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Davide Lavarra
Palloni sgonfi
14 ott 2015
14 ott 2015
Il clamoroso autolesionismo della NFL nello scandalo Deflategate, che aveva portato alla squalifica del suo giocatore più rappresentativo, Tom Brady.
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Davide Lavarra
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Dopo cinque giornate in NFL ci sono ancora sei squadre imbattute. Una di queste è New England, in striscia vincente ancor prima del debutto stagionale, avendo portato a casa la vittoria più importante dell'estate: la revoca della squalifica per 4 giornate a Tom Brady, accusato di aver barato nel Championship contro i Colts.

 

È il famigerato Deflategate, quello dei palloni sgonfi. Se n'è parlato tanto, troppo, si è passati dal giustizialismo all'assoluzione, con in mezzo un milione di ipotesi, indiscrezioni e deliri sui social network. Per Brady la vittoria nella quinta giornata vale doppio. Sarebbe dovuta coincidere con la fine della squalifica, invece è arrivato a casa dei Cowboys imbattuto e pronto per imporre il proprio dominio, come puntualmente è avvenuto.

 



 

Che senso ha parlare ora di questo scandalo? A livello mediatico poco, la telenovela grazie a Dio sembra finita, ma è importante capire il futuro della NFL e del suo commissioner Roger Goodell.

 



Il Commissioner Goodell ha trovato un modo bizzarro per catturare l'attenzione attraverso la guerra iniziata contro i New England Patriots, una situazione a dir poco controversa e basata su supposizioni, che alla fine ha portato un’altra batosta all’interno della gestione di un personaggio che mai come ora è posto in discussione dai suoi datori di lavoro, ovvero i proprietari delle 32 franchigie che compongono la National Football League. Mentre si è ricominciato a giocare, ponendo fine alla fame di football di tutti gli appassionati, in primavera ed estate di cose ne sono accadute veramente tante da quando il caso Deflategate è stato montato. Vediamo quali sono stati i momenti salienti della vicenda.

 

Le origini della vicenda vanno ricercate in un contatto avvenuto tra le due avversarie battute dai Patriots durante gli ultimi playoff, Ravens e Colts, accaduti nella settimana tra i Divisional Playoff e la finale della AFC. In particolare è emersa una telefonata tra Chuck Pagano, head coach di Indianapolis, e Jerry Rosburg, coordinatore degli special team di Baltimore, anche se non è chiaro chi abbia chiamato chi ed entrambi i personaggi descrivono l’accaduto in maniera differente.

 

Tuttavia sembra che l’oggetto della conversazione fosse semplicemente un’indicazione su una sostituzione chiamata da New England in occasione della prima delle due gare di playoff, una situazione di gioco che non era stata ripresa dalle telecamere della rete televisiva, che aveva mandato in diretta l’evento e che aveva portato a una penalità per ritardo nella ripresa del gioco ai danni dei Patriots. Ma non è questa la conversazione apparentemente incriminata, in quanto ci sarebbe stato un altro contatto tra le due franchigie, e il soggetto era esattamente il livello di gonfiaggio di alcuni palloni utilizzati nella partita tra New England e Baltimore.

 



 

Il polverone sarebbe stato scatenato da un sms partito dal telefono di Randy Brown—un consulente tecnico che si occupa per i Ravens di varie faccende riguardanti il kicking game—in direzione del cellulare di Pagano al fine di avvertire che durante la precedente gara alcuni palloni di Baltimore non erano parsi essere quelli che erano stati preparati per poi essere portati in campo, e che gli ovali parevano più sgonfi del dovuto, rendendo più difficile calciare un kickoff. Il messaggio è inequivocabilmente partito il 16 gennaio, quattro giorni dopo il primo contatto tra le due squadre, ma John Harbaugh, interpellato in merito lo scorso 5 agosto, ha dichiarato di essere venuto a conoscenza dell’esistenza del messaggio solamente durante la mattinata del 5 agosto, un tempismo che lascia un alone di sospetto se si analizza la situazione da un panorama più ampio.

 

L’avvertimento di Brown, che aveva chiaramente scritto a Pagano di essere disponibile in qualsiasi momento a fornire indicazioni sui presunti imbrogli a Tom McMahon, gestore degli special team dei Colts, lascia trasparire in primis che Indianapolis potrebbe non essere stata l’unica franchigia a temere le interferenze sui palloni a opera dello staff dei Patriots, e in secondo luogo, secondo una logica ricostruzione temporale degli eventi, avrebbe fornito l’assist decisivo per indurre Ryan Grigson, il general manager dei Colts, a spedire una mail alla NFL avvertendola di controllare con minuzia i palloni portati in campo dagli addetti della squadra di Brady.

