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Photo by Mark Blinch/NBAE via Getty Images
NBA Dario Costa 18 dicembre 2018 6'

Pascal Siakam, l’ago della bilancia

Nei lanciatissimi Raptors di Kawhi Leonard, a fare la differenza potrebbe essere l’ala camerunense.

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Al tavolo verde del mercato estivo, quando Masai Ujiri ha deciso di andare all-in contro il resto della NBA, è stato subito chiaro a tutti che il destino di Toronto sarebbe dipeso dal quadricipite destro e dagli umori di Kawhi Leonard. Inevitabilmente l’attenzione riservata al resto dei Raptors, già di norma abituati a restare lontano dai riflettori, si è limitata agli esercizi teorici sulla convivenza dell’ex-Spurs con Kyle Lowry e Serge Ibaka. Mentre le analisi estive si concentravano sulla legittimità del terzetto allo status di ‘Big Three’, requisito ormai necessario per potersi anche solo iscrivere alla lista di pretendenti al titolo, sotto la guida del neo-promosso Nick Nurse qualcosa stava cambiando.

 

La squadra, con Danny Green unica altra novità di rilievo, prendeva una forma diversa rispetto a quella che aveva pur sempre chiuso l’ultima regular season con il secondo miglior record dell’intera lega. All’interno di questo nuovo sistema di gioco, più fluido e confacente alle esigenze del basket contemporaneo, le audizioni per il supporting cast rimettevano in discussione il copione seguito fino a quel momento. E alcuni aspiranti al ruolo di protagonista dimostravano da subito voglia e capacità di farsi trovare pronti.

 

Africa, America e Canada

L’innegabile connessione tra il continente e Toronto, inaugurata con i pieni poteri assegnati a Ujiri, ha fatto sì che proprio nel cuore nevoso del Canada si ricreasse un angolo d’Africa. In questo senso, a fungere da apripista per l’arrivo di Ibaka (eroe nazionale in Congo) e la scelta di O.G. Anunoby (nato a Londra da genitori nigeriani) è stato Pascal Siakam. Sbarcato in America sotto l’egida di Basketball Without Borders, scelto alla posizione numero 27 al Draft 2016, le frequenti gite in G-League durante l’anno da rookie lo hanno fortificato sia dal punto di vista fisico che da quello dell’attitudine caratteriale, preambolo per una seconda stagione da affidabile giocatore di rotazione. Sulle solide basi gettate già a New Mexico State, atletismo debordante e reattività difensiva in primis, lo staff tecnico dei Raptors lo ha aiutato a costruirsi un repertorio adeguato su entrambi i lati del campo.

 

Prime prove dello spin move in avvicinamento a canestro che Siakam si porterà anche tra i professionisti.

 

Nonostante gli sforzi evolutivi profusi, tuttavia, il paradigma tattico plasmato da Dwayne Casey rimaneva ancorato a idee e gerarchie rigide, dentro alle quali l’ala difficilmente avrebbe potuto crescere. Le tre mosse estive giocate da Ujiri – il licenziamento di Casey, la promozione di Nurse e la trade per Leonard – gli hanno però aperto porte che in precedenza sembravano sbarrate. Nell’assetto scelto dal nuovo head coach, Siakam ha trovato il trampolino ideale per compiere il salto di qualità che ci si attendeva da lui. Per la verità, il salto compiuto è stato persino più ampio di quanto fosse lecito aspettarsi.

 

Oltre la comfort zone

Nella novelle vague inaugurata da Nurse, Siakam ha recitato fin da subito una parte di rilievo, partendo praticamente sempre in quintetto. Che si trattasse di una delle serate di riposo concesse a Leonard, che l’assetto fosse il classico con Ibaka-Valanciunas nel reparto lunghi oppure quello più da corsa con il lituano a partire dalla panchina, lui è rimasto comunque un punto fermo. Terzo per minuti giocati dietro a Leonard e Lowry, le sue medie produttive (14.4 punti, 6.2 rimbalzi e 2.7 assist a partita) sono arrivate a dispetto di un usage rate piuttosto basso (17.2), sinonimo di un rapporto tra qualità e quantità con pochi eguali. Dal punto di vista offensivo il pitturato si è confermata la sua comfort zone (l’81% delle sue conclusioni sono da due punti), soprattutto in situazione di transizione e quando riesce a disorientare l’avversario con quella virata che sta diventando un vero e proprio marchio di fabbrica.

 

Qui contro Kuzma e McGee in quella che calcisticamente verrebbe definita un’azione box to box.

 

Il dato delle triple segnate dagli angoli, d’altro canto, ne conferma la crescita anche come opzione per gli scarichi dei portatori di palla. Il 37% da tre maturato nella categoria di catch and shoot lascia ben sperare, così come il 17/38 in stagione dagli angoli, dato che potrebbe rivelarsi cruciale nella post-season. Quando ogni pallone conterà davvero, infatti, sarà fondamentale per i Raptors che Siakam continui a rappresentare una minaccia concreta da dietro l’arco, in modo da costringere le difese avversarie a non ignorarlo per concentrarsi sui compagni più pericolosi.

