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Gianluca Pizzutelli
Padroni dell'inverno
27 ott 2015
27 ott 2015
Ritratto di Marcel Hirscher e Anna Fenninger: i due più grandi campioni dello sci attuale, in un momento molto diverso delle loro carriere.
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Gianluca Pizzutelli
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La Coppa del Mondo di sci alpino non aspetta che vengano appese le decorazioni natalizie e che si entri in una certa atmosfera invernale. La FIS, l’occhio di Sauron che controlla le competizioni di qualsiasi livello, in fretta ha offerto l’antipasto della stagione il 24-25 ottobre, quando molti non hanno neanche pensato di prenotare la loro settimana bianca. Gli atleti invece, a questo punto, dopo aver sputato sangue in palestra e macinato chilometri tra i pali, hanno rotto il ghiaccio.

 

Per la prima volta le spade sono state incrociate e non sono mancate sorprese, come Thomas Fanara che si presenta in grande spolvero e la nostra Federica Brignone che fa il vuoto dietro di sé. Ma l’anno scorso le armi più taglienti, come da tradizione, erano brandite sotto il vessillo austriaco, che nella fantapolitica dello sci ha conquistato il mondo intero, sia al maschile che al femminile. I due campioni che hanno portato l’Austria così in alto sono stati Marcel Hirscher e Anna Fenninger, ma mentre il regno incontrastato del primo potrebbe diventare il più potente che si sia mai visto nella storia, la carriera della seconda si trova di fronte l'ostacolo di un infortunio terribile.

 



Il 1989, oltre che per la comunità politica mondiale, è un anno da tenere nel cuore anche per lo sci austriaco, che vede nascere i due alfieri del proprio movimento ad appena 50 chilometri di distanza l’uno dall’altra. Nella storia recente solo la Giamaica dello sprint ha sfornato tanti trofei in un’area così ristretta. Marcel è più grande di Anna di soli 3 mesi: va da sé che le loro carriere seguiranno un andamento parallelo, sfiorandosi senza mai toccarsi vista la diversità di genere.

 

I due crescono in talento e tecnica, forse la prima generazione a essere formata, e non convertita, dai dogmi dello sci moderno e della curva carving. La Fenninger sboccia completamente nella stagione 2005-2006, sia quando ai Mondiali juniores in Québec conquista un oro e un argento, sia portandosi a casa la Coppa Europa. Marcel impiega almeno un anno in più per uscire allo scoperto: anche lui vince un oro e un argento ai Mondiali Juniores di Flachau 2007. Il primo incrocio di successo tra i due ragazzini terribili si fa attendere fino al 2008, alla rassegna iridata juniores di Formigal, una spedizione trionfale, visti i due ori di Hirscher e il doppio oro più un argento della Fenninger.

 

Da soli fanno più della metà del bottino totale della Nazionale austriaca, vincitrice del medagliere. Poi un bronzo per entrambi nella successiva edizione di Garmisch, piena, come sempre, di nomi che oggi sono certezze e di meteore che sono svanite amaramente. Da lì per i due sarà un percorso che, con tempi leggermente differenti, porterà alla naturale conclusione del dominio della Coppa del Mondo.

 

Marcel in questa fase sarà più svelto di Anna, pur procedendo per gradini. Nel massimo circuito dello sci alpino dal 2007, anno dell’esordio, sarà un susseguirsi di podi e prestazioni sempre più convincenti, fino alla prima vittoria arrivata in Val-d’Isère nel 2010, preludio al filotto di 4 Coppe del Mondo inaugurato l’anno seguente.

 

Anna invece si dedicherà con successo a tempo pieno alla Coppa Europa nel 2007 (la conquista di due Coppe Europa è tutt’ora un record condiviso con Marianna Salchinger), apparendo con continuità in Coppa del Mondo dalla stagione successiva. Nel 2009 il primo podio, due anni dopo la prima vittoria e la prima annata a livelli altissimi, concludendo al quinto posto in classifica generale. La maturazione viaggia a ritmo sostenuto, portandola al terzo posto generale prima, e ai trionfi poi.