 

E dato che Harbaugh aveva criticato con asprezza alcune formazioni a suo avviso illegali (fu poi smentito dal regolamento ufficiale della Lega) che avrebbero fornito vantaggi non consentiti a Belichick e compagnia, a conti fatti i Ravens hanno comunque trovato un modo per segnalare qualche altra procedura non consentita alla NFL, scatenando una reazione a catena che ha portato ai fatti che tutti oggi ben conosciamo.

 

Il fatto che Steve Bisciotti e Jim Irsay, i proprietari rispettivi di Ravens e Colts, siano stati tra i più accesi sostenitori della squalifica a Brady e hanno consigliato a Goodell di non cedere a nessuna trattativa per la riduzione della squalifica, pare indicare nuovamente che qualcosa prima dello scandalo era comunque risaputo all’interno di circoli riservati ai coaching staff, e che dopo lo Spygate erano in molti a desiderare di beccare ancora New England con le mani dentro al barattolo della marmellata.

 



Ted Wells è anzitutto la persona incaricata da Roger Goodell per stilare il rapporto investigativo sul caso Deflategate. Wells è un avvocato molto conosciuto negli Stati Uniti: laurea in legge ad Harvard, tesoriere al senatore Bill Bradley durante la campagna elettorale di quindici anni fa, e la prima volta che il suo nome è stato relazionato alla National Football League è legata all’incarico che Goodell gli affidò nel 2013, quando investigò sul caso di bullismo di cui venne accusato Richie Incognito nei confronti del compagno Jonathan Martin, trovando del materiale poi molto utile all’accusa.

 

Il caso Deflategate gli è stato quindi affidato a seguito di quel successo e della sua grande fama ed esperienza. Molti giornalisti hanno però fatto notare un aspetto non di poco conto: se nel primo caso Wells era stato credibile dal punto di vista dell’indipendenza dell’indagine e dell’imparzialità con cui la stessa era stata condotta, in questa seconda collaborazione vi sono due indicazioni che farebbero invece presagire il contrario.

 

La prima riguarda il linguaggio utilizzato per redigere il sopra menzionato rapporto di 243 pagine, nel quale si evince che probabilmente Tom Brady sapeva ciò che stava accadendo. La seconda coinvolge un consigliere generale della NFL, Jeff Pasch, al quale Goodell ha affidato il compito di controllare il rapporto di Wells prima che lo stesso venisse reso pubblico, il che parrebbe indicare una volontà di correggere eventuali tesi contrarie alla convenienza della NFL contenute nello scritto e quindi di voler inchiodare i Patriots a ogni costo. Una mossa che stride fortemente con i termini "indipendente" e "imparziale" che Goodell ha spesso utilizzato per etichettare questa investigazione.

 



Facciamo un passo indietro e cerchiamo di capire come mai i Patriots hanno la fama di (senza mezzi termini) ladri. Bill Belicihick, oltre a essere uno studioso instancabile del gioco, si è anche reso responsabile di azioni sportivamente molto discutibili, come in occasione di quel precedente su cui tutti i detrattori puntano il dito, con una differenza sostanziale: in occasione dello Spygate, i Patriots erano stati beccati sul fatto, con prove concrete e insindacabili.

 

Lo staff di New England aveva infatti filmato i segnali difensivi dei New York Jets durante un incontro di regular season risalente al 9 settembre 2007 (qualche ex membro dello staff di New England ha parlato di date anche anteriori), con il chiaro intento di capire in anticipo quali schemi sarebbero stati chiamati e trarne i conseguenti vantaggi, che possono esserci o meno, data l’imprevedibilità della sommatoria di dettagli che possono accadere in un’azione di anche soli pochi secondi.

 

La punizione elargita all’organizzazione da Roger Goodell non tardò ad arrivare, e fu molto pesante: i Pats furono privati della loro prima scelta 2008, la numero 31 assoluta, Belichick venne multato per 500.000 dollari e altri 250.000 vennero sanzionati alla squadra, un maxi-provvedimento con il quale lo Sceriffo aveva reso chiaro che avvalersi di mezzucci per vincere non sarebbe stato tollerato. Lo scetticismo nei confronti di New England è dovuto a questo, e a tutte le voci poi non comprovate che Belichick avesse ordinato di spiare anche delle sessioni di allenamento di St. Louis durante i giorni precedenti al Super Bowl XXXVI, gara nella quale i Patriots avrebbero poi sconfitto i Rams per 20-17.