 

Tripla dall’angolo su assist di Van Vleet.

 

Il suo rating offensivo (116.1) al momento lo vede in quarta posizione tra i compagni dietro Green, Lowry e Ibaka, e all’ottavo complessivo in tutta la lega. Quanto alla percentuale effettiva (64.2%), svetta al di sopra di colleghi di reparto come Valanciunas, Ibaka e Monroe, che per tipologia di tiri tentati dovrebbero viceversa avere la meglio. Tra i giocatori in maglia Raptors con minutaggi consistenti solo Danny Green ha un Net Rating migliore del suo (+13.9), quarto miglior dato della lega frutto anche di un’efficienza difensiva di buon livello. All’interno di un’organizzazione che fa del cambio su ogni situazione il proprio mantra, di fatto Siakam ha dimostrato d’aver compreso il compito assegnatogli, ovvero se necessario inseguire l’avversario diretto fin dietro la linea dei tre punti senza concedere conclusioni facili (quarto nella lega quanto a tiri da tre contestati con 161 totali, 5.2 di media a partita).

 

Pascal 4.0

Le statistiche di questo inizio stagione tratteggiano i contorni di un giocatore che, in contrasto con la nomea fin qui guadagnata, attacca meglio di quanto difenda. Ad ogni modo la sensazione di trovarsi di fronte a una versione 4.0 del Siakam che conoscevamo può essere percepita anche a livello visivo. Al di là degli evidenti miglioramenti quanto a tecnica individuale e capacità di lettura delle singole situazioni, l’elemento di rottura rispetto al passato è la convinzione con cui l’ala dei Raptors scende sul parquet: la fiducia nei propri mezzi risulta evidente quando lo si vede correre il campo in transizione oppure tagliare lungo la linea di fondo mentre Leonard o Lowry attirano su di loro la difesa avversaria e la pericolosità da dietro l’arco di Green apre il campo.

 

 

 

Oppure ancora quando mette palla a terra con apprezzabile naturalezza, per poi puntare dritto al ferro, dove riesce a reggere i contatti a dispetto della struttura fisica longilinea.

 

Sfidare un candidato MVP dal palleggio: fatto.

 

 

Permangono ancora limiti evidenti, e sarebbe impensabile non fosse così, come nella meccanica di tiro rivedibile o nella difesa individuale, in particolar modo contro avversari abili nel giocare spalle a canestro (per fortuna sua, e di tanti altri con lo stesso problema, non ne restano poi molti in giro per la lega). E proprio i margini di miglioramento fanno intravedere per Siakam un futuro ancora più luminoso del già notevole presente: l’abnegazione unita alla capacità di difendere su tutti e cinque gli avversari, così come la velocità di piedi, eredità del passato da calciatore, unita all’altezza e all’apertura di braccia abbondantemente oltre i due metri hanno generato paragoni forse impropri con Draymond Green.

 

Niente faccia a faccia con Draymond, ma primo scontro diretto vinto dai Raptors negli ultimi quattro anni.

 

 

Per quanto il leader emotivo degli Warriors sia ormai il feticcio che ogni squadra con ambizioni di vittoria cerca invano di replicare, l’adattabilità di Siakam al ruolo di 5 – ovverosia la strutturazione che ha cambiato la storia di Golden State – appare piuttosto incerta. Da inizio stagione, infatti, il camerunense ha giocato nel ruolo nominale di centro per soli 11 minuti, occorrenza frutto delle buone prestazioni offerte da Ibaka e Valanciunas e delle problematiche fisiche che hanno interessato Anunoby e Miles, esterni ideali per provare la via di un quintetto in tutto e per tutto votato allo small ball. Eppure, in prospettiva è proprio quella la soluzione tattica a cui Nurse potrebbe trovarsi costretto a ricorrere qualora Toronto arrivasse davvero a giocare, per la prima volta nella sua storia, all’inizio di giugno. Come già detto, i destini dei Raptors passeranno dai muscoli e dal talento di Leonard, ma potrebbe essere che tocchi proprio al ragazzo da Douala spostare l’ago della bilancia tra successo e fallimento. E tutto questo prima di doversi ritrovare a discutere di un contratto che, se dovesse portare sul tavolo delle trattative un premio da Giocatore Più Migliorato, diventerebbe discretamente pesante per una squadra già piena di contratti onerosi come i Raptors.

 

Questo però è un discorso che verrà affrontato a luglio: nel frattempo, e in attesa che rientri dall’infortunio che lo ha tenuto fuori nelle ultime gare, le possibilità dei Toronto Raptors passano anche dalla crescita e dall’equilibrio che Pascal Siakam sarà in grado di dare loro.

 

 

Tags : leonardnbaPascalRaptorsSiakam

Dario Costa è nato trentotto giorni dopo Kobe Bryant. È innamorato e scrive di musica e pallacanestro, spesso mescolate insieme. Ha collaborato con Barracuda Rock Tour e Rivista Ufficiale NBA.

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