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Fabio Barcellona
Il Parma non è più solo difesa e contropiede
21 feb 2020
21 feb 2020
La squadra di D'Aversa ha un gioco più complesso rispetto alla scorsa stagione.
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Fabio Barcellona
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L’ultima partita in Europa del Parma, vincitore negli anni ’90 di due Coppa UEFA, una Coppa delle Coppe e una Supercoppa Europea, risale a tredici anni fa, quando i gialloblù furono eliminati dal Braga ai sedicesimi della Coppa UEFA 2006/07. Per renderci conto di quanto tempo sia passato, basti ricordare che nello stesso giorno veniva eliminato dalla competizione anche il Livorno, battuto dall’Espanyol dopo una storica qualificazione europea e un altrettanto storico passaggio della fase a gironi. Era il Parma preso in corsa da Claudio Ranieri dopo l’esonero di Stefano Pioli, che avrebbe raggiunto una quasi miracolosa salvezza grazie ai gol di Giuseppe Rossi, arrivato in prestito dal Manchester United durante il mercato di gennaio.

 

Tredici anni e un fallimento dopo, i tifosi del Parma sognano nuovamente l’Europa. La squadra è sorprendentemente al sesto posto in classifica e gran parte del merito va attribuito a Roberto D’Aversa, l’allenatore che, con due promozioni consecutive, ha portato il Parma dalla Serie C alla Serie A e che nella scorsa stagione aveva condotto i "ducali" a una salvezza tutto sommato tranquilla al primo anno nella massima serie.

 



All’arrivo in Serie A il Parma aveva effettuato una grossa rivoluzione della rosa che aveva centrato la promozione dalla Serie B. A spiccare erano i nomi di due giocatori considerati in parabola ampiamente discendente come Bruno Alves e Gervinho. L’attacco era stato integralmente ristrutturato con l’arrivo, oltre che dell’ivoriano, di Roberto Inglese e Jonathan Biabiany, mentre in difesa Sepe, Bastoni, Gagliolo e Gobbi accompagnavano l’acquisto di Bruno Alves. In mezzo al campo l’arrivo più importante era stato quello, avvenuto solo a gennaio, di Juraj Kucka, giunto dal Trabzonspor.

 

Il Parma della passata stagione si è identificato in uno stile di gioco ben definito. In maniera semplice, ma anche coerente e determinata, il Parma aspettava basso nella propria trequarti campo gli avversari, puntando tutte le proprie fiches offensive sulle ripartenze lunghe centrate sulla velocità di Biabiany e, soprattutto, di Gervinho, e sul lavoro sporco di Inglese. Il Parma concedeva più che volentieri il pallone agli avversari e se non poteva affidarsi ai contrattacchi in campo aperto, preferiva lanciare lungo e cercare le sponde di Inglese e la velocità di Gervinho. La scorsa stagione il Parma era la squadra di Serie A con la minore percentuale di possesso palla (41%) e meno precisa nei passaggi (74.5%), anche perché era quella che effettuava la percentuale maggiore di passaggi lunghi (18.4% del totale).

 

Insomma, il Parma giocava di fatto come una vecchia squadra da “difesa e contropiede”. Agli ottimi 25 punti del girone di andata avevano fatto seguito i sofferti 16 punti del girone di ritorno, che evidenziavano come una scelta radicale come quella effettuata da D’Aversa dovesse essere sostenuta da un’abnegazione totale, necessaria a giocare quasi sempre difendendo a ridosso della propria area, e che sarebbe forse stata necessaria qualche variante per donare alla squadra altre dimensioni di gioco.

 



L'etichetta di squadra puramente difensiva ha forse fatto passare inosservati i tanti piccoli cambiamenti apportati in questa stagione da D’Aversa al gioco e, più in generale, si è sottovalutato l’ottimo lavoro del tecnico parmigiano nel costruire, sin dallo scorso anno, una squadra dall’identità chiara, coesa e organizzata.

 

Anche quest’anno il Parma adotta un baricentro basso in fase di non possesso e la sua natura più autentica è essenzialmente difensiva. Tuttavia, rispetto alla passata stagione, gli uomini di D’Aversa hanno aggiunto alcune fasi mirate di pressing più avanzato per disturbare l’impostazione bassa avversaria e provare a recuperare il pallone in posizione più alta. Nel campionato passato i ducali erano la squadra della Serie A con l’indice

più alto (21.4) - segno della scarsa attitudine a pressare in zona avanzate di campo - e quella con il minor numero di palloni recuperati in zona offensiva (9.4 per partita).

