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Francesco Lisanti
Pazienza
31 lug 2015
31 lug 2015
La Sampdoria sbaglia la prima partita della propria stagione ed è virtualmente fuori dall'Europa. Può essere colpa di Walter Zenga?
(di)
Francesco Lisanti
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Quando Zenga e il suo staff hanno visionato l’esordio in campionato del Vojvodina, in casa contro il Cukaricki, hanno assistito in serie: a un passaggio elementare che il terzino ha calciato sull’attaccante avversario, lanciandolo a rete; a tre difensori che in area di rigore hanno permesso all’unico avversario di girarsi e segnare; a un goffo tentativo del portiere di uscire palla al piede, conclusosi con la palla soffiatagli alle spalle e il terzo gol subito; a una marcatura blandissima su calcio di punizione, e un colpo di testa semplice nell’area piccola. Devono essersi detti che non c'era molto da temere. Ieri, però, le cose sono andate diversamente.

 

https://www.youtube.com/watch?v=cRiLOxr1hv0

Al Karadjordje Stadium di Novi Sad è finita 0-4. Dovrebbe ripetersi una prestazione del genere, perché la Sampdoria possa almeno sperare di strappare i supplementari.



 



Walter Zenga è un personaggio romanzesco. È stato un grande portiere, il migliore in Italia della sua generazione, ma viene ricordato quasi sempre per un unico errore: quello contro l'Argentina che ci è costato la finale del Mondiale ospitato in casa nel '90. Prima di provare ad allenare in Italia, è stato negli Stati Uniti, in Romania, in Serbia, in Turchia e negli Emirati Arabi. Ha ottenuto buoni risultati a Catania per poi fallire a Palermo e andare in Arabia Saudita e di nuovo negli Emirati Arabi. Al momento, non vince un trofeo da dieci anni.

 

Per chi provasse un minimo di empatia, ieri sera è stato difficilmente sostenibile, 

«È colpa mia», «Ma che c***o dici?», proposto dalla regia. Perché non c’è una ragione evidente per imputargli le responsabilità di un simile tracollo, se non la presa d’atto che nella gestione Mihajlovic non fosse mai successo nulla di simile.

 

Il modulo è rimasto sostanzialmente lo stesso, il 4-3-3 che Sinisa aveva

nel corso della stagione, ma con interpretazioni del gioco simili. I punti di riferimento anche, Éder largo a destra sulla stessa catena di Soriano, con Fernando davanti alla difesa (come Palombo l’anno scorso, ma con più qualità) e Barreto sul centro-sinistra.

 

Muriel era la punta centrale con libertà di movimento e Krsticic l’ala sinistra con compiti di offrire una linea di passaggio tagliando al centro e di ripiegamento in fase difensiva. La difesa ha giocato in linea a quattro con ampia delega alla circolazione della palla (anche per questo è stato preso Moisander), spesso con sviluppo lungo i terzini e verticalizzazione. Zenga non ha inventato nulla, nessuna soluzione creativa che rovinasse l’equilibrio trovato, ma è andato tutto storto.

 


La compattezza del Vojvodina in zona centrale e le difficoltà della Samp nello sviluppo del possesso. Le linee di passaggio a Fernando e Soriano sono chiuse, Barreto è troppo lontano, Éder fuori quadro è marcato dal terzino. Cassani sarà costretto al lancio lungo e alla palla persa.



 

La circolazione della palla, ad esempio, è stata lentissima, e i movimenti senza palla praticamente assenti. Ovvero, se nelle intenzioni doveva essere ancora “la Samp di Mihajlovic”, nei risultati è stata l’esatto opposto. La squadra super-intensa, super-aggressiva, super-verticale ha lasciato il posto a una squadra pigra e deconcentrata. La squadra che preferiva

per creare squilibri nelle difese avversarie, ieri non ha trovato neanche gli spazi in cui condurre la palla, sia per l’aggressività degli avversari, sia per un incalcolabile numero di movimenti sbagliati e incomprensioni.

 

Probabilmente Zenga ha voluto concedere ai calciatori una libertà di pensiero e decisione che non potevano permettersi per confermarsi ad alti livelli, ed è finito divorato nella morsa della perfetta interpretazione difensiva del 4-2-3-1 del Vojvodina.

 


La facilità con cui il Vojvodina controlla l’uscita della palla della Samp. Soriano corre incontro a Fernando permettendo addirittura ai serbi di alzare il baricentro, nessuno degli attaccanti si abbassa a ricevere. Il brasiliano opterà per un improbabile cambio di gioco su Zukanovic.



 



La condizione atletica è l’unico argomento spendibile per parlare di squadre come il Vojvodina, di cui si sa poco, e ormai appare come una scusante credibile solo a chi la immagini una dote imposta dall’alto sulla base di criteri mistici e insondabili. Il campionato serbo inizia esattamente un mese prima di quello italiano, è vero, ma la Sampdoria non l’ha scoperto ieri. Arrivare meno pronti ieri per essere in condizioni migliori più avanti nella stagione è stata una valutazione cosciente, un rischio che si è preferito correre. Al più si potrà discutere se ne sia valsa o meno la pena. Nessuno pensava che la Samp sarebbe dovuta essere al proprio meglio a fine luglio, sarebbe bastato arrivare all'appuntamento con l'Europa

.

