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Cesare Milanti
Il Panathinaikos ha battuto gli invincibili
27 mag 2024
27 mag 2024
Gli uomini di Ergin Ataman hanno tolto la corona al Real Madrid.
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Cesare Milanti
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Foto di IMAGO / camera4+
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Il 14 aprile 2023 il Panathinaikos finiva la sua stagione regolare in Eurolega con un record da incubo: 9 vittorie e 23 sconfitte, compresa l’ultima sul campo del Partizan, alla Stark Arena di Belgrado. Il peggior risultato nella storia di un club leggendario, alle spalle delle sole CSKA Mosca (8) e Real Madrid (11) per trofei vinti tra Eurolega moderna e Coppa dei Campioni.Strano come funzioni il destino, o gli “dei della pallacanestro” come dicono quelli bravi. Esattamente 409 giorni fa di fronte a quello che sembrava un gigante abbattuto, un Polifemo privato da chissà quale Nessuno della sua forza bruta, c’erano Zeljko Obradovic (in panchina), Ioannis Papapetrou e Mathias Lessort (in campo).Il primo era la ragione per cui la corazzata di Atene poteva vantare cinque delle sei stelle poste sul suo stemma, l’ultima delle quali aveva brillato nella stagione 2010/11, vincendo la Final Four di Barcellona contro il Maccabi Tel Aviv. Il secondo – fatto il percorso al contrario rispetto a Vassilis Spanoulis, lasciando l’Olympiacos e il Pireo per il Partenone – era stato il capitano nella sua ultima stagione prima di lasciare la Grecia.Il terzo sembrava destinato a non trovare la sua strada, giunto a 15 anni in Francia da Le Morne-Vert, un piccolo villaggio nell’isola caraibica di Martinica. Sognava di giocare da professionista un giorno, e in effetti ci era riuscito. La sua stagione in bianconero in Serbia, però, era stata l’unica tappa fortunata di una carriera fin troppo altalenante, da nomade della pallacanestro europea. Chalon, Nanterre, Stella Rossa, Malaga, Bayern Monaco, AS Monaco, Maccabi Tel Aviv: sette squadre per sette anni, per poi essere nominato nel primo quintetto All-Eurolega sotto l’egida del Maestro. Poi, l’estate scorsa, la chiamata di Ergin Ataman: «Avevamo bisogno della sua energia, e questo è il motivo per cui è stato il nostro primo acquisto, nonché il più importante», ha detto l’allenatore turco negli ultimi giorni a Berlino.«Adesso ditemi chi c***o è un centro di Eurocup, chi c***o non è il centro adatto per una squadra che vuole vincere. Ditemelo!», il 28enne francese è esploso negli spogliatoi della Uber Arena dopo aver stappato una delle tante birre berlinesi da scolarsi in una notte senza fine. Una notte di festa, perché 13 anni dopo il Panathinaikos è di nuovo sul tetto d’Europa. La ciliegina sulla torta di una stagione che chiamava vendetta, iniziata con premesse trionfanti.

Tutta l’emozione di Mathias Lessort e compagni alla sirena finale.

