down.

 

In difesa invece c'è molto da fare. La linea difensiva è priva di un nose tackle di livello e, a parte Datone Jones, il livello del talento a disposizione è modesto. Possibile quindi che vi siano scelte al primo o secondo giro sulla linea difensiva. Altro reparto da rinforzare è quello dei linebacker che, a parte Peppers (un po' vecchiotto e con al massimo ancora due anni buoni) e Clay Matthews (che non terrorizza più i quarterback come una volta, ma legge il gioco con un secondo d'anticipo), non ha profondità né tantissimo talento.

 

Poi c'è Ha'Sean Clinton-Dix, detto "Ha Ha". La responsabile di questo soprannome è la nonna, mentre all'anagrafe la madre ha dato il meglio di sé. "Ha Ha" è destinato ad essere il volto della difesa e il prossimo personaggio dei Packers; e pensare che se non avesse realizzato il suo sogno sportivo molto probabilmente oggi sarebbe un poliziotto, perché da ragazzino ha combinato qualche casino di troppo e ne è uscito proprio con l'aiuto di agenti con uno spiccato lato umano. Come dice lui: «Hanno una brutta fama, proprio come noi giocatori di football. Però tra di loro ci sono persone speciali». "Ha Ha" è giovane ma ha vagonate di personalità, e sa rimediare in fretta agli errori. Nel suo primo anno ha messo a posto la secondaria e trovato subito grande intesa con un reparto più profondo di quel che sembra. Il suo linguaggio del corpo è anche più divertente del suo soprannome, e ha le qualità per coprire una porzione enorme di campo in una frazione di secondo. "Ha Ha" gioca con il 21 in onore di

, la safety più esaltante mai vista su un campo da football e passata a miglior vita nel 2007. Quando gli è stato chiesto di scegliere tre personaggi della storia o del presente con cui cenare ha risposto: «Datemi Sean Taylor e tenetevi pure gli altri due». Anche Clinton-Dix deve scrollarsi di dosso un brutto errore nel Championship sulla conversione da 2 punti di Seattle, ma i suoi intercetti e i suoi tackle hanno impressionato tutti.

 

https://www.youtube.com/watch?v=LP6kjaRKZmc

 



Secondo i dati dello Stato del Wisconsin, sono quasi 3 milioni i tifosi/appassionati di football che ogni anno visitano la città di Green Bay e lo stadio dei Packers, ma sarebbe più corretto ribaltare il punto di vista e affermare che ogni anno quasi 3 milioni di tifosi passano da Green Bay esclusivamente per vedere il Lambeau Field. Perché a Green Bay non c'è veramente nulla, se non la passione per i Packers e la cortesia della gente del Midwest. Provate ad aprire Google Maps, scrivete semplicemente Green Bay nella ricerca e poi cliccate su Street View. Sì, vi ritroverete virtualmente a Lombardi Ave di fronte al Lambeau Field, il centro vitale di Green Bay. Se i Packers sono un'eccezione nel panorama sportivo americano, le persone del Midwest con il loro calore riusciranno a farvi sentire a casa anche in uno dei punti più freddi degli Stati Uniti.

 

Resta l'attesa interminabile per la nuova stagione, con solo il draft come intermezzo. C'è voglia di portare i bambini in bici al training camp, perché a fine luglio i giocatori vanno e tornano dal campo di allenamento esclusivamente sulla bici dei bambini, proprio come succedeva nell'era di Vince Lombardi. Quando anche questa tradizione si rinnova vuol dire che la stagione sta per iniziare.

 



 

Roberto Gotta conosce così bene Green Bay al punto di averla visitata anche in off-season e sa bene come si affronta l'attesa per la nuova stagione.

 

«Il cuore che batte nel Lambeau Field pompa energia e calore—serve, qui, da ottobre ad aprile—a tutta la città, che non ha altri motivi per essere vissuta o visitata, sperduta com’è. Uno degli altri segni caratteristici del luogo del resto è la statua di un giocatore di football con la maglia dei Packers e il numero 80, l’ex stella Donald Driver, che campeggia di fronte a uno dei locali più caratteristici, la Titletown Brewing Company, dove stando seduti sul patio si può assistere al placido passaggio di treni merci, a non più di 10 metri di distanza, dato che il pub ha sede nell’edificio di un’antica fermata del treno passeggeri. Come luogo di aggregazione gastronomico-birraria, e considerando le inclinazioni locali verso il cibo non dietetico, aggiungiamo tre ristoranti: la Brett Favre Steakhouse, rimasta in voga nonostante l’addio controverso dell’ex eroe, e situata a una decina di minuti dallo stadio, oltre l’Hutson Center, con ambizione di qualità e l’omaggio del venerdì alla tradizione regionale della frittura di pesce (Friday Fish Fry, tanto per esaltare l’allitterazione); l’esilarante Blind Ref, locale dedicato “all’arbitro cieco”, e il misterioso Krolls West, che come il Blind Ref dista un lancio medio di Aaron Rodgers dai cancelli del Lambeau Field, e si distingue per i cimeli gialloverdi, per l’atmosfera anni Cinquanta, arredi e abbigliamento del personale compresi, e per un bizzarro servizio al tavolo che può anche essere... inesistente. Un campanello tipo portiere d’hotel permette di convocare camerieri e cameriere, che con fare variabile prendono l’ordine e ti portano il cibo, ma attenzione: se non si è specificato che con l’hamburger volete le patatine, l’hamburger arriva singolo, e non in un piatto ma avvolto nella stagnola. Tanto che potete anche mangiarlo per strada, volendo. Né si tratta di cinismo volto unicamente al profitto: tra le dimenticanze temporanee dello staff c’è anche quello di portarvi il conto. Poi è sempre pieno di gente che parla dei Packers, che accorcia la propria vita mangiando i deliziosi cheese curds, che sono il prodotto, in pezzetti da un morso e via, della prima fase di preparazione del formaggio cheddar, prima della stagionatura. Gommosi e appetitosi, vanno mangiati freschi (di norma vengono fritti) perché dopo pochi giorni perdono elasticità anche se conservati in frigo, e sono dunque un involontario manifesto contro la globalizzazione e la libera circolazione delle merci. Possono reggere (esperienza personale) 2-3 giorni se trasportati nel bagaglio in stiva e dunque esposti il meno possibile a temperature miti, ma se un amico vi invita a cena in Italia, vi promette cheese curds e, facendo i conti, verificate che è tornato dal Wisconsin da almeno 5 giorni, lasciate perdere. O andate direttamente a Green Bay, il posto del Nulla più bello di tutto lo sport».

 
 

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