 

Nella stagione in corso il Parma ha abbassato il suo PPDA di più di 4 unità e recupera in zona d’attacco 10.8 palloni a partita. Nelle specifiche graduatorie non è più quindi in coda alla classifica, ma, rispettivamente, al quindicesimo e diciottesimo posto. Le azioni di pressing più avanzato avvengono soprattutto in situazioni di risultato sfavorevole, ma anche in occasione della ripresa del gioco da situazione statica. Le linee guida sono l’adattamento della disposizione spaziale della linea di pressing a quella degli avversari e la protezione del centro del campo. Più in generale, il Parma tende a difendere la zona interna e a indirizzare la manovra avversaria verso le fasce, dove, con l’aiuto della linea laterale, è più semplice soffocare con raddoppi di marcatura il portatore di palla.

 

A emergere è l’estrema concentrazione e il sacrificio di tutti i giocatori nel rendere preciso e intenso ogni movimento nelle lunghe fasi della partita in cui gli uomini di D’Aversa lasciano il pallone agli avversari. Le distanze tra i giocatori sono ridotte, le coperture reciproche puntuali, le scalate tempestive e la collaborazione particolarmente efficiente. D’altronde questi ingredienti sono necessari per sostenere in maniera prolungata la difesa bassa scelta da D’Aversa. Ma, al di là della bontà dell’esecuzione, a sorprendere sono i tanti accorgimenti adottati dal tecnico dei gialloblù in funzione delle caratteristiche degli avversari e, in parte, dei propri giocatori.

 



Il modulo di partenza del Parma, sin dalla passata stagione, è il 4-3-3. Sia in fase difensiva che in quella offensiva, però, la squadra di D’Aversa è capace di mutare forma e interpretazione per sviluppare al meglio le proprie strategie. In fase di non possesso, sin dalla passata stagione l’adattamento più comune era quello di difendere bassi con due linee da 4, lasciando Gervinho alto accanto al centravanti per ridurgli lo spazio da percorrere in fase difensiva e renderlo immediatamente disponibile per la transizione offensiva.

 

Oggi gli adattamenti sono molto più variegati e evidenziano un grosso lavoro di D’Aversa sul gioco degli avversari. Nell’ultima partita giocata e vinta in trasferta contro il Sassuolo, ad esempio, i gialloblù hanno affrontato il 4-2-3-1 centrato sui principi del gioco di posizione di Roberto De Zerbi. Giocando sulle caratteristiche degli avversari, D’Aversa ha scelto un approccio difensivo più aggressivo del solito, cercando di sporcare l’impostazione dal basso del Sassuolo, con uno schieramento difensivo che mescolava principi di marcatura a uomo con il controllo degli spazi. Partendo dal 4-3-3 in fase di possesso palla, l’esterno sinistro Gervinho stringeva il campo andando a controllare da vicino uno dei due interni, Obiang, mentre l’altro interno, Locatelli, era controllato da vicino dalla mezzala destra Hernani. Alle loro spalle il mediano Brugman aggiustava la propria posizione con particolare attenzione a quella del trequartista avversario Djuricic. In tale maniera D’Aversa ha controllato da vicino i centrocampisti del Sassuolo. Il resto della squadra invece mostrava più attenzione alla gestione degli spazi: il centravanti Cornelius giocava tra i due centrali, mentre l’esterno destro Siligardi e la mezzala sinistra Kurtic proteggevano l’accesso al centro del campo e giocavano sulle linee di passaggio tra centrale e terzino del Sassuolo.

 


Gervinho stringe a marcare da vicino Obiang, mentre Kurtic si occupa del terzino Toljan. Dietro, Brugman segue il trequartista Djuricic.


 

La scelta di D’Aversa contro il gioco di posizione di De Zerbi è stata quindi quella di marcare da vicino i centrocampisti del Sassuolo in fase di impostazione per sporcare il più possibile la raffinata manovra avversaria ed evitare di definire una struttura difensiva fissa che il movimento del pallone avrebbe potuto disordinare. Inoltre, considerando la propensione offensiva dei terzini del Sassuolo, ha disegnato uno schieramento in fase di non possesso che riducesse le corse all’indietro di Gervinho, a cui è stato assegnato il controllo di un interno invece che del terzino.

