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È arrivato il momento di Paulo Costa "Borrachinha"
24 set 2020
24 set 2020
È pronto a raccogliere l'eredità di Anderson Silva fra i pesi medi?
(articolo)
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In Brasile avere un soprannome è la normalità. Ogni bambino a un certo punto diventa “Fenomeno” o “Aranha” o “Cebolinha”. Lo sappiamo bene perché i soprannomi rimangono attaccati anche quando i bambini crescono e magari diventano personaggi importanti, attori, atleti.

Spesso sono più nomignoli che soprannomi veri e propri, si rifanno all’infanzia, e se in alcuni casi finiscono per attaccarsi bene (Kakà, Pelè) in altri possono stonare, come per Paulo Costa conosciuto anche come Borrachinha, il piccolo elastico. Il fighter brasiliano deve questo soprannome al fratello maggiore, Carlos, con un passato nelle MMA, che tutti chiamavano Borracha, elastico appunto. Ma Paulo Costa è tutt’altro che piccolo e allora, forse, anche se meno poetico, il nuovo soprannome di The Eraser - l’Eliminatore - descrive meglio la violenza dei suoi colpi e la sua caparbietà.

Fino a nove anni d’età, il sogno di Paulo Costa era quello di diventare calciatore, almeno così racconta il fratello Carlos. La sua infanzia era scandita dalle partite di calcio in strada, interrotte dalle continue risse in cui si infilava e per le quali pareva invece avere una naturale predisposizione. «Una volta, a scuola», avrebbe poi raccontato in un’intervista a MMA Fighting, «ricordo che all’uscita c’erano qualcosa come venti persone che volevano picchiarmi. Ho corso tantissimo e mi sono nascosto in un supermercato. C’erano anche i poliziotti, roba da non crederci!».

Il padre di Costa desiderava che il figlio imparasse un po’ di disciplina, così decise di iscriverlo a una palestra di muay thai, pur contro l’iniziale parere della madre, che aveva paura che il figlio sarebbe diventato ancora più aggressivo. Le arti marziali diventano invece il modo per Borrachina di convogliare tutte le energie in una disciplina dove mostra presto un grande talento, evidenziato anche dalla competizione con il fratello maggiore Carlos, promessa nello ju jitsu.

Quando ha 17 anni, il padre muore per un cancro alla gola. Paulo lascia le arti marziali per dedicarsi solo al sollevamento pesi, una valvola di sfogo per lui da sempre. Così, mentre il fratello diventa cintura viola di ju jitsu e insegna in una palestra di Contagem, lui deve trovare un modo per aiutare economicamente la famiglia, che dopo la morte del padre ha difficoltà a sostenersi.

In quegli anni svolge i lavori più diversi come l’agente immobiliare e il professore di informatica, lavori che in futuro racconterà di aver apprezzato, ma che rallentano il suo percorso sportivo. A venirgli incontro è il fratello: «Andai a parlare con mia madre e le chiesi di aiutarci coi conti. Le dissi che Paulo aveva un dono, che era dotato, che aveva futuro in una delle migliori promotion mondiali, ma che avremmo dovuto aiutarlo subito». La famiglia fa un patto: Paulo avrebbe avuto un anno per tentare la strada verso il professionismo. Lui non si lascia sfuggire l'occasione e a Minas Gerais mette rapidamente insieme un record di tre vittorie per KO che colpiscono l'UFC. La promotion più importante delle MMA gli offre di partecipare alla terza stagione del reality The Ultimate Fighter: Brazil. Inserito nel Team Wanderlei (legato al fighter Wanderlei Silva) Costa vince il primo incontro finalizzando l’avversario, ma nel secondo soccombe per decisione non unanime contro Marcio Alexandre jr.