Dei 12 giocatori che sono scesi in campo in quella serata di Belgrado, solo in due hanno messo l’ultima tessera del puzzle della stagione nella Uber Arena di Berlino ieri sera: Panagiotis Kalaitzakis e Marius Grigonis. I rimanenti sono frutto della campagna acquisti faraonica voluta da Dimitris Giannakopoulos, presidente folle di una squadra folle. Mathias Lessort era stato il nome messo più in alto sulla lista della spesa, prima che i rubinetti venissero aperti del tutto.Lo hanno seguito il playmaker argentino Luca Vildoza, reduce da una stagione alla Stella Rossa in cui aveva giocato anche con il connazionale Facundo Campazzo (tornerà più avanti), il giovane centro polacco Aleksander Balcerowski, il rientrante Ioannis Papapetrou, l’MVP della stagione in EuroCup Jerian Grant – visto anche a Milano.E poi il fratello minore di Giannis Antetokounmpo, Kostas, che ha seguito le orme dell’altro membro della famiglia Thanasis, in biancoverde dal 2017 al 2019; Juancho Hernangomez, tornato in Europa insieme al fratello Willy, accasatosi al Barcellona; un Dinos Mitoglou che aveva finito di scontare la squalifica per doping ottenuta mentre si trovava a Milano.Poi, soprattutto, i due leader di questa squadra insieme a Lessort: Kostas Sloukas e Kendrick Nunn. Il primo, biancorosso per scelta e leggenda dell’Olympiacos, aveva fatto un patto con il diavolo sposando la causa dei nemici di sempre; il secondo, scaricato dalla NBA e desideroso di mettersi nuovamente in vetrina, è diventato di fatto l’acquisto a stagione in corso più importante nella storia dell’Eurolega.Chiusa la stagione regolare al secondo posto, erano servite cinque partite contro il Maccabi Tel Aviv per prenotare il volo per Berlino. A posteriori, la sensazione di aver superato un ostacolo molto più attrezzato del Baskonia, regolato con un 3-0 senza patemi dai campioni in carica, ha fortificato le ambizioni del Pana.Anche se la svolta della stagione sembra essere arrivata proprio contro il Real, a fine febbraio. «Quando li abbiamo battuti a casa loro abbiamo iniziato a crederci per davvero», aveva detto Ergin Ataman alla vigilia della finale, al fianco del collega madridista Chus Mateo. In quella partita, finita 97-86 per i greci, Kostas Sloukas aveva mostrato tutta la classe del suo repertorio. Ma niente eguaglierà la sua prestazione in Final Four.

“Cold-blooded killer”, direbbero ad Hollywood.

Quello che avete appena visto è stato probabilmente il tiro che ha deciso la partita, portando l’inerzia una volta per tutte in direzione OAKA. Un arresto e tiro da lontanissimo che ricorda i pull-up che hanno condannato l’Olympiacos nel 2022 e nel 2023, firmati rispettivamente da Vasilije Micic e Sergio Llull. In entrambi i casi, Kostas Sloukas era dall’altra parte della barricata, incapace di riportare alla gloria i biancorossi. Al primo anno con gli eterni rivali, ci è riuscito confezionando 25 minuti da masterclass cestistica per gestione dei momenti chiave della partita, per leadership, per tensione emotiva. 24 punti tirando perfettamente dal campo (6/6, di cui 4 triple - solo Ibrahim Kutluay ne ha segnate di più in maglia Panathinaikos con un’Eurolega da giocarsi) ma senza strafare. Una notte da MVP della Final Four: non gli era successo negli altri tre trofei continentali in bacheca, con Olympiacos e Fenerbahce.Quella tripla del 34enne greco aveva interrotto un parziale di 5-0 che poteva ridare vita a un Real Madrid completamente in balia di se stesso. Avanti di 14 punti (41-27) con 8:10 sul cronometro, i campioni in carica sembravano in assoluto controllo della situazione. Il primo quarto da 36 punti è il terzo migliore dal punto di vista realizzativo in una finale di Eurolega, dopo i 39 dell’Olympiacos contro lo stesso Real nel 2013 e i 38 del Maccabi Tel Aviv contro la Fortitudo Bologna nel 2004.L’aver tutto da perdere, per una squadra che in questa stagione ha perso pochissimo (17-0 per iniziare la regular season, sconfitti per la prima volta il 3 gennaio contro il Barcellona), potrebbe aver giocato uno spiacevole scherzo del destino. Il Panathinaikos si è prima rialzato con un’intensità difensiva straordinaria, grazie anche e soprattutto ad un Jerian Grant versione Miglior Difensore dell’Anno – «Me lo meritavo io», aveva detto dopo che il premio era stato assegnato a Thomas Walkup –, e poi ha ingranato la terza, la quarta, la quinta.Dall’intervallo in poi il Real Madrid non è più riuscito a dare il pallone dentro, che fosse per Edy Tavares o Vincent Poirier, e il risultato è stata una sparatoria a salve dall’arco: 11 triple sbagliate consecutivamente, mentre dall’altra parte il Panathinaikos non stava di certo a guardare. L’aggiustamento di Ergin Ataman con la soluzione Mitoglou, portando fuori dall’area i dominanti centri avversari per aprire corridoi a Kendrick Nunn e compagni, è stata la chiave di volta per chiuderla: il 9-0 di parziale nel finale ha fatto il resto.

Come l’ha vinta il Panathinaikos? Così.