 

https://www.youtube.com/watch?v=Ai8kqN20dcY

 

Le videocassette che testimoniavano l’esistenza di questi spionaggi sono andate distrutte su ordine di Goodell, affinché ogni squadra che avesse subito torti dai Patriots potesse stare tranquilla sul fatto che ogni tipo di materiale illecito sarebbe stato tolto per sempre dalla circolazione, o almeno questa è stata la motivazione ufficiale che ha suggerito il Commissioner per non far capire il risvolto negativo della faccenda. E quando altri proprietari, in aggiunta al Senatore Arlen Specter (oggi deceduto, ma che fece sforzi immani per avviare un’indagine governativa) accusarono Goodell di aver insabbiato delle prove, lo fecero perché convinti che ammettere i nastri al pubblico avrebbe compromesso la faccia pulita del football, allontanato i fan e quindi rimpicciolito le esose entrate della Lega, una mancanza di credibilità che avrebbe fatto danni incalcolabili anche ai conti correnti dei proprietari medesimi.

 

Il collegamento tra le due faccende? È Bob Kraft, il patron dei Patriots, uno dei più accesi sostenitori di Goodell e uno degli owner più attivi nel seguire di persona le attività collaterali della NFL, su tutte i contratti televisivi. E se Goodell avesse insabbiato tutto per non perdere il sostegno di Kraft trovando poi nel Deflategate l’occasione propizia per vendicarsi nei confronti di una persona legata a un pericoloso scheletro nell’armadio? Forse solo così potrebbe spiegarsi la veemenza con cui il Commissioner ha attaccato la vicenda, accettando di basarsi su supposizioni pur di imporre la sua giustizia, questa volta in maniera, a suo giudizio, seria.

 



Ci sono i precedenti, quelli che difficilmente possono essere nascosti da un Commissioner che non si è nemmeno scomodato per estrarre il cartellino giallo nei confronti di Minnesota e Carolina, che nel freddo glaciale del 30 novembre scorso a Minneapolis scaldavano illegalmente dei palloni a bordo campo, lasciando il compito della strigliata a Dean Blandino, il portavoce della NFL.

 

Strigliata, per l’appunto: nessuna squalifica, nessuna multa, nessuna privazione di scelte al Draft. Altro aspetto complicato della faccenda, che farebbe propendere per una revisione delle procedure di controllo dei palloni: ogni quarterback del presente, passato e futuro della NFL ci ha sempre messo del suo nella modifica (da leggere alla pari di alterazione,quindi…) del pallone a proprio piacimento al fine di renderlo più comodo alla presa, facendone rasare la superficie, bagnandolo, asciugandolo con il phon, strofinandolo mille e più volte contro un muro, una preparazione così minuziosa da essere diventata un vero e proprio assegnamento che ogni buon regista deve essere in grado di trasmettere al suo backup. Alterare in questo modo—procurandosi un evidente vantaggio nel grip del pallone—non è reato. Punzecchiare l’ovale e togliere qualche atmosfera sì.

 

Altra faccenda di non poco conto: come interpretare la complicata storia di Walt Anderson, il capo-arbitro del Championship contro i Colts? Wally, quel gran bravo ragazzo che faceva il dentista, ha—purtroppo per la NFL—commesso una sorta di autogol dichiarando alla stampa di aver perso di vista la sacca con i palloni dei Patriots per la bellezza di otto minuti prima del kickoff dell'AFC Championship, e se avesse seguito le più strette indicazioni date dalle linee guide procedurali, avrebbe dovuto portare in campo la sacca sostitutiva, un’azione obbligatoria quando si perde traccia dei palloni di una delle due squadre che nel frattempo potrebbero essere stati, appunto, alterati.

 

Wally ha invece visto il ball boy di New England entrare in campo con un minutino di ritardo, l’avrà redarguito, ma ha contemporaneamente commesso il grave errore di accettare la sacca che questi si trascinava appresso. Dato che si tratta di una chiara violazione del vademecum del perfetto arbitro NFL, come mai non sono previste sospensioni o sanzioni a carico di uno dei capi arbitro più bravi che vi siano in circolazione?

 



L’appello chiesto da Tom Brady, nonostante le argomentazioni fossero solide, come prevedibile non ha avuto effetto su Roger Goodell, che ha mantenuto intatta la disciplina di quattro gare di sospensione a carico del pluridecorato quarterback, il quale ha quindi deciso di agire per vie legali. Goodell nel suo rapporto ha scritto che Brady ha deliberatamente partecipato a uno schema che ha portato all’alterazione di alcuni palloni utilizzati nel Championship contro i Colts, e che ha ostruito le indagini della NFL avendo ordinato al suo assistente personale di distruggere il cellulare che utilizzava in quel periodo.