 



La cosa in assoluto più complessa dello sport è ripetersi. Ritrovare voglia, motivazioni, cattiveria e rimanere al top fisicamente. Non fa tanto impressione l’elastica esplosività di Hirscher (soprannominato il

) né la potente leggiadria della Fenninger. A sorprendere è soprattutto la capacità di mettere il pilota automatico una volta raggiunta la piena maturità agonistica, far apparire del tutto ordinarie delle vittorie che non hanno niente di normale.

 

Una qualità ancor più sconvolgente in uno sport come lo sci, dove non esiste avversario diretto, ma la varietà di neve, pendii, percorsi, materiali, condizioni atmosferiche e tracciati lo rende a tutti gli effetti

. Una capacità che Anna, e ancor più Marcel, hanno dimostrato di avere in abbondanza.

 



 

Anna Fenninger negli ultimi due anni ha un palmarès spaventoso. Ha vinto le ultime due edizioni di Coppa del Mondo generale e di slalom gigante, è campionessa olimpica di supergigante e vicecampionessa di gigante a Sochi. Ma è anche stata tre volte campionessa ai Mondiali (per chi masticasse poco di sci, Coppa del Mondo e Mondiali sono due cose diverse), dove ha conquistato tre ori, due argenti e un bronzo.

 

Fra i suoi trofei, la Coppa del Mondo è l’unico che tiene conto di una stagione intera e non viene assegnato in gara secca, dove può succedere l’imprevedibile: conviene, perciò, analizzare il rendimento della Fenninger negli ultimi due anni, contando, però, anche le Olimpiadi di Sochi 2014 e i Mondiali di Vail 2015 svoltisi durante l’arco della stagione. Eventi importanti come questi sottraggono energie fisiche e psichiche, quindi sono degli ottimi indicatori della tenuta di un atleta.

 

La campionessa austriaca, nelle stagioni 2013-2014 e 2014-2015, ha partecipato, escludendo coppe continentali e nazionali, a 55 gare: per il 90% delle volte è arrivata tra le prime dieci, per il 69% tra le prime 5 e per uno spaventoso 56% è finita sul podio. Se aveste scommesso su un piazzamento tra le prime tre dell’austriaca, avreste avuto più di una possibilità su due di ritirare la vostra vincita. Dei ben 31 podi, 13 sono state vittorie. Dal conteggio è stata esclusa l’unica gara di slalom speciale, da due anni a questa parte, a cui ha partecipato alle finali di Méribel per cercare qualche preziosissimo punticino nello sprint finale contro Tina Maze. Ammontano appena a 5 le volte in cui non è giunta al traguardo o è rimasta fuori dalle prime 10.

 

Su

(record) se ne possono dire tante. Snocciolando il suo palmarès viene il mal di testa: oltre alle ultime 4 Coppe del Mondo generali, Marcel Hirscher ha conquistato anche 2 Coppe del Mondo di gigante (cosa che, considerata l’egemonia di quel volpone di Ted Ligety, è un gran bel bottino), 3 Coppe del Mondo di slalom speciale, 4 ori e 2 argenti iridati e “solo” un argento olimpico risalente a Sochi, quando il titolo è andato al compagno di squadra Mario Matt, ora ritirato, che al tempo contava 34 anni e 319 giorni dalla sua nascita.

 

Poiché Hirscher si attesta su livelli stratosferici da ben 4 anni, sarà questo il periodo che considereremo, utilizzando gli stessi criteri di Anna. Le gare disputate sono 93 (in proporzione una frequenza minore rispetto alla Fenninger, ma ricordiamo che quest’ultima gareggia stabilmente in tre discipline, mentre Hirscher in due, quelle prettamente tecniche), per un clamoroso totale di 63 podi, ovvero quasi il 70% delle volte in cui è uscito dal cancelletto di partenza.