 

Contro la Sampdoria, che attaccava con un 4-3-1-2, il Parma si è invece disposto a specchio grazie al lavoro di Kulusevski che, partendo dall’esterno destro, tagliava verso il centro del campo per difendere nella zona del mediano avversario. Inoltre le mezzali del lato forte erano pronte a uscire sugli esterni bassi avversari per permettere al terzino di rimanere stretto vicino ai centrali, così da garantirsi superiorità numerica contro le due punte avversarie.

 

Contro la Juventus schierata con il 4-3-1-2 con Ramsey, Ronaldo e Dybala in attacco sempre in movimento e che non fornivano alcun punto di riferimento, il Parma ha invece scelto un 4-2-3-1 difensivo centrato sui principi di controllo dello spazio, senza marcare da vicino nessuno giocatore bianconero, escluso Pjanic, per disporre sempre di due linee strette da 4 non disordinate dai continui spostamenti in campo dei giocatori offensivi della Juve.

 

Contro i tanti 3-5-2 del nostro campionato, invece, D’Aversa in genere adotta una strategia abbastanza particolare nelle fasi iniziali dell’azione difensiva, tenendo strette sia le punte che le mezzali del proprio 4-3-3. Le tre punte quindi si trovano a giocare a specchio contro i difensori avversari, così come le mezzali con i centrocampisti avversari, con il compito sempre di proteggere il centro del campo. Sui quinti avversari sono deputati a uscire, in maniera abbastanza aggressiva, i terzini, pronti a essere coperti dalle mezzali.

 


I reparti di centrocampo e attacco del 4-3-3 rimangono stretti contro il 3-5-2 della Lazio. Sul passaggio verso l’esterno Marusic, Gagliolo si alza per andare a contrastare il quinto di centrocampo biancoazzurro.


 

In ogni caso, esaurita senza successo la fase di difesa in zone alte e medie, il Parma continua a preferire la difesa bassa in cui riesce a raddoppiare o triplicare con precisione le marcature, tenere le linee strette e proteggere il centro dell’area con l’ottimo controllo dello spazio dell’intera linea difensiva.

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Due esempi dell’estrema attenzione del Parma nelle fasi di difesa bassa. Boga, il migliore dribblatore del nostro campionato, viene triplicato da terzino, mezzala e ala. Contro la Juventus si evidenzia l’ordinata difesa della porta della linea difensiva ducale.


 

Il Parma continua a essere, come la passata stagione, la squadra che concede più tiri agli avversari su azione manovrata, ma ha ridotto, da 15.8 a 14.1, i tiri in media subiti a partita in open-play. La cosa davvero interessante è che, come la passata stagione, il rapporto xG/tiro è pari a 0.1, il più basso della serie A dopo quello della Juventus, indice che il Parma concede tiri di scarsa qualità agli avversari. Anche grazie a questo, il rapporto tra la differenza tra tiri nello specchio e gol subiti, e il totale di tiri nello specchio è il più alto della Serie A, grazie anche al contributo dei difensori nel bloccare i tiri. Difendere bassi porta per forza di cose il Parma a concedere tanti tiri, ma la bontà della difesa in termini di protezione della porta e pressione sul tiratore consente agli uomini di D’Aversa di sporcare le conclusioni avversarie e di abbassarne la qualità.

 



L’arrivo in estate di giocatori di qualità come Hernani, Kulusevski e, a gennaio, di Jasmin Kurtic ha di certo innalzato il livello tecnico della squadra e consentito a D’Aversa un approccio più sfaccettato alla fase d’attacco. Il Parma ha arricchito la sua fase offensiva di un gioco più manovrato e ciò ha permesso, assieme a una fase difensiva che ha alzato di qualche metro la linea di pressione, di modificare in maniera significativa alcuni indici statistici che servono a definire il quadro generale del gioco della squadra.