 

https://www.youtube.com/watch?v=VsR2Z7vNWzw

 

Vero che eseguire un’azione del genere equivale a insabbiare, vero anche che Goodell nel rapporto non ha nemmeno menzionato il fatto che gli avvocati di Brady abbiano reso disponibili tutte le sue mail risalenti al periodo incriminato (si parla di oltre 5.000 documenti) e tutte le bollette telefoniche relative al cellulare fatto a pezzi, e che in nessuna delle prove messe a disposizione sono state trovate tracce dei termini chiave predisposti da Ted Wells. Brady ha sottolineato come, per motivi di privacy, l’aver distrutto un telefono sia un’opera per lui abitudinaria da quando è diventato una celebrità, e che l’aver reso disponibili questi dati è stato un atto di grande cooperazione, dal momento che secondo il contratto collettivo attualmente in vigore nessun giocatore ha l’obbligo di rendere conto a chicchessia di telefoni, mail e quant’altro.

 

Altre polemiche sono nate dalla decisione degli avvocati di Brady, capeggiati da Jeffrey Kessler, di portare il conseguente processo presso la Corte del Minnesota. Un’azione premeditata a giudizio dei legali della NFL, a causa dei precedenti vincenti registrati dall’unione giocatori in loco. Il giudice Richard Kyle incaricato ha difatti disposto il trasferimento, se non altro per un atto di coerenza, dato che le procedure dell’arbitrato avevano avuto luogo a New York e non avrebbe avuto senso portarle altrove.

 

Fatto sta che la sostanza non è cambiata e Brady, spalleggiato dalla Player’s Association, ha presentato le sue argomentazioni contando sul fatto di poter giocare almeno fino a una decisione definitiva e neutrale da parte della Corte. Le posizioni sono molto chiare e si sono indurite con il passare del tempo, con gli avvocati di Brady a sottolineare che nessuna disciplina sospensiva può essere impartita a una persona ritenuta genericamente a conoscenza dei fatti (parole prese dal rapporto Wells), che le basi utilizzate da Goodell per mantenere attiva la sua decisione poggiano ancora una volta su supposizioni e che sembrano perlopiù volte a giustificare il salatissimo conto presentato da Wells. Il fatto che Goodell abbia piena autorità nel decidere le sanzioni da comminare non può essere attualmente discusso, per quanto dia fastidio ai giocatori: così è stato deciso da tutte le parti coinvolte prima della firma del nuovo contratto di lavoro collettivo.

 

La situazione è rimasta in stallo fino allo scorso 9 settembre, data in cui il giudice Berman ha cancellato il provvedimento contro Brady, proprio perché nessuna delle due parti avrebbe comprensibilmente ceduto a una trattativa di mediazione, perché il gesto sarebbe equivalso ad ammettere in parte le proprie colpe da ambo le parti. La decisione di Berman non ha fatto altro che confermare il fatto che Goodell si sia decisamente spinto più in là del dovuto, forse perché criticato per essere stato troppo leggero in altri casi, ma da un certo punto di vista la direzione presa dalla vicenda era anche prevedibile.

 

Il motivo oltre alla mancanza di evidenza? Il fatto che il Commissioner, sotto il contratto collettivo attuale, possa comminare una pena a un giocatore e poi sia arbitro univoco dell’appello di quest’ultimo. Una cosa totalmente priva di senso. Goodell deve limitarsi alla prima parte, e togliersi definitivamente dalla seconda, perché altrimenti non si potrà mai avere un’imparzialità definitiva nel giudizio.

 



La sentenza alla fine non ha giudicato la condotta di Brady, ma quella di Goodell. Ha stabilito che è andato oltre le proprie competenze e ha dettato una linea ben precisa: la ricerca di pesi e contrappesi tra associazione giocatori, proprietari e il commissioner stesso. La vittoria di Brady sarà importante per l'associazione giocatori per ridiscutere il contratto collettivo e rivedere le norme sulle squalifiche.

 

Brady formalmente ha vinto, ma l'eco mediatico della vicenda gli ha stampato addosso l'etichetta di imbroglione, che non si lava con la sentenza del giudice Berman. Ci vorrà tempo, pazienza e tanto football, ma quello è l'ultimo dei problemi. Se Twitter avesse la sindrome da sceriffo, dovrebbe bannare per stupidità tutti gli utenti che in questi mesi hanno associato i titoli di Brady ai palloni sgonfi. A proposito di sceriffi: Goodell esce indebolito sotto tutti i punti di vista e dovrà fare i conti con il commento più frequente degli addetti ai lavori: «Con Paul Tagliabue (il suo predecessore,

) non avremmo assistito a questa telenovela».

 

La NFL è stata messa in ombra da questa vicenda, ma rimane la Lega meglio amministrata. La NBA, che spesso viene usata come metro di paragone, è molto distante dal punto di vista tecnico e competitivo. Unica consolazione per Goodell è l’aver evitato una class action da parte dei tanti giocatori di fantasy football che questa estate hanno affrontato aste estenuanti tra birre e costine di maiale, sicuri di non potere contare su Brady per le prime quattro giornate. Ovviamente noi scherziamo, ma il fantasy è un business vero e proprio e ci sono siti su cui si puntano soldi veri.

 
 

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