Per far parte dello show, Costa deve mantenere il peso sotto gli 84 chili, circostanza che lo rende debole: «Non riuscivo nemmeno a fare una dieta appropriata. Dovevo mantenere il peso basso e mi sentivo debole. Ho subito una sconfitta che non compare nel mio record ufficiale, ma mi ha fatto capire cosa significa perdere. È orribile. Farò di tutto perché non accada di nuovo».

In quel momento l’UFC non sembra così vicina, ma i due fratelli hanno grande fiducia. Carlos interrompe la sua carriera da fighter per diventare allenatore a tempo pieno del fratello e qualche mese dopo Paulo batte Wagner Silva, anche lui presente nel reality. È l’inizio di un percorso che lo porterà a essere uno dei più interessanti atleti di MMA brasiliani. In poco più di un anno raggiunge un record di 8-0 e si guadagna il titolo dei pesi medi Jungle Fight, vittoria che dovrebbe portarlo a combattere nell’evento di fine anno di Rizin FF (un’importante organizzazione giapponese di MMA). Costa investe tutto quello che ha per trasferirsi in Giappone e prepararsi al match, che però salta. È distrutto ma arriva la svolta: mentre attende notizie dalla promotion giapponese arriva la chiamata tanto attesa dell’UFC.

L’atleta che arriva all’esordio nella promotion a cui tutti ambiscono è incredibilmente cresciuto. Fino a quel momento Paulo Costa lasciava solo presagire quale poteva essere il suo sviluppo nel giusto contesto. Un fighter con uno stile aggressivo e potente, ma comunque mai macchinoso, appunto elastico, con un fisico statuario e muscoloso che lo rende temibile solo allo sguardo.

Costa è dotato di un allungo non propriamente enorme (183 cm, il corrispettivo della sua altezza), ma la sua forza sta nel movimento di testa, nella capacità di incassare e nell'utilizzare i primi due colpi non per far male ma per costruirsi la distanza ottimale, quella più corta, del clinch o al limite del pugilato, altra arma letale nell’arsenale del brasiliano. In poco tempo cresce nel ritmo, è chirurgico nelle combinazioni, non ha paura di rischiare per mettere in difficoltà gli avversari, che spesso vengono intimiditi dalla sua fisicità e dalla capacità di dettare il ritmo una volta raggiunta la distanza ottimale dello scambio. Il footwork verticale e, in rare occasioni, diagonale per tagliare le vie di fuga ai suoi avversari è quasi sempre di avanzamento. Costa non cerca il counterstriking, ma la collisione e l’incrocio, per dimostrare chi è il più duro, l’ultimo a rimanere in piedi.

Già prima del suo esordio contro Garreth McLellan, il brasiliano aveva previsto di poter diventare campione con quattro o cinque vittorie convincenti in UFC. In poco più di un quarto d’ora totale di combattimento, Paulo Costa ha messo KO Garreth McLellan, Oluwale Bamgbose, l’ex campione dei pesi welter Johny Hendricks e Uriah Hall. Vederlo affossare i suoi avversari equivale a vedere una trebbiatrice mietere il grano. Costa mette a segno cinque prestazioni feroci, che non lasciano scampo ai suoi avversari e che gli fanno guadagnare la fama di devastatore. Grazie a queste si guadagna il match contro il vero spauracchio della divisione dei pesi medi: il Soldato di Dio, Yoel Romero.

Chiunque abbia affrontato Yoel Romero - come Robert Whittaker o Israel Adesanya - ha dovuto un snaturarsi un po' per gestire la sconfinata potenza abbinata ad altrettanta agilità e precisione del cubano, un fighter dal QI altissimo.

È agosto 2019 quando, a UFC 241, il brasiliano affronta Romero. Gli assalti frontali dell’avversario nono intimoriscono Costa, che ha deciso di affrontare il cubano sul suo stesso terreno.

I primi trenta secondi dell’incontro sono concitati: Costa aggredisce in avanzamento, Romero è molto mobile, fa il torero e punge il brasiliano con un headkick. Quando però è ora di tentare l’atterramento, accade l’imprevedibile: Costa, che pare già sbilanciato, ribalta Romero e difende egregiamente il takedown.