 

I ducali sono hanno alzato di tre punti la loro percentuale di possesso palla (43.9%) e la precisione dei loro passaggi (77.5%). Il Parma continua a essere la squadra di Serie A che effettua più lanci lunghi, ma la percentuale sul totale dei passaggi è scesa al 17%. Ci sono però alcuni parametri che fotografano ancora meglio i miglioramenti nella fase d’attacco degli uomini di D’Aversa. Dalla passata stagione il Parma ha raddoppiato il numero di passaggi completati nel terzo offensivo (da 31.7 a 60.4 a partita) e più che quadruplicato quello dei passaggi completati in area di rigore avversaria (da 1.5 a 6.8). Il guadagno medio di campo a partita per mezzo di passaggi progressivi, cioè i passaggi giocati in avanti con successo, è passato da 672 metri a 783 metri, mentre il guadagno cumulativo per mezzo di conduzioni palla al piede è aumentato da 193 metri a 243 metri. I miglioramenti in tutti i parametri offensivi si traducono in un aumento, rispetto alla passata stagione, dei tiri su azione (da 6.4 a 8.6 a partita) e degli xG prodotti su azione (da 0.79 a 1.01).

 

Anche in fase offensiva il Parma può mutare il proprio schieramento per meglio rispondere alle esigenze della partita. Le armi principali rimangono le ripartenze lunghe: la squadra di D’Aversa è quella che in Serie A ha segnato in assoluto di più in contropiede (8 reti) e realizza ben il 25% dei suoi gol grazie a rapide ripartenze lunghe (il Genoa e la Lazio, le due squadre che dopo il Parma segnano di più in contropiede, sono all’11% delle proprie segnature). A rendere così efficaci le ripartenze degli uomini di D’Aversa è di certo la qualità delle conduzioni di Gervinho, a cui quest’anno si sono aggiunti due ottimi giocatori in campo aperto come Kulusevski e Karamoh, ma anche la scelta strategica di attaccare in verticale subito dopo la riconquista della palla e la preparazione, sin dalla fase di non possesso, della successiva fase di transizione offensiva.

 

Il meccanismo più semplice e banale è stato, come già detto, quello di esentare Gervinho da ripiegamenti troppo profondi lasciandolo alto vicino al centravanti in fase di difesa bassa. Più in generale il Parma, quando abbassato nell’ultimo terzo di campo, indipendentemente dallo schieramento adottato in fasi di difesa più avanzate, tende a ricomporre due linee da 4 uomini, lasciando quindi due giocatori sopra la linea del pallone, da utilizzare come fulcro per organizzare il contropiede veloce o comunque per garantirsi una buona occupazione del campo in fase di transizione offensiva.

 

Anche l’attacco per mezzo di lanci lunghi non è lasciato al caso, ma è molto organizzato per permettere al Parma di non isolare i giocatori offensivi, accompagnare l’azione e conquistare le seconde palle. I due centravanti a disposizione di D’Aversa, Inglese e Cornelius, sono entrambi giocatori capaci di combattere sulla linea difensiva per ripulire i lanci provenienti dalle retrovie e sono sempre attivi preventivamente in fase di non possesso, posizionandosi sempre verso il lato forte per essere pronti a raccogliere un passaggio lungo dopo la riconquista del pallone. Il loro movimento è quasi sempre orizzontale, finalizzato anche a ricevere i più comodi lanci verso le zone esterne, e sono sempre accompagnati da compagni di squadra deputati ad attaccarne le spizzate, raccoglierne le sponde, riconquistare le ribattute e, in definitiva, collaborare per la efficace gestione delle palle lunghe.

 


Il Parma recupera il pallone sulla linea di fondo con Darmian che, immediatamente, lancia lungo verso il centravanti Inglese. Nonostante l’azione nasca da un recupero bassissimo del Parma, Inglese è ben supportato dai movimenti di Kucka dietro di lui, e Kulusevski e Kurtic ai suoi fianchi.


 

Anche quando il Parma non attacca in ripartenza o con lanci lunghi, la fase offensiva è sempre piuttosto diretta e tende a utilizzare le fasce laterali per risalire il campo. In ogni caso, l’occupazione del campo, partendo generalmente dal 4-3-3, è molto più varia di quello che in genere si immagina e viene adattata alle specifiche esigenze della partita.

 

In fase di impostazione il Parma può talvolta passare a una difesa a 3. Ad esempio, all’Allianz Stadium nella partita contro la Juventus, la squadra di D’Aversa a volte si disponeva con una linea difensiva a 3, stringendo il terzino destro Darmian e alzando Gagliolo, mentre Kurtic, l’esterno sinistro di centrocampo, entrava dentro il campo. In tale maniera il Parma si disponeva con una sorta di 3-2-4-1 in fase di possesso palla che garantiva superiorità numerica in zona arretrata contro le due punte del 4-3-1-2 della Juventus, piazzava due giocatori ai fianchi di Pjanic e occupava l’ampiezza da un lato con Gagliolo e dall’altro con Kulusevski.