 

Più di due volte su 3 Hirscher fa il colpo grosso. Dei 63 podi, 30 sono vittorie: il 32% delle gare totali. Nell’80% delle occasioni è comunque arrivato tra i primi 10, mentre il restante 20% si compone di circa il 10% di piazzamenti fuori dai primi 10, e del 10% di volte in cui non è arrivato al traguardo o è stato squalificato (con tutte le annesse e sterili questioni relative alle inforcate fantasma che avrebbero viziato più di qualche sua gara). Tuttavia questi dati vanno letti anche alla luce delle 10 gare di supergigante in cui si è cimentato, con alterne fortune, alla ricerca di punti nella terra dei velocisti. Eliminandole, abbiamo una percentuale di vittorie che sale al 36% e una di piazzamenti fuori dai 10 che scende al 4%.

 

Alla luce di queste statistiche, è evidente come i due austriaci abbiano un rapporto tentativi/successi da far invidia a Chris Kyle. In

il sergente diceva: «Bersaglio minimo, minimo errore. Miri a un bottone e sbagli di 5 centimetri, se è una camicia magari sbagli di mezzo metro» e nello sci l’ordine di grandezza dell’errore è molto più vicino a quello del bottone che della camicia. La capacità di attaccare al massimo una gara con una percentuale di errori irrisoria è la peculiarità di questi atleti. Non per niente il termine italiano

nasce per indicare i tiratori scelti austriaci.

 



Molti hanno iniziato a definire Marcel un robot, e più di qualcuno gli ha anche chiesto se si sentisse tale, ottenendo come risposta un garbato “no”, condito da qualche frase di circostanza. Tuttavia deve esistere una caratteristica mentale connessa con la sua continuità. L’estate scorsa, in una breve intervista rilasciata alla FIS, Marcel

che: «Rimanere concentrato sugli obiettivi è un lavoro quotidiano. (…) Sto ancora lavorando alla curva perfetta di gara in gara». Questa è la chiave: sta ancora ricercando la curva perfetta.

 

Ciò significa in primis che non è pienamente soddisfatto, ma lascia anche intendere che i suoi obiettivi sono squisitamente tecnici, che trova motivazione nel ricercare l’idea di curva che ha in mente, e non nel guardare ai traguardi raggiunti. «Dei numeri e delle statistiche

quando sarò in pensione, davanti al camino…» per cui non è ancora il momento di voltarsi indietro a contemplare quanta strada è stata fatta, ma di guardare avanti a quanta ancora ce n’è da fare.

 

https://www.youtube.com/watch?v=YudXSkPeuW8

Un giovanissimo Hirscher impegnato ad Adelboden, ancora lontano dall’aura di sacralità che lo avvolge.



 

Oltre alla mentalità, ci sono dei fattori tecnici dietro il successo. Prima di un Marcel vincente, c’era un ragazzino sbarbatello, appena maggiorenne, ma di talento, approdato da poco in Coppa del Mondo, ma lanciato verso qualche buon piazzamento. Già sette anni fa è riconoscibile l’innata abilità di ricercare angolazione per generare più pressione possibile sull’attrezzo. Il risultato è una sciata nervosa, spettacolare, ma spesso discontinua. Ci sono ottime sequenze, ma un fisico non ancora maturo e una certa ingenuità tecnica lo portano a non saper ancora gestire le violente risposte dello sci, dovute al grande carico che è capace di generare. Spesso gli sci “saltano” durante il cambio di spigoli, e non sempre riesce a farsi trovare pronto per la curva successiva a causa del baricentro, a volte, arretrato, e di qualche cedimento di busto.

 

https://www.youtube.com/watch?v=jogMwTMoaBQ

L’ultima volta che si è visto un allenamento del genere Rocky vinse contro Ivan Drago.