Poco dopo, Costa centra Romero, che si accascia; il cubano si rimette subito in piedi e spalle a parete con un gancio atterra il brasiliano. Il cambio di rotta della contesa è così immediato che l’arena esplode e colora l’incontro di un’enfasi se possibile ancor più esagerata. Romero tenta di tenere giù Costa, ma il brasiliano ha un wrestling molto fisico e altrettanto tecnico.

Il repertorio di Costa è davvero vasto e dopo aver costretto Romero più volte durante il match spalle a parete, lo lavora con diversi montanti al corpo, diretti, calci circolari di una precisione millimetrica. Il ritmo è altissimo e, per quanto Romero possa rispondere colpo su colpo, è praticamente sempre spalle a parete a cercare il singolo colpo per ribaltare l’inerzia che non delle combinazioni. La condizione atletica dei due è spaventosa, ma se Romero è ancora relativamente fresco, Costa è un carro armato verticale; il brasiliano subisce alcuni colpi, alcuni anche pesanti, ma non batte ciglio, avanza e continua ad attaccare.

Sono tre riprese di una ferocia unica, anche quando arriva il fisiologico calo dell’intensità il copione rimane lo stesso: Costa insegue, Romero indietreggia. Nell’ultima il brasiliano sale di livello e grazie a ripetuti middle kick inizia a fiaccare la resistenza dell’avversario, che deve usare tutta la sua abilità da incassatore per non cedere. Alla fine dell’incontro i loro volti mostrano tutta l’intensità dello scontro: Costa sanguina dal naso, risultato di tutti i destri e sinistri portati dal Romero, che a sua volta è visibilmente segnato in viso. In termini di colpi, alla fine, il vantaggio sarà leggermente in favore del cubano, ma Costa avrà messo i colpi migliori, convincendo i giudici a dichiararlo vincitore per decisione unanime.

Il pubblico rumoreggia sulla decisione, ma Costa ha effettivamente fatto più del suo avversario. Subito dopo l’incontro esprime un desiderio: incontrare il campione, che in quel momento è Robert Whittaker. Da allora è passato un anno, Adesanya ha sconfitto Whittaker, ma già da prima, lui e Costa avevano iniziato a battibeccare su Twitter.

https://twitter.com/BorrachinhaMMA/status/1231323875520086016

Adesanya dà a Costa del “pallone dopato”, facendo illazioni circa l’assunzione di sostanze proibite da parte del brasiliano. I due si promettono di mettersi KO, velocemente si costruisce un hype mediatico intorno allo scontro. L’antipatia umana fra i due, in ogni caso, pare essere genuina.

I due dovrebbero incontrarsi a UFC 248, a marzo di quest’anno, ma Costa è costretto a fermarsi per operarsi al bicipite e il match salta. Ma non la rivalità: i due continuano a punzecchiarsi sui social anche quando Adesanya supera Romero, chiamato in sostituzione proprio del brasiliano. Il match fra i due è noioso e caratterizzato da un basso ritmo e numero di colpi e Costa ne approfitta per sottolinearlo.

A luglio, arriva finalmente la conferma: Israel Adesanya affronterà Paulo Costa il 26 settembre. In palio, il titolo dei pesi Medi UFC. Non si vedeva un match titolato in UFC fra imbattuti da quando Rashad Evans affrontò Lyoto Machida nel lontano 2009, a UFC 98. Undici anni nei quali lo sport ha subito una profonda trasformazione ed evoluzione.

L’ultimo campione dei pesi Medi brasiliano è stato anche il più importante nella storia della divisione, Anderson Silva. Un’eredità importante e Paulo Costa lo sa, promettendo di diventare il nuovo rappresentante della leva brasiliana.

Tra il dire e il fare c’è di mezzo un campione del mondo imbattuto, Israel Adesanya.

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