Walking Blancos no moreFin dalla vigilia di questa Final Four, tutti davano il Real Madrid come estremamente favorito. La loro stagione era stata un dominio assoluto, e al contrario di quanto avvenuto a Kaunas nel 2023 era difficile pronosticare un risultato diverso dal trionfo dei campioni in carica. Per la settima annata consecutiva, invece, la squadra che ha concluso la regular season al primo posto non ha alzato al cielo il trofeo a fine maggio.Quello che ha sorpreso non è stato tanto l’effettivo risultato della Uber Arena di Berlino, quanto un completo disgregarsi delle sicurezze di un gruppo a tratti sembrato inscalfibile e invincibile. L’Edy Tavares abituato a dominare in lungo e in largo sotto canestro è sembrato un lontano parente di quello visto ieri sera, disorientato e vistosamente inadatto a una partita simile dal punto di vista fisico.L’abilità nel disinnescare i meccanismi difensivi avversari da parte delle guardie degli spagnoli, dall’esperienza innata di Sergio Llull e Chacho Rodriguez al rientrante Facundo Campazzo, non è bastata. Così come una sorta di desiderio implicito di prendere in mano le redini della partita, prendendosi fin troppi tiri a gioco rotto, di Mario Hezonja: tra semifinale e finale, ha tirato 4/18 dall’arco. E non si è nascosto dietro a un dito.«Non siamo collassati. Abbiamo perso la partita per colpa mia, abbiamo perso l’Eurolega per colpa mia. La loro difesa non c'entra nulla: non mi è entrato niente per tutta la Final Four», ha detto in zona mista al termine della partita, distrutto. Lui che alla vigilia diceva che voleva dare il massimo per permettere ai veterani nello spogliatoio di vivere un’altra serata indimenticabile sul tetto d’Europa.La sconfitta con il Panathinaikos, infatti, è corrisposta all’ultima partita della carriera di Rudy Fernandez in Eurolega con il Real Madrid. L’estate con la nazionale spagnola segnerà il tracciato definitivo nel suo viale del tramonto, cercando di raggiungere ancora una volta i Giochi Olimpici, questa volta all’ombra della Tour Eiffel. E potrebbe accadere lo stesso con il Chacho Rodriguez, che non ha ancora annunciato ufficialmente alcuna mossa.

Le ultime giocate della carriera di Rudy Fernandez in Eurolega.

Da cosa ripartono Fener e Oly?Per un Panathinaikos che festeggia la sua settima stella e un Real Madrid che ha perso la bussola nel momento più importante della stagione, ci sono altre due squadre che lasciano Berlino con l'amaro in bocca. Innanzitutto il Fenerbahce, che arrivava alla prima Final Four dopo sei anni di distanza con uno slancio non indifferente nella serie con il Monaco: 3-2 in trasferta, diventando la prima squadra nella storia a vincere una Gara-5 di un playoff di Eurolega lontano dai propri tifosi. Il record precedente? 0-19.L’arrivo di Sarunas Jasikevicius a stagione in corso aveva dato nuova linfa a un roster poco valorizzato nel corso precedente con Dimitris Itoudis alla guida. Trainati da Nigel Hayes-Davis - detentore del record di punti segnati in una singola partita, 50 contro l’ALBA Berlino a fine marzo -, i gialloblu di Istanbul avevano trovato un difensore eccelso in Nick Calathes, già leggenda nel playmaking della competizione; l’MVP della stagione Mike James ci era sbattuto contro, perché non poteva capitare lo stesso a Kendrick Nunn?In effetti, nella semifinale contro il Panathinaikos non si può certo dire che siano mancati sforzi ed applicazione difensiva da parte dei ragazzi di Saras, ma l’incostanza non ha aiutato. Sotto 12-0 dopo 5:50 minuti di gioco, erano stati in grado di mantenere la sfida in equilibrio fino all’ultimo quarto. Nel momento del bisogno, però, si è spenta la luce. Scottie Wilbekin, alla sua prima Final Four e chiamato a prendersi i palloni che scottavano di più, ha chiuso con un tremendo -9 di valutazione: nessuno ha fatto peggio nella storia.

Nigel Hayes-Davis, in ogni caso, ha dipinto pallacanestro.