 


Il 3-4-2-1 del Parma contro la Juventus.


 

Il 4-3-3 può cambiare anche in 4-2-3-1 con uno dei due esterni che va a giocare dinamicamente in verticale rispetto al centravanti e la mezzala che si apre a compensare il movimento dell’esterno. O ancora, per rafforzare il gioco sugli esterni e avvicinare i suoi giocatori di maggiore qualità al centravanti in fase di possesso palla, spesso il Parma allarga le due mezzali del 4-3-3, svuotando il centrocampo e liberando linee di passaggio verso i due esterni che stringono ai fianchi del centravanti.

 


Contro la Lazio, il Parma allargava sempre le due mezzali, Hernani e Kurtic e stringeva ai fianchi di Lucas Leiva i due esterni, Caprari e Kucka, cercando di ottenere vantaggi posizionali.


 

La squadra di D’Aversa prova quindi a muovere i suoi giocatori in fase di possesso palla per ottenere una disposizione spaziale capace di generare vantaggi in termini di superiorità numerica, posizionale o anche solo tecnica nei confronti degli avversari. In quest’ottica il tecnico dei gialloblù può contare su una serie di giocatori multidimensionali, capaci di interpretare in modo corretto il loro ruolo occupando diverse zone di campo.

 

, per esempio, riesce a giocare con estrema qualità esternamente, internamente e, talvolta, da trequartista puro o, in alcune occasioni, in posizione di mezzala. Kucka è stato impiegato in tutte le posizioni del centrocampo e dell’attacco, giocando persino da centravanti in assenza di Inglese e Cornelius. Hernani può fare il regista, la mezzala e attaccare le zone esterne del campo. In aggiunta, a completare alla perfezione il quadro, a gennaio è arrivato dalla SPAL Kurtic, un giocatore versatile che contribuisce ad aumentare la qualità tecnica della squadra.

 



È difficile dire se, dopo tredici anni, il Parma riuscirà davvero a raggiungere una qualificazione a una coppa europea. La stagione passata, a un girone di andata eccezionale ha fatto seguito un girone di ritorno molto più sofferto. La sostenibilità di un modello di gioco centrato su lunghe fasi di difesa nei pressi della propria area necessita di un elevato livello di abnegazione e rigore. Un calo di motivazioni, dovuto forse, nel campionato scorso, a una posizione di classifica piuttosto comoda, rischia di portare a un netto calo dell’efficienza del modello. Anche in questa stagione abbassare il livello di attenzione e concentrazione porterebbe inevitabilmente a peggiorare i risultati della squadra.

 

Ma al di là della posizione finale in classifica è innegabile che Roberto D’Aversa, di pari passo alla crescita della qualità tecnica della propria rosa, abbia arricchito il gioco della sua squadra, sia in fase di non possesso che in fase offensiva. Seppure centrato ancora sulla difesa bassa, su veloci transizioni offensive e un calcio d’attacco molto diretto, il gioco del Parma è oggi molto più vario e presenta svariati elementi di fluidità posizionale utilizzati per ottenere vantaggi nello scacchiere tattico in campo. Gli ottimi risultati ottenuti dalla squadra di D’Aversa testimoniano che nel calcio è fondamentale avere le idee chiare e perseguire con coerenza e qualità il proprio disegno strategico. Giunto in Serie A, il tecnico dei gialloblù ha messo i suoi uomini nelle condizioni di esprimere al meglio le proprie caratteristiche: i difensori hanno poco spazio alle spalle da difendere, gli attaccanti hanno tanto spazio davanti da attaccare.

 

Col tempo D’Aversa ha aggiunto complessità al suo calcio e oggi il Parma è una squadra molto più evoluta di quanto forse siamo portati a credere. Ed è anche l’ennesima dimostrazione che nel calcio la differenza tra una buona e una cattiva idea sta quasi sempre nella qualità di esecuzione in campo del modello scelto. E nel caso del Parma la qualità di esecuzione è quasi sempre molto alta.

 

 

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