 

Le forze che imprime sullo sci sono ingenti, e questo le restituisce violentemente, aumentando velocità e ritmo. Più si continua a spingere sullo sci, più diventa difficile controllarlo ed è necessaria ulteriore forza. Un circolo vizioso che portava Marcel a compiere errori e sbavature. A quel punto la soluzione era solo una preparazione fisica mirata di questa portata, tale per cui uno sciatore che supera di poco 1.70 m, quindi relativamente piccolo, può diventare un ammasso guizzante e rapido di muscoli, così da pesare più di 80 kg senza perdere l’agilità che lo contraddistingue. A quel punto diventa più semplice evitare cedimenti della parte alta del corpo, arretramenti e tutte quelle deviazioni dalla sua idea di curva perfetta. Oltre a ridurre la frequenza di errori, rimane invariata l’abilità di recuperarli.

 

Se lo si osserva in fase di riscaldamento prima di una manche, il suo comportamento può risultare atipico. È sempre impegnato in esercizi fisici che sarebbero sfiancanti per chiunque, ma per lui sono solo un riscaldamento: flessioni, addominali, squat, e altre attività che richiedono attrezzi e l’aiuto dei suoi allenatori. Un’abitudine che stride un po’ con la concentrazione immobile di molti altri atleti, ma

: «Questi esercizi sono innovativi e utilissimi (…) e poi mi divertono e mi tengono impegnata la mente su altri fronti, per non sentire l’ansia della gara». Una strategia che fa tendenza, visto il crescente numero di atleti che si cimentano nello stesso riscaldamento.

 



Se per Marcel si può identificare un prima e un dopo, per Anna la questione è più complessa. È difficile individuare un fase nella quale l’atleta austriaca ha trovato la chiave dell’enigma per vincere ogni cosa. Lei è sempre stata così, una sciatrice formidabile che ha dovuto attendere le naturali tappe di maturazione per arrivare a esprimere con costanza il migliore sci del mondo.

 

Dietro il suo successo c’è tanto duro lavoro e allenamento, ma nessuna differenza macroscopica con le altre. «

! È la mia passione e così sono motivata a fare il mio meglio ogni giorno in ogni gara» che è esattamente quello che ci si aspetta che dica un’atleta professionista, visto che le storie stile Agassi sono un’eccezione e non la regola. L’austriaca sugli sci è l’incarnazione di ciò che chiedono gli allenatori ai propri atleti: l’essenzialità. Intesa non come mera sufficienza, ma come eliminazione di qualsiasi movimento che sia superfluo e non strumentale al raggiungimento dell’obiettivo.

 

https://www.youtube.com/watch?v=DKN1Z7C4aYs&feature=youtu.be

Al minuto 0:50 uno spazzaneve da mostrare nelle scuole sci.



 

Nel video della seconda manche dello slalom gigante dei Mondiali di Vail, c’è tutta Anna Fenninger. Parte con un vantaggio ragguardevole di 1.70 secondi, nonostante ciò non si risparmia e scia al limite. La sua sciata è semplice, leggera. È la massima espressione estetica della disciplina più armoniosa dello sci alpino. Cadenza veloce, linee precise, nessuna sbavatura e sci che corre pulito sulle lamine. Danza leggiadra, e sviluppa ugualmente grandi forze sull’attrezzo.

 

L’essenzialità si trova nei suoi geni, come dimostra al minuto 0:50, episodio che ne fa una gara memorabile. La lamina dello sci destro si aggrappa alla neve durante il cambio di spigoli e Anna si ritrova in una situazione in cui 9 atleti su 10 finiscono gambe all’aria; adottando una rudimentale posizione a spazzaneve si tiene in piedi e, recuperata la centralità, imposta nuovamente la curva limitando i danni. Altri avrebbero compiuto altri errori nel vano tentativo di recuperare quello originale, invece lei ha avuto la pazienza di aspettare e mantenere la calma. Ancora più impressionante è il vantaggio che conserva all’arrivo. «Non è la prima volta,

sempre un po’ nervosa, ma in seconda (manche) è stata davvero dura».