Se i turchi recriminano mancanza di responsabilità da parte dei suoi creatori - oltre ad una gestione rivedibile nel minutaggio, vedi lo scarso impiego di Johnathan Motley (3:22 minuti), Georgios Papagiannis (4:20), Dyshawn Pierre (9:08) e Tyler Dorsey (9:52) -, all’Olympiacos è mancato l’apporto del suo reparto migliore sulla carta: quello dei lunghi.Contro la coppia Tavares-Poirier, infatti, i tre centri biancorossi hanno totalizzato 2 punti e 6 rimbalzi con un unico tentativo dal campo. Questi numeri provengono solo da Moustapha Fall, mentre il grande acquisto della campagna estiva, quel Nikola Milutinov rientrante al Pireo dopo alcuni anni al CSKA Mosca, è sembrato un fantasma. L’unico a salvarsi è stato Alec Peters, sostituto eccelso di Sasha Vezenkov: la sua doppia doppia da 23 punti e 10 rimbalzi non è bastata.Nel weekend da incubo per i tifosi dell’Olympiacos, annientanti prima dall’eliminazione della propria squadra e poi dalla vittoria del Panathinaikos, c’è stato spazio per un’altra notizia tremenda. Keenan Evans, già accordatosi per unirsi alla squadra in estate per colmare il vuoto lasciato da Sloukas in creazione, rischia di essersi infortunato seriamente nelle semifinali del campionato lituano con lo Zalgiris Kaunas.«Sono distrutto per questo fantastico ragazzo. Cosa gli è capitato mi uccide, vorrei dargli il mio ginocchio», ha detto Andrea Trinchieri in conferenza stampa subito dopo. Destinato già a lasciare la Lituania dopo la sua prima stagione con i biancoverdi, aveva rimandato l’appuntamento con i piani alti della pallacanestro europea per un infortunio al tendine d’Achille. Adesso, un altro stop che si vocifera aggirarsi attorno ai 6-8 mesi.

“Why me?”, si chiede disperato Keenan Evans.

La giornata di venerdì, palcoscenico delle semifinali per dare il via alla Final Four, era iniziata ancora peggio. Attorno alle 16, a circa due ore dalla palla a due tra Panathinaikos e Fenerbahce, un gruppo di ultras turchi incappucciati e totalmente vestiti di nero hanno sfondato l’ingresso principale della Uber Arena, creando caos e scontri con altri tifosi greci.La situazione, gestita in maniera quasi amatoriale dalla polizia tedesca, è presto precipitata, con alcuni feriti ed arresti. Il risultato è stata un’attesa infinita da parte di migliaia di tifosi fuori dai gate, con i cancelli che sono stati aperti solamente alle 17:10. Aria tesa e gruppi organizzati così passionali come quelli delle squadre qualificate per la Final Four hanno creato un cocktail esplosivo, e la gestione dell’emergenza è sembrata amatoriale.Tanto in zona mista dopo la prima semifinale quanto nei minuti decisivi di Olympiacos-Real Madrid, decine di forze di polizia in anti-sommossa sono state dispiegate nei punti più casuali della Ubera Arena, con tanto di rottweiler al guinzaglio. In maniera quasi inspiegabile, si pensava che le minacce per la sicurezza di giocatori e semplici appassionati fossero i giornalisti, apparentemente; o gli stessi tifosi dell’Olympiacos dietro la propria panchina.«Non era quello che volevamo, ma tutto quello che è stato fatto è avvenuto mettendo la sicurezza di tutti come priorità assoluta», ha detto Paulius Motiejunas, CEO dell’Eurolega in una conferenza stampa nel tardo pomeriggio di sabato. Se a questo aggiungiamo una gestione da dilettanti del pubblico per la finale delle ANGT Finals, il torneo giovanile per eccellenza nella pallacanestro europea, il risultato non fa che peggiorare.Questa tre-giorni di pallacanestro poteva e doveva essere gestita meglio, anche e soprattutto guardando alla visione d’insieme. Nonostante due semifinali poco spettacolari e una finale terzo posto «senza alcun senso», per citare Scottie Wilbekin, lo showdown definitivo tra Real Madrid e Panathinaikos ci ha ricordato perché le Final Four di EuroLega sono una di quelle cose da spuntare dalla lista dei desideri. Un sogno tinto di verde, nella Berlino che per qualche ora è sembrata Atene.

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