 

I casi recenti di eliminazioni inattese nei preliminari di competizioni europee sembrano offrire un’indicazione abbastanza precisa. L’Inter dopo l’Helsingborgs affrontò un esonero e “la stagione dello 0-6”; il Chievo dopo il Levski Sofia fu eliminato anche al primo turno di Coppa UEFA e retrocesse; il Palermo dopo il Thun arrivò quintultimo e retrocesse l’anno successivo; la stessa Sampdoria dopo il Werder fu subito eliminata in Europa League e retrocesse; il Napoli ha vissuto tutto l’ultimo anno sull’orlo di una crisi di nervi dopo l'eliminazione prematura con il Bilbao.

 

L’unica squadra uscita indenne da due eliminazioni ai preliminari è stata l’Udinese, che ha raccolto un terzo e un quinto posto, ma che probabilmente può vantare un ambiente con molte pressioni in meno, in cui la frustrazione per l’insuccesso è stata smaltita più in fretta.

 




(0-1) Come non difendere in ampiezza. Lo sviluppo del gioco non è sofisticato, sovrapposizione del terzino, movimento a rientrare dell’ala e taglio del trequartista alle spalle del centrocampo, che però ha distanze improponibili e nessuna concentrazione nel controllare le marcature.



 

Un dubbio lecito da sollevare oggi è se, dopo un’intera stagione giocata sempre al limite delle proprie possibilità, ad altissima intensità e con la maniacale ossessione per le spaziature, magari molti giocatori siano spremuti, come già vagamente dimostrato nelle ultime giornate con Mihajlovic, e avrebbero preferito un’estate più rilassante invece di dover già essere competitivi il 30 di luglio.

 

In questo senso i primi due gol subiti dalla Sampdoria sono esemplari su come la mancanza di attenzione difensiva abbia condizionato la partita ben più della condizione atletica non ottimale, che comunque, va detto, aiuta a trovare quella sicurezza che ieri avevano solo i serbi.

 


(0-2) Come difendere in ampiezza. L’esterno più vicino corre in aiuto al mediano per raddoppiare la marcatura, l’esterno opposto corre a stringere il campo, il trequartista si abbassa a impedire il retropassaggio. Si crea una gabbia di pochi metri quadri, palla persa, verticalizzazione, gol.



 

Che poi il Vojvodina abbia corso il doppio della Samp è vero, ma non è giustificabile solo con la maggiore energia a disposizione. Un centrocampo con Fernando e Barreto è costituzionalmente compassato e facilmente aggredibile, e il supporto che poteva  dare in difesa il dinamismo di Krsticic (che a conti fatti non ha dato, visto che la Samp è stata sempre attaccata in transizione) era poi inutile in fase di possesso, dove la sua modesta dimensione tecnica gli impediva di partecipare alla manovra senza perdere palla già sul primo tocco.

 

È quello che succede in occasione del terzo gol. Prima Krsticic fa un movimento incomprensibile incontro al portatore di palla, Cassani, poi sul primo controllo non usa il corpo a protezione della palla nonostante la doppia aggressione, e perde il possesso in tempo zero. La Samp comunque avrebbe la difesa schierata, e il Vojvodina, come al solito col baricentro molto basso, davanti il solo Ozegovic. Siccome però è la gara delle decisioni sbagliate, Viviano corre incontro alla palla diagonalmente lasciando all’attaccante porzioni di porta che mai avrebbe immaginato di avere.

 

L’ultimo gol è una prodezza solitaria di Ozegovic, che corona una partita notevolissima nel delicato ruolo di unico riferimento offensivo in una squadra dal baricentro molto basso, ma è desolante l’immagine della difesa doriana che lo osserva esausta dribblare e calciare in area di rigore. Le motivazioni sono già venute a mancare sul finale di partita, un presagio inquietante che la Samp dovrà allontanare subito strappando almeno una vittoria orgogliosa in Serbia.

 


Da dove ripartire. In una delle rare letture di gioco felici, la Samp riesce a superare la prima linea di pressing del Vojvodina. È Fernando a intuire la possibilità di ricevere alle spalle e a verticalizzare immediatamente (ne nascerà un pessimo tiro di Krsticic). Può diventare il centrocampista ideale per le caratteristiche della Sampdoria.



 



Hanno brillato i giovanissimi Pankov (19 anni), Ivanic (21 anni) e Ozegovic (21 anni) nel Vojvodina, che salvo imprese sportive si appresta a superare il terzo turno preliminare e ad attendere il quarto e ultimo turno, in un travagliatissimo percorso verso i gironi di Europa League che ha un che di epico e un che di non necessario.

 

Altrettanto epica, nel senso di tradizione mitica, è la sfida che attende la Sampdoria. Quello che non era concesso agli eroi omerici, dovrà provare a farlo Walter Zenga: sfuggire al proprio destino, che sembra già segnato. Il preliminare bruciato in casa da favorita, la contestazione della tifoseria, le dimissioni invocate a furor di popolo dopo una (una!) partita ufficiale. Guardando a ritroso, situazioni del genere portano univocamente a un esonero prematuro e alla lotta per non retrocedere, ma la Samp ha in rosa il talento per uscirne. Quindi, al di là di ogni schizofrenia dirigenziale sempre possibile, converrà avere pazienza e affidarsi alle convinzioni dell’allenatore.

 
 

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