 

Nonostante il tono epico di questa gara, Anna continua a preferire tra le sue vittorie la medaglia d’oro alle Olimpiadi: «Mi c’è voluto un po’ di tempo per realizzare quanto successo, poi è stata una bellissima sensazione» e ha le idee chiare sul suo futuro, considerando che ha ancora 26 anni: «Provare a fare sempre del mio meglio. So che la mia sciata può essere ancora migliore, anche se… okay, anche vincere un’altra Olimpiade sarebbe un cosa fantastica.

provare di nuovo quella sensazione!». Una sensazione che Hirscher non ha ancora provato, ma che, con ogni probabilità, brama.

 



Se le Olimpiadi fossero quest’inverno Marcel, avrebbe buone possibilità, ma l’edizione di PyeongChang sarà solo nel 2018. È lo stesso Hirscher a

: «Se ci pensassi forse cambierei le mie azioni? (…) Le cose arrivano se devono arrivare. Si tratterebbe di fare altre tre stagioni al top, un ritmo sempre più pesante, perché il livello è alto e un’Olimpiade non si vince per caso. Per cui, semplicemente, non mi sento di fare previsioni».

 

In effetti potrebbe risentire del macigno che il popolo austriaco gli ha posizionato sulla schiena, visto che, mancando un ricambio generazionale nelle discipline tecniche, è lui a dover mandare avanti la baracca per un Paese in cui lo sci alpino è considerato come il calcio in Italia. Inoltre, per il talento e le vittorie, Hirscher è uno di quegli atleti che aspira all’immortalità, ma manca ancora una caratteristica che lo contraddistingua davvero.

 

Il primo a vincere le Coppe del Mondo con le sole discipline tecniche dopo Tomba, ma del fenomeno emiliano mancano quelle vittorie rocambolesche e l’esuberanza; rispetto a Hermann “Herminator” Maier manca la storia da libro cuore; rispetto a Bode Miller mancano il carisma e i numeri; rispetto a Ingemar Stenmark e Girardelli mancano le vittorie, per adesso. Nel caso riuscisse nell’impresa di allungare il filotto di vittorie della Coppa del Mondo a cinque, a prescindere da qualsiasi qualità umana e tecnica, si conquisterebbe il posto d’onore nell’olimpo dello sci alpino.

 

La Fenninger, dal canto suo, durante gli ultimi allenamenti in vista della gara d'esordio, si è rotta i legamenti crociati del ginocchio destro, lasciando sotto shock una nazione intera e centinaia di migliaia di appassionati. Il pessimo tempismo della sorte ha scelto la stagione più propizia per aggiungere altri titoli in bacheca, visti la pausa di Tina Maze, la grande antagonista dello scorso anno, e l'infortunio della leggenda americana Lindsey Vonn, che ne ha condizionato la preparazione estiva.

 

L'unica avversaria al top era la svizzera Lara Gut, che nell'ultima stagione ha peccato di costanza, ma ora, di fronte all'incognita Vonn, è la più accreditata per la conquista della Coppa generale. Anna, invece, sarà impegnata nella sfida più grande, che nessun atleta vorrebbe mai affrontare in carriera e che sceglie i suoi contendenti in modo cieco. Ritrovare la funzionalità fisica e la condizione psicologica è l’obiettivo. Se per il primo ci si può affidare ai medici, per il secondo si può contare solo su sé stessi, e avere la pazienza di ricostruire le certezze un pezzo alla volta, magari raggiungendo un nuovo grado di consapevolezza e maturità.

 

Gli esempi non mancano, il più recente è proprio quello dell'americana Vonn: deve ispirarsi alla sua tenacia ed evitare l'errore di affrettare il rientro, mettendo a rischio la propria incolumità, come fece Lindsey quando il 21 dicembre 2013 il ginocchio appena guarito cedette di nuovo durante la discesa libera di Lake Louise. Se per Marcel il bersaglio è sotto tiro, Anna dovrà smontare dalla sua postazione e andarselo a procurare, conscia, una volta di più, che non si può sbagliare nemmeno di un bottone.